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4 / 3 / 1943 [Gesubambino]

Lucio Dalla
Lingua: Italiano

Lucio Dalla

Lista delle versioni e commenti

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L'interpretazione originale al Festival di Sanremo del 1971.


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[1970]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Paola Pallottino
Musica / Music / Musique / Sävel: Lucio Dalla
Single 45 giri: 4 / 3 / 1943 - Il fiume e la città
RCA Italiana PM 3578 [1971]
Album / Albumi: Storie di casa mia [1971]
- Nuova Equipe 84:
Single 4 / 3 / 1943 - Padre e figlio, Ricordi SRL 10635 [1971]
Album / Albumi: Casa mia [1971]

La prima storica esecuzione di 4 / 3 / 1943 al Festival di Sanremo del 1971: Lucio Dalla col basco, il violinista Renzo Fontanella e i Cantori Moderni di Alessandroni.
La prima storica esecuzione di 4 / 3 / 1943 al Festival di Sanremo del 1971: Lucio Dalla col basco, il violinista Renzo Fontanella e i Cantori Moderni di Alessandroni.


4 / 3 / 2025
di Riccardo Venturi


Una canzone famosissima e dalla storia decisamente singolare e straordinaria, che abbiamo deciso di ripercorrere un po’ proprio in un quattro di marzo. A cominciare dal suo titolo che, prima della presentazione del brano al Festival di Sanremo del 1971, era stato sottoposto a censura perché giudicato “irrispettoso”. Si doveva, infatti, chiamare Gesubambino, scritto esattamente così. La modifica del titolo pare essere stata dovuta al maestro Ruggero Cini, nativo di Scandicci alle porte di Firenze (1933-1981), autore dell'arrangiamento "sanremese" (che meglio dovrebbe chiamarsi "arrangiamento RCA"), che intitolò "ex abrupto" la canzone come la data di nascita di Lucio Dalla: il 4 marzo 1943. O meglio: 4 / 3 / 1943, perché il titolo è enunciato numericamente, come su un documento ufficiale. Così compare sulla prima incisione della canzone su 45 giri della RCA, realizzata subito dopo il Festival ed abbinata a Il fiume e la città (brano già presente nell’album di Lucio Dalla Terra di Gaibola del 1970); sulla copertina del disco compare un’immagine del porto di Manfredonia (Foggia), con la vicina piazza Diomede, che non fu scelta a caso: il bolognese Lucio Dalla aveva con Manfredonia un legame molto forte e di famiglia, dato che sua madre era originaria proprio della cittadina marinara pugliese, e che il piccolo Lucio vi passò una parte della sua infanzia.

quattrotre


Uno dei rari casi, si potrebbe dire, in cui la censura della RAI democristiana degli “anni ruggenti” ha avuto un effetto positivo; un autentico colpo di genio, quel titolo, una data che riporta a tutto un periodo e alle sue forse migliaia di storie del genere. Non si tratta minimamente, com’è ovvio, della storia di Lucio Dalla, nononostante la copertina del 45 giri. La straordinarietà (nel senso letterale del termine) del brano prosegue con l’autrice del testo. Paola Pallottino, nata a Roma il 9 aprile 1939 e trentaduenne all’epoca, figlia di uno dei maggiori etruscologi italiani, Massimo Pallottino (1909-1995, lo scopritore delle Lamine di Pyrgi, uno dei testi fondamentali per la conoscenza della lingua etrusca), illustratrice di libri per l’infanzia e di testi scientifici, e poetessa a tempo niente affatto perso (sarebbe poi divenuta un’importante docente e storica dell’arte, proprio nel campo dell’illustrazione). Dico “poetessa a tempo niente affatto perso”, ma la straordinarietà di tutta questa canzone risiede anche nel puro caso che volle, ad esempio, che la famiglia Pallottino abitasse, a Roma, nel grande palazzo che il marchese Giuliano Capranica del Grillo aveva regalato alla moglie, la grande attrice di teatro Adelaide Ristori. Il medesimo puro caso che, come inquilino e vicino di casa, volle pure che vivesse nel medesimo palazzo il poeta fiorentino Aldo Palazzeschi (1885-1974)i; e fu proprio Aldo Palazzeschi che spinse e incoraggiò la giovanissima Paola Pallottino a scrivere componimenti e poesie.

Lucio Dalla e Paola Pallottino, 1971.
Lucio Dalla e Paola Pallottino, 1971.


Trasferitasi a Bologna per studiare, e dopo aver disegnato oltre 600 animali per la zoologia del dizionario Nuovo Zingarelli, Paola Pallottino fece conoscenza con Lucio Dalla, con il quale strinse un’amicizia e una collaborazione; a questo punto occorre dire che la Pallottino, nel 1962, si era sposata con l’architetto Stefano Pompei (1934-2005), figlio di un altro celebre architetto e illustratore, Mario Pompei (1903-1958). Pare che fu durante un viaggio a Tunisi assieme al marito che la Pallottino scoprì i cantautori francesi, in particolare Georges Brassens e Jacques Brel, che la convinsero a scrivere canzoni poetiche, o poesie fatte per essere cantate (o illustrate dalla musica).

Paola Pallottino sarebbe divenuta, come già accennato, un’importantissima storica dell’arte nel campo dell’illustrazione, nonché docente al DAMS di Bologna; sulle modalità della conoscenza con Lucio Dalla sono, come è quasi d’obbligo in casi del genere, fiorite storie sconfinate a volte nella leggenda. Una di queste vuole che la versione originale della canzone sia stata scritta “di getto” assieme a Dalla (che compose la musica senza nemmeno servirsi del pianoforte) durante una vacanza in Puglia, nell’estate del 1969; in seguito, la Pallottino ebbe a dichiarare che la canzone intendeva essere un ideale omaggio, o risarcimento, allo stesso Lucio Dalla che era rimasto orfano di padre all’età di sette anni. Occorrerebbe quindi retrodatare la canzone al 1969; ma la presentiamo qui come risalente con certezza al 1970, dato che, nell’agosto di quell’anno, in una versione già leggermente edulcorata, Lucio Dalla la cantò a Paola, in provincia di Cosenza, dove sua madre aveva lavorato nell’immediato dopoguerra, nell’ambito di una manifestazione canora locale intitolata “Ferragosto del Tirreno”; insomma, per cantare la prima volta la canzone scritta dalla sua amica Paola, Lucio Dalla scelse un posto chiamato Paola. Nel dicembre dello stesso 1970, mentre l’Italia rischiava il colpo di stato fascista di Junio Valerio Borghese, Lucio Dalla cantò di nuovo Gesubambino al teatro Duse di Bologna, dove i discografici della RCA l’apprezzarono a tal punto da proporre all’irsutissimo cantautore di portarla a Sanremo.

Le Lamine di Pyrgi.
Le Lamine di Pyrgi.
Lucio Dalla, che era a Sanremo a cantare “Bisogna saper perdere” nel 1967 quando avvenne il misterioso suicidio dell’amico Luigi Tenco (e che c'era già stato l'anno prima, 1966, presentando un brano mezzo folle, Paff...bum!, che non riuscì nemmeno a arrivare in finale), non se lo fece dire due volte. Solo che, nonostante il fermo proposito dei discografici e dello stesso Dalla, non si trattava proprio della tipica canzonetta da Sanremo; una ballata poetica del genere mal si adattava ad una “vetrina” come quella del festivalone nazionale. In più, naturalmente, al momento della presentazione si abbatterono sulla canzone gli strali censori della RAI, che ne pretesero non solo il cambio di titolo (che, come detto, probabilmente contribuì all’enorme successo della canzone), ma anche diverse modifiche in un testo che presentava, tra le altre cose, un tizio chiamato “Gesubambino” che bestemmia e frequenta donne di dubbia moralità. Ma, pur di presentare quel brano a Sanremo, Lucio Dalla scese a qualche compromesso. Peraltro, già il 31 dicembre 1970 Lucio Dalla si premura di incidere regolarmente la versione che avrebbe presentato a Sanremo (ma con una lievissima variante testuale: “fino dal primo mese”, mentre a Sanremo canta “fino all’ultimo mese”), con l’arrangiamento del m. Cini:



E’ il 25 febbraio 1971 quando Lucio Dalla scende nell’arena del XXI Festival di Sanremo (presentato quell’anno da due attori: Carlo Giuffrè e Elsa Martinelli). E’ tutto carino e ripulito, con la barba ben fatta, un basco in testa ed una candida camicina a colletto rialzato, mezza aperta e dalla quale si intravedono i suoi iconici peli pettorali; sembra quasi un pittore bohémien francese col vestito della domenica. Assieme a lui, l’amico di vecchia data Renzo Fontanella (scomparso nel 2012) che suona al violino il refrain musicale (Renzo Fontanella era in realtà principalmente un bassista; faceva parte del complesso bolognese Gli Idoli, che accompagnò Dalla dal 1966 al 1972 e che aveva suonato nel rarissimo Terra di Gaibola), e i Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni, il “fischiatore” delle musiche di Ennio Morricone nella “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone. Renzo Fontanella attacca al violino e Dalla, impettito ed elegantemente inteccherito, comincia a cantare: Dice ch’era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare.... In quel preciso momento nasce una nuova stella nel cantautorato italiano e, direi, anche internazionale; la più improbabile e fotofobica stella che si possa immaginare, ma che non per questo brilla di meno.



Per le regole sanremesi dell’epoca, che imponevano la presentazione “in coppia” di ogni brano in gara, il giorno successivo, 26 febbraio, la canzone fu eseguita dalla Nuova Equipe 84 formata da Maurizio Vandelli, Victor Sogliani, Franz Di Cioccio e Dario Baldan Bembo (dopo che la “vecchia” Equipe 84 era stata ostracizzata dalla RAI e si era dovuta riformare quando uno dei componenti, Alfio Cantarella, era stato trovato in possesso di 6 grammi di hashish e arrestato; rientrò nel gruppo solo nel 1973).



Quella che, senza timore di smentita, è nel novero delle dieci canzoni italiane più note (e più belle) di tutti i tempi, arrivò terza al XXI Festival di Sanremo del 1971. Risultò vincitrice, per la cronaca, un’altra bella canzone ma decisamente più consona a Sanremo, Il cuore è uno zingaro (di Migliacci-Mattone; interpretata da Nicola Di Bari e Nada). Al secondo posto si classificò invece un altro brano famosissimo, Che sarà, interpretato dal cantautore portoricano José Feliciano assieme ai Ricchi e Poveri.

Paola Pallottino illustrata da se stessa.
Paola Pallottino illustrata da se stessa.
E così, la canzone con la storia della ragazza madre sedicenne che fa un bambino con un soldato straniero nei primi mesi del 1943 “esplode” in Italia e comincia, nello stesso 1971, a fare il giro del mondo, un giro che prima di lei era toccato fare soltanto a “Volare” di Modugno, per quanto riguarda una canzone italiana. Una storia del tempo di guerra ambientata il giorno prima dell’inizio degli scioperi nelle fabbriche torinesi, così tanto per ribadire in che periodo Lucio Dalla venne al mondo. Ottantadue anni fa nel momento in cui sto scrivendo. La canzone, come si vedrà meglio in questa pagina, verrà, solo nel 1971, cantata in francese (da Dalida), in portoghese (da Chico Buarque de Hollanda) ed in un’altra caterva di lingue da artisti più o meno famosi. Volendo stabilire una road map “storica” di massima della canzone, occorre quindi partire da una vacanza pugliese durante la quale Paola Pallottino scrive una versione originale dal testo più che esplicito (e contenente degli assai brassensiani ladri e delle ancor più brassensiane puttane), che approda nel 1970 ad un piccolo festival canoro in Calabria, con un testo già un po’ modificato, nel 1971 a Sanremo con la “gente del porto” e il protagonista che non bestemmia più ma gioca a carte, e infine in tutto il mondo. Per ascoltare la versione originale, bisognerà aspettare il 1979 con il tour Banana Republic Dalla-De Gregori, con relativo album, che ripristinano i ladri e le puttane dell’autrice; versione che, ci piace ricordarlo, è stata inviata a questo sito, e a questa pagina, direttamente da Paola Pallottino. Persi come siamo in questo “mare magnum” di sito, che si avvia ad essere una specie di viaggio siderale intergenerazionale di cui perlomeno io non vedrò mai la fine, nel 2013 ci eravamo scordati di ringraziarla dal profondo del cuore; lo facciamo adesso, sperando che qualche nume della Grande Rete le faccia pervenire queste parole.

dlsyC’è mancato poco che Lucio Dalla non concludesse la sua avventura terrena allo stesso modo di Costantino Kavafis, che morì il giorno del suo compleanno. E’ morto il 1° marzo 2012 a Montreux, in Svizzera. Il 14 febbraio era tornato a Sanremo per accompagnare e dirigere l’orchestra per un giovane cantautore, Pierdavide Carone, che cantava una canzone, Nanì di cui Dalla era coautore. Anno bisesto, anno funesto: il 27 febbraio parte la sua tournée internazionale da Lucerna, in Svizzera; il giorno dopo è a Zurigo, mentre il 29 febbraio tiene un concerto a Montreux, la città di Smoke on the Water. Il giorno dopo, lo ritrovano morto per un infarto nella sua camera d’albergo. Il 4 marzo, 4 / 3 / 2012, giorno del suo 69° compleanno, è il giorno del suo funerale, cinquantamila persone a Bologna fuori dalla basilica di San Petronio. E’ sepolto nel Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna, in un campo che reca il n° 1971, come l’anno di 4 / 3 / 1943 a Sanremo. Si trova in compagnia, tra gli altri, di Giosuè Carducci.

Lucio Dalla ha continuato a eseguire 4 / 3 / 1943 fino alla fine dei suoi giorni, letteralmente: faceva parte anche della scaletta del suo ultimo concerto di Montreux, la canzone sulla ragazzina che fa un bambino in tempo di guerra con un giovane soldato che verrà ammazzato poco dopo, come migliaia di altri. La canzone scritta da una storica dell’arte figlia di un etruscologo, per cui ho sempre sognato che prima o poi ne venga fatta una versione in etrusco. Ora, per chiudere, immaginatevi un Riccardino di sette anni e mezzo che, una sera di febbraio di cinquantaquattro anni fa era davanti al televisore a guardare il festival di Sanremo con il babbo, la mamma e il fratello, allora sedicenne come la ragazzina che si occupava di Gesubambino appena nato. Sì, perché mi ricordo esattamente di quella sera e di quella canzone, e del suo violino. Per anni ho, naturalmente, continuato a credere che quella fosse la vera storia di Lucio Dalla, anche se c’era qualcosa che mi tornava poco. Il porto di Bologna non mi convinceva, e m’immaginavo, naturalmente, che tutto si svolgesse a Genova un giorno di marzo del 1943. Quindi quel tale, “Lucio Dalla”, doveva essere per forza genovese. E si chiamava Gesù Bambino. Secondo me, come nome gli stava pure bene. [RV]

Nota testuale. Come testo-base viene presentato quello "sanremese" del 1971. Occorre però avvertire che, nella sua storia, ha avuto anch'esso delle lievi varianti, di cui si rende conto in delle note.
Dice che era un bell'uomo
E veniva, veniva dal mare,
Parlava un'altra lingua
Però sapeva amare.

E quel giorno lui prese a mia madre
Sopra un bel prato,
L'ora più dolce
Prima d'essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza,
La stanza sul porto,
Con l'unico vestito
Ogni giorno più corto.

E benché non sapesse il nome
E neppure il paese,
M'aspettò come un dono d'amore
Fino all'ultimo mese. [1]

Compiva sedici anni
Quel giorno la mia mamma,
Le strofe di taverna
Le cantò a ninna-nanna,

E stringendomi al petto che sapeva,
Sapeva di mare,
Giocava a far la donna
Con il bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco,
O forse per amore
Che mi volle chiamare
Come Nostro Signore.

Della sua breve vita, il ricordo,
Il ricordo più grosso
E' tutto in questo nome
Che io mi porto addosso.

E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino,
Per la gente del porto
Mi chiamo Gesù Bambino. [2]

E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino,
Per la gente del porto
Mi chiamo Gesù Bambino.
[1] Var. Fino dal primo mese.

[2] Var. Io sono Gesù Bambino.



Lingua: Italiano

1. Gesubambino: Il testo originale di Paola Pallottino
Gesubambino: Paola Pallottino’s original lyrics
Gesubambino: L’original de Paola Pallottino
Gesubambino: Paola Pallottinon alkuperäiset sanat

La prof. Paola Pallottino ad un convegno alla Biblioteca delle Oblate a Firenze, qualche anno fa: è la seconda da sinistra. L'ultimo a destra è Sergio Staino, seduto accanto a Walter Veltroni.
La prof. Paola Pallottino ad un convegno alla Biblioteca delle Oblate a Firenze, qualche anno fa: è la seconda da sinistra. L'ultimo a destra è Sergio Staino, seduto accanto a Walter Veltroni.


Inviato personalmente da Paola Pallottino a questa pagina (v. introduzione). Dovrebbe quindi rispecchiare la scrittura originale, il componimento poetico (estate 1969?) musicato di getto da Lucio Dalla e poi evolutosi in tutte le varie versioni, censurate o meno, di 4 / 3 / 1943. Il testo, così come inviato dalla sua autrice, presenta alcune delle lezioni poi censurate (“giocava alla Madonna”, “per i ladri e le puttane”), mentre altre poi a loro volta censurate o modificate non sono presenti. In questa forma originale, comunque, il testo non risulta essere stato mai eseguito. [RV]
Gesubambino [4 / 3 / 1943]

Dice che era un bell'uomo e veniva dal mare,
Parlava un'altra lingua però sapeva amare
E quel giorno lui prese a mia madre su un prato
L'ora più dolce prima di essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza sul porto
Con l'unico vestito ogni giorno più corto,
E benché non sapesse il nome o il paese
M'aspettò come un dono fino dal primo mese.

Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma
Le strofe di taverna le cantò a ninna-nanna
E stringendomi al petto che sapeva di mare
Giocava alla Madonna col bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco o forse per amore
Che mi volle chiamare come Nostrosignore.
Della sua breve vita il ricordo più grosso
E' tutto in questo nome che io mi porto addosso.

E ancora adesso mentre bestemmio e bevo vino
Per i ladri e le puttane sono Gesubambino.

inviata da Paola Pallottino - 4/3/2013 - 12:24




Lingua: Italiano

2. Gesù Bambino [4 / 3 / 1943]: La versione “precensurata” del 1970
Gesù Bambino: 1970 pre-censored versione
Gesù Bambino: la version pré-censurée de 1970
Gesù Bambino: esisensiroitu versio 1970 vuodelta

Si tratta della versione “pre-censurata”, ma eseguita da Lucio Dalla (spesso accompagnato dagli “Idoli” con al basso Renzo Fontanella, v. introduzione) a partire dal 1970. Al momento della presentazione al XXI Festival di Sanremo,la canzone era quindi già abbastanza nota e, più che altro, regolarmente incisa nella sua versione “pre-censurata” (leggermente diversa, comunque, da quella che appare essere la versione originale di Paola Pallottino). Abbiamo ad esempio un’incisione Sony Music Entertainment del 1970 assieme agli Idoli, riprodotta in questo video (si noti l’arrangiamento):



Curioso il caso di un’incisione destinata al mercato spagnolo (RCA Victor 3-10599), un 45 giri contenente anch’esso Il fiume e la città uscito nel 1971 dopo l’esibizione sanremese: per il mercato della cattolicissima Spagna ancora franchista viene presentata una versione parzialmente non censurata (le bestemmie, i ladri e le puttane sarebbe stato troppo…), con le varianti qui indicate in nota:

4 / 3 / 1943 [Gesù Bambino]

Dice che era un bell'uomo
E veniva, veniva dal mare,
Parlava un'altra lingua,
Però sapeva amare.

E quel giorno lui prese a mia madre
Sopra un bel prato,
L'ora più dolce
prima di essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza,
La stanza sul porto,
Con l'unico vestito
Ogni giorno più corto.

E benché non sapesse il nome
E neppure il paese,
Mi riconobbe subito
Proprio all'ultimo mese

Compiva sedici anni quel giorno
La mia mamma,
Le strofe di taverna
Le cantò a ninna nanna.

E stringendomi al petto che sapeva,
Sapeva di mare
Giocava alla Madonna
Con un bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco,
O forse per amore
Che mi volle chiamare
Come Nostro Signore.

Della sua breve vita, il ricordo,
Il ricordo più grosso
E' tutto in questo nome
Che io mi porto addosso.

E ancora adesso mentre bestemmio [1]
E bevo vino,
Per i ladri e le puttane [2]
Sono Gesù bambino.

E ancora adesso mentre bestemmio
E bevo vino,
Per i ladri e le puttane
Sono Gesù bambino.
[1] Var. E ancora adesso che gioco e rubo. Si tratta di una variante comune ripresa più volte nel prosieguo degli anni.

[2] Var. Per la gente del porto. La variante “edulcorata” già cantata a Sanremo viene riprodotta nella versione per il mercato spagnolo. Da segnalare che alcuni (rari) testi presenti in Rete presentano qui un’ulteriore variante: Per i ladri e le “signore”. E’ possibile che si tratti di una variante esclusivamente testuale per coprire il termine “puttane”.



Lingua: Italiano

3. La versione del tour / album “Banana Republic” - Lucio Dalla e Francesco De Gregori, 1979
”Banana Republic” tour version with Francesco De Gregori, 1979
Version de la tournée “Banana Republic”, avec Francesco De Gregori, 1979
Versio “Banana Republic”-kiertueelta Francesco De Gregorin kanssa, 1979


4 MARZO 1943

Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare...
parlava un'altra lingua...
però sapeva amare;

e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato..
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l'unico vestito
ogni giorno più corto,

e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
mi riconobbe subito
proprio all'ultimo mese

Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!

e stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava alla Madonna
col bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.

Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
e' tutto in questo nome
che io mi porto addosso.

E ancora adesso mentre bestemmio
e bevo vino
per i ladri e le puttane
sono Gesù bambino.



Lingua: Inglese

English Version by Riccardo Venturi
April 10, 2009
4 MARCH 1943 [JESUS CHILD]

They say he was a handsome man
and he came, came from the sea,
he spoke a different language
but he knew how to love

And that day he took my mother
on a beautiful meadow,
the sweetest hour
before he was killed.

So she had to stay alone in her room,
her room facing the harbor,
with her only dress becoming
every day shorter and shorter,

And though she did not know his name
and either where he came from,
she kept expecting me like a gift of love
since the first month.

On that day my mother
turned sixteen years old
lullabying me in the tavern
to the tune of the drinking songs,

And hugging me fondly
to her sea-scented breast
she played making a woman
with a baby to be swaddled.

And maybe it was for fun,
or maybe it was for love
that she gave me the name
of our Lord the Savior

The most impressing memory
of her life so short
lies all in this name
that I will bear forever.

And even now that I play cards
and drink red wine,
the harbor folks always
call me Jesus Child.

And even now that I play cards
and drink red wine,
the harbor folks always
call me Jesus Child.

And even now that I play cards
and drink red wine,
the harbor folks always
call me Jesus Child.

10/4/2009 - 02:54




Lingua: Portoghese (Português brasileiro)

Versione brasiliana, di Chico Buarque de Hollanda, del celebre brano di Lucio Dalla, su versi di Paola Pallottino.
Anche in Brasile questo bellissimo brano ha avuto all'epoca grande successo.

Chico Buarque de Hollanda.
Chico Buarque de Hollanda.
MINHA HISTORIA (GESÙ BAMBINO)

Ele vinha sem muita conversa, sem muito explicar
Eu só sei que falava e cheirava e gostava de mar
Sei que tinha tatuagem no braço e dourado no dente
E minha mãe se entregou a esse homem perdidamente

Ele assim como veio partiu não se sabe pra onde
E deixou minha mãe com o olhar cada dia mais longe
Esperando, parada, pregada na pedra do porto
Com seu único velho vestido cada dia mais curto

Quando enfim eu nasci minha mãe embrulhou-me num manto
Me vestiu como se fosse assim uma espécie de santo
Mas por não se lembrar de acalantos, a pobre mulher
Me ninava cantando cantigas de cabaré

Minha mãe não tardou a lertar toda a vizinhança
A mostrar que ali estava bem mais que uma simples criança
E não sei bem se por ironia ou se por amor
Resolveu me chamar com o nome do Nosso Senhor

Minha história é esse nome que ainda hoje carrego comigo
Quando vou bar em bar, viro a mesa, berro, bebo e brigo
Os ladrões e as amantes, meus colegas de copo e de cruz
Me conhecem só pelo meu nome Menino Jesus

20/5/2005 - 19:56




Lingua: Portoghese

La versione portoghese (brasiliana) letterale di Pino Ulivi, dal suo sito e dalla pagina di ascolto della canzone:
4 MARÇO DE 1943

Dizem que era um belo homem
e vinha, vinha do mar,
falava uma outra língua
porem sabia amar.

E naquele dia ele possuiu a minha mãe
sobre um belo prado,
a hora mais doce
antes de ser morto.

Assim ela ficou sozinha no quarto,
o quarto no porto,
com o único vestido
a cada dia mais curto.

E apesar de não conhecer o nome
e nem o país,
me esperou como um dom de amor
desde o primeiro mês.

Fazia dezesseis anos naquele dia
a minha mãe,
as estrofes de taverna
as cantou como nana-nenê.

E apertando-me ao peito que sabia,
sabia de mar,
brincava de fazer a dona
com o nenê para enfaixar.

E quiçá foi por brincadeira,
o talvez por amor,
que quis me chamar
como Nosso Senhor.

Da sua breve vida, a lembrança,
a maior lembrança
está toda nesse nome
que eu carrego comigo.

E ainda hoje que brinco com cartas
e bebo vinho,
para gente do porto
me chamo menino Jesus.

E ainda hoje que brinco com cartas
e bebo vinho,
para gente do porto
me chamo menino Jesus.

E ainda hoje que brinco com cartas
e bebo vinho,
para gente do porto
me chamo menino Jesus.

inviata da Riccardo Venturi - 7/9/2006 - 13:16




Lingua: Spagnolo

Versión en castellano de Alfredo Zitarrosa -extraordinario cantautor uruguayo- registrada en Buenos Aires, Argentina, en 1976 y publicada en Uruguay en 1995. Existen otras versiones en español, basadas en la versión brasileña, al igual que ésta.

Versione spagnola di Alfredo Zitarrosa - straordinario cantautore uruguaiano - registrata a Buenos Aires nel 1976 e pubblicata in Uruguay nel 1995. Esistono altre versioni in spagnolo, come questa basate sulla versione brasiliana.

Alfredo Zitarrosa.
Alfredo Zitarrosa.
MI HISTORIA

Él llegó sin hablar mucha cosa, no hablaba de más,
eso sí, le gustaba y olía y hablaba del mar,
un tatuaje azul en cada brazo y un oro en un diente,
fueron causa de que ella lo amara perdidamente.

Poco tiempo después él partió, nadie supo hacia dónde,
y en los ojos mi madre empezó a juntar mar y horizonte,
lo esperaba parada, clavada, en la piedra del puerto,
cruel olvido y el viejo vestido, cada día más corto.

Cuando al fin yo nací, tiernamente me envolvió en un manto,
me vistió y me adornó cual si fuera una especie de santo.
Y por no conocer otra cosa, la pobre mujer,
me arrullaba cantando canciones de cabaret.

No tardó en difundir por el barrio que, en aquella cuna,
se dormía y crecía algo más que una simple criatura.
Nunca supe si por ironía o si por amor,
decidió que mi nombre sería el de Nuestro Señor.

Esta historia y mi nombre temido me están esperando,
cuando voy de tugurio en tugurio peleando y cantando,
todo el bajo, todos mis amigos de copa y de cruz
me conocen muy bien y me llaman: el Niño Jesús.

inviata da Osvaldo Butorovich - 26/5/2006 - 19:28




Lingua: Ebraico

Versione ebraica cantabile di Daniel Shalev
Ricevuta il 30 aprile 2006
4. מרס 1943

היא אמרה שהיה לו רובה
ושבא מן הים,
שהיה החייל היפה,
היפה מכולם.
הוא לקח את אמי בחצר
ליד הנמל:
השע היפה ביותר,
קצת לפני שנפל.

היא סַפְרָה בחדרה, לבדה,
כל שעה שעוברת,
באותה השמלה ישנה
שכל יום מתקצרת.
וגם כי לא ידעה את השם
ולא את הלשון,
היא חיכתה לי, מתנת אהבה,
מן היום הראשון.

בת שש-עשרה החזיקה
אותי אל החזה,
בעצם, היא לא חיה
הרבה יותר מזה
שירי פונדק היא שרה
והשכיבה אותי לישון
ושחקה "בובות"
אם יופי של "דובון"

ואולי כמו במשחק
משחק של ילדים
נתנה היא את שמי,
את שמו של אלהֹים
הוא היה בחייה הקצרים
הדבר הגדול,
ושניהם כאן איתי נשארים,
לכַבוד ולעול.

וגם היום שאני מהמר
ומיין מסריח,
עוד אומרים לי אנשי הנמל:
"הנה בא המשיח!"

inviata da Riccardo Venturi - 30/4/2006 - 14:43




Lingua: Francese

Versione francese di Daniel Bellucci
Version française de Daniel Bellucci
4 MARS 1943

Elle dit que c'était un bel homme
et il venait, il venait de la mer...
il parlait une autre langue...
mais il savait aimer;

et ce jour-là il prit ma mère
dans un beau pré...
l'heure la plus douce
avant de se faire tuer.

Alors elle resta seule dans sa chambre,
sa chambre qui donnait sur le port,
elle portait un seul habit
qui chaque jour devenait un peu plus court,

et bien qu'elle ne connût ni son nom
ni son pays
elle m'attendit comme un don d'amour
dès le premier mois.

elle fêtait ses seize ans
ce jour-là ma maman,
Les histoires de comptoir
elle les chanta comme des berceuses!

et en me serrant contre sa poitrine qui avait l'odeur
qui avait l'odeur de la mer
elle jouait à être femme
avec son fils à langer.

et ce fut peut-être par jeu,
ou peut-être par amour
qu'elle voulut m'appeler
comme notre seigneur.

De sa brève vie, mon souvenir,
mon plus grand souvenir
est contenu dans ce nom
que je porte en moi.

Et aujourd'hui encore lorsque je joue aux cartes
et que je bois du vin
pour les gens du port
je m'appelle l'enfant Jésus.

Et aujourd'hui encore lorsque je joue aux cartes
et que je bois du vin
pour les gens du port
je m'appelle l'enfant Jésus.

inviata da Daniel Bellucci 21.04.2007 Nizza - 21/4/2007 - 11:55




Lingua: Francese

La versione francese di Pierre Delanoë interpretata da Dalida.
La version française de Pierre Delanoë interprétée par Dalida.

JÉSUS BAMBINO

Il parait que c'était un bel homme qui venait du large
Sachant comme personne parler d'amour aux femmes
Il offrit à Marie une bague de pacotille
Prit sa jeunesse et repartit sur les vagues

Sans comprendre elle resta dans la chambre d'avril à décembre
Avec sa robe courte de jour en jour plus courte
La fille ne savait pas grand choses des gens et des usages
Elle n'avait connu qu'un homme, l'homme d'un lointain rivage

Elle n'avait que seize ans quand l'enfant vint au monde
De taverne en taverne elle chantait à la ronde
Des refrains de bastringues en croyant que c'était des berceuses
Elle jouait à la Madone, elle n'était pas malheureuse

Elle passait comme une ombre dans le faubourg de Rome
Se prenant pour la vierge, que le ciel lui pardonne
De sa bible il n'est rien resté que l'enfant de la chance
Et que se nom qu'il porte comme une croix immense

Comme un fardeau aussi lourd que le monde posait sur son dos
Ce drôle de nom de baptême
Jésus Bambino

Comme un fardeau aussi lourd que le monde posait sur son dos
Ce drôle de nom de baptême
Jésus Bambino

inviata da Matteo - 13/5/2009 - 19:58





Versione greca di Gian Piero Testa
4η ΜΑΡΤΙΟΥ 1943

Αρχαγγέλου με ύφος λέν’ πως ήρθε,
Πως ήρθε απ’το κύμα:
Ξένη η γλώσσα στα χείλη,
Πολλή για έρωτα η πείρα

Κ’ ίδια μέρα αυτός πήρε απ’τη μάνα.
Σ’ ένα περβόλι,
Την χρυσή ώρα
Πριν τον σώριασε ‘να βόλι

‘Αρα έμεινε μόνη σε κάμαρι
Αντικρύ στο γιαλό
Μ ένα φορεματάκι
Κάθ’ημέρα πιο κοντό

Κι αν τ’όνομά του τ’αγνοούσε
Ακόμα και την χώρα,
Δώρο Θεού με είχε
Από την πρώτην ώρα

Χρονών δεκάξι μάνα
Με μπερμπάντικο σκοπό
Τη τέσσερη ενός Μάρτι
Πρωτολίκνισε μωρό

Με σφίγγοντας στο στήθος με άρωμα
Φουσκοθαλασσιάς
Φανταζόταν να‘χει γίνει
Σαν της Βίγλα την Παναγιά

‘Ισως απ’ την αγάπη
Η μάλλον για εξορκισμό,
Αδιάκωπα με φώναζε
Σαν ν’ ήμουν εγώ ο Χριστός

Της συντομής ζωής της, η θύμηση
Η θύμηση πιο βαθειά
Είνε δώ, στο παρατσούκλι
Που ποτέ δε ξεκολλά

Και τώρα ακόμα που πόρνες πηδώ
Και κρασί πίνω
Στο μουράγιο οι χαμάλες
Με λέν Τζεζού Μπαμπίνο

Και τώρα ακόμα που πόρνες πηδώ
Και κρασί πίνω
Στο μουράγιο οι χαμάλες
Με λέν Τζεζού Μπαμπίνο

Και τώρα ακόμα που πόρνες πηδώ
Και κρασί πίνω
Στο μουράγιο οι χαμάλες
Με λέν Τζεζού Μπαμπίνο

inviata da Gian Piero Testa - 1/10/2009 - 23:51


questa canzone è bellissima perchè è bellissima

ciccia - 3/1/2005 - 19:29


La version française chantée par Dalida est l'oeuvre de Pierre Delanoë (1918 - 2006), qui écrivit pour nombre de chanteuses et chanteurs français environ 5000 chansons, dont bon nombre de scies...
On reconnaît très bien sa "patte" (mielleuse) dans cette version française - très édulcorée - de la chanson italienne d'origine.
De la version très proche du cinéma réaliste italien, on passe à une sorte de conte de Noël pour patronages et catéchismes.
En somme, c'est comme la souris verte de la comptine : trempez-la dans l'huile, trempez-la dans l'eau, ça fera un escargot tout chaud.
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.

Marco Valdo M.I. - 13/5/2009 - 23:16


Bartleby - 1/3/2012 - 13:17


DIDATTICA DEL CONTINGENTE...

OGGI A SCUOLA CON I MIEI ALUNNI RIFLETTEREMO SULLE TUE PIU' SIGNIFICATIVE CANZONI, CARO MENESTRELLO DELLA VITA...UN'ANONIMA INSEGNANTE!



caterinalabate@libero.it

2/3/2012 - 08:51


Al poeta di Piazza Grande:


Inaspettatamente ci hai lasciati
ieri primo giorno di marzo
fra i meandri del sonno
poeta di Piazza Grande
Diverse erano le idee
ma stessa era la fede
nel nostro fratello
che lassù' splende
e che dal cielo
ti ha chiamato
né generazioni
di italiani né io
dimenticheremo
tutte le emozioni
che ci ha donato
Ciao caro Lucio!

P.s: Omaggio personale ad un grande della musica italiana

Bill Foster - 2/3/2012 - 19:25


Hai lasciato un grande vuoto..l'affetto della gente ne è la dimostrazione. ciao Lucio. Pax.

roby87 - 4/3/2012 - 16:02


Lucio Dalla, 4/3/1943 - 1/3/2012

dalladab

CCG/AWS Staff - 1/3/2013 - 15:32


Eccellente e molto strutivo questo blog. Grazie. Ciao. Ivone

Ivone Bühler - 29/10/2014 - 15:55


En mi primer viaje a Italia en busca del lugar donde nació mi padre, conseguí un CD de Lucio Dalla.
Lo escucho ahora y me emociona hasta el llanto.
Mi padre con 20 años de edad estuvo en el frente en la segunda guerra mundial y luego prisionero, volvió a Italia a los 26 años.
La canción 4/3/1943, tan simple y profunda a la vez, me recuerda a todos las personas que conocí en el pequeño poblado donde él nació, cerca del mar.
Gracias Lucio por haberla realizado y gracias a ésta página por tan detallado estudio de la canción.
Saludos
José Alberto
(Me llamaron José por mi abuelo GIuseppe)

Durante il mio primo viaggio in Italia alla ricerca del luogo dove è nato mio padre, ho comprato un cd di Lucio Dalla.
Ascolto ora e sono felice di lacrime.
Mio padre, all'età di 20 anni, fu mandato a combattere nella seconda guerra mondiale e poi prigioniero, rientra in Italia all'età di 26 anni.
1943/04/03 canzone, così semplice e profonda allo stesso tempo, mi ricorda di tutte le persone che ho incontrato nella piccola città dove è nato, vicino al mare.
Grazie Lucio Dalla per aver cantato con tanta dolcezza e grazie a questa pagina facendo uno studio così dettagliato della canzone.
saluti
José Alberto
(Sono stato nominato José onorare il mio nonno Giuseppe)

Jose Alberto Bertuccio - 16/8/2017 - 16:53




Lingua: Svedese

Versione svedese / Svensk version: 4/3/1943 Flamingo-Kvintetten (1971)

Hon var själv bara barnet när jag kom till världen den hösten
Hon pratade om pappa med en sån värme i rösten
Fast han lämnade oss och försvann nästan med detsamma
När han borde stannat och hjälpt min lilla mamma
Hon var sexton en flicka som skulle få dansa och leka
I stället så fick hon ett spädbarn att smeka
Och när hennes väninnor fick roa sig stoja och glamma
Sjöng hon vaggvisor hemma för mig min lilla mamma
Hon berättade hur det gick till när hon mötte pappa
När han kom till vårat gamla hus för att laga en trappa
Han förstod inte vårt språk så bra han rodna och stanna
Men han rörde nåt i bröstet på min lilla mamma
Men hon var aldrig lessen nej hon skämta och skratta
Var hon fick krafter från det kan jag aldrig fatta
Och jag minns när hon statt där så tankfull i kvällsbrasans flamma
Och lappade kläderna åt mig min lilla mamma
Ja allting annat förändras men hon hon är den samma
Och det finns ett sånt skimmer omkring min lilla mamma
Ja allting annat förändras men hon hon är den samma
Och det finns ett sånt skimmer omkring min
Ja allting annat förändras men hon hon är den samma
Och det finns ett sånt skimmer omkring min

inviata da RV (versione di servizio) - 5/3/2025 - 22:49




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