Sull'aspro monte, dentro la foresta
la mente fissa alla casa lontana,
nell'ultima battaglia saldo resta,
alla patria fedele il brigante.
Là dei suoi cari la voce non ode,
là piange la civetta
ed urla il vento a cercare
il suo bimbo e la sua sposa,
l'occhio bramoso volge inutilmente.
Egli rimane fino alla morte
fedele a re Francesco ed alla patria,
non ha riparo e se la dura sorte cader lo fa,
dell'avvoltoio preda.
Uomini ch'egli non offese mai,
uomini ch'egli mai veduti aveva,
contendono con armi insanguinate
l'ultimo lembo della patria al brigante.
Ora lo portano legato
davanti al ciglio della fossa:
Morire devi con vergogna da brigante senza onor!
Morire devo con vergogna?
Ma la vergogna cade su voi!
Io vado fiero e con coraggio verso la patria del Signor!
Me la rido dei vostri sguardi
pieni di scherno e di ferocia,
l'occhio mio scorge le montagne
dove spesso v'ho fatti scappar!
Or dico addio ad ogni luogo
dove libero un dì vivevo.
Benedico ogni pallottola
che ho centrato nei vostri cuor!
E benedico te, mia terra,
che tra poco mi abbraccerai,
te benedico, terra patria,
che di sangue rosseggi ancor
Addio, popolo del dolore,
per il quale fedele ho lottato,
nella tomba porto l'amore
che il mio cuore ha nutrito per te.
Quattro spari hanno echeggiato,
ai suoi monti, per l'ultima volta,
con la mano insanguinata
fa un saluto il brigante che muor.
la mente fissa alla casa lontana,
nell'ultima battaglia saldo resta,
alla patria fedele il brigante.
Là dei suoi cari la voce non ode,
là piange la civetta
ed urla il vento a cercare
il suo bimbo e la sua sposa,
l'occhio bramoso volge inutilmente.
Egli rimane fino alla morte
fedele a re Francesco ed alla patria,
non ha riparo e se la dura sorte cader lo fa,
dell'avvoltoio preda.
Uomini ch'egli non offese mai,
uomini ch'egli mai veduti aveva,
contendono con armi insanguinate
l'ultimo lembo della patria al brigante.
Ora lo portano legato
davanti al ciglio della fossa:
Morire devi con vergogna da brigante senza onor!
Morire devo con vergogna?
Ma la vergogna cade su voi!
Io vado fiero e con coraggio verso la patria del Signor!
Me la rido dei vostri sguardi
pieni di scherno e di ferocia,
l'occhio mio scorge le montagne
dove spesso v'ho fatti scappar!
Or dico addio ad ogni luogo
dove libero un dì vivevo.
Benedico ogni pallottola
che ho centrato nei vostri cuor!
E benedico te, mia terra,
che tra poco mi abbraccerai,
te benedico, terra patria,
che di sangue rosseggi ancor
Addio, popolo del dolore,
per il quale fedele ho lottato,
nella tomba porto l'amore
che il mio cuore ha nutrito per te.
Quattro spari hanno echeggiato,
ai suoi monti, per l'ultima volta,
con la mano insanguinata
fa un saluto il brigante che muor.
inviata da Bart Pestalozzi & Adriana la Brigantessa - 7/9/2010 - 15:21
Poiché raccolsi dal vice sindaco di Campli (TE) due strofe di un canto dopo la caduta della Fortezza di Civitella posso ritenere che il canto da Voi riportato possa avere la stessa melodia di quella da me registrata.
Sapete se del canto da voi riportato possa essere trovata la trascrizione musicale o una indicazione precisa dove poter trovare la riproduzione?gradirei sapere se oltre le parole posso trovare la melodia di questo canto
Filippo Buongrazio
Sapete se del canto da voi riportato possa essere trovata la trascrizione musicale o una indicazione precisa dove poter trovare la riproduzione?gradirei sapere se oltre le parole posso trovare la melodia di questo canto
Filippo Buongrazio
Filippo Buongrazio - 21/10/2014 - 13:24
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Canzone sui (o dei) briganti segnalatami dalla (per)fida brigantessa Adriana, amministratrice di queste CCG/AWS.
Testo trovato qui e tratto da “Carlo Antonio Gastaldi - Un operaio Biellese brigante dei Borboni” (Jaca Book, 1989), uno studio di Gustavo Buratti, detto Tavo Burat (1932-2009), giornalista, politico e scrittore biellese che già abbiamo incontrato su queste pagine a proposito della canzone Guarda giù dalla pianura degli Stormy Six.
Nel suo volumetto Tavo Burat scrive che la canzone si riferisce al brigantaggio in Puglia e che gli fu trasmessa da tal Sig. Pirro di Bari nel 1969.
Adriana la Brigantessa ha voluto darmi la dritta di questa canzone perché lo studio da cui è tratta (che è si trova pubblicato anche nel volume collettivo Banditi e ribelli dimenticati. Storie di irriducibili al futuro che viene, Centro Studi Dolciniani, 2006) è dedicato a tal Carlo Antonio Gastaldi, nato nel 1834 in una frazione di un piccolo paese del biellese, di professione cardatore, poi fante del regio esercito piemontese, medaglia d’argento al valore nella battaglia di Palestro contro gli austriaci, “testa calda” più volte finito davanti a corte marziale, poi mandato a reprimere il brigantaggio nel sud Italia e… passato ai briganti!
Ebbene sì, il valoroso ma irriducibile soldato biellese, una volta sprofondato in Puglia preferì combattere con i “briganti” dell’ex sergente borbonico Pasquale Domenico Romano, detto “Enrico la Morte”, originario di Gioia del Colle, che continuare a rastrellare e incendiare villaggi. Non è dato sapere cosa avesse motivato la scelta del Gastaldi: forse l’insofferenza per la disciplina militare, forse la coscienza dell’inganno di una guerra dove poveracci come lui erano spediti dal nord a massacrare altri poveracci al sud, forse ragioni molto più basse… Fatto sta che in una corrispondenza al padre il Gastaldi scriveva che quelli del Romano non erano briganti come tutti gli altri. Ed era vero, perché Pasquale Domenico Romano non fu un disperato tagliagole ma un partigiano borbonico e militare esperto che diede più di tanti altri filo da torcere alle truppe di occupazione piemontesi. Nel 1863 “Enrico La Morte” trovò la sua, ucciso in combattimento insieme a molti compagni nei pressi della sua città natale. Tra coloro che scamparono al piombo piemontese ci fu il cardatore di Biella, che poi si costituì: fu processato per brigantaggio e diserzione e condannato ad un bel po’ di anni di lavori forzati. E di lui non si seppe più nulla, forse ingoiato da qualche prigione, magari dalla gelida fortezza di Fenestrelle…
(fonte: Diario di Rocco Biondi - blog)