Ho messo il rossetto rosso in segno di lutto
E un soprabito nero
Era un uomo distinto mio zio.
Madre non piangere, ingoia e dimentica
Le sue mani ingorde tra le mie gambe
Adesso sta in grazia di Dio.
Brava bambina fai la conta
Più punti a chi non si vergogna
Giochiamo a mosca cieca
Che zio ti porta in montagna.
Porgiamo l’estremo saluto ad un animo puro,
Un nobile esempio di padre, di amico e fratello
E sento il disprezzo profondo, i loro occhi addosso
Ho svelato l’ignobile incesto e non mi hanno creduto.
Brava bambina un po’ alla volta
Tranquilla, non morde e non scappa
Giochiamo a mosca cieca
Che zio ti porta in vacanza.
Brava bambina fai la conta
Chi cerca prima o poi trova
Gioiuzza fallo ancora
Che zio ti porta alla giostra
Che zio ti porta alla giostra.
Ho messo un rossetto rosso carminio
E sotto il soprabito niente
In onore del mio aguzzino.
E un soprabito nero
Era un uomo distinto mio zio.
Madre non piangere, ingoia e dimentica
Le sue mani ingorde tra le mie gambe
Adesso sta in grazia di Dio.
Brava bambina fai la conta
Più punti a chi non si vergogna
Giochiamo a mosca cieca
Che zio ti porta in montagna.
Porgiamo l’estremo saluto ad un animo puro,
Un nobile esempio di padre, di amico e fratello
E sento il disprezzo profondo, i loro occhi addosso
Ho svelato l’ignobile incesto e non mi hanno creduto.
Brava bambina un po’ alla volta
Tranquilla, non morde e non scappa
Giochiamo a mosca cieca
Che zio ti porta in vacanza.
Brava bambina fai la conta
Chi cerca prima o poi trova
Gioiuzza fallo ancora
Che zio ti porta alla giostra
Che zio ti porta alla giostra.
Ho messo un rossetto rosso carminio
E sotto il soprabito niente
In onore del mio aguzzino.
inviata da CCG/AWS Staff - 12/10/2010 - 23:07
Carmen Consoli Vince il Premio Amnesty Italia 2010 con il brano "Mio Zio"
Carmen Consoli è la vincitrice dell’8° edizione del PAI, Premio Amnesty Italia, indetto nel 2003 dalla Sez. Italiana di Amnesty International e dall’Associazione culturale Voci per la libertà per premiare il migliore brano sui diritti umani pubblicato nell’anno precedente. La premiazione di Carmen Consoli avrà luogo a Villadose (Rovigo), nel corso della serata finale della tredicesima edizione del concorso musicale dal vivo “Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty”, in programma dal 22 al 25 luglio.
“Certo, sono onorata e felice di questo premio” – ha dichiarato Carmen Consoli. “Appoggio Amnesty International ogni volta che posso, nelle sue battaglie, nell'etica e nell'idea di persona che difende e promuove. Ma ringrazio Amnesty International per l'assegnazione di questo riconoscimento soprattutto per una ragione: gli abusi sui minori si consumano in famiglia, molto in famiglia, troppo in famiglia. La famiglia è il luogo fisico e ideale nel quale dovremmo trovare sempre rifugio e protezione e invece diventa troppo spesso il teatro di mostruosità, un teatrino che tendiamo a nascondere dietro il perbenismo, l'ipocrisia, la menzogna, a discapito ancora di chi non sa e non può difendersi. Parlarne, parlarne tanto e apertamente è il modo migliore per sgretolare questo teatro dell'orrore. Grazie, Amnesty, per dare un megafono al grido di dolore dell'innocenza perduta!”
“Il brano ‘Mio Zio’ di Carmen Consoli è una canzone che fa gelare il sangue nelle vene” – ha affemato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International – “con un’ironia crudele è capace di farti sentire la sofferenza e l’impotenza della bambina violata, la solitudine e la vergogna delle tante bambine che non ricevono aiuto perché i loro aguzzini sono uomini perbene, al di sopra di ogni sospetto in una società abituata ad addestrare ‘brave bambine’, docili, gioiose e disponibili e che faticano a conquistarsi un’autentica libertà. È ora di riconoscere che la violenza di genere è la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo, che donne e bambine hanno bisogno di solidarietà nel loro cammino verso l’autodeterminazione vera. La canzone di Carmen Consoli può dare coraggio e consapevolezza”.
Carmen Consoli è la vincitrice dell’8° edizione del PAI, Premio Amnesty Italia, indetto nel 2003 dalla Sez. Italiana di Amnesty International e dall’Associazione culturale Voci per la libertà per premiare il migliore brano sui diritti umani pubblicato nell’anno precedente. La premiazione di Carmen Consoli avrà luogo a Villadose (Rovigo), nel corso della serata finale della tredicesima edizione del concorso musicale dal vivo “Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty”, in programma dal 22 al 25 luglio.
“Certo, sono onorata e felice di questo premio” – ha dichiarato Carmen Consoli. “Appoggio Amnesty International ogni volta che posso, nelle sue battaglie, nell'etica e nell'idea di persona che difende e promuove. Ma ringrazio Amnesty International per l'assegnazione di questo riconoscimento soprattutto per una ragione: gli abusi sui minori si consumano in famiglia, molto in famiglia, troppo in famiglia. La famiglia è il luogo fisico e ideale nel quale dovremmo trovare sempre rifugio e protezione e invece diventa troppo spesso il teatro di mostruosità, un teatrino che tendiamo a nascondere dietro il perbenismo, l'ipocrisia, la menzogna, a discapito ancora di chi non sa e non può difendersi. Parlarne, parlarne tanto e apertamente è il modo migliore per sgretolare questo teatro dell'orrore. Grazie, Amnesty, per dare un megafono al grido di dolore dell'innocenza perduta!”
“Il brano ‘Mio Zio’ di Carmen Consoli è una canzone che fa gelare il sangue nelle vene” – ha affemato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International – “con un’ironia crudele è capace di farti sentire la sofferenza e l’impotenza della bambina violata, la solitudine e la vergogna delle tante bambine che non ricevono aiuto perché i loro aguzzini sono uomini perbene, al di sopra di ogni sospetto in una società abituata ad addestrare ‘brave bambine’, docili, gioiose e disponibili e che faticano a conquistarsi un’autentica libertà. È ora di riconoscere che la violenza di genere è la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo, che donne e bambine hanno bisogno di solidarietà nel loro cammino verso l’autodeterminazione vera. La canzone di Carmen Consoli può dare coraggio e consapevolezza”.
DonQuijote82 - 7/2/2011 - 19:29
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da Femminismo a sud
“Il motivo non è chiaro ma è molto probabile quello sessuale“, diceva Repubblica a proposito del femminicidio che ha prodotto una ulteriore morta.
Sarah Scazzi, in una buca piena d’acqua, e il pensiero corre inevitabilmente a Lorena Cultraro, altra ragazzina ammazzata da tre ignobili ragazzetti dopo averla stuprata, massacrata di botte, strangolata, bruciata e buttata in un pozzo.
Sarah Scazzi, una bambina che aveva tutta la vita davanti e che ha fruttato tante vendite di giornali, tanti introiti pubblicitari per le pagine online che sono pronte a non bucare lo scoop, con una stampa che al solito ha fatto un lavoro pessimo, rafforzando stereotipi, concentrandosi su pettegolezzi, facendo gossip sul cadavere di una ragazzina.
Quante sciocchezze sono state dette. Il cattivo è sempre quello che viene da fuori, eh? Le terribili chat. I mostri di internet. Invece la verità stava lì a due passi, in famiglia, come sempre.
Una verità orribile, di quelle che tante famiglie inconsapevoli ignorano e che altre famiglie custodiscono in un clima di omertà e complicità che protegge questi santi padri di famiglia che alla prima occasione si fanno venire il vezzo della molestia alla nipotina, la figlia della cognata, e chissà come e chissà perché poi le mette le mani al collo e la uccide seppellendola dentro un fosso qualunque, fingendo perfino preoccupazione, fingendo di cercarla, simulando ritrovamenti di oggetti per depistare.
La stessa faccia tosta di Mario Alessi, accusato poi dell’omicidio del piccolo Tommy. Persone che non hanno alcun pudore a rilasciare interviste e a utilizzare i media, come sempre più spesso avviene, per una difesa ad oltranza di qualcosa di indifendibile.
Primo trucco: negare. Come fanno in tanti. Come fanno tutti.
Proviamo a pensare al caso in cui Sarah fosse rimasta viva, alla difficoltà di denunciare una molestia dello zio. Chi l’avrebbe creduta? Quanto l’avrebbero fatta sentire in colpa? Era già accaduto che lo zio non si era comportato bene con lei? Perchè non l’ha detto?
Se è accaduto il perchè lo sappiamo tutte. Quante sono le piccole Sarah che non possono denunciare o che quando denunciano si ritrovano processate, accusate, colpevolizzate. Quante sono le figlie, giovani, piccole, innocenti, che non hanno nessuno sul quale contare perchè tutti i riferimenti che dovrebbero aiutarla non le credono o fanno di tutto per difendere l’accusato.
Quanti sono gli accusati di molestie di ragazzine che vengono difesi, in una campagna negazionista di denigrazione costante delle vittime e di difesa degli accusati. Finchè non spunta il cadavere. Finchè altre giovani vite non vengono spezzate. Finchè non avviene l’inevitabile. E allora, per ogni morte di questo genere, tutti sono complici, omertosi, negazionisti, filopedofili, banalizzatori delle violenze alle ragazzine.
Tutta la compagnia dei falsabusisti che per pararsi la reputazione distruggono la vita di donne e bambini, protetti da professionisti e da circuiti del dolore che quel dolore lo alimentano e lo usano come strumento di ricatto affinchè le vittime rimangano vittime. Per sempre.
Quanti sono i padri, i nonni, gli zii che con le loro mani lercie sporcano la giovane pelle di bambini e bambine che non sanno dove trovare riparo. Quante sono le situazioni in cui le famiglie diventano i luoghi di protezione di pedofili e violenti, stupratori dei corpi e della mente, tutelati da persone che non sono certo meno responsabili delle azioni che gli assassini finiscono per compiere.
Quali mostruosità custodisce la “famiglia”, quali inclinazioni tutela la parte politica che proponeva la depenalizzazione per gli abusi sessuali di “lieve entità” sui minori. Quali devastanti prospettive riservano tutti coloro che difendono a spada tratta i pedofili e gli stupratori sostenendo che le vittime, donne e bambine/i, sarebbero sempre bugiardi.
E sta tutta lì la “bugia”, in questi corpi morti sepolti qua e là, lasciati senza vita, massacrati in ogni senso, per chissà quale capriccio o intenzione.
Eccola la bugia, fatta di carne e sangue e miseria degli umani che convivono con violenti, stupratori e pedofili perdonandogli tutto e, anzi, consentendogli di fare ancora del male.
Eccola la bugia, di una società che culturalmente ha permesso che una ragazzina non potesse sfuggire ad uno zio assassino per un motivo “non chiaro ma molto probabile sia quello sessuale“.
Eccola la verità da sputare in faccia a quelli che si nascondono dietro mistificazioni esagerate come quel male che arriverebbe da internet (su internet ci sono gli stessi uomini violenti che sono violenti nella vita, ne più e ne meno e se sono perdonati e giustificati nella vita reale è la società che permette loro di fare del male su internet e non il contrario), quelli che si nascondono dietro l’alibi dello straniero, delle altre culture, come se la nostra cultura, familista, omertosa, complice di mille violenze maschili su donne e bambini, fosse meno disastrosa di quelle altre che tanto fanno storcere il naso ai razzisti.
Sta tutto qui il problema, in un costante ricatto che riguarda i corpi di donne e bambini, di tutte le età e di tutte le proporzioni. Altro che mediazione familiare, altro che speculazioni di avvocati che si rifanno lo stipendio sui divorzi mentre difendono gli uomini violenti.
Non c’è niente da mediare quando il problema è che gli uomini trattano donne e bambini come corpi di loro esclusiva proprietà. Ne fanno quello che vogliono. Se qualcuno lo impedisce allora ammazzano, stuprano, perseguitano, e mentono spudoratamente così come mentono tutti quelli che fanno squadra con assassini e stupratori per rappresentarli nelle stanze dei colletti bianchi.
L’italia è il primo paese in europa in cui muoiono più vittime di violenza domestica e interfamiliare. Muoiono quasi sempre perchè l’uomo non vuole perdere il diritto proprietario sul corpo di una donna, di qualunque età. Bambina/bambino (per pedofili di varia natura), adolescente, ragazza, donna, adulta, anziana.
Il corpo delle vittime è l’affare del secolo. I carnefici non vogliono mollarlo e gli avvocati difendono il principio di proprietà sui corpi quando gli assassini vengono chiamati in tribunale.
In italia si muore di schiavitù dei corpi. Si muore di tentativi di ribellione. Si muore perchè si spera che si possa dire di NO. Perchè si spera di poter essere libere di andarsene, denunciare. Si muore per vendetta e punizione. Si muore di colpevolizzazione delle vittime, di subcultura propedofili e prostupratori.
Le donne muoiono in quanto donne. I corpi desiderabili, bambini inclusi per i pedofili, muoiono perchè c’è una intera cultura e una intera società che tutela, incoraggia, giudica “naturale” quel desiderio univoco, non consensuale, quello stupro costante.
Le vittime di violenza maschile in italia muoiono di umiliazione, delegittimazione, solitudine personale e sociale, con gli stupratori in libertà e gli stalkers a fare i bulli dappertutto per mostrare il proprio potere e schiacciare all’infinito le vittime prescelte.
Sarah Scazzi è morta di tutto questo. E’ morta di schiavitù dei corpi alla quale ogni bambina e donna viene costretta. E’ morta di violenza maschile. E’ morta di femminicidio. E’ morta di omertà e cultura sessista.
E se solo penso alle mani di quel suo zio sul suo corpo mi viene davvero da vomitare…
Ps: leggo molte ore dopo aver scritto questo post che lo zio ha confessato di averla lungamente molestata, che Sarah voleva dirlo anzi l’aveva già detto e che è morta perchè lo zio voleva che custodisse il segreto. L’ha ammazzata e violentata prima di seppellirla. Nausea.