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A un burattinaio vissuto e morto in tempo di guerra

Alessandro Casappa
Lingua: Italiano



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Ho sentito che sono esistiti davvero. Guadagnavano da vivere con poco, e giravano sulle montagne, prevalentemente, quelle al confine fra Parma, Reggio e la Liguria. La guerra li ha decimati, il dopoguerra annientati.
Tutti quei chilometri
come inchiostro steso a mano,
e tutti gli indirizzi
conservati nel taschino.
Nebbie piene e zitte,
rotte prese contromano
verso un cielo che si strappa
e s’incendia in un camino

Ma i passi d’oca sul cemento
non ti apparterranno mai
ché l’Italia va veloce e fiera
verso il precipizio, ormai.
A gruppi di ottocento
-o ottomila, casomai-
confondono la notte
con il giorno,
le partenze, col ritorno
a vecchi guai.

Ombre alle stazioni
dove appendere la giacca;
dopo il coprifuoco
si può anche immaginare
che la vita non si spenga
dietro a un lume che s’affaccia
da un bordo di persiana
come un naufrago sul mare

Ma libertà l’è morta
in bocca a sette ragazzini
appesi per il colo
da cinque giorni interi
E i bimbi non si fermano
quando infili i burattini
sulla dita che
non si confondono
che san parlare ancora
e non nascondono
la povertà.

L’uomo della radio
dice che la storia chiama,
che il nemico è già al confine,
che la patria è da onorare
Ma tutti hanno paura,
chiusi ognuno in una tana
e tremano dal freddo
senza niente da mangiare.

E tutte le tue storie
messe dentro la valigia
non hanno più risate
per farsi accarezzare,
che l’aria è ogni giorno
più pesante e dura e grigia.
Ma questo è il tuo mestiere
è la tua terra,
è vivere e morire
dentro a una guerra
mai stata tua.

inviata da alle




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