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Per i morti di Reggio Emilia

Fausto Amodei
Lingua: Italiano


Fausto Amodei

Lista delle versioni e commenti


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[1961]
Testo e musica di Fausto Amodei
Interpretata anche da: Stormy Six, Canzoniere delle Lame, Maria Carta, Modena City Ramblers, Francesco Guccini
Per i morti di Reggio Emilia

Reggio Emilia 1960


Il giugno-luglio 1960 è segnato da una grave crisi politica che scuote l'Italia: Fernando Tambroni, democristiano, forma un governo monocolore sostenuto dal Msi. È l'"anticamera" di un colpo di stato di destra nel nostro paese.
Il 28 giugno '60 si tiene a Genova una imponente manifestazione popolare antifascista; il 30 un nuovo corteo cittadino viene affrontato dalla polizia, e negli incidenti rimangono feriti 83 manifestanti.
La proposta antifascista si diffonde in altre città e il governo Tambroni sceglie la linea dura per fronteggiare e reprimere il dilagare delle manifestazioni di piazza.
Il 6 luglio 1960 a Roma, a Porta San Paolo, la polizia reprime un corteo antifascista, ferendo alcuni deputati socialisti e comunisti; ma i fatti più gravi accadono a Reggio Emilia: nel corso di una delle manifestazioni seguite ai fatti di Roma la polizia uccide cinque manifestanti comunisti: Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli.
La Cgil proclama, da sola, uno sciopero generale. La tensione sociopolitica nata a Genova e dilagata nel paese porterà alle dimissioni di Tambroni il 19 luglio 1960.

(da pasolini.net)


I fatti
da Strage di Reggio Emilia - Wikipedia

La sera del 6 luglio la Camera Confederale del Lavoro di Reggio proclamò per l'indomani, giovedì 7, uno sciopero generale provinciale dalle 12 alle 24 «in seguito ai gravi fatti avvenuti a Licata e a Roma».
Era previsto un comizio nella centrale Sala Verdi (ridotto del teatro Ariosto) perché la Prefettura lo aveva proibito all'aperto, negando anche la possibilità di usare altoparlanti per diffondere all'esterno, su piazza della Libertà (oggi piazza della Vittoria), quello autorizzato.

L'indomani il corteo di protesta era composto da circa 20.000 manifestanti. Un gruppo di circa 300 operai delle Officine Meccaniche Reggiane decise quindi di raccogliersi davanti al monumento ai Caduti, cantando canzoni di lotta.

Alle 16:45 una carica di un reparto di 350 poliziotti, al comando del vicequestore Giulio Cafari Panico, investì la manifestazione pacifica. Anche i carabinieri, al comando del tenente colonnello Giudici, parteciparono alla carica entrando in piazza dal lato opposto. Sorpresi e incalzati dai caroselli delle camionette, dai getti d'acqua e dai lacrimogeni, gli scioperanti cercarono rifugio nel vicino isolato San Rocco, tentando di proteggersi dietro ogni sorta di oggetto trovato, seggiole, assi di legno, tavoli dei bar e rispondendo alle cariche con lancio di oggetti. Respinte dalla disperata resistenza dei manifestanti, le forze dell'ordine impugnarono le armi da fuoco e cominciarono a sparare ad altezza d'uomo. Secondo alcune testimonianze, invece, gli spari iniziarono prima di qualsiasi gesto offensivo da parte dei manifestanti.

Cinque persone rimasero uccise, sul posto o spirando poco dopo in ospedale:

Lauro Farioli (1938), operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino;
Ovidio Franchi (1941), operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti;
Marino Serri (1919), operaio di 41 anni, ex-partigiano della 76ª SAP, sposato e padre di due bambini;
Afro Tondelli (1924), operaio di 36 anni, ex-partigiano della 76ª SAP, è il quinto di otto fratelli;
Emilio Reverberi (1921), operaio di 39 anni, ex-partigiano nella 144ª Brigata Garibaldi (commissario politico distaccamento "Amendola"), sposato, con due figli.

Furono sparati 182 colpi di mitra, 14 di moschetto e 39 di pistola, e una guardia di PS dichiarò di aver perduto 7 colpi di pistola. Alla fine risultarono crivellati tutti gli edifici che danno sulle due piazze attigue (in pratica un'unica area a “L” all’epoca denominata “piazza della Libertà” nel lato lungo, e “piazza Cavour” nel corto), così come molte vetrine di negozi.

Il corpo di Lauro Farioli, una delle cinque vittime della strage
Il corpo di Lauro Farioli, una delle cinque vittime della strage


Oltre ai cinque morti si contarono 21 feriti da arma da fuoco: sedici ricoverati in ospedale con prognosi di varia durata, cinque medicati e dimessi. Risulta inoltre che altri feriti non si siano presentati in ospedale allo scopo di non farsi identificare. Fra le forze dell'ordine ci furono cinque contusi. Nel corso della giornata vennero inoltre effettuati 23 arresti, e decine di persone furono denunciate.

Fra le tante drammatiche testimonianze, terrificante quella di Guido Soragni: « [...] un poliziotto, arrivato di corsa, sparò una raffica a bruciapelo contro un ferito, che morì sul colpo. L'altro ferito, mentre cercava di soccorrere il caduto, venne raggiunto da una raffica di mitra sparata sempre dallo stesso poliziotto... »

Della sparatoria esiste anche una straordinaria quanto casuale documentazione sonora, incisa da un commesso che aveva portato in negozio un magnetofono per registrare il comizio sindacale: 35 minuti di grida, spari, sirene di ambulanze e di polizia, «agghiacciante sparatoria, non una guerra, ma una fredda carneficina» scrisse Maria Antonietta Macciocchi, direttrice del settimanale Vie Nuove. Settimanale che decise di pubblicare quella registrazione incidendola su disco, definito da Pier Paolo Pasolini «il più terribile - e anche profondamente bello - che abbia mai sentito. »


Sparo


..a un certo punto capimmo che erano pallottole vere…vidi un poliziotto scendere dall’autobotte, inginocchiarsi e sparare, verso i giardini, ad altezza d’uomo..
In quel punto verrà trovato il corpo di Afro Tondelli (1924), operaio di 35 anni. Si trova isolato al centro di piazza della Libertà. L’agente di PS Orlando Celani estrae la pistola, s’inginocchia, prende la mira in accurata posizione di tiro e spara a colpo sicuro su un bersaglio fermo. Prima di spirare Tondelli dice: “Mi hanno voluto ammazzare, mi sparavano addosso come alla caccia”. Ex partigiano , è il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto.

7 Luglio 1960 - Lengua medra


PER CINQUE RAGAZZI MORTI COME PARTIGIANI
di Fausto Amodei
da "L'Unità", 1/5/2002

Lauro Farioli
Lauro Farioli
Afro Tondelli
Afro Tondelli
Marino Serri
Marino Serri
Ovidio Franchi
Ovidio Franchi
Emilio Reverberi
Emilio Reverberi



Una delle prime canzoni uscite dalla fucina dei Cantacronache, verso la fine del '57, fu L'avvoltoio, su testo di Italo Calvino, musicata da Sergio Liberovici. Il rapace della canzone, in caccia di sangue e cadaveri, si rivolge a numerosi personaggi dai quali esige le proprie prede, e tutti i personaggi (il fiume, il bosco, la madre, i tedeschi) gli dicono di no. Si rivolge all'uranio, ed anch'esso gli dice di no: La mia forza nucleare/farà andare sulla Luna/ non deflagrerà infuocata/ distruggendo le città!. Il '57 era stato l'anno del lancio dello Sputnik fa parte dell'U.R.S.S. E l'avvenimento era stato interpretato da parte dell'opinione pubblica di sinistra come uno scacco inferto dal blocco socialista alla potenza americana, a sostegno delle tesi pacifiste contro quelle del ricatto atomico. E' significativo che di questo spunto, nell'aria in quel periodo, si fosse fatto portavoce proprio Calvino, che pure da poco era uscito dal P.C.I. a seguito dei fatti d'Ungheria dell'anno precedente. Questo episodio può servire in qualche modo a chiarire quale fosse la valenza che, almeno all'origine dell'iniziativa, s'intendeva dare da parte dei soci fondatori dei Cantacronache sia alla canzone sia alla cronaca che avrebbe voluto esserne l'oggetto. Si può, con una qualche approssimazione, definire il programma del gruppo con uno slogan coniato per l'occasione da Emilio Jona: Evadere dall'evasione. L'intento primario non era quello di mettere la canzone al servizio della lotta politica, ma solo di farne uno strumento culturalmente dignitoso di comunicazione e di dibattito delle idee, contrapposto in prima istanza alla insopportabile futilità della canzonetta commerciale di allora (nel '57 le canzoni top di Sanremo furono "Corde della mia chitarra" e "La casetta in Canadà").

Nell'estate del 1960 ero in armi, nel senso che ero sotto naja, come soldato semplice al Centro Addestramento Reclute di Montorio Veronese. In tutto il battaglione Orobica che mi aveva in forza, e che reclutava soprattutto giovani del Bresciano, del Bergamasco e del Veneto, trovare un iscritto o simpatizzante socialista o comunista era una pura illusione. In caserma era formalmente proibita, e sostanzialmente mal tollerata, l'introduzione di quotidiani di sinistra. Solo nei periodi di libera uscita mi era possibile frequentare, sia pure solo privatamente, compagni socialisti e comunisti di Verona, che mi conoscevano di fama proprio in veste di Cantacronache, e mi fornivano un valido sostegno culturale, umano e gastronomico in quella asfissiante parentesi di diciotto mesi. In tale situazione vivevo naturalmente con molta angoscia e partecipazione le vicende del governo Tambroni, i moti di piazza a Genova, contro il previsto convegno dei neofascisti, e rimasi sconvolto dai morti provocati dalla Celere in Sicilia ed a Reggio Emilia. La goccia che fece traboccare il vaso fu la notizia, propagatasi in caserma, che soldati del CAR avrebbero potuto essere impiegati in servizio di ordine pubblico contro eventuali disordini di piazza, con la prospettiva di tenere il fucile in dotazione in camerata, a capo del letto, in situazione di massima allerta.

Non sapevo più che pesci pigliare, né riuscivo ad immaginarmi cosa avrei potuto fare, nel sacco di manifestanti antifascisti con i quali avrei doverosamente voluto fraternizzare. Per farmi coraggio, per chiarirmi le idee, per scaricare la forte emozione che la situazione mi provocava, decisi di mettere in canzone alcune delle considerazioni che i fatti mi inducevano a formulare: che cioè le rivolte di piazza di quei giorni erano una ripresa della guerra di Resistenza, che le vittime della polizia di quei giorni erano gli eredi dei caduti partigiani., che a quei tempi tristi si era arrivati perché si erano poco per volta messi in soffitta i valori della guerra antifascista. Nello stesso modo in cui diversi canti rivoluzionari e di protesta d'Europa e d'America (avevo in mente in modo particolare una canzone della Comune di Parigi [NdR. penso che si riferisca a Elle n'est pas morte!]) citavano i nomi dei caduto per le lotte di liberazione, di riscatto e di emancipazione, ritenni doveroso non parlare genericamente di vittime del nuovo fascismo, ma citarne i nomi e cognomi, uno per uno. Per ribadire anche musicalmente il carattere resistenziale e neo-partigiano della canzone e dei fatti narrati, partii dalla constatazione che la più celebre canzone partigiana, Fischia il vento, si serviva di una melodia russa, Katiuscia, imparata presumibilmente da alpini dell'ARMIR divenuti partigiani al loro ritorno in Italia; e volli dare un carattere decisamente di inno sovietico alla melodia, orecchiando e prendendo a prestito un breve risvolto melodico tratto da "I quadri di un'esposizione" di Modesto Mussorgkij.

Volti delle vittime


Il primo pubblico di questa canzone fu formato dagli amici di Verona, durante le libere uscite, poi dagli amici del Cantacronache di Torino, durante la licenza ordinaria. La registrai su disco solo dopo il congedo e da allora la andai cantando in giro per circoli ARCI e Festival dell'Unità, come pezzo forte del mio repertorio di cantautore. Il suo momento di gloria lo visse in corrispondenza del movimento del '68, allorché mi accorsi con stupore, e compiacimento che, a dispetto del limitatissimo numero di copie del disco su cui era registrata, aveva assunto una diffusione, naturalmente al di fuori dei circuiti normali della RAI e della TV, da hit parade. Nella migliore tradizione della cultura orale popolare, più di una volta la sentii eseguire, trasmettere e cantare come opera di anonimo: qualche diritto SIAE in meno ma un bel titolo di orgoglio in più.

"Canti politici e sociali"
di MICHELE STRANIERO
da pasolini.net

Il tempo, con passo di lupo, ci ha rubato le nostre canzoni. Non erano tante: un pugno di versi, spesso rabbiosi e tristi, ironici e disperati, un’isola da difendere a voce nuda contro il gran mare lagnoso della "musica leggera" e dei megawatt elettronici sempre pronto a sommergerla. E non erano neppure tanto belle, ammettiamolo: forse il vaglio estetico più severo non ne salverebbe che un dieci, un cinque per cento. Ma erano nostre: dicevano le cose che noi volevamo dire, parlavano con la voce che noi volevamo sentire, cantavano la nostra speranza e la nostra giovinezza.
Poi, come sempre accade, "le cose" sono cambiate; sono cambiati i nomi, gli aggettivi, gli avverbi; sono cambiati i ruoli e le persone. Le bandiere più nobili si sono spiegazzate, afflosciate, sono cadute a terra; è caduto il "vento rosso" che le gonfiava. I nostri figli, i nostri nipoti, non ne vogliono più sapere, non le capiscono neppure: hanno altro per la testa, nelle orecchie, nelle cuffie - le considerano impossibili. Allora, vuol dire che tutto è perduto? Può darsi: ma quando tutto è perduto, come si suoi dire, è anche la volta che tutto ricomincia, riprende significato e dimensione. […]
Queste nostre canzoni, a dire il vero, non ebbero mai un grande successo: stavano troppo fuori della norma di mercato. Come vogliamo chiamarle: magari le "everreds", le semprerosse? Lasciamole senza nome e dedichiamole anche a chi non le volle mai nemmeno ascoltare, o le osteggiò con durezza implacabile perché le sentiva "diverse". E infatti lo erano, diverse: non cercavano di vendersi al miglior offerente, ma (addirittura!) di cambiare la nostra vita e la faccia del mondo. E accaduto invece (anche questo è già stato detto) che la vita ha cambiato noi: ma forse, non tanto da impedirci di provare, voltandoci indietro, qualcosa come un vago rimorso.

Michele Straniero, Cento canti politici & sociali, Gammalibri, Milano 1984
Compagno cittadino, fratello partigiano,
teniamoci per mano in questi giorni tristi:
di nuovo a Reggio Emilia, di nuovo là in Sicilia
son morti dei dei compagni per mano dei fascisti.

Di nuovo, come un tempo,sopra l'Italia intera
fischia il vento e urla la bufera.

A diciannove anni è morto Ovidio Franchi
per quelli che son stanchi o sono ancora incerti.
Lauro Farioli è morto per riparare al torto
di chi si è già scordato di Duccio Galimberti.

Son morti sui vent'anni, per il nostro domani:
son morti come vecchi partigiani.

Marino Serri è morto, è morto Afro Tondelli,
ma gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti.
Compagni, sia ben chiaro che questo sangue amaro
versato a Reggio Emilia, è sangue di noi tutti

Sangue del nostro sangue, nervi dei nostri nervi,
come fu quello dei fratelli Cervi.

Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso
è sempre quello stesso che fu con noi in montagna,
ed il nemico attuale è sempre e ancora eguale
a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna

Uguale è la canzone che abbiamo da cantare:
Scarpe rotte eppur bisogna andare.

Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli,
e voi, Marino Serri, Reverberi e Farioli,
dovremo tutti quanti aver, d'ora in avanti,
voialtri al nostro fianco, per non sentirci soli.

Morti di Reggio Emilia, uscite dalla fossa,
fuori a cantar con noi Bandiera rossa,
fuori a cantar con noi Bandiera rossa!



Lingua: Inglese

English version by Riccardo Venturi
September 4, 2007
A SONG FOR THE FALLEN OF REGGIO EMILIA

You comrade and citizen, you brother partisan
let's hold all by the hand in these saddest days:
again in Reggio Emilia, again down there in Sicily
some comrades have fallen by the hand of the fascists

And again like in the past days all Italy is swept
by raging winds and the storm is blowing

Ovidio Franchi died at the age of nineteen
for those who feel tired or are prey to doubt.
Lauro Farioli died so to remedy your fault
if you've already forgotten Duccio Galimberti.

They all died about twenty, they died for our future,
they all died like old partisans.

Marino Serri died, so did Afro Tondelli,
but all our brothers have kept their eyes dry.
Comrades, never forger that this bitter blood
shed in Reggio Emilia is our own blood.

Blood of our own blood, nerves of our own nerves
just like the blood of the Cervi brothers.

The only true friend staying beside us now
is always the same who was with us on the mountains,
and the enemy is always and will always be the same
as that we fought against on the mountains and in Spain

And it's the same song that we have to sing:
We got worn shoes, and yet we've to go on.

Comrade Ovidio Franchi, comrade Afro Tondelli,
and you, Marino Serri, Reverberi and Farioli,
from now on, we'll act as if you were beside us,
by our side forever, so not to feel alone.

Fallen of Reggio Emilia, get out from your grave,
get out and sing with us Bandiera Rossa,
get out and sing with us Bandiera Rossa!

4/9/2007 - 03:25




Lingua: Francese

Traduzione francese da l'histgeobox
POUR LES MORTS D'EMILIE-ROMAGNE

Camarades citoyens, frère partisan
Tenons-nous par la main en ces jours tristes
De nouveau en Emilie-Romagne, de nouveau là-bas en Sicile
des camarades sont morts tués par des fascistes.

De nouveau comme autrefois sur l'Italie tout entière
le vent hurle et la tempête fait rage.

A dix-neuf ans Ovidio Franchi est mort
Pour ceux qui se sont lasses où sont encore indécis
Lauro Farioli est mort Pour réparer la faute
de ceux qui ont déjà oublié Duccio Galimberti

Ils sont morts à vingt ans Pour notre futur
ils sont morts comme de vieux partisans

Camarades, que ce soit bien clair
Ce sang si amer versé en Emilie-Romagne
de nous tous c'est le sang

L'ennemi actuel c'est toujours et encore le même
c'est celui que nous combattions
sur nos montagnes et en Espagne

C'est toujours la même chanson que nous devons chanter
"Chaussures déchirées, pourtant il faut avancer"

Compagnon Ovidio Franchi Camarade Afro Tondelli
Et vous Marino Serri Reverberi et Farioli
nous devrons tous ensemble dorénavant
vous voir à nos côtés pour ne pas nous sentir seuls

Monts d'Emilie-Romagne!
Sortez de la tombe!
Sortez dehors, avec nous pour chanter Bandiera Rossa.

inviata da Alessandro - 2/12/2009 - 23:08




Lingua: Tedesco

Versione tedesca di Ralf Georg Czapla
Deutsche Übersetzung von Ralf Georg Czapla

Ralf Georg Czapla.
Ralf Georg Czapla.
FÜR DIE TOTEN VON REGGIO EMILIA

Genosse Bürger, Bruder Partisan,
wir wollen uns an die Hand nehmen in diesen traurigen Tagen!
Wieder in Reggio Emilia, wieder in Sizilien drüben
starben Genossen von der Hand der Faschisten.

Wieder, wie einst, heult über ganz Italien
der Wind und bläst der Sturm.

Mit neunzehn Jahren starb Ovidio Franchi
für diejenigen, die müde sind oder noch voller Zweifel.
Lauro Farioli starb, um die Schuld derer zu tilgen,
die Duccio Galimberti schon vergessen haben.

Sie alle starben in den Zwanzigern, für unser Morgen:
Sie starben wie die alten Partisanen.

Marino Serri starb, es starb auch Afro Tondelli,
doch die Augen der Brüder blieben trocken.
Genossen, vergesst niemals, dass dieses bittere Blut,
das in Reggio vergossen wurde, unser aller Blut ist,

Blut von unserem Blut, Adern von unseren Adern,
wie jenes der Brüder Cervi es war.

Der einzige wahre Freund, den wir jetzt zur Seite haben,
ist immer derselbe, der mit uns in den Bergen war,
Und der gegenwärtige Feind ist immer und wieder dem gleich,
gegen den wir in unseren Bergen und in Spanien gekämpft haben.

Es ist dasselbe Lied, das wir zu singen haben.
Kaputte Schuhe haben wir, und doch müssen wir weiter.

Genosse Ovidio Franchi, Genosse Afro Tondelli,
Und ihr, Marino Serri, Reverberi und Farioli,
von nun an haben wir euch alle
an unserer Seite, damit wir uns nicht allein fühlen.

Ihr Toten von Reggio Emilia, steigt aus euren Gräbern,
steigt heraus und singt mit uns „Bandiera rossa“,
steigt heraus und singt mit uns „Bandiera rossa“.

inviata da Ralf Georg Czapla - 13/9/2018 - 15:27




Lingua: Finlandese

Traduzione finlandese / Finnish translation / Traduction finnoise / Suomennos: Juha Rämö
REGGIO EMILIAN KUOLLEILLE 1)

Toveri kansalainen, veli partisaani,
näinä surun päivinä me tartumme tosiamme kädestä.
Jälleen Reggio Emiliassa, jälleen myös Sisiliassa
tovereita kuoli fasistien käden kautta.

Jälleen, kuin kerran ennen, tuuli ulvoo
ja myrsky riehuu kautta koko Italian.

Yhdeksäntoistavuotias Ovidio Franchi kuoli
niiden puolesta, joita väsymys tai epäilys painaa.
Lauro Farioli kuoli maksaakseen niiden velan,
jotka ovat jo unohtaneet Duccio Galimbertin 2).

Kaikki he kuolivat nuorina, meidän huomenemme puolesta,
kuolivat kuin vanhat partisaanit.

Marino Serri kuoli, kuten kuoli myös Afro Tondelli,
mutta veljien silmiä eivät kyyneleet kostuttaneet.
Toverit, älkää koskaan unohtako, että veri,
joka vuodatettiin Reggiossa, on meidän vertamme.

Veri meidän verestämme, rohkeus meidän rohkeudestamme,
niin kuin Cervin veljesten 3) veri.

Ainoa todellinen ystävä, joka nyt on rinnallamme,
on se sama, joka kulki kanssamme vuorilla,
ja tämän päivän vihollinen on nyt ja aina se sama,
jota vastaan taistelimme vuorillamme ja Espanjassa.

Sitä samaa laulua meidän on laulettava,
kuluneissakin kengissä matkaamme jatkettava.

Toveri Ovidio Franchi, toveri Afro Tondelli
ja te, Marino Serri, Reverberi ja Farioli,
tästä lähtien te kaikki olette
rinnallamme, jotta meidän ei tarvitse kulkea yksin.

Te Reggio Emilian kuolleet, nouskaa haudoistanne,
nouskaa laulamaan kanssamme Bandiera rossaa,
nouskaa laulamaan kanssamme Bandiera rossaa 4).
1) Viittaa Reggio Emilian verilöylynä tunnettuihin tapahtumiin kristillisdemokraatti Fernando Tamborinin johtaman ja uusfasistisen MSI:n tukeman hallituksen valtakaudella 6.7.1960. Parisataa mielenosoittajaa, pääasiassa ay-aktivisteja, oli kokoontunut Piazza della Libertà -aukiolle laulamaan fasisminvastaisia lauluja, kun poliisi avasi tulen, jossa viisi mielenosoittajaa, heidän joukossaan kolme toisen maailmansodan partisaania, sai surmansa.

2) Piemontelainen asianajaja ja vapaustaistelija, joka kuoli fasistien kidutuksen seurauksena 3.12.1944.

3) Cervin seitsemän veljestä olivat tunnettuja vapaustaistelijoita Emiglia-Romagnasta. He osallistuivat aktiivisesti fasisminvastaiseen taisteluun. Fasistit teloittivat heidät joulukuussa 1943.

4) Italialainen Bandiera rossa, Punalippu, on tunnetuimpia työväenliikkeen lauluja. Sen suomenkieliset sanat alkavat näin: »Työkansa nouskohon, käy taiston tiellä, kun punalippu jo hulmuu siellä.«

inviata da Juha Rämö - 2/11/2018 - 10:46


Versione live dei Tupamaros

LIVE! Musica Resistente Tour 1999
live



Seduti (live acustico al Calamita) (2000)

Dq82 - 22/12/2022 - 09:26




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