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Lingua: Serbo


Đorđe Marinković / Ђорђе Маринковић [Georges Marinkovitch]

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[1916]
Testo e musica di Đorđe Marinković
Lyrics and music by Đorđe Marinković
Paroles et musique de Đorđe Marinković
Prima incisione / First recording / Premier enregistrement:
Tamburaško Pevačko Društvo, 1917

marinko


Durante la I guerra mondiale, l'esercito serbo si ritirò attraverso l'Albania dopo che gli Imperi Centrali avevano invaso la Serbia nell'inverno del 1915. L'esercito serbo era devastato dalla fame, dalle malattie e dagli attacchi delle bande armate. Trasportato in gran parte dalla Regia Marina italiana, quel che restava dell'esercito serbo fu trasferito sull'isola greca di Corfù, dove molti altri soldati serbi morirono. Rifocillato a Corfù, l'esercito serbo fu poi ulteriormente trasportato a Salonicco, dove fu riarmato dalle forze dell'Intesa e rispedito nel 1916 a combattere al fronte. A Corfù, i caduti serbi furono sepolti in mare; è da allora che, per i Serbi, quelle acque sono chiamate il “Cimitero Azzurro”.

Il canto Tamo daleko si riferisce esattamente a quegli eventi. A tutti gli effetti una canzone popolare, ed anzi probabilmente la più famosa ed amata di esse in Serbia, commemora quella ritirata dell'esercito Serbo a Corfù e si svolge attorno al tema della perdita e della nostalgia della patria lontana. Composta in metro ternario, un metro abbastanza comune sia nelle ballate popolari che nella musica classica d'autore e negli inni religiosi, inizia in modo solenne, in minore, passando poi al maggiore dominante nel terzo verso della prima strofa -simbolo di speranza- e ritornando infine al minore iniziale. Il cantore descrive se stesso come proveniente dalla terra “dove cresce il giallo limone” mentre guarda “in lontananza, dove il sole splende più chiaro” al paese dov'è nato. Moltissime versioni del canto terminano con “Viva la Serbia!”

Nell'aprile del 1916, un gruppo musicale serbo di emigrati in America, il Tamburaško Pevačko Društvo (“Compagnia di 'tamburaši' e canto”), incise il canto per la prima volta. Alla fine della Grande Guerra, l'esercito Serbo riconquistò il proprio paese all'Austria-Ungheria e alla Bulgaria, e Tamo daleko divenne popolarissima tra gli emigranti serbi, praticamente un inno nazionale della diaspora; fu persino suonata, a New York nel gennaio 1943, ai funerali di Nikola Tesla, uno che tamo daleko aveva vissuto tutta la sua vita. In quanto simbolo e veicolo dell'identità e del nazionalismo serbo, Tamo daleko -assieme a diversi altri canti- fu bandito dalla Repubblia Socialista Federale di Jugoslavia; nella Jugoslavia di Tito, l'evocazione dei nazionalismi e in particolare di quello Serbo era considerata un grave reato, e chi cantava e suonava dei canti del genere era perseguito dalle autorità. Considerando com'è andata a finire, occorre riconoscere che la cosa non era certamente immotivata.

Lo storico Andrej Mitrović, che ha analizzato la composizione e l'intera storia del canto nella sua opera capitale del 2007, Serbia's Great War, 1914-1918 (West Lafayette, Indiana, Purdue University Press), ha messo in risalto “l'andamento nostalgico e la melodia piena di tristezza” concludendone che il canto fornisce uno sguardo significativo sulla psicologia collettiva e sul morale dell'esercito Serbo durante l'inverno del 1915. Ne conclude però che, sebbene il canto sia nostalgico e venato di tristezza, l'idea di base complessiva è ottimistica. Il giornalista Roger Cohen (in Hearts Grown Brutal: Sagas of Sarajevo, New York, Random House, 1998) parla di Tamo daleko come del “lamento di un popolo sradicato”. Lo scrittore Robert Hudson scrive: “Nel canto si ritrova un senso primordiale di identità legato alla famiglia e alla nazione, con sia i padri che i figli che donano le proprie vite al Paese” (Robert Hudson, Popular Music, Tradition and Serbian Nationalism, in Ian Biddle/Vanessa Knight, Music, National Identity and the Politics of Location: Between the Global and the Local, Burlington, Vermont, Ashgate Publishing House, 2007).

Tenendo quindi sempre presenti le sue origini, è chiaro che Tamo daleko è un canto legato in maniera fortissima, inseparabile, all'identità nazionale Serba. Nel periodo della Guerra Fredda (durante il quale la Jugoslavia titina era comunque in rapporti tutt'altro che cordiali con l'Unione Sovietica e il “blocco socialista”, e guidava anzi il “Movimento dei paesi non allineati”), i Serbi della diaspora consideravano realmente Tamo daleko come inno nazionale in esilio, accanto alla “Marcia sulla Drina”. Il canto era divenuto un simbolo importantissimo e potente della cultura e dell'identità nazionale serba. Nel 1964, ricompare nei Balcani all'interno della colonna sonora di un film bulgaro, “Il ladro di pesche” (Крадецът на праскови ), diretto dal regista Vulo Radev e basato su un racconto di Emilian Stanev: è la storia della contrastata storia d'amore tra un prigioniero di guerra serbo, Ivo Obrenović (interpretato dall'attore Rade Marković, serbo) e la moglie di un colonnello bulgaro, Elisaveta (interpretata da Nevena Kokanova). Da notare che la Bulgaria, assieme all'Impero Austroungarico, era stata forza di occupazione in Serbia durante la I guerra mondiale.

Nel reinsorgere dei nazionalismi nell'ex Jugoslavia, torna anche Tamo daleko. All'inizio degli anni '90 del secolo scorso, poco prima dello scoppio delle carneficine, la Radiotelevisione Serba trasmise un documentario che mostrava veterani serbi ritornare a Corfù per delle commemorazioni, con Tamo daleko suonata piano come musica di sfondo. Nella sua storia di autentico canto popolare, ha avuto letteralmente decine di versioni, alcune delle quali nate tra i volontari serbi durante la guerra di Bosnia. Il canto rimane popolare anche oggi nelle sue versioni moderne, alcune delle quali sono state incise da Goran Bregović.

Canto popolare? Sí, e nella sua piena accezione del termine. Come tale, l'identità dell'autore e compositore è rimasta ignota per decenni, durante i quali parecchi si sono presentati come gli autori originali. Secondo alcuni, l'autore sarebbe stato tale Milan Buzin, cappellano militare della divisione “Drina”; secondo altri sarebbe invece stato Dimitrije Marić, medico chirurgo del III Ospedale da Campo della divisione “Šumadija”. Un terzo autore presunto sarebbe stato un insegnante di Negotin, Mihajlo Zastavniković (il cui evocativo cognome significa “portabandiera”), il quale, nel 1926, aveva pubblicato una versione del canto. Bisognerà attendere il 2008 (quindi, quando questa pagina era già presente da tre anni nel sito!), quando lo storico Ranko Jakovljević, dopo estese ricerche, riuscì a stabilire che l'autore sia dei versi che della musica era un musicista dilettante del paese di Korbovo, vicino alla cittadina di Kladovo nel distretto serbo di Bor, il più orientale della Serbia direttamente confinante con la Romania presso le famose “Porte di Ferro” del Danubio. Si chiamava Đorđe Marinković [Ђорђе Маринковић], e nel 1915/16 faceva parte dell'esercito Serbo in ritirata. Tamo daleko sarebbe stata scritta da Marinković proprio a Corfù. Dopo la guerra, Đorđe Marinković emigrò a Parigi, dove avrebbe vissuto per sempre fino alla sua morte nel 1977. Divenne insegnante di musica, realizzando qualche incisione come suonatore di Zither, la “cetra tirolese” (o bavarese). In Francia, aveva “francizzato” il suo nome in Georges Marinkovitch; Radovan Jakovljević è riuscito a stabilire che Marinković aveva registrato i diritti d'autore del canto già nel 1922 in Francia, ma li aveva goduti solo in scarsissima parte essendo oramai il canto talmente diffuso a livello popolare da non crederlo d'autore. [RV]
Тамо далеко, далеко од мора,
тамо је село моје, тамо је Србија.

Тамо далеко, где цвећу нема крај,
тамо су најдражи моји, тамо је мој завичај.

Тамо далеко, крај Саве и Дунава,
тамо је радост моја, тамо је Београд.

Тамо где душман све руши и обара,
тамо су моји двори, тамо је Колубара.

Тамо далеко, где сунце веч не сија,
тамо је љубав моја, тамо је Шумадија.

Тамо где хладна протиче Морава,
тамо ми икона оста, тамо је моја слава.

Тамо у брда Ђетине где је пут,
тамо ми суза мајке, прелива сваки скут.

Тамо где Тимок поздравља Вељков-град,
тамо ми спалише цркву, у којој се венчах млад.

Тамо где Дрина уништен кваси гај,
тамо ми љубав оста, тамо је мој родни крај.

Тамо далеко, где цвета лимун жут,
тамо је српској војсци, једини био пут.

Тамо далеко, где цвета бели крин,
тамо су живот дали, заједно отац и син.

Без отаџбине, на Крфу жибех ја,
али сам клицао увек, живела Србија!

inviata da Riccardo Venturi - 25/8/2005 - 16:53




Lingua: Serbo

Il testo in alfabeto serbo-latino (Latinica)
The lyrics in Latin Serbian characters (Latinica)
Les paroles dans l'alphabet Serbo-latin (Latinica)


La ritirata dell'esercito Serbo attraverso l'Albania nell'inverno del 1915.
La ritirata dell'esercito Serbo attraverso l'Albania nell'inverno del 1915.
TAMO DALEKO

Tamo daleko, daleko od mora,
tamo je selo moje, tamo je Srbija.

Tamo daleko, gde cveću nema kraj,
tamo su najdraži moji, tamo je moj zavičaj.

Tamo daleko, kraj Save i Dunava,
tamo je radost moja, tamo je Beograd.

Tamo gde dušman sve ruši i obara,
Tamo su moji dvori, tamo je Kolubara.

Tamo daleko, gde sunce već ne sija,
tamo je ljubav moja, tamo je Šumadija.

Tamo gde hladna protiče Morava,
tamo mi ikona osta, tamo je moja slava.

Tamo u brda Đetine gde je put,
tamo mi suza majke, preliva svaki skut.

Tamo gde Timok pozdravlja Veljkov-grad,
tamo mi spališe crkvu, u kojoj se venčah mlad.

Tamo gde Drina uništen kvasi gaj,
tamo mi ljubav osta, tamo je moj rodni kraj.

Tamo daleko, gde cveta limun žut,
tamo je srpskoj vojsci, jedini bio put.

Tamo daleko, gde cveta beli krin,
tamo su život dali, zajedno otac i sin.

Bez otadžbine, na Krfu živeh ja,
ali sam klicao uvek, živela Srbija!

inviata da Riccardo Venturi - 13/11/2017 - 05:28




Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
13 novembre 2017 06:15

Belgrado. Il ristorante Tamo Daleko, cucina tradizionale serba.
Belgrado. Il ristorante Tamo Daleko, cucina tradizionale serba.
LAGGIÙ, LONTANO

Laggiù, lontano, lontano dal mare,
laggiù c'è il mio paese, laggiù c'è la Serbia.

Laggiù, lontano, dove non c'è confine ai fiori,
laggiù stanno i miei più cari, laggiù c'è il mio paese natìo.

Laggiù, lontano, vicino alla Sava e al Danubio,
laggiù c'è la mia gioia, laggiù c'è Belgrado.

Laggiù, dove il nemico tutto abbatte e distrugge,
laggiù ci son le mie case [1], laggiù c'è la Kolubara. [2]

Laggiù, lontano, dove il sole più non splende,
laggiù c'è il mio amore, laggiù c'è la Šumadija. [3]

Laggiù dove fredda scorre la Morava, [4]
laggiù c'è ancora la mia icona, laggiù c'è il mio santo di famiglia. [5]

Laggiù dove c'è una strada sull'altura della Đetinja, [6]
laggiù il pianto di mia madre trabocca ogni falda.

Laggiù dove il Timok saluta Veljkov-grad, [7]
laggiù hanno bruciato la chiesa dove mi ero sposato da giovane.

Laggiù dove la Drina bagna un boschetto distrutto,
laggiù c'è ancora il mio amore, laggiù c'è la mia terra natìa.

Laggiù, lontano, dove giallo sboccia il limone,
laggiù per l'esercito Serbo c'è stata una sola via.

Laggiù, lontano, dove sboccia il bianco giglio,
laggiù han dato la vita, insieme, il padre e il figlio.

Io vissi a Corfù, senza più una patria,
ma ho gridato sempre: viva la Serbia!
[1] Il termine dvor vorrebbe propriamente dire “palazzo”, addirittura “reggia”; nella traduzione sono stato un po' più di basso profilo, ma probabilmente nell'immagine dell'autore ci dev'essere stato ripensare alle umili case del paese come a palazzi reali.

[2] La Kolubara è un fiume della Serbia occidentale. Presso di esso si svolse la battaglia della Kolubara tra il 16 novembre e il 15 dicembre 1914, tra l'esercito serbo e quello austroungarico. Fu una nettissima vittoria serba, la quale pose fine al terzo tentativo austroungarico di invadere il paese. Come dire: per gli austroungarici, con la Serbia che avrebbero dovuto schiacciare in pochi giorni, fu invece tutt'altro che una breve passeggiata.

[3] La Šumadija è la boscosissima e fertile regione centrale della Serbia (šuma significa “foresta” in serbo). Purtroppo per lei e per tutti noi, è anche parecchio ricca di uranio e torio. Per le sue caratteristiche è sempre stata terra di fuorilegge, bande, hajduci e rivolte: fu nella Šumadija che ebbe inizio il Risorgimento serbo, con la “Prima Rivolta Serba” (1804-1813) che si concluse con la liberazione della regione (e di Belgrado) dall'Impero Ottomano. Nominare la Šumadija ha per i serbi un fortissimo valore evocativo.

[4] In diverse versioni, la Morava scorre invece tiha (“tranquilla, placida, silenziosa”) invece di “fredda”.

[5] La slava (dalla parola panslava che significa sia “gloria” che “fede”) è in Serbia il “santo di famiglia” che si ritrova spesso anche nell'Italia meridionale (e non solo): il “santo protettore della famiglia”, il santo a cui è una famiglia è tradizionalmente votata. Diverse versioni del Tamo Daleko hanno qui krsna slava, che è propriamente la “festa del santo di famiglia” e che corrispondeva, per molti, alla festa dell'onomastico (assai più importante e sentita del compleanno).

[6] La Đetinja, o Đetina, è un fiume affluente della Morava. Il suo nome significa “fiume dei bambini”. Secondo una leggenda, gli Ottomani, per punire gli abitanti di Uzičan dopo una rivolta, presero tutti i bambini del paese e li annegarono nel fiume.

[7] Ennesimo fiume in una terra che ne è ricca in tutto il sistema danubiano. Il Timok è in realtà una serie di fiumi che, a un certo punto, confluiscono in uno solo; per un breve tratto segna il confine tra Serbia e Bulgaria.

13/11/2017 - 06:15




Lingua: Serbo

La versione del "Soldato e dell'amata"
Versione principale nella pagina fino al 13.11.2017
"Soldier and Sweetheart Version"
Main version in this page until 13.11.2017

Pasqua 1916. Soldati serbi a Corfù.<br />
Easter 1916. Serbian soldiers in Corfù.
Pasqua 1916. Soldati serbi a Corfù.
Easter 1916. Serbian soldiers in Corfù.


" Una delle più famose canzoni popolari serbe, ripresa anche in Croazia, e certamente derivata da un in cui venivano enunciate con accenti nostalgici e nazionalistici tutte le principali località della Serbia storica. La versione che qui presentiamo è invece il triste e desolato canto di un giovane inviato alla guerra che ripensa alla sua amata e al suo paese. Il tema eterno di chi viene mandato a fare la guerra. " Così il lontano 28 agosto 2005 per introdurre brevemente questa tra le tante versioni del Tamo Daleko, che fino a questi giorni di ristrutturazione profonda della pagina [13.11.2017] è rimasta come versione principale, senz'altro per la sua aderenza al tema generale del sito. [RV]
ТАМО ДАЛЕКО

Тaмо дaлеко, далеко краj морa
тамo je ceлo моje, тамо je љубав мoja.

O заp je мopaлa доћ, та тужна неcpeћна ноћ
када cи драгане моj отишao y кpвави боj.

Дoђи ми драга, да cpeћно живимо ми
jep дани пролазе брзо и живот таj несpeћни.

Xajдемо дyшo, да cpeћно живимо ми
jep младocт пролази жypно и живот таj несpeћни.

Млади cpбљaнци, не љyтe гpкињe
дома ваc чeкajy младе невине cpпкиње.

Пазаp je мopaлa доћ, та тужна неcpeћна ноћ
када cи драгане моj отишao y кpвави боj.

Тaмо дaлеко где caд ниcaм ja
тaмо je pajcка земља, тамо je Cpбиja.

inviata da Riccardo Venturi - 13/11/2017 - 12:22




Lingua: Serbo

La medesima versione nell'alfabeto Serbo-latino (Latinica).
The same version in Serbian Latin characters (Latinica)
La même version dans l'alphabet Serbo-latin (Latinica)


Piccola considerazione a margine. Le "acide greche" della versione non sono probabilmente dovute a rivalità balcaniche o cose del genere, quanto ad un fatto semplicissimo: i soldati serbi a Corfù, nel ricordare l'amato paese e l'amata fidanzata ivi lasciata per fare la guerra, devono pur aver tentato qualche "approccio" con le ragazze del posto. Le quali non devono essere state particolarmente propense e, quindi, eccole etichettate come "acide". In Serbia, invece, sono naturalmente tutte dolci e vergini. [RV]
TAMO DALEKO

Tamo daleko, daleko kraj mora
tamo je selo moje, tamo je ljubav moja.

Pazar je morala doć, ta tužna nesrećna noć
kada si dragane moj otišao u krvavi boj.

Dođi mi draga, da srećno žživimo mi
Jer dani prolaze brzo i žživot taj nesrećni.

Hajdemo dušo da srećno žživimo mi
Jer mladost prolazi žžurno i žživot taj nesrećni.

Mladi srbljanci, ne ljute grkinje
doma vas čekaju mlade nevine srpkinje.

Pazar je morala doć, ta tužna nesreċna noć
kada si dragane moj otišao u krvavi boj.

Tamo daleko gde sad nisam ja
tamo je rajska zemlja, tamo je Srbija.

inviata da Riccardo Venturi - 25/8/2005 - 16:56




Lingua: Italiano

La versione italiana a suo tempo ripresa dal Sito del Coro Valsella. È stata ricontrollata ed integrata con una strofa mancante, mentre l'ortografia e la lezione del testo serbo è stata del tutto ripristinata per i numerosissimi errori contenutivi.
LAGGIÙ LONTANO

Laggiù lontano, lontano oltre il mare,
là c'è il mio paese, là c'è la mia amata.

Doveva purtroppo giungere, questa notte oscura e triste,
quando mio caro amore sei andato alla sanguinosa battaglia.

Vieni mia cara per poter viver felici
ché i giorni passano presto, e questa vita infelice.

Andiamo, anima mia, per poter viver felici
Ché la gioventù passa presto, e questa vita infelice.

Giovani serbi, non le acide greche,
a casa vi aspettano le giovani vergini serbe.

Doveva purtroppo giungere, questa notte oscura e triste,
quando mio caro amore sei andato alla sanguinosa battaglia.

Laggiù lontano, dove non ora non sono io
là c'è una terra di paradiso, là c'è la Serbia.

inviata da Riccardo Venturi - 25/8/2005 - 16:58




Lingua: Serbo

Un'ulteriore versione serba, ripresa da questa pagina dell'edizione serba di Wikipedia:
Тамо далеко

Тамо далеко, далеко од мора,
Тамо је село моје, тамо је Србија
О зар је морала доћ, та тужна несрећна ноћ
Када си драгане мој, отишао у крвави бој.

Тамо далеко, где цвета лимун жут,
Тамо је српској војсци једини био пут
Тамо је српској војсци једини био пут
О зар је морала доћ, та тужна несрећна ноћ
Када си драгане мој, отишао у крвави бој.

Тамо далеко где цвета бели крин,
Тамо су животе дали заједно отац и син
Тамо су животе дали заједно отац и син
О зар је морала доћ, та тужна несрећна ноћ
Када си драгане мој, отишао у крвави бој.

inviata da Riccardo Venturi - 25/8/2005 - 17:22




Lingua: Croato

Una versione croata della canzone, più breve (di sole tre strofe) e del tutto priva di ogni riferimento alla guerra:
TAMO DALEKO

Tamo daleko,
daleko kraj mora,
tamo je selo moje,
tamo je ljubav moja.

Hajdemo, dušo,
da sretno živimo mi,
jer mladost prolazi žurno
i taj život nesretni.

Tamo daleko,
gdje cvijeću nema kraj,
tamo je selo moje,
tamo je vječiti raj.

inviata da Riccardo Venturi - 25/8/2005 - 17:03




Lingua: Italiano

Versione italiana della versione croata
di Riccardo Venturi
25 agosto 2005
DI LA' LONTANO

Laggiù lontano,
lontano oltre il mare
c'è il mio villaggio,
là c'è la mia amata.

Andiamo, anima mia
per vivere felici
ché la gioventù passa presto
e la vita è infelice.

Laggiù lontano
dove i fiori non hanno fine,
c'è il mio villaggio
là c'è il paradiso eterno.

25/8/2005 - 17:06


Un breve estratto da un lunghissimo post dal blog di Babsy Jones in cui si parla, tra l'altro, di Peter Handke. Consiglio di leggerlo per intero.

[...] Che cosa fanno, i guerreggiati, sotto il cielo? Fanno, ognuno singolarmente, propaganda. Anche senza essere filmati, per conto proprio. Camminando, qui ciascuno si fa propaganda da solo!" Qualcosa di naturale, dice Handke: propaganda come 'essere propagato'.
"Questo paese [la Serbia] attaccato, minacciato e accerchiato, cosa fa? Indossa il vestito bello, si mette in mostra", mostra, dimostra, dunque racconta. Ecco che il drammaturgo avverte la spaccatura fra verità (propagandistica, propagata) e menzogna (propagandistica, propagata). Del resto, è un tema che ritroviamo anche nel documentario ("Jasmina i rat") che l'autrice di "Normalità" scelse di girare a Belgrado nei giorni dell'aggressione: lontanissima, per storia personale e dichiarate scelte politiche, dal nazionalismo (anche dal nazionalismo moderato e assennato che io gradisco) la Tesanović si ritrova, al buio e sotto le bombe, a intonare "Tamo daleko": la canzone più popolare, che narra del disastroso ritorno da Salonicco dei soldati serbi, durante la Prima Guerra Mondiale; canzone banale, struggente, "tamo daleko", laggiù lontano, "ta tužna nesrećna noć", questa triste notte sfortunata. Lo stereotipo nazionale, che stereotipo alla fin fine non è, si propaga. Bisogna trovarcisi: forse, un milanese che vedesse dalla finestra i (brutti) palazzi di Via Torino andare in fiamme sotto le bombe, dovendo attendere l'alba e il cessato allarme, si sorprenderebbe a fischiettare "O mia bela Madunina". E' una forma di reazione, o resistenza emotiva; una persistenza, una volontà di propagazione, di trasmissione del sé e della propria storia: per quanto brutti, siamo stati (anche, soprattutto?) questo. [...]

Lorenzo - link segnalato da Monia - 23/6/2006 - 17:51


La canzone e belissima, ogni volta che la sento mi viene da piangere.

susana - 13/2/2009 - 19:52


C'è una versione cantata da Goran Bregovic e Giorgos Dalaras (viene indicato anche Emil Kusturica tra gli esecutori) che, a orecchio, mi sembra abbia un testo in greco. Ho disperatamente cercato le parole in rete, ma non ho trovato nulla...

Giulia Taccagni - 3/7/2012 - 16:30


Ho cercato in rete un video di questa "Tamo daleko" eseguita da Bregović e Dalaras, ma non ho trovato niente. Mi sembra però abbastanza strano che venga eseguita in greco, anche se c'è Dalaras di mezzo; aspetto comunque notizie, se qualcuno ne trovasse una registrazione si risolve immediatamente il problema. Comunque sia, l'osservazione sta servendo per ristrutturare un po' la pagina di questa canzone, a partire dall'attribuzione degli autori. Dalla pagina di en:wikipedia relativa si evincono dei nomi per i quali però si rimanda alla nuova introduzione.

Riccardo Venturi - 3/7/2012 - 18:16


Eccoti qui il brano, Riccardo, eseguito da Dalaras, Goran Bregović e Emir Kusturica. Esisteva, sì, un video col testo greco qualche tempo fa, ma sarà stato rimosso.
Тaмо дaлеко / Tamo daleko

giorgio - 3/7/2012 - 20:59


I serbi leccavano sempre il culo a Mosca, insieme con il loro grande "poeta e pittore" Milosevic

krzyś - 3/5/2014 - 02:13





Ecco la canzone di Goran Bregović, cantata da Grigoris Dalaras, sulla melodia di Tamo Daleko (le parole invece sono di Haris Katsimihas). Il titolo è Ένα τραγούδι για την Ελένη F.
Invio il rimando al sito stixoi.info, su cui ho trovato testo e traduzione inglese.

EΝΑ ΤΡΑΓΟΥΔΙ ΓΙΑ ΤΗΝ ΕΛΕΝΗ F.

Είναι μια λέξη που με έχει σακατέψει
είναι μια λέξη που παντού μ’ ακολουθεί
και μου ζητάει λογαριασμό βράδυ πρωί
"γιατί", δεν τη θέλω άλλο πια την έχω βαρεθεί

Κάλαντα και τρίγωνα
κάθε Χριστούγεννα θυμάμαι ένα παιδί
μες το θυμό βουτηγμένο σ’ ένα πελώριο γιατί
ψίθυρος και κραυγή πληγή που αιμορραγεί
κάθε στιγμή στη ζωή μου ένα μεγάλο γιατί

Δυο τρία όνειρα που είχαν απομείνει
μπήκαν ενέχυρο και μείναμε ταπί
ο τοκογλύφος θα μας στείλει φυλακή
Ελένη όλους μας στην πλάτη σου μας έχει φορτωθεί

Κάλαντα και τρίγωνα
κάθε Χριστούγεννα θυμάμαι ένα παιδί
μες το θυμό βουτηγμένο σ’ ένα πελώριο γιατί
ψίθυρος και κραυγή πληγή που αιμορραγεί
κάθε στιγμή στη ζωή μου ένα μεγάλο γιατί

inviata da Giulia Taccagni - 13/4/2016 - 16:50




Lingue: Serbo, Spagnolo

Adaptación chilena de canción tradicional yugoslava

Recinto: Campamento de Prisioneros Isla Dawson

Testimonio de: Jorge Grez Leuquén
Fecha de la experiencia: 2007
Mis recuerdos de la canción: Como documentalista durante algunos años registré la historia de algunos detenidos en dictadura. Fue así como en algunas de estas sesiones se revivió la canciónTamo daleko que tantas veces cantaron en Isla Dawson. Un humilde aporte desde el sur del sur.
cantoscautivos.cl


Testimonio de: Miguel Lawner
Fecha de la experiencia: marzo o abril de 1974
Mis recuerdos de la canción:
Baldovino  invita a Daniel a encabezar el coro que cantará una canción. El negro Ruiz (1) como se le conoce amistosamente, ha sido toda su vida un hombre de radio, y ahora no se despega de una pequeña grabadora que porta en su mano izquierda.

Este gordo afable, goza de gran aprecio como recitador, especialista en la poesía romántica de Neruda. Recorre la Patagonia en prolongadas giras poéticas,  entregando “el amor que se reparte en besos, lecho y pan”, o el “amor que puede ser eterno y puede ser fugaz”.

Al momento del golpe,  Ruiz se encontraba en Tierra del Fuego, de visita en casa de su hermano. Como él mismo señala:

“Pronto surgió la primera lista siniestra conteniendo mi nombre, exigiendo presentación inmediata en carabineros o cuarteles militares. Leído el bando, una risa burlona salía desde el micrófono diciendo que los nombrados serán confinados a Isla Dawson. Me rehusé a cruzar a caballo hacia Argentina. Le dije a los compañeros que no había cometido ningún delito y que había resuelto entregarme.

El subterráneo de una casa de Cerro Sombrero fue mi primera prisión. Esposado llegué al gimnasio del Regimiento Pudeto de Punta Arenas. En el transporte Serrano de la Armada me trasladaron a Dawson el 21 de diciembre de 1973. Fui también asiduo pensionista de la ratonera del Pudeto, de la Casa del Deportista y del Regimiento Cochrane. En fallo dividido me condenaron a 541 días con pena remitida y, como los había cumplido, se decretó mi libertad condicional, la que no se cumplió, ya que por decreto, seguí preso en el barracón del Cochrane hasta mayo de 1975. Fui relegado a Chiloé, donde viví con mi familia hasta Diciembre de 1979.” (2)

Junto a Ruiz, se adelanta el grupo que integra el coro, en el que reconozco además, a Américo, a Jerónimo, hermano de Aristóteles, al químico farmacéutico Antonio, y a Gastón, todos hombres maduros.

Comienzan a cantar “Tamo daleko”, una melodía nostálgica, con ritmo de vals, identificada desde siempre con Magallanes con un tono moderado, que pronto se transforma en furor, a medida que avanzan. Observo que la mayoría de los magallánicos la conocen, y varios acompañan al coro con lágrimas rodando por sus mejillas. La melodía prosigue repitiendo las estrofas en lengua serbo-croata, y termina con las citas de su amada ciudad.

La música tiene un indudable poder evocador. En cuanto comenzó a escucharse el “Tamo daleko”, me asaltó el recuerdo de una tarde gris en Río Chico, encerrados en la barraca a raíz de una lluvia torrencial, y entonces, en medio del estrépito provocado por el alud azotando nuestras delgadas calaminas, emergió esta canción melancólica, cantada por los compañeros de Punta Arenas, acentuando las nostalgias que esa tarde, ya nos tenían bastante deprimidos.

Carlos recuerda esta canción desde nuestros tiempos en la FECH de los años 1950s, entonada frecuentemente por los estudiantes de origen yugoslavo, habiéndose extinguido la federación de nacionalidades balcánicas que existía hasta la caída del muro de Berlín.

Américo, práctico agrícola y dirigente del PC, también confinado en la Isla, me envió una fotocopia conteniendo el texto de esta bella canción y una breve historia de su origen, manuscrita en Dawson en mayo de 1974, y que reproducimos aquí.
cantoscautivos.cl


Testimonio de: Eduardo Ojeda
Fecha de la experiencia:  1973
Mis recuerdos de la canción:
En el campamento Compingin de la isla, Mario comenzó a hablarnos de la letra en español de una canción yugoslava llamada “Tamo daleko”. La canción no era croata: era serbia. Traía muchos recuerdos a los emigrantes yugoslavos. Esta canción se cantó en el Campamento de Río Chico de Isla Dawson, que era gigante, estilo nazi.
cantoscautivos.cl


Tamo daleko
daleko kraj mora
tamo je selo moje
tamo je ljubav moja.

Lejos muy lejos
allá en la orilla del mar
está mi novia querida
está mi amada ciudad.

Mi Punta Arenas
ciudad de ensueño y amor
cuando yo vuelva a tus playas
renacerá el corazón.

Brindemos hermanos
brindemos por el amor
que nunca más en la vida
seremos más jóvenes que hoy.

inviata da Dq82 - 12/11/2017 - 14:32




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