with a seven-foot solid gold cross,
embossed with jade and onyx,
& draped with robes of red velvet & white silk.
The altar boy's dependent
on the people he thinks he can trust.
And, for sure, you can trust your priest
without question or guilt.
Steven met Father Damion
on the first day of catechism class,
a kindly father figure
for a little boy who'd lost his dad.
It wasn't long 'til the freckled kid's
helping out with the giving of the Mass.
There were baseball games, little red toy trains
& fun times to be had.
Steven thought Father Damion
was the best that could ever, ever be.
He'd help him with his homework.
He would help him out through times of change.
It wasn't long 'til the young priest's hand
came to rest on his little student's knee.
When it stayed too long, was this something wrong?
It seemed just a bit too strange.
There ought to be a CARDINAL LAW.
There ought to be a CARDINAL sin
that says a priest can't do at all
what they have done since way back when.
There ought to be a CARDINAL LAW.
So, now you tell me that there is.
Should we be any more appalled
the Church has been denying this?
Steven found Father Damion
had a dark side behind his heavy robes.
The boy was feeling guilty.
He was angry, bitter & confused.
He wouldn't play with the other kids
& for sure Mom could never, ever know.
When he stayed too long, was this something wrong?
He felt like he had been used.
There's a little boy inside
that is hurt & scared & lonely.
There's a little boy inside that feels betrayed.
There are a lot of little boys
finding out it's not them only.
& now, isn't it about time somebody paid?
Do we ever hear about nuns
taking little girls under their habits?
Have there ever been studies done
why the priests seem to like little boys?
Father, forgive them. Do they know not what they do?
inviata da Alessandro - 25/3/2010 - 11:28
La traduzione l'ho trovata su di un forum del Nuovo Partito d'Azione
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Romae, e sede Congregationis pro Doctrina Fidei, die 18 maii 2001.
+ Josephus Card. Ratzinger, Praefectus
+ Tharsicius Bertone, S.D.B., archiep. em. Vercellensis, a Secretis"
Non ho parole... che schifosi!
Alessandro - 25/3/2010 - 18:03
Lo so che, messo alle strette, darebbe la colpa alla solita Roma, vas damnationis. Ma come la metterebbe con l'Irlanda e la sua celtica stirpe e con i teutoni di Ratisbona ? Ecco, piccole domande per grosse questioni: speriamo che non mi spedisca a casa una delle sue ronde...
Gian Piero Testa - 25/3/2010 - 21:34
Detto questo, a proposito dell'infame "Epistula De Delictis Gravioribus", vorrei anche farti notare come Ratzinger e Bagnasco nel 2001 avessero già previsto pure la diminuzione forfettaria (10 anni) dei termini di prescrizione del crimine per i pretonzoli pedofili, cosa che nemmeno con la ex Cirielli del 2005... Infatti, la legge del 1996 sulla violenza sessuale, che ha introdotto i bis, ter e quater dopo l'art. 609 c.p., prevede nel caso di violenza sessuale su minore pene fino a 10, 12 e 14 anni e i termini di prescrizione, nel regime precedente alla ex Cirielli, sarebbero stati doppi rispetto alla pena inflitta (e sempre a partire dal compimento del 18° anno della vittima), tenuto conto anche delle circostanze aggravanti o attenuanti... Poi la ex Cirielli - fatta al solo scopo di favorire quei puttanieri, farabutti e mafiosi di Berlusconi, Previti e Dell'Utri - ha abbattuto i termini di prescrizione anche per crimini terribili come questi e oggi nemmeno si tiene più conto delle aggravanti, sempre presenti quando un adulto abusa di un bambino...
Beh, il "pastore tedesco" ed il suo tirapiedi c'erano già arrivati 5 anni prima di Berlusconi e della riforma Cirielli (pardon, ex-Cirielli, perchè pure il promotore si fece schifo dopo averla promossa)...
Ah, come vorrei essere stato a Porta Pia! Guarda che bella "breccia" che c'era nel 1870!
A cannonate! A cannonate!
Alessandro - 26/3/2010 - 10:47
Alessandro - 26/3/2010 - 11:00
Ti ringrazio per quanto mi dici a proposito delle canzoni greche. E anche della bella rievocazione di quella magnifica professoressa di greco, che sapeva i lirici a memoria. Al tuo posto farei un piccolo pellegrinaggio a casa sua, se, come spero, è ancora viva; o sulla sua tomba, se non lo fosse più. Birbantello.
Gian Piero Testa - 26/3/2010 - 16:16
Non credo che la Prof.ssa Premoli sia ancora viva, nè è stata per il qui presente birbantello una grande insegnante... eppure ricordo con un misto di sconcerto e di ammirazione il suo amore per il greco antico, che conosceva così bene da non doverlo nemmeno più leggere... peccato che fosse totalmente incapace di comunicarla agli altri questa sua passione... Era anche una grande viaggiatrice di cui, tra verità e leggenda, si raccontavano prodezze, come di quella volta che si perse in un deserto da cui nessuno era uscito vivo e lei invece se la cavò senza problemi... Celebre anche il suo "nevvero?" con cui intercalava ogni frase... E dopo queste rimembranze di gioventù, ti saluto.
Alessandro - 26/3/2010 - 17:59
La precisazione sulla professoressa di greco, mi fa venire in mente che, quando anch'io facevo l'insegnante, notavo che tra i colleghi/colleghe ce n'erano sempre alcuni (anch'essi a loro modo "border") ineccepibili conoscitori e cultori della loro materia, ma incapaci di comunicarla e indisponibili a qualsiasi analisi del come in ogni singolo studente si avverasse il percorso di apprendimento. Erano dei Procuste: se lo studente eccedeva il loro lettuccio, lo tagliavano; se era corto, cercavano di "stirarlo". Per questo le loro "vittime" erano numerose: ma loro non se ne curavano. Il fatto è che anche loro si sentivano sacerdoti di un culto al cui centro stava la loro materia, trasformata in divinità. La lezione, le prove, l'interrogazione erano la loro liturgia, che richiedeva il sacrificio. Quante più vittime immolavano, tanto più si sentivano in pace con se stessi, avendo placato il dio.
Gian Piero Testa - 26/3/2010 - 20:39
Gian Piero Testa - 27/3/2010 - 22:45
Gian Piero Testa - 28/3/2010 - 14:33
Gian Piero Testa - 29/3/2010 - 14:33
Ma lo sai che ho scoperto che a Porta Pia uno dei bersaglieri era un nero originario del Sudan? Si chiamava Quetto, e aveva avuto la famiglia sterminata dai negrieri egiziani. Poi finì a Felizzano, in provincia di Alessandria (non d'Egitto, quella in Piemonte!) e assunse il nome italiano di Michele Amatore. A Porta Pia aveva già il grado di capitano. Più tardi fu sfigurato a sciabolate in battaglia e andò in pensione, morendo a Rosignano nel 1883...
Pensa un po' che faccia avranno fatto i papalini quando si trovarono di fronte un negro con le penne in testa e il fucile spianato che intimava loro: "Bogia nen, neh!"...
Alessandro - 1/4/2010 - 09:01
Quanto all'anticlericalismo, che ora vien fatto passare per un "disvalore", e come si poteva non essere anticlericali, di fronte a Papi che, delle donna dicevano: che la piasa , che la tasa e che la staga in casa, e ai gesuiti che dell'istruzione elementare obbligatoria sostenevano l'inutilità, pari al "lavare la testa all'asino"...? Aggiungi, come diceva il mio nonno contadino, che la chiesa è la prima bottega che si apre alla mattina. Esserlo oggi, secondo me, è ancora doveroso, anche se talora ingeneroso versi tanti chierici di buona coscienza e di buone opere: ma il concetto si deve allargare a comprendere tutti i depositari di verità indiscutibili e, nella pratica, comportare per prima cosa l'uccisione - metaforica s'intende - del "prete" cha sta annidato dentro ciascuno di noi, in virtù del fatto che le proprie opinioni ognuno le ritiene migliori delle altre, ché diversamente dovrebbe adottarle, per onestà intellettuale.
Che avranno pensato i preti vaticani vedendo Quetto bardato come un Monostato ? Semplice: l'avranno preso per un'apparizione del demonio e avranno temuto di sprofondare nel loro meritatissimo inferno.
Gian Piero Testa - 1/4/2010 - 13:29
Il "capitano nero" fu mandato in Sicilia a reprimere brigantaggio e rivolte e c'è davvero da sperare che non abbia inflitto ai siciliani ciò che gli egiziani avevano riservato alla sua famiglia... E lo spero perchè non fu decorato per qualche azione militare ma per aver aiutato la popolazione civile durante una delle terribili epidemie di colera che nell'800 periodicamente funestarono l'Italia...
Alessandro - 1/4/2010 - 15:22
di Andrew Sullivan (*)
Le nuove rivelazioni sulle violenze e le molestie sessuali sui bambini commesse da sacerdoti e insabbiate dalle gerarchie ecclesiastiche rivelano una cosa interessante: la chiesa tende a considerare lo stupro di minori non un crimine ma un peccato. E infatti vescovi e cardinali mettono sempre l’accento sul perdono, la terapia, il pentimento più che sull’allontanamento, le indagini e i processi. Il motivo è ovvio: difendere la reputazione della chiesa occultando i segreti più bui. Ma ho il sospetto che molti di loro considerino davvero queste violenze più come un peccato che come un crimine. Com’è possibile?
Beh, immaginate di essere un adolescente cattolico gay che comincia ad avvertire gli stimoli della sua sessualità, ma al tempo stesso è profondamente convinto che sia una cosa sporca e cattiva. Che fate? Ve lo dico io, a partire dalla mia esperienza personale: provate a soffocarla. Naturalmente non ci riuscite. E allora oggettivate il sesso, e vi masturbate. Ovviamente non potete fare sesso con un vostro coetaneo, altrimenti brucereste all’inferno per l’eternità. Così fate sesso con le immagini che avete in testa. E vi costruite una vita sessuale completamente solitaria. Supponiamo che abbiate anche una grande capacità di rimozione e un grande attaccamento all’autorità religiosa, forse perché vi sentite alla deriva e cercate qualcosa di solido a cui aggrapparvi. Sapete che non potete sposarvi con una donna, però siete maschi celibi che aspirano a un certo status. Se siete negli anni cinquanta e sessanta, finite dritti in seminario. Siete convinti che la chiesa vi guarirà. E invece vi renderà ancora più malati, perché la vostra negazione viene confermata dalla negazione collettiva compiuta dalla chiesa stessa. Il tutto si trasforma così in un’enorme spirale di bugie e corruzione che si avvolge sempre più su se stessa.
Molti di questi uomini tormentati soffrono di un arresto dello sviluppo sessuale ed emotivo. Non hanno mai avuto un rapporto sessuale o intimo con un altro essere umano. Per loro il sesso è un’astrazione, un peccato, non un’interazione tra pari. E la loro sessualità è rimasta congelata agli albori dell’adolescenza, cioè nel primo vero momento di terrore interiore. Per questo tendono a provare attrazione verso chi si trova nel loro stesso stadio di sviluppo, cioè verso dei maschi adolescenti. I sacerdoti possono avvicinare facilmente molti ragazzini, e quindi li usano per esprimersi sessualmente. In loro non riescono a vedere degli esseri umani giovani e vulnerabili, che non sono in grado di acconsentire a un rapporto in modo consapevole. Questi adulti che non hanno mai avuto una vera relazione sessuale, e quindi che non hanno mai dovuto fare i conti con la questione centrale dell’uguaglianza e della dignità degli esseri umani nella relazione sessuale, non capiscono che quei bambini sono vittime. Anzi – come un altro gay tormentato, Michael Jackson – vedono in loro degli amici. E sono spesso bravi a interagire con i bambini in forme non sessuali.
Molte di queste vicende hanno un aspetto in comune: fino a quando gli abusi e le molestie non vengono alla luce, questi preti hanno spesso un’ottima reputazione. Il loro sviluppo emotivo è pari a quello del quattordicenne medio che vuole essere amato, e così sublimano gran parte della loro vita nel servizio pastorale. Però manifestano la loro sessualità continuamente. E siccome sanno benissimo che questo schema è comune a tanti altri come loro, perpetuano una sottocultura malata, dove tutto ruota intorno a loro e alle loro patologie: a come esprimerle e a come nasconderle. Immersi in un contesto autoprotettivo, questi sacerdoti non riescono a cogliere fino in fondo l’enormità del crimine che stanno commettendo: vi scorgono solo una componente del vortice di peccato sessuale in cui sono avvolti.
Allora si proteggono l’uno con l’altro, temendo che, se uno di loro cade, cadranno tutti. Persino chi non ha una sessualità distorta fa di tutto per impedire che si scopra il segreto della chiesa. Ma più viene insabbiata e più la situazione diventa marcia. Quando poi appare chiaro che al centro di questa segretezza e di questa vergogna patologica c’è il papa, si capisce che siamo di fronte a un’istituzione corrotta a partire dal vertice. Questi uomini sono troppo disturbati per governare una chiesa. Si crogiolano nella negazione ma al tempo stesso conducono una guerra culturale contro quei maschi gay che hanno avuto il coraggio di guardare in faccia la propria sessualità, e hanno persino trovato il modo di incanalarla in rapporti adulti.
Ora basta. Il papa è direttamente responsabile di due casi in cui gli abusi sui bambini sono stati insabbiati o ignorati. Se fosse il capo di un’organizzazione laica, si sarebbe già dimesso. Ma il papa è il vicario di Cristo in terra. Diicile immaginare una crisi più profonda di questa per le gerarchie cattoliche. Se vuole sopravvivere, la chiesa deve attraversare una trasformazione radicale e dolorosa. A cominciare dalle dimissioni di questo papa e dall’abolizione del celibato dei sacerdoti.
(*) Andrew Sullivan è un giornalista britannico che vive negli States. E' gay, cattolico e conservatore. Questo articolo, tradotto su Internazionale n.840 del 2010, è stato pubblicato con il titolo di "Sin or Crime?" sul blog dello stesso Sullivan.
Alessandro - 5/4/2010 - 11:32
di Christopher Hitchens (*)
Il Grande Insabbiatore
Il 10 marzo l’esorcista in capo del Vaticano, padre Gabriele Amorth (che ricopre l’impegnativo incarico da ben venticinque anni), ha dichiarato che “il Diavolo alberga in Vaticano” e che “quando si parla di ‘fumo di Satana’ nelle Sacre stanze è tutto vero. E sono vere anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia”. A proposito delle recenti rivelazioni sulla complicità del Vaticano nello scandalo infinito delle violenze sessuali su minori, qualche giorno dopo il portavoce della Santa Sede ha fatto un’ammissione mascherata da smentita. È evidente, ha detto padre Federico Lombardi, che “negli ultimi giorni vi è chi ha cercato… elementi per coinvolgere il Santo Padre nelle questioni degli abusi”. E poi ha proseguito, stupidamente, dichiarando che “questi sforzi sono falliti”. Ha sbagliato due volte. Primo perché nessuno ha dovuto sforzarsi per trovare quegli elementi: sono venuti a galla da soli. Secondo perché il fatto che lo spaventoso scandalo investa i massimi livelli della chiesa era inevitabile visto che il conclave dei cardinali ha eletto vicario di Cristo in terra il principale responsabile degli insabbiamenti.
Siamo di fronte a due questioni distinte ma collegate.
Primo, la responsabilità individuale del papa in un singolo caso di quest’incubo morale.
Secondo, la sua responsabilità più generale per il complesso delle violazioni commesse e per la vergogna che le accompagnano.
La prima vicenda è facile da ricostruire e non è stata smentita. Nel 1979 un undicenne tedesco poi identificato come Wilfried F. fu portato in vacanza in montagna da un sacerdote. Dopodiché gli fu somministrata una bevanda alcolica, fu chiuso a chiave nella sua stanza, denudato e costretto a succhiare il pene del suo confessore. Per decisione dell’allora arcivescovo Joseph Ratzinger, il sacerdote colpevole fu trasferito da Essen a Monaco per essere sottoposto a una “terapia”, e furono date garanzie che non gli sarebbero mai più stati affidati dei bambini. Ma non molto tempo dopo il vice di Ratzinger, il vicario generale Gerhard Gruber, lo restituì al suo impegno “pastorale” e lui riprese la sua carriera di aggressioni sessuali.
Naturalmente si dice che Ratzinger non sapesse nulla di questo secondo scandalo. Cito in proposito il reverendo Thomas Doyle, un ex dipendente dell’ambasciata della Santa Sede a Washington che fu tra i primi a criticare la lentezza della chiesa nel reagire alle accuse di violenze sessuali sui bambini: “Sciocchezze”, ha detto Doyle. “Papa Benedetto è un perfezionista. È della vecchia scuola: una cosa del genere gli sarebbe stata riferita. Trovino una linea di difesa migliore”.
Sono purtroppo fatti noti e arcinoti ai cattolici americani, australiani e irlandesi: ci sono denunce scrupolose di stupri e torture inflitte ai bambini e le denunce sono state insabbiate spostando stupratori e aguzzini da una parrocchia all’altra.
Ma molto più grave è il ruolo svolto da Joseph Ratzinger nell’ostacolare la giustizia, prima che la chiesa decidesse di farne il suo capo supremo. Dopo la promozione a cardinale, Ratzinger è stato messo alla guida della Congregazione per la Dottrina della fede (già nota come Inquisizione). Nel 2001 papa Giovanni Paolo II affidò a quella Congregazione le indagini sugli stupri e sulle torture inflitte a bambini dai sacerdoti. Nel maggio di quell’anno Ratzinger mandò a tutti i vescovi una lettera confidenziale in cui ricordava la gravità estrema di un crimine: la denuncia degli stupri. Di quelle accuse, scriveva Ratzinger, si poteva trattare solo entro l’esclusiva giurisdizione della chiesa, ed era proibito informare l’autorità giudiziaria o la stampa di fatti presunti o provati. Le indagini sulle accuse andavano condotte “nella massima segretezza… sotto il vincolo del silenzio perpetuo… e ciascuno… deve mantenere il più rigoroso segreto, che è comunemente considerato un segreto del Sant’Uffizio… pena la scomunica”.
E questa sarebbe la chiesa che ci mette in guardia contro il relativismo morale!
La voce successiva di questo spaventoso elenco è il riaffiorare delle accuse mosse molto tempo fa contro il reverendo Marcial Maciel, fondatore del movimento ultrareazionario dei Legionari di Cristo, tra i quali sembra che le violenze sessuali facessero quasi parte integrante della liturgia. Negli anni novanta Ratzinger ignorò le denunce di alcuni ex appartenenti a questa congregazione amante della segretezza, perché padre Maciel era stato definito dall’allora papa Giovanni Paolo II “guida efficace della gioventù”.
Ecco i frutti di questa lunga campagna di insabbiamento.
La chiesa cattolica è guidata da un mediocre burocrate bavarese che era stato incaricato di mettere a tacere i crimini più gravi. Ma è stato così incapace nella sua missione da apparire oggi addirittura come colui che ha la responsabilità, personale e professionale, di aver permesso un’immonda serie di crimini. Ratzinger sarà anche un uomo ordinario, ma tutta la sua carriera emana miasmi maligni. Un male tenace e sistematico, che nessun esorcista può sconfiggere.
Qui non servono incantesimi medievali. Bisogna fare giustizia, e anche rapidamente.
(*) Christopher Hitchens è un giornalista britannico che vive negli USA. In Italia ha pubblicato vari libri, tra cui "Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa" (Einaudi 2007).
Questo articolo, tradotto su Internazionale n.840 del 2010, è stato pubblicato con il titolo di "The Great Catholic Cover-Up" su Slate del 15 marzo 2010
Alessandro - 5/4/2010 - 16:43
di HANS KÜNG(*)
Da La Repubblica del 15 aprile 2010
Benedetto XVI ha fallito i cattolici perdono la fiducia
Negli anni 1962-1965 Joseph Ratzinger - oggi Benedetto XVI - ed io eravamo i due più giovani teologi del Concilio. Oggi siamo i più anziani, e i soli ancora in piena attività. Ho sempre inteso il mio impegno teologico come un servizio alla Chiesa. Per questo, mosso da preoccupazione per la crisi di fiducia in cui versa questa nostra Chiesa, la più profonda che si ricordi dai tempi della Riforma ad oggi, mi rivolgo a voi, in occasione del quinto anniversario dell'elezione di papa Benedetto al soglio pontificio, con una lettera aperta. È questo infatti l'unico mezzo di cui dispongo per mettermi in contatto con voi.
Avevo apprezzato molto a suo tempo l'invito di papa Benedetto, che malgrado la mia posizione critica nei suoi riguardi mi accordò, poco dopo l'inizio del suo pontificato, un colloquio di quattro ore, che si svolse in modo amichevole. Ne avevo tratto la speranza che Joseph Ratzinger, già mio collega all'università di Tübingen, avrebbe trovato comunque la via verso un ulteriore rinnovamento della Chiesa e un'intesa ecumenica, nello spirito del Concilio Vaticano II. Purtroppo le mie speranze, così come quelle di tante e tanti credenti che vivono con impegno la fede cattolica, non si sono avverate; ho avuto modo di farlo sapere più di una volta a papa Benedetto nella corrispondenza che ho avuto con lui.
Indubbiamente egli non ha mai mancato di adempiere con scrupolo agli impegni quotidiani del papato, e inoltre ci ha fatto dono di tre giovevoli encicliche sulla fede, la speranza e l'amore. Ma a fronte della maggiore sfida del nostro tempo il suo pontificato si dimostra ogni giorno di più come un'ulteriore occasione perduta, per non aver saputo cogliere una serie di opportunità:
- È mancato il ravvicinamento alle Chiese evangeliche, non considerate neppure come Chiese nel senso proprio del termine: da qui l'impossiblità di un riconoscimento delle sue autorità e della celebrazione comune dell'Eucaristia.
- È mancata la continuità del dialogo con gli ebrei: il papa ha reintrodotto l'uso preconciliare della preghiera per l'illuminazione degli ebrei; ha accolto nella Chiesa alcuni vescovi notoriamente scismatici e antisemiti; sostiene la beatificazione di Pio XII; e prende in seria considerazione l'ebraismo solo in quanto radice storica del cristianesimo, e non già come comunità di fede che tuttora persegue il proprio cammino di salvezza. In tutto il mondo gli ebrei hanno espresso sdegno per le parole del Predicatore della Casa Pontificia, che in occasione della liturgia del venerdì santo ha paragonato le critiche rivolte al papa alle persecuzioni antisemite.
- Con i musulmani si è mancato di portare avanti un dialogo improntato alla fiducia. Sintomatico in questo senso è il discorso pronunciato dal papa a Ratisbona: mal consigliato, Benedetto XVI ha dato dell'islam un'immagine caricaturale, descrivendolo come una religione disumana e violenta e alimentando così la diffidenza tra i musulmani.
- È mancata la riconciliazione con i nativi dell'America Latina: in tutta serietà, il papa ha sostenuto che quei popoli colonizzati "anelassero" ad accogliere la religione dei conquistatori europei.
- Non si è colta l'opportunità di venire in aiuto alle popolazioni dell'Africa nella lotta contro la sovrappopolazione e l'AIDS, assecondando la contraccezione e l'uso del preservativo.
- Non si è colta l'opportunità di riconciliarsi con la scienza moderna, riconoscendo senza ambiguità la teoria dell'evoluzione e aderendo, seppure con le debite differenziazioni, alle nuove prospettive della ricerca, ad esempio sulle cellule staminali.
- Si è mancato di adottare infine, all'interno stesso del Vaticano, lo spirito del Concilio Vaticano II come bussola di orientamento della Chiesa cattolica, portando avanti le sue riforme.
Quest'ultimo punto, stimatissimi vescovi, riveste un'importanza cruciale. Questo papa non ha mai smesso di relativizzare i testi del Concilio, interpretandoli in senso regressivo e contrario allo spirito dei Padri conciliari, e giungendo addirittura a contrapporsi espressamente al Concilio ecumenico, il quale rappresenta, in base al diritto canonico, l'autorità suprema della Chiesa cattolica:
- ha accolto nella Chiesa cattolica, senza precondizione alcuna, i vescovi tradizionalisti della Fraternità di S. Pio X, ordinati illegalmente al di fuori della Chiesa cattolica, che hanno ricusato il Concilio su alcuni dei suoi punti essenziali;
- ha promosso con ogni mezzo la messa medievale tridentina, e occasionalmente celebra egli stesso l'Eucaristia in latino, volgendo le spalle ai fedeli;
- non realizza l'intesa con la Chiesa anglicana prevista nei documenti ecumenici ufficiali (ARCIC), ma cerca invece di attirare i preti anglicani sposati verso la Chiesa cattolica romana rinunciando all'obbligo del celibato.
- ha potenziato, a livello mondiale, le forze anticonciliari all'interno della Chiesa attraverso la nomina di alti responsabili anticonciliari (ad es.: Segreteria di Stato, Congregazione per la Liturgia) e di vescovi reazionari.
Papa Benedetto XVI sembra allontanarsi sempre più dalla grande maggioranza del popolo della Chiesa, il quale peraltro è già di per sé portato a disinteressarsi di quanto avviene a Roma, e nel migliore dei casi si identifica con la propria parrocchia o con il vescovo locale.
So bene che anche molti di voi soffrono di questa situazione: la politica anticonciliare del papa ha il pieno appoggio della Curia romana, che cerca di soffocare le critiche nell'episcopato e in seno alla Chiesa, e di screditare i dissenzienti con ogni mezzo. A Roma si cerca di accreditare, con rinnovate esibizioni di sfarzo barocco e manifestazioni di grande impatto mediatico, l'immagine di una Chiesa forte, con un "vicario di Cristo" assolutista, che riunisce nelle proprie mani i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Ma la politica di restaurazione di Benedetto XVI è fallita. Le sue pubbliche apparizioni, i suoi viaggi, i suoi documenti non sono serviti a influenzare nel senso della dottrina romana le idee della maggioranza dei cattolici su varie questioni controverse, e in particolare sulla morale sessuale. Neppure i suoi incontri con i giovani, in larga misura membri di gruppi carismatici di orientamento conservatore, hanno potuto frenare le defezioni dalla Chiesa, o incrementare le vocazioni al sacerdozio.
Nella vostra qualità di vescovi voi siete certo i primi a risentire dolorosamente dalla rinuncia di decine di migliaia di sacerdoti, che dall'epoca del Concilio ad oggi si sono dimessi dai loro incarichi soprattutto a causa della legge sul celibato. Il problema delle nuove leve non riguarda solo i preti ma anche gli ordini religiosi, le suore, i laici consacrati: il decremento è sia quantitativo che qualitativo. La rassegnazione e la frustrazione si diffondono tra il clero, e soprattutto tra i suoi esponenti più attivi; tanti si sentono abbandonati nel loro disagio, e soffrono a causa della Chiesa. In molte delle vostre diocesi è verosimilmente in aumento il numero delle chiese deserte, dei seminari e dei presbiteri vuoti. In molti Paesi, col preteso di una riforma ecclesiastica, si decide l'accorpamento di molte parrocchie, spesso contro la loro volontà, per costituire gigantesche "unità pastorali" affidate a un piccolo numero di preti oberati da un carico eccessivo di lavoro.
E da ultimo, ai tanti segnali della crisi in atto viene ad aggiungersi lo spaventoso scandalo degli abusi commessi da membri del clero su migliaia di bambini e adolescenti, negli Stati Uniti, in Irlanda, in Germania e altrove; e a tutto questo si accompagna una crisi di leadership, una crisi di fiducia senza precedenti. Non si può sottacere il fatto che il sistema mondiale di occultamento degli abusi sessuali del clero rispondesse alle disposizioni della Congregazione romana per la Dottrina della fede (guidata tra il 1981 e il 2005 dal cardinale Ratzinger), che fin dal pontificato di Giovanni Paolo II raccoglieva, nel più rigoroso segreto, la documentazione su questi casi. In data 18 maggio 2001 Joseph Ratzinger diramò a tutti i vescovi una lettera dai toni solenni sui delitti più gravi ("Epistula de delictis gravioribus"), imponendo nel caso di abusi il "secretum pontificium", la cui violazione è punita dalla la Chiesa con severe sanzioni. E' dunque a ragione che molti hanno chiesto un personale "mea culpa" al prefetto di allora, oggi papa Benedetto XVI. Il quale però non ha colto per farlo l'occasione della settimana santa, ma al contrario ha fatto attestare "urbi et orbi", la domenica di Pasqua, la sua innocenza al cardinale decano.
Per la Chiesa cattolica le conseguenze di tutti gli scandali emersi sono devastanti, come hanno confermato alcuni dei suoi maggiori esponenti. Il sospetto generalizzato colpisce ormai indiscriminatamente innumerevoli educatori e pastori di grande impegno e di condotta ineccepibile. Sta a voi, stimatissimi vescovi, chiedervi quale sarà il futuro delle vostre diocesi e quello della nostra Chiesa. Non è mia intenzione proporvi qui un programma di riforme. L'ho già fatto più d'una volta, sia prima che dopo il Concilio. Mi limiterò invece a sottoporvi qui sei proposte, condivise - ne sono convinto - da milioni di cattolici che non hanno voce.
1. Non tacete. Il silenzio a fronte di tanti gravissimi abusi vi rende corresponsabili. Al contrario, ogni qualvolta ritenete che determinate leggi, disposizioni o misure abbiano effetti controproducenti, dovreste dichiararlo pubblicamente. Non scrivete lettere a Roma per fare atto di sottomissione e devozione, ma per esigere riforme!
2. Ponete mano a iniziative riformatrici. Tanti, nella Chiesa e nell'episcopato, si lamentano di Roma, senza però mai prendere un'iniziativa. Ma se oggi in questa o quella diocesi o comunità i parrocchiani disertano la messa, se l'opera pastorale risulta inefficace, se manca l'apertura verso i problemi e i mali del mondo, se la cooperazione ecumenica si riduce a un minimo, non si possono scaricare tutte le colpe su Roma. Tutti, dal vescovo al prete o al laico, devono impegnarsi per il rinnovamento della Chiesa nel proprio ambiente di vita, piccolo o grande che sia. Molte cose straordinarie, nelle comunità e più in generale in seno alla Chiesa, sono nate dall'iniziativa di singole persone o di piccoli gruppi. Spetta a voi, nella vostra qualità di vescovi, il compito di promuovere e sostenere simili iniziative, così come quello di rispondere, soprattutto in questo momento, alle giustificate lagnanze dei fedeli.
3. Agire collegialmente. Il Concilio ha decretato, dopo un focoso dibattito e contro la tenace opposizione curiale, la collegialità dei papi e dei vescovi, in analogia alla storia degli apostoli: lo stesso Pietro non agiva al di fuori del collegio degli apostoli. Ma nel periodo post-conciliare il papa e la curia hanno ignorato questa fondamentale decisione conciliare. Fin da quando, a soli due anni dal Concilio e senza alcuna consultazione con l'episcopato, Paolo VI promulgò un'enciclica in difesa della discussa legge sul celibato, la politica e il magistero pontificio ripresero a funzionare secondo il vecchio stile non collegiale. Nella stessa liturgia il papa si presenta come un autocrate, davanti al quale i vescovi, dei quali volentieri si circonda, figurano come comparse senza diritti e senza voce. Perciò, stimatissimi vescovi, non dovreste agire solo individualmente, bensì in comune con altri vescovi, con i preti, con le donne e gli uomini che formano il popolo della Chiesa.
4. L'obbedienza assoluta si deve solo a Dio. Voi tutti, al momento della solenne consacrazione alla dignità episcopale, avete giurato obbedienza incondizionata al papa. Tuttavia sapete anche che l'obbedienza assoluta è dovuta non già al papa, ma soltanto a Dio. Perciò non dovete vedere in quel giuramento a un ostacolo tale da impedirvi di dire la verità sull'attuale crisi della Chiesa, della vostra diocesi e del vostro Paese. Seguite l'esempio dell'apostolo Paolo, che si oppose a Pietro "a viso aperto, perché evidentemente aveva torto" (Gal. 2,11). Può essere legittimo fare pressione sulle autorità romane, in uno spirito di fratellanza cristiana, laddove queste non aderiscano allo spirito del Vangelo e della loro missione. Numerosi traguardi - come l'uso delle lingue nazionali nella liturgia, le nuove disposizioni sui matrimoni misti, l'adesione alla tolleranza, alla democrazia, ai diritti umani, all'intesa ecumenica e molti altri ancora hanno potuto essere raggiunti soltanto grazie a una costante e tenace pressione dal basso.
5. Perseguire soluzioni regionali: il Vaticano si mostra spesso sordo alle giustificate richieste dei vescovi, dei preti e dei laici. Ragione di più per puntare con intelligenza a soluzioni regionali. Come ben sapete, un problema particolarmente delicato è costituito dalla legge sul celibato, una norma di origine medievale, la quale a ragione è ora messa in discussione a livello mondiale nel contesto dello scandalo suscitato dagli abusi. Un cambiamento in contrapposizione con Roma appare pressoché impossibile; ma non per questo si è condannati alla passività. Un prete che dopo seria riflessione abbia maturato l'intenzione di sposarsi non dovrebbe essere costretto a dimettersi automaticamente dal suo incarico, se potesse contare sul sostegno del suo vescovo e della sua comunità. Una singola Conferenza episcopale potrebbe aprire la strada procedendo a una soluzione regionale. Meglio sarebbe tuttavia mirare a una soluzione globale per la Chiesa nel suo insieme. Perciò
6. si chieda la convocazione di un Concilio: se per arrivare alla riforma liturgica, alla libertà religiosa, all'ecumenismo e al dialogo interreligioso c'è stato bisogno di un Concilio, lo stesso vale oggi a fronte dei problemi che si pongono in termini tanto drammatici. Un secolo prima della Riforma, il Concilio di Costanza aveva deciso la convocazione di un concilio ogni cinque anni: decisione che fu però disattesa dalla Curia romana, la quale anche oggi farà indubbiamente di tutto per evitare un concilio dal quale non può che temere una limitazione dei propri poteri. È responsabilità di tutti voi riuscire a far passare la proposta di un concilio, o quanto meno di un'assemblea episcopale rappresentativa.
Questo, a fronte di una Chiesa in crisi, è l'appello che rivolgo a voi, stimatissimi vescovi: vi invito a gettare sulla bilancia il peso della vostra autorità episcopale, rivalutata dal Concilio. Nella difficile situazione che stiamo vivendo, gli occhi del mondo sono rivolti a voi. Innumerevoli sono i cattolici che hanno perso la fiducia nella loro Chiesa; e il solo modo per contribuire a ripristinarla è quello di affrontare onestamente e apertamente i problemi, per adottare le riforme che ne conseguono. Chiedo a voi, nel più totale rispetto, di fare la vostra parte, ove possibile in collaborazione con altri vescovi, ma se necessario anche soli, con apostolica "franchezza" (At 4,29.31). Date un segno di speranza ai vostri fedeli, date una prospettiva alla nostra Chiesa.
Vi saluto nella comunione della fede cristiana.
(*) Hans Küng (Sursee, 19 marzo 1928) è un teologo svizzero. Noto internazionalmente, soprattutto per le sue posizioni in campo teologico e morale, spesso critiche verso la dottrina della Chiesa cattolica.
Alessandro - 15/4/2010 - 13:24
Posto questo articolo perchè è interessante e riguarda un'artista che ha qualche sua canzone sulle CCG/AWS, ma mi chiedo se non sia una perversione quella di continuare a professarsi cattolici se dalla chiesa cattolica si sono subiti ieri violenze e maltrattamenti e si continuano a ricevere oggi insulti e menzogna...
da Internazionale n. 842 dell'aprile 2010
(articolo originale pubblicato sul Washington Post con il titolo The pope’s apology for sex abuse in Ireland seems hollow)
Qualche anno fa, l’Irlanda era una teocrazia cattolica.Se qualcuno sbagliava dicevamo: “Poteva capitare anche a un vescovo”. Era una frase molto più vera di quel che pensavamo, scrive Sinéad O’Connor.
Quando ero piccola, l’Irlanda era una teocrazia cattolica. Se un vescovo camminava per strada, le persone si facevano da parte per farlo passare. Se assisteva a un avvenimento sportivo nazionale, la squadra s’inginocchiava per baciargli l’anello. Se qualcuno sbagliava, invece di dire “nessuno è perfetto” dicevamo: “Poteva capitare anche a un vescovo”.
Era una frase molto più vera di quanto immaginassimo. Papa Benedetto XVI ha scritto una lettera pastorale di scuse all’Irlanda per i tanti anni durante i quali i sacerdoti hanno abusato sessualmente di bambini che avrebbero dovuto fidarsi di loro. Per molti irlandesi come me questa lettera è un insulto.
Non solo alla nostra intelligenza, ma anche alla nostra fede e al nostro paese. Per capire perché, bisogna tener presente che noi irlandesi abbiamo vissuto una versione brutale del cattolicesimo, basata sull’umiliazione dei bambini.
Io l’ho vissuta in prima persona. Quando ero piccola, mia madre mi mandava a rubare nei negozi. Dopo essere stata colta sul fatto molte volte, su consiglio di un assistente sociale mi spedirono per diciotto mesi all’An Grianán di Dublino, un centro per ragazze con problemi comportamentali. An Grianán era una delle lavanderie Magdalene, istituzioni tristemente famose gestite dalla chiesa per ospitare adolescenti incinte e giovani ribelli.
Lavoravamo in un seminterrato, lavando a mano i vestiti dei sacerdoti con acqua fredda e sapone. Studiavamo matematica e dattilografia. Avevamo contatti limitati con le nostre famiglie. Non ricevevamo nessuno stipendio. Nel mio caso, almeno, una delle suore fu gentile con me e mi regalò la mia prima chitarra.
Punizioni e violenze
An Grianán era un prodotto del rapporto del governo irlandese con il Vaticano: la chiesa godeva di una posizione speciale, come stabilito dalla nostra costituzione fino al 1972. Ancora nel 2007, il 98 per cento delle scuole irlandesi era gestito dalla chiesa cattolica. Ma nelle scuole per bambini problematici le punizioni corporali e le violenze psicologiche e sessuali ci sono sempre state.
Nell’ottobre del 2005 un rapporto del governo ha raccolto più di cento accuse di abusi sessuali commessi da sacerdoti tra il 1962 e il 2002 a Ferns, un paese a sud di Dublino. La polizia non aprì un’inchiesta sui sacerdoti accusati: fu detto che soffrivano di un problema “morale”. Nel 2009 un rapporto simile ha stabilito che gli arcivescovi di Dublino misero a tacere diversi casi di abusi sessuali tra il 1975 e il 2004.
Perché? Secondo il rapporto del 2009, “l’importante ruolo svolto dalla chiesa nella vita irlandese è la ragione per cui gli abusi commessi da una minoranza dei suoi membri furono messi a tacere”. Ma nella sua cosiddetta lettera di scuse, Benedetto XVI non si assume nessuna responsabilità per i crimini dei preti irlandesi. Dice che “la chiesa in Irlanda deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e agli altri i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi”. Cosa dire della complicità del Vaticano in quei peccati?
Benedetto XVI dà l’impressione di essere venuto a conoscenza da poco tempo degli abusi e si presenta come una delle vittime: “Non posso che condividere lo sgomento e il senso di tradimento che molti di voi hanno provato nel venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali, e del modo in cui le autorità della chiesa in Irlanda li hanno affrontati”.
La lettera incriminata
Ma nel 2001 Benedetto XVI mandò ai vescovi di tutto il mondo una lettera che ordinava di mantenere il segreto sulle accuse di abusi sessuali, pena la scomunica, aggiornando una terribile decisione ecclesiastica che nel 1962 aveva stabilito che i sacerdoti accusati di reati sessuali e le loro vittime dovessero “osservare il più rigido segreto” e “mantenere un silenzio perpetuo”.
Nel 2001 Benedetto XVI, allora noto solo come Joseph Ratzinger, era cardinale. Oggi che occupa la cattedra di San Pietro dovremmo credere che abbia cambiato idea? E che dire delle rivelazioni secondo cui nel 1996 si rifiutò di allontanare un sacerdote accusato di aver abusato di duecento bambini sordi in Wisconsin?
Nella lettera di scuse, Benedetto XVI sostiene che la sua preoccupazione è soprattutto di “guarire le vittime”. Ma nega l’unico strumento di guarigione: una piena confessione da parte del Vaticano, che ha messo a tacere gli abusi e che adesso sta cercando di nascondere di averlo fatto. Incredibilmente, il papa dice ai cattolici: “Offrite il vostro digiuno, la vostra preghiera, la vostra lettura della sacra scrittura e le vostre opere di misericordia per ottenere la grazia della guarigione e del rinnovamento per la chiesa in Irlanda”.
E suggerisce, cosa ancora più incredibile, che le vittime irlandesi potrebbero guarire avvicinandosi di più alla chiesa, la stessa che chiedeva il voto del silenzio ai bambini vittime degli abusi. Molti di noi, dopo aver smesso di ridere, hanno pensato che l’idea di aver bisogno della chiesa per avvicinarsi a Cristo è una blasfemia.
Per i cattolici irlandesi quello che insinua Benedetto XVI – che gli abusi sessuali in Irlanda siano un problema irlandese – è arrogante e blasfemo. Il Vaticano si sta comportando come se non credesse in un Dio che vede tutto. Quelli che dicono di essere i guardiani dello Spirito Santo stanno calpestando tutto quel che rappresenta. Benedetto XVI dà un’idea sbagliata del Dio che amiamo. Tutti sappiamo nel fondo dei nostri cuori che lo Spirito Santo è la verità. Per questo sappiamo che Cristo non è dalla parte di chi lo invoca tanto spesso.
Il papa deve assumersi la responsabilità degli atti dei suoi subordinati. Se alcuni sacerdoti cattolici abusano dei bambini, è Roma che ne deve rispondere confessando e sottoponendosi a un’inchiesta, non Dublino. Fino a quando non lo farà, tutti i buoni cattolici – comprese le vecchiette che vanno in chiesa tutte le domeniche, non solo le cantanti che protestano come me – dovrebbero smettere di andare a messa. È arrivato il momento in Irlanda di separare il nostro Dio dalla nostra religione, e la nostra fede dai suoi presunti dirigenti.
Quasi diciotto anni fa strappai una foto di Giovanni Paolo II durante una puntata del Saturday night live. Molti non capirono la mia protesta: la settimana dopo l’attore Joe Pesci disse che se fosse stato in studio con me “mi avrebbe dato un bello schiaffo”. Sapevo che il mio gesto avrebbe suscitato una polemica, ma era un modo per sollevare un dibattito necessario: essere artista significa anche questo.
Molti pensarono che io non credessi in Dio, e questa è l’unica cosa che mi ferì. Sono cattolica per nascita e per cultura, e sarei la prima a presentarmi in chiesa se il Vaticano offrisse una riconciliazione sincera.
Mentre l’Irlanda si oppone all’offensiva lettera di Roma e un vescovo irlandese si dimette, chiedo di capire perché una donna cattolica irlandese che da bambina è sopravvissuta ai maltrattamenti può voler strappare una foto del papa. E di domandarsi se noi cattolici irlandesi, solo perché non osiamo dire “meritiamo qualcosa di meglio”, dobbiamo essere trattati come se meritassimo qualcosa di peggio.
Alessandro - 17/4/2010 - 14:15
Sarà anche stata una goliardata, ma resta il fatto che costui a 20 anni tra la verità e magari una brillante carriera diplomatica ha scelto la prima. Chapeau!
Ecco in sintesi la lista dei desiderata contenuta nel documento intitolato "The ideal visit would see…”.
Durante la sua visita in Gran Bretagna nel prossimo settembre papa Benedetto XVI avrebbe dovuto:
"- The launch of “Benedict” condoms
- Review Vatican attitude on condom use
- Bless a civil partnership
- Reversal of policy on women bishops/ordination of women
- Open an abortion ward
- A speech on equality
- A statement on views over abortion (change of stance)
- Training course for all bishops over child sex abuse allegations
- Harder line on child abuse/announce sacking of dodgy bishops
- Vatican sponsorship of network of AIDS clinics
- Meet young unemployed people
- Apologise for….
- Canonise pseudo/canonise a group
- Announce whistle-blowing system for child abuse cases
- Go to job centre
- Debate on abortion
- All catholic schools should be free entry to all
- Speech on democracy
- Vatican and Church of England funded committee on dialogue
- Launch helpline for abused children"
AH, AH, AH! UNA RISATA VI SEPPELLIRA'!
Alessandro - 25/4/2010 - 10:28
Ad onor del vero nella lettera in questione non si evince alcuna disposizione di sottrarre alla giustizia ordinaria i casi, proprio perché impossibile nei fatti: la giustizia ordinaria fa il suo corso, quella del vaticano un'altra.
Non è neanche pensabile una invasione reciproca di campo, come tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria i percorsi giuridici seguono strade parallele.
Inoltre non si capisce perché riferirsi al "Concilio", in particolare a quale dei venti e passa che hanno fatto la storia della Chiesa Cattolica.
Personalmente trovo stucchevole il tentativo di scaricare tutte le responsabilità di Giovanni Paolo II e del post-Concilio su Ratzinger, forse perché adesso per voi la ricreazione è finità?
Ad maiora.
ugo - 10/9/2012 - 22:35
E non lo dico io, lo dice Hans Küng.
Quando si scrive "Concilio", in genere ci si riferisce al Concilio Vaticano II perchè è stato l'ultimo (50 anni fa! Persino Forza Italia è riuscita a fare due congressi in 20 anni!) e perchè nè io nè te c'eravamo ancora quando si celebravano i precedenti...
Nessuno ha scaricato tutte le responsabilità sugli ultimi due papi (così come nessuno si sogna di scaricare su Papi Berlusconi tutti i mali d'Italia). Si diceva che essendo gli ultimi e, teoricamente, i più moderni ed illuminati avrebbero dovuto tenere sul tema ben altra condotta ed invece, ancora in anni recenti, si sono comportati da insabbiatori medievali...
Non so cosa tu intenda con la misteriosa (per me) interrogativa finale "forse perché adesso per voi la ricreazione è finita?"
La ricreazione di chi e di che?!?
Dead End - 10/9/2012 - 23:21
Mi spieghi di che cosa stai parlando?
Dead End - 10/9/2012 - 23:29
Oggi non è più così. E, in ogni caso, le parrocchie e gli oratori non sono mai stati consolati o ambasciate del Vaticano che godono di extraterritorialità, non sono mai stati navi battenti bandiera vaticana in acque internazionali, per cui se il prete di turno lì s'incula i bimbi non sono certo le guardie svizzere a dover correre ad arrestarlo...
Lex, dura lex, sed lex
Dead End - 11/9/2012 - 09:21
Testo trovato sul sito dell'autore
Usa, sacerdote abusò di 200 bambini: "Ratzinger e Bertone occultarono il caso"
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"Siamo sotto una grandinata di bombardamenti senza sosta e senza misura e senza ritegno. Dalle prediche blasfeme di don Berlusconi alle false esecrazioni morali del Papa, passando per i comizi fascisti dell'onorevole Bagnasco.
A ruoli invertiti, il puttaniere pluridivorziato fa omelie sull'amore e il papa che da cardinale per 24 anni, dal 1981 al 2005, ha visto passare sotto le sue mani tutti i casi gravi di devianza sessuale commessi da sacerdoti senza che muovesse un dito. E' sua la lettera solenne del maggio 2001 (Epistula de delictis gravioribus) che poneva sotto segreto pontificio tali delitti.
Il Falso per antonomasia e il falsificatore di professione fonda il Movimento dei Missionari della Verità, e il cardinale chiude gli occhi e allunga la mano per benedire. Anzi allunga tutte e due le mani: una per prendere e l'altra per benedire. Da ladri professionisti ben si intendono: ambedue ladri di coscienza e di buona fede. Ladri di libertà e di dignità. C'è un tribunale internazionale cui deferirli?
L'uno con il suo sorriso a cremagliera, e l'altro con il pastorale a mò di scimitarra! Il primo che rifonda il Fascismo del nuovo millennio, e il secondo che riscrive il Sillabo in lingua moderna. Ambedue ladri e ambedue assassini: uccisori di democrazia e affossatori del Concilio. Disobbedir loro è ormai un dovere morale, urgente e improcrastinabile."
Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, L'Aquila.