* Ah..uh..Ah..uh..eh..yaya (x2).
Bahr Ghazal gi kore radio Omdurman geni ataku.
Upper Nile gi kore radio Omdurman geni ataku..
Equatoria kore radio Omdurman geni ataku.
Ana indu question wahid kulu yom be hibu asalu (x2)
Anina almazlumin ge shakil ashan shunu de yeh.
Anina almazlumin ge nadil ashan shunu de yah..
Ashan nebni beledna Sudan Jedid.
Ashan negeni fi huriya fi Sudan jedid.
Lakin malu fi nas tanin ge shakil ashan kursi – wu gurush.
Malu fi nas tanin ge shakil ashan kursi wu gurush,te shufum..
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu bi rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba.
Lama ye ruwa le gaba,
kam alf miskin bi mutu be sababu.
Wu lama ye rija le jalaba,
kam alf miskin be mutu, yau de for example..
Bahr Ghazal gi kore radio Omdurman geni ataku.Ana gali kafara le siyasa.
Upper Nile gi kore radio Omdurman geni ataku.Ana gali kafara le siyasa.
Equatoria kore radio Omdurman geni ataku.enh..
Kursi wu gurush gi lakabatu sika huriya tana.
Kursi wu gurush gi karabu sika huriya tana.
Kulu zol auzu kun benj, benj..
kulu zol auzu kun Sultan,
wu faida mafi le junub (x2) – te shufum..
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba .
Kulu zol auzu kun benj..
benj..kulu zol auzu kun
Sultan..wu faida mafi le junub.
Alela fi gaba wu bukra fi madina .
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba.....
Bahr Ghazal gi kore radio Omdurman geni ataku.
Upper Nile gi kore radio Omdurman geni ataku..
Equatoria kore radio Omdurman geni ataku.
Ana indu question wahid kulu yom be hibu asalu (x2)
Anina almazlumin ge shakil ashan shunu de yeh.
Anina almazlumin ge nadil ashan shunu de yah..
Ashan nebni beledna Sudan Jedid.
Ashan negeni fi huriya fi Sudan jedid.
Lakin malu fi nas tanin ge shakil ashan kursi – wu gurush.
Malu fi nas tanin ge shakil ashan kursi wu gurush,te shufum..
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu bi rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba.
Lama ye ruwa le gaba,
kam alf miskin bi mutu be sababu.
Wu lama ye rija le jalaba,
kam alf miskin be mutu, yau de for example..
Bahr Ghazal gi kore radio Omdurman geni ataku.Ana gali kafara le siyasa.
Upper Nile gi kore radio Omdurman geni ataku.Ana gali kafara le siyasa.
Equatoria kore radio Omdurman geni ataku.enh..
Kursi wu gurush gi lakabatu sika huriya tana.
Kursi wu gurush gi karabu sika huriya tana.
Kulu zol auzu kun benj, benj..
kulu zol auzu kun Sultan,
wu faida mafi le junub (x2) – te shufum..
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba .
Kulu zol auzu kun benj..
benj..kulu zol auzu kun
Sultan..wu faida mafi le junub.
Alela fi gaba wu bukra fi madina .
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Lama ye sekin fi gaba be jere le jalaba.
Alela fi gaba wu bukra fi madina.
Be jere le gaba wu be rija le jalaba.
Alela fi gaba.....
inviata da giorgio - 5/12/2010 - 19:22
Caro Giorgio, questa te la approviamo... sulla fiducia, ma sapresti dirci di che lingua si tratta?
CCG/AWS Staff - 5/12/2010 - 21:29
Beh questo testo è in Juba Arabic (l'arabo di Juba) una lingua franca proprio del Sudan meridionale (Equatoria Province) anche se parlata da diverse comunità del nord.. Comunque Kembe è un vero poliglotta: canta in arabo, in KiSwahili, in Dinka, persino in congolese, e altre lingue africane.. oltre che in inglese, naturalmente. Stavo giusto cercando una versione inglese di Kursi Wu Gurush..
giorgio - 5/12/2010 - 22:48
SUD SUDAN, DOVE IL CORPO DELLE DONNE E’ “ZONA DI GUERRA”
Gianni Sartori
Nel secolo scorso mi ero occupato - se pur saltuariamente - del Sudan e della sua parte meridionale che da anni combatteva per l’indipendenza. Mi ricordo perfino di anyanya 1, i guerriglieri indipendentisti (neri, in genere animisti o cristiani) che negli anni sessanta combattevano con archi e frecce. Oltre che di anyanya 2, di John Garang (per oltre vent’anni a capo dell’Esercito di Liberazione del Popolo del Sudan (SPLA, poi SPLA/M) etc.
Sulla questione avevo intervistato uno dei due vescovi di Karthoum (per Frigidaire, più ecumenico di così!) e alcuni volontari impegnati nel denunciare e contrastare (liberando direttamente gli schiavi) la piaga della schiavitù in Sudan e altrove (il maltese Joe Buttgieg, il sociologo della Mauritania Chiekh Saad-Bouth Kamara…)
Avevo poi conosciuto, raccogliendone la testimonianza, la vicentina suor Lina Costalunga (sorella di Mario uno dei fondatori de “I Costruttori di pace”) scomparsa nel 2020 dopo aver trascorso molti anni nel martoriato Paese. E anche (a Verona, dai Comboniani) un seminarista, Paulino Lukudu (scomparso nel 2021), destinato a diventare vescovo di Juba con cui ero rimasto in rapporto epistolare.
E altro ancora. Sempre sostanzialmente simpatizzando per la causa della popolazione nera del sud del Sudan in conflitto, suo malgrado, con i governi e con la popolazione - per lo più araba e musulmana - del resto del Paese.
Per cui mi ero rallegrato per la conquistata indipendenza (luglio 2011) considerandola l’inizio di tempi migliori.
Invece (come del resto è capitato con l’Eritrea) le cose non sono andate come si sperava e le recenti notizie di violenze sistematiche e stupri di massa lasciano poco spazio all’ottimismo per il “Paese più giovane del mondo”.
.
Del resto anche calcolando soltanto gli ultimi dieci anni possiamo parlare di ordinaria amministrazione.
Nella brutale guerra civile che prosegue imperterrita e ininterrotta dal 2013 (nonostante gli accordi di pace, mai rispettati, del 2018 tra Salva Kiir e Riek Machar) a pagare il prezzo più alto sono soprattutto le donne.
L’esercito e le varie bande armate (talvolta direttamente agli ordini di funzionari, governatori, commissari…), sia quelle filo-governative che quelle dei ribelli, utilizzano (così come avviene in Congo, in Medio oriente…) lo stupro come arma di guerra.
Oltre naturalmente a saccheggi, incendi di villaggi, devastazione del territorio e distruzione di raccolti (con le conseguenti carestie) che costringono interi gruppi etnici e tribali ad abbandonare le loro terre ancestrali. Si calcola che oltre due milioni di abitanti del sud Sudan siano fuggiti oltre confine (in Uganda, in Etiopia, in Sudan…) mentre altri due milioni si ritrovano nella condizione di “rifugiati interni”.
In occasione della recente conferenza di Londra Preventing Sexual Violence Initiative,
la presidente della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan - Yasmin Sooka - ha dichiarato che “in nessun’altra parte del mondo si trovano così tante donne che vivono un conflitto subendo ripetutamente stupri di gruppo, anno dopo anno, dal 2013”.
Ricordando che tali donne successivamente subiscono l’ulteriore umiliazione di venire “abbandonate dai mariti, emarginate anche dalle proprie famiglie a causa della violenza che hanno subito”.
Mentre ovviamente i maschi responsabili rimangono impuniti, anzi talvolta fanno carriera.
Nel 2014 l’allora presidente Salva Kiir aveva firmato un comunicato congiunto con l’Onu in cui si proponeva come “un campione nella lotta contro la violenza sessuale”. E anche l’esercito tre anni fa aveva promosso un “piano d’azione per affrontare la violenza sessuale”. Inoltre nel 2020 il governo del Sud Sudan aveva istituito un tribunale per la violenza di genere nella capitale Juba. Ma si trattava di parole al vento.
Intanto un gran numero di donne (tra i due e i tre milioni si calcola) devono arrangiarsi come possono. Evitando i luoghi a rischio, compresi quelli indispensabili per la vita quotidiana come i punti di raccolta dell’acqua e della legna, i mercati…
Secondo il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite, in uno degli stati più esposti a tala piaga (Unity, uno dei 10 che compongono il Sud Sudan) il Commissario della contea avrebbe pianificato e ordinato stupri di massa (oltre 6mila i casi accertati nel 2021). A cui spesso seguivano decapitazioni e vittime arse vive (con casi documentati dal rapporto onusiano anche di bambine con meno di dieci anni).
E la denuncia di Yasmin Sooka proseguiva: “Stupri diffusi, di gruppo, incredibilmente brutali e prolungati vengono perpetrati da tutti i gruppi armati in tutto il paese, spesso nell'ambito di tattiche militari di cui sono responsabili governi e leader militari. Spesso mariti, genitori o figli delle vittime sono stati costretti a guardare, impotenti”.
Che dire? A volte l’indipendenza da sola non basta, evidentemente.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Nel secolo scorso mi ero occupato - se pur saltuariamente - del Sudan e della sua parte meridionale che da anni combatteva per l’indipendenza. Mi ricordo perfino di anyanya 1, i guerriglieri indipendentisti (neri, in genere animisti o cristiani) che negli anni sessanta combattevano con archi e frecce. Oltre che di anyanya 2, di John Garang (per oltre vent’anni a capo dell’Esercito di Liberazione del Popolo del Sudan (SPLA, poi SPLA/M) etc.
Sulla questione avevo intervistato uno dei due vescovi di Karthoum (per Frigidaire, più ecumenico di così!) e alcuni volontari impegnati nel denunciare e contrastare (liberando direttamente gli schiavi) la piaga della schiavitù in Sudan e altrove (il maltese Joe Buttgieg, il sociologo della Mauritania Chiekh Saad-Bouth Kamara…)
Avevo poi conosciuto, raccogliendone la testimonianza, la vicentina suor Lina Costalunga (sorella di Mario uno dei fondatori de “I Costruttori di pace”) scomparsa nel 2020 dopo aver trascorso molti anni nel martoriato Paese. E anche (a Verona, dai Comboniani) un seminarista, Paulino Lukudu (scomparso nel 2021), destinato a diventare vescovo di Juba con cui ero rimasto in rapporto epistolare.
E altro ancora. Sempre sostanzialmente simpatizzando per la causa della popolazione nera del sud del Sudan in conflitto, suo malgrado, con i governi e con la popolazione - per lo più araba e musulmana - del resto del Paese.
Per cui mi ero rallegrato per la conquistata indipendenza (luglio 2011) considerandola l’inizio di tempi migliori.
Invece (come del resto è capitato con l’Eritrea) le cose non sono andate come si sperava e le recenti notizie di violenze sistematiche e stupri di massa lasciano poco spazio all’ottimismo per il “Paese più giovane del mondo”.
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Del resto anche calcolando soltanto gli ultimi dieci anni possiamo parlare di ordinaria amministrazione.
Nella brutale guerra civile che prosegue imperterrita e ininterrotta dal 2013 (nonostante gli accordi di pace, mai rispettati, del 2018 tra Salva Kiir e Riek Machar) a pagare il prezzo più alto sono soprattutto le donne.
L’esercito e le varie bande armate (talvolta direttamente agli ordini di funzionari, governatori, commissari…), sia quelle filo-governative che quelle dei ribelli, utilizzano (così come avviene in Congo, in Medio oriente…) lo stupro come arma di guerra.
Oltre naturalmente a saccheggi, incendi di villaggi, devastazione del territorio e distruzione di raccolti (con le conseguenti carestie) che costringono interi gruppi etnici e tribali ad abbandonare le loro terre ancestrali. Si calcola che oltre due milioni di abitanti del sud Sudan siano fuggiti oltre confine (in Uganda, in Etiopia, in Sudan…) mentre altri due milioni si ritrovano nella condizione di “rifugiati interni”.
In occasione della recente conferenza di Londra Preventing Sexual Violence Initiative,
la presidente della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan - Yasmin Sooka - ha dichiarato che “in nessun’altra parte del mondo si trovano così tante donne che vivono un conflitto subendo ripetutamente stupri di gruppo, anno dopo anno, dal 2013”.
Ricordando che tali donne successivamente subiscono l’ulteriore umiliazione di venire “abbandonate dai mariti, emarginate anche dalle proprie famiglie a causa della violenza che hanno subito”.
Mentre ovviamente i maschi responsabili rimangono impuniti, anzi talvolta fanno carriera.
Nel 2014 l’allora presidente Salva Kiir aveva firmato un comunicato congiunto con l’Onu in cui si proponeva come “un campione nella lotta contro la violenza sessuale”. E anche l’esercito tre anni fa aveva promosso un “piano d’azione per affrontare la violenza sessuale”. Inoltre nel 2020 il governo del Sud Sudan aveva istituito un tribunale per la violenza di genere nella capitale Juba. Ma si trattava di parole al vento.
Intanto un gran numero di donne (tra i due e i tre milioni si calcola) devono arrangiarsi come possono. Evitando i luoghi a rischio, compresi quelli indispensabili per la vita quotidiana come i punti di raccolta dell’acqua e della legna, i mercati…
Secondo il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite, in uno degli stati più esposti a tala piaga (Unity, uno dei 10 che compongono il Sud Sudan) il Commissario della contea avrebbe pianificato e ordinato stupri di massa (oltre 6mila i casi accertati nel 2021). A cui spesso seguivano decapitazioni e vittime arse vive (con casi documentati dal rapporto onusiano anche di bambine con meno di dieci anni).
E la denuncia di Yasmin Sooka proseguiva: “Stupri diffusi, di gruppo, incredibilmente brutali e prolungati vengono perpetrati da tutti i gruppi armati in tutto il paese, spesso nell'ambito di tattiche militari di cui sono responsabili governi e leader militari. Spesso mariti, genitori o figli delle vittime sono stati costretti a guardare, impotenti”.
Che dire? A volte l’indipendenza da sola non basta, evidentemente.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 1/12/2022 - 17:24
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Lyrics & Music by Emmanuel Kembe.
Album: Liberate South Sudan
"This is the only song of Emmanuel Kembe, which is currently banned by the Government of Southern Sudan.."