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Ballad of Sitting Bull

Bob T. Guevara
Lingua: Inglese


Bob T. Guevara

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SittingBull


Bisonte Seduto (Sitting Bull in inglese - in lingua originale Sioux Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka, nome spesso impropriamente tradotto con Toro Seduto) (Grand River, 1831 – Fort Yates, 15 dicembre 1890) è stato un condottiero nativo americano dei Sioux Hunkpapa.
Famoso capo indiano americano, Bisonte Seduto è ricordato nella storia americana e dei nativi per aver mobilitato più di 3.500 guerrieri Sioux e Cheyenne nella famosa Battaglia di Little Bighorn, dove ottenne una schiacciante vittoria sul Colonnello George Armstrong Custer del Settimo cavalleggeri, il 25 giugno 1876.
Fu ucciso da un poliziotto pellerossa durante il tentativo di arrestarlo per prevenire la sua adesione alla Ghost Dance, il movimento millenaristico che alla fine dell'800, quando i nativi erano ormai stati sconfitti, profetizzava - disperatamente - la fine naturale del dominio dell'uomo bianco e la resurrezione della nazione indiana.
Tatanka Yotanka was a brave chief.
Tatanka Yotanka was a brave chief.
But because he was an indian he had much to grieve.

White folks called him simply Sitting Bull.
White folks called him simply Sitting Bull.
But although he was an indian he was very powerful.

He was the big chief of the Hunkpapa Sioux.
He was the big chief of the Hunkpapa Sioux.
And keeping his people free is what he wanted to do.

Around the Bighorn Mountains and the Black Hills he used to roam.
Around the Bighorn Mountains and the Black Hills he used to roam.
Even after lots of other Sioux had to call a reservation their home.

When the white man wanted to buy the land that was his.
When the white man wanted to buy the land that was his.
He picked up a pinch of dust and said "not even as much as this!"

His friends Crazy Horse, Two Moon, Big Foot and more,
His friends Crazy Horse, Two Moon, Big Foot and more,
Joined him in the summer of 1876 at the banks of the Little Bighorn.

'Long Hair' Custer's bluecoats came in search for red indian blood
'Long Hair' Custer's bluecoats came in search for red indian blood
But the indians left nothin' of them than their white bones in the mud.

Sitting Bull only defended his homeland
Sitting Bull only defended his homeland
And it was the only real indian victory over the white man.

But that battle turned the white man into a very angry mood
But that battle turned the white man into a very angry mood
So Sitting Bull left his homeland and went up to the Canadian woods.

He could find no peace there, so he left again.
He could find no peace there, so he left again.
But back with the other Sioux he was sourrounded by landhungry white men.

He didn't gave them a single acre though.
He didn't gave them a single acre though.
And his people idolized him as a great hero.

"He's the one that causes all the trouble", the white man did say.
"He's the one that causes all the trouble", the white man did say.
And so they sent some indians to take him away.

Sitting Bull's people came to help him and a wild shooting began
Sitting Bull's people came to help him and a wild shooting began
And in this shooting he was killed by a red man.

inviata da Alessandro - 6/10/2009 - 10:33


ma non su chiamava Toro Seduto?? Consiglio a tutti sull'argomento il libro "Gli spiriti non dimenticano" di Vittorio Zucconi.
Ma quello che vinse a Little Bighorn non era Cavallo Pazzo? Sto facendo una gran confusione?

Lorenzo - 6/10/2009 - 10:38


Pare che la traduzione corretta dalla lingua Sioux sia "Bisonte Maschio Seduto" (cfr. it.wikipedia). Il suo nome originario era Ȟoká-Psíče (Tasso Che Salta) ma, dopo aver preso brillantemente parte ad una battaglia contro i nemici Absaroka (Corvi), il padre gli regalò il proprio nome, Tȟatȟáŋka Íyotake, ossia Bisonte Seduto. Era anche chiamato Húŋkešni, "Lento", perchè aveva fama di essere riflessivo e di non agire impulsivamente...

Alessandro - 6/10/2009 - 10:57


A Little Big Horn i Sioux Lakota di Bisonte Seduto erano alleati con i Cheyenne di Cavallo Pazzo...

Alessandro - 6/10/2009 - 10:59


Grazie Alessandro, ora mi è tutto più chiaro!

Lorenzo - 6/10/2009 - 11:00


Attento, Alessandro: Tashunca-uitco, cioè Cavallo Pazzo, non era un Cheyenne ma un sakem (capo di guerra) Lakota del clan Oglala.
"Toro seduto", Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka, (ex Ȟoká-Psíče) era più uno sciamano, un santone, il profeta dei Lakota Hunkpapa.
Solo i nemici chiamavano tutti i clan Lakota (poi storpiato dai bianchi in "Dakota") col nome Sioux [su:]

giorgio - 6/10/2009 - 12:48


E c'hai proprio ragione, Giorgio!
E' che tra i clan scozzesi, le tribù aborigene e quelle pellerossa, un bel granchio prima o poi dovevo prenderlo...
Cavallo Pazzo era un Oglala Lakota appartente, come Bisonte Seduto (che era un Hunkpapa Lakota), alla Grande Nazione Sioux...
Vero però che i Cheyenne (così chiamati dai Dakota) furono alleati dei Sioux e combatterono al loro fianco a Little Bighorn...
Ciao!

Alessandro - 6/10/2009 - 13:47


Certo che è vero! Il massacro di Sand Creek (e più tardi quello del Washita River) segnò praticamente la fine dei Cheyenne meridionali che, dopo quelle sconcertanti nefandezze, si spostarono sempre più a nord. Ma l'enorme concentrazione di "tepee" sul Little Big Horn fu certo un evento abbastanza anomalo per dei cacciatori nomadi quali gli indiani erano. Quel pallone gonfiato di Custer (un pazzo scatenato assetato di vanagloria sin dai tempi della guerra civile, se non prima – a cui la fortuna aveva concesso anche troppo) non si limitò a tagliarsi i lunghi biondi capelli che lo facevano apparire invincibile agli occhi degli indiani ("Pahe-Has-Ka ha perduto la forza":-) ma, da buona testa di cavolo quale era, quel 25 giugno 1876 divise pure le varie compagnie del 7° in tre colonne ad affrontare un po' per volta le migliaia di Lakota, Cheyenne, Arapaho e quant'altri difendessero le Black Hills. E con la sua colonna s'inoltrò nel territorio indiano più degli altri (mentre le colonne del maj. Reno e del capt. Benteen ripiegavano in ritirata dopo averle buscate). Il risultato non poteva che essere una disfatta la cui onta ha bruciato e che forse brucia ancora persino all'Amerika di oggi (anche se ha ben altro a cui pensare!)
George Armstrong Custer lo hanno messo nel loro pantheon degli eroi a passare quasi per "povera vittima" degli indiani, ma era solo un pomposo macellaio e un genocida come Chivington e quant'altri conquistatori del "selvaggio" West.
Ciao!

giorgio - 7/10/2009 - 08:21


C.....TORO SEDUTO IL MITO DA SEMPRE,MA C.....COM'E'CHE NON SI RIESCA A PRENDERE COME ESEMPIO QUEST'UOMO CON LE P.....E DALLE PAROLE SAGGISSIME.
RIBELLIAMOCI TUTTI AL POTERE DELLE HOBBYES!!!!!!!!!!!!!!!!

SALVATORE - 7/6/2012 - 17:44


Se il generale Custer (o colonelo?) non avesse diviso le forze non sarebbe stata una disfatta. Il 7 era il reggimento piu addestrato ed efficiente dell'esercito americano di quei tempi.

Maurizio Accardo - 8/9/2012 - 22:44


Per Maurizio Accardo

Ma intanto quel "più addestrato ed efficiente reggimento dell'esercito americano" se l'è preso nel gnau e questa è la Storia.

Per SALVATORE

Forse mentre urlavi - che questo vuol dire scrivere in maiuscolo - non ti sei accorto che "hobby" non è la stessa cosa di "lobby"... Urla di meno e ragiona di più.

Dead End - 9/9/2012 - 11:11


Per Maurizio Accardo

« Là c’è il più grande campo d’indiani del continente americano, e io lo attaccherò » (George Armstrong Custer a Mitch Bouyer, a Curly, a Charley Reynolds, agli scouts Arikaree che intonarono il canto di morte allorché appresero che il generale Alfred Terry aveva dato a Custer libertà di iniziativa, e a tutti quelli che lo avvertirono che sul Little Big Horn vi erano migliaia di nativi).


« G. A. Custer, tenente colonnello, 7° Cavalleria, è giovane, molto coraggioso, perfino troppo impetuoso, il che non guasta in un ufficiale di cavalleria. Le sue caratteristiche più salienti sono la giovinezza, la salute, l’energia e la fortissima volontà di fare qualcosa e di combattere. Ma non ha troppo giudizio » (William Tecumseh Sherman)

«Custer si è buttato contro la morte come uno sciocco, era come cieco, non voleva vedere » (Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka, Toro Seduto, ingl. Sitting Bull)

Del senno di poi sono piene le fosse, caro Maurizio. L'opinione che il 7° fosse il reggimento migliore di quel tempo era, intanto, quella dello stesso Custer, di certa propaganda, e forse un po' dei superiori che credevano in lui.
Sicuramente il 9° o il 10° cavalleria, composti da truppe di colore (i famosi "Buffalo Soldiers"), gli erano di gran lunga superiori. Ma – ahimè – erano neri. Il 7°, era invece costituito da irlandesi, inglesi, tedeschi, polacchi, messicani e italiani almeno per metà reclute, veramente male addestrate, secondo la sua disciplina tutta particolare.
Il signor Custer si considerava il "Murat americano", ma come stratega non solo non era meglio degli altri generali nordisti, ma non valeva un soldo bucato. Si era distinto, durante la Guerra Civile, come grande energumeno sciabolatore (un Achille, un Sigfrido più che un Murat o un Napoleone..) in troppe circostanze fortunose, sicché divenne proverbiale (ma anche un monito) la cosiddetta Custer's Luck (la fortuna di Custer).
Personalmente non credo si sarebbe potuta evitare la sconfitta, con Custer che non voleva assolutamente aspettare i rinforzi della fanteria di John Gibbon e Alfred Terry (il comandante in capo dell'operazione, corresponsabile della disfatta in quanto volle dare a Custer questa chance: la carta bianca che lui voleva), affinché non solo la questione delle Colline Nere (Black Hills) ma la gloria della risoluzione del "problema indiano" fosse tutta sua.
Nella migliore delle ipotesi sarebbe stata una rotta come quella del gen. George Crook alle sorgenti del Rosebud River di una settimana prima.
Ma a Custer non va imputata solo l'ambizione e la voglia di gloria che cercava per se e il suo reggimento.. L'avere diviso le sue forze è solo l'errore più eclatante.
Custer rinunciò alle Gatling machines (le prime mitragliatrici a manovella) non certo per la lealtà delle armi pari, rinunciò ai tre cannoni che si era portato dietro da Fort Lincoln (come le Gatling avrebbero ritardato la marcia), rinunciò all'aiuto dello squadrone del maggiore Brisben del 2° cavalleria.(anche i reumatismi di Brisben avrebbero ritardato la marcia, e poi: "il 7° e solo il 7°!") Rinunciò perfino alle sciabole, l'arma bianca emblema della cavalleria (il loro tintinnio avrebbe rivelato agli indiani la loro presenza), che spesso risolvevano situazioni come un accerchiamento (praticamente il "grande sciabolatore" di disarmò da solo).
Il 7° era dotato solo dei vecchi fucili Springfield a un colpo solo,
che si inceppavano spesso, e di munizioni scadenti. Mentre gli indiani oltre ai tradizionali archi e frecce, lance e scudi avevano buone carabine a ripetizione Spencer, Sharp, Henry e Winchester: e qui entriamo nell'aspetto eminentemente affaristico della faccenda, ammesso che l'America di ieri come quella di oggi ne possa mai uscire(1).
Bramava di arrivare all'obiettivo più rapidamente possibile per passare alla storia come il risolutore del problema indiano e temeva principalmente che i Sioux, di cui ignorava il numero, potessero sfuggirgli perdendosi fra i monti del BigHorn. Per questo procedette, come al suo solito, a marce forzate (come tutti i peggiori comandanti della storia: ricordiamo nell'antichità Tiberio (sì, il futuro imperatore romano) odiato, per questo, dai suoi legionari, mentre erano adorati condottieri come Druso, Germanico o lo stesso Giulio Cesare, che, assicurando il riposo prima della battaglia, li portavano di vittoria in vittoria.
E veniamo alla divisione delle truppe: Custer a mezzogiorno del 25 giugno mandò il capitano Frederick Benteen con tre compagnie all'estrema sinistra “a caccia di valli ad infinitum”, (come riferirà Benteen stesso alla commissione d'inchiesta che seguì) non si capisce a qual scopo… Truppa "fresca" da utilizzare al bisogno? E perché allontanarla tanto? (Fra i due da tempo non correva buon sangue: un ufficiale coscienzioso il capitano, un pazzo sanguinario il suo comandante).
E lascerà indietro i reparti di salmeria (i muli del tenente Mathey) con la sola compagnia B del capitano Thomas McDougall a far loro da scorta..
Il maggiore Marcus Reno con le sue tre compagnie continuerà a marciare "di conserva" al comandante. Due ore e un quarto dopo, Custer ordinò al maggiore Reno di guadare il Little Big Horn e attaccare da sud il campo indiano, che era ancora a quasi 5 km di distanza.
Custer, intanto, con le sue cinque compagnie, prosegue verso nord salendo le alture che sovrastano la riva destra del fiume per "nascondere" il grosso del reggimento. Da lì egli può scorgere non solo Reno che attacca, ma constatare finalmente la inaspettata grandezza del campo indiano. Sua intenzione, credo, era raggiungere l'estremità nord del villaggio, per così attaccare gli indiani da due fronti. Ma, anche se l'attendamento fosse stato (com'era effettivamente al lume di logica più ovvio e normale) la metà della metà di quello che era, non era meglio dire a Reno di attaccare almeno un'ora dopo? Le sue cinque compagnie dovevano infatti trovarsi un varco su un terreno montuoso e in più trovare un guado praticabile per attaccare il villaggio.
Constatata la smisurata estensione degli attendamenti che si protraeva a perdita d'occhio verso l'orizzonte settentrionale, Custer ordinò al fratello Tom di mandare a Benteen una delle sue ordinanze perché accorresse con McDougal e le munizioni(!). La cosa più saggia da fare era invece ritornare sui propri passi verso sud andando incontro a Benteen, Reno e McDougall e riunire finché era in tempo il reggimento o, quantomeno, provarci. Invece Custer continuò ad avanzare verso nord. Perché? Per dar manforte a Reno, il cui attacco, a sud, era già fallito? Quando si rese conto che il campo indiano era ancora più enorme di quello che sembrava e che, pertanto, la sua estremità nord era ancora molto lontana e scorse un guado nel fiume che gli parse di facile praticabilità allora decise di attaccare il campo al centro, precisamente in corrispondenza dei tepee dei Cheyenne. Non dopo aver mandato a Benteen una nuova ordinanza, il trombettiere Giovanni Martino o Martini (italiano, ex garibaldino, da due anni negli Stati Uniti). Martin prestava servizio nella compagnia H di Benteen, ma quella mattina al comandante serviva un trombettiere in più e lo aveva portato con se. Temendo che il giovane italiano non avesse inteso bene l'ordine, l'aiutante di campo di Custer, ten. William W. Cooke glielo trascrisse su un foglio di carta: «Benteen, come on. Big village. Be quick. -WW Cooke. PS:Bring packs PS:Bring pacs » cioè «Benteen accorrete. Grande villaggio. Fate in fretta. Portate le munizioni. WW Cooke. PS: Le munizioni»
Nel frattempo Reno e i suoi, fallito l'attacco da sud, soverchiati da migliaia di pellirosse, avevano trovato un riparo in un boschetto di pioppi sulla riva sinistra. Gli indiani li aggirarono, si infiltrarono nel bosco e li colpirono anche da tergo. Contemporaneamente i soldati cominciarono a scarseggiare di munizioni, allora Reno, in preda al panico, decise di tornare indietro al di là del fiume. Nella confusione generale l'ordine non fu raccolto da molti (per es. il tenente DeRudio, altro italiano negli USA già complice di Felice Orsini, e i suoi rimasero nel boschetto). Ai cavalleggeri, allo scoperto, tallonati come bisonti, venne ostacolata la ritirata: non poterono attraversare il fiume da dove erano venuti, ma più a monte dove il guado non era altrettanto comodo: azzopparono i cavalli e furono facile bersaglio dell'orda che non diede loro tregua. Oltre il fiume si attestarono a difesa sulla collinetta, oggi chiamata Reno's Hill.

Frattanto Benteen, stancatosi di andare “a caccia di valli all'infinito” aveva deciso, anche lui, di tornare sui suoi passi attirato dall'eco degli spari. Aveva attraversato la pista battuta da Custer e Reno insieme un'ora prima, e continuò a spostarsi verso nord-est, sicché il trombettiere Martini lo poté trovare dopo soli venticinque minuti che aveva lasciato Custer. Se Benteen non avesse disobbedito agli ordini di Custer, il trombettiere avrebbe potuto metterci anche delle ore a trovare il suo capitano(!)
Benteen si avviò verso Custer come ordinato. Ma dopo venti minuti avvistò Reno assediato sulla sua collina. Decise allora fosse più opportuno restare con lui e difendere quella posizione. Quando Reno e Benteen, sempre assediati sulla collina, sentirono i colpi di arma da fuoco provenienti da Custer, effettuarono un tentativo di ricongiungersi con lui, soprattutto per iniziativa presa dal capitano Thomas B. Weir comandante la compagnia D, ma senza successo. In effetti, Reno aveva poca scelta, avendo 53 feriti, niente acqua, munizioni limitate e ancora centinaia di nativi che lo assediavano (anche se molti di loro avevano abbandonato l'assedio per partecipare alla battaglia contro Custer). Quando la colonna di McDougall finalmente arrivò con i rifornimenti Custer era già morto. Con quelle munizioni Benteen e Reno poterono comunque resistere fino all’arrivo di Gibbon il giorno dopo.
Su quanto accadde alle cinque compagnie che erano con Custer tre miglia più a nord si sa poco. Solo testimonianze dei pellirosse stessi, spesso contraddittorie, tramandate oralmente; e ricostruzioni desunte dalla posizione dei cadaveri. È certo che Custer fu contrattaccato da sud da PhiƷí (Fiele, ingl. Gall), il sachem di guerra degli Hunkpapa, il suo battaglione cercò scampo cercando di risalire le alture e cominciando a disunirsi, come indicato dai corpi dei caduti che furono trovati lungo il percorso della ritirata. Apparentemente le varie compagnie cercarono individualmente un posto per organizzare una resistenza. Situazione difficile ma non ancora disperata… fino a quando Tȟašúŋke Witkó (Cavallo Pazzo, ingl. Crazy Horse) non uscì dall'estremità nord del villaggio alla testa degli stessi guerrieri Lakota e Cheyenne che avevano sconfitto Crook una settimana prima, e compiendo un largo giro attaccò i soldati alle spalle chiudendo loro anche il lato nord. Allora Custer risalì quella collina (oggi chiamata “Custer's Hill” o “Custer's Last Stand Hill”) in cima alla quale arrivò con poco più di una compagnia (quelle del capitano M. W. Keogh e del tenente J. Calhoun si sacrificarono per permettere al comandante la ritirata) e qui si consumò l’ultimo atto: I soldati abbatterono i loro cavalli per farsene scudo, si spararono l’un l’altro per non cader vivi nelle mani degli indiani o si suicidarono; come sembra sia stata la sorte di Custer, il cui corpo fu ritrovato intatto senza mutilazioni. È noto infatti che i pellirosse non sfiguravano i suicidi.
Delle cinque compagnie non sopravvisse nessuno: solo"Comanche", il cavallo del capitano Keogh

Comanche nel 1887
Comanche nel 1887



Massacro o sconfitta?
La battaglia del fiume dall'Erba Grassa (come lo chiamarono gli uomini rossi) o del Little BigHorn (come passò alla storia nei libri dei bianchi) non fu un massacro. Quelli erano soliti perpetrarli i bianchi perché gente di origine europea, i coloni, sostituisse quella americana autoctona. Gli indiani si limitarono a difendersi da chi li aggrediva. Come disse lo stesso Benteen ai generali della Corte Marziale: « Eravamo noi a minacciare i loro focolari e le loro case. Ed essi si battevano per il solo bene, la sola ragione che Dio aveva dato loro per cui lottare».
Non ricorsero neanche alla strategia: ricorrendo alla strategia potevano per es. fare in primis un boccone della compagnia B del capitano McDougall che scortava le salmerie, impadronirsi delle munizioni (sempre utili) e mettere così Benteen e Reno nell'impossibilità di difendersi.
La sola modestissima strategia fu quella invece quella di attaccare da sud (Gall, che difendeva il suo villaggio) e da nord (Cavallo Pazzo) che attanagliò e stritolò le cinque compagnie del 7°, e, insieme, l'orgoglio dell'esercito. Era infatti convinzione generalizzata (non soltanto del bellimbusto di Custer) che un soldato americano valesse dieci guerrieri indiani. E quasi che il destino avesse voluto punire l'orgoglio razziale dei bianchi, furono più di 2000 guerrieri rossi che i poco più di 200 soldati di Custer si trovarono di fronte: dieci contro uno. La battaglia fu la verifica sul terreno della suddetta presuntuosa convinzione. E il risultato del test dimostrò che certe presunte superiorità razziali, alla prova dei fatti, possono condurre alla rovina.

Il grado di Custer. (colonnello o generale?)
Il grado di Custer, da quando nell'immediato dopoguerra (1866) egli fu assegnato al 7° cavalleria (che si andava costituendo a Fort Riley, Kansas) fino alla morte, fu quello di tenente colonnello (Lt kernel). Nell'esercito degli Stati Uniti si usa per deferenza rivolgersi a un ufficiale chiamandolo col massimo grado raggiunto. Vista la sua sfrenata ambizione gli amici solevano chiamarlo generale sin da quando era sottotenente.
Cadetto assai mediocre a West Point (eccelleva solo in una materia: esercizi ginnici), la celebre accademia militare dov'era entrato nel 1857 raccomandandosi al deputato repubblicano Bingham, rischiando le ire paterne (il padre, fabbro, e tutto il suo clan erano democratici): Il giovane cadetto Custer collezionò tante note di demerito da essere espulso. Ma nel '61 scoppiò la Guerra Civile e il Nord aveva bisogno pure di energumeni ardimentosi come lui, visto che il meglio di West Point se l'erano preso i sudisti.
Ed eccolo sottotenente a servire nel 2° Cavalleria: si vantava di essere stato l'ultimo a fuggire.a Bull Run nella prima battaglia, la famosa rotta dei nordisti.. Dopo essere stato distaccato nel febbraio '62 come avvistatore alla sezione dei palloni aerostatici del tenente Bowen, ritornò in cavalleria al 5° reggimento col grado di tenente per partecipare alla carica sulla diga del mulino nella battaglia di Williamsburg. Il giorno dopo, a seguito di una ricognizione oltre il Chicahominy, il comandante in capo dell'Armata del Potomac, gen. Mc Clellan, gli propose di entrare nel suo staff col grado di capitano. Quando Mc Clellan, a causa del suo temporeggiare (non contrattaccò, come poteva, dopo la terribile Battaglia dei Sette Giorni, a prendere direttamente Richmond, la capitale del Sud, ma si richiuse tra le sicure postazioni trincerate di Harrison's Landing) fu sostituito nel novembre '62 da Burnside, Custer ne seguì le sorti. Cercò allora, essendo residente a Monroe (Michigan) presso la sorellastra Lydia, di ottenere il comando del reggimento di cavalleria che si stava costituendo all'interno della divisione "Michigan" del gen. Stoneman, ma trovò l'opposizione sia del governatore Blair che dello stesso Stoneman. Fu assegnato a quel reggimento (il 3° cavalleria), ma solo come comandante della compagnia M col grado di tenente..
Dopo la battaglia di Chancellorsville Stoneman fu sostituito da Alfred Pleasonton, comandante in capo della cavalleria unionista, il quale ammirò e apprezzò subito l'intrepidezza e l'intraprendenza (che ora rasentavano la temerarietà) del giovane tenente che continuava a offrirsi volontario per tutte le missioni pericolose per guadagnarsi il «brevet» sul campo. (All'ambizione e ai sogni di gloria si era aggiunto il fatto che, per impalmare la sua bella, Elizabeth Bacon (la famosa "Libbie"), doveva diventare generale: solo così, il padre di lei, l'aristocratico giudice Daniel Stanton Bacon di Monroe, avrebbe concesso la mano della figlia al figlio di un fabbro) .
Nel giugno '63, quando le armate di Lee erano in procinto di invadere la Pennsylvania, la brigata di cavalleria "Michigan" si apprestava, presso Aldie (Virginia), a lanciare una carica per ricacciare i cavalleggeri confederati di JEB Stuart, che, sulla riva del Rappahannok intercettavano tutti i ricognitori nordisti. Leggenda o aneddoto, si dice che Custer sostituì il suo keppì blu con un cappello di paglia che si fece prestare da un contadino che offriva acqua ai soldati prima della battaglia. Un cappello che gli dava un aspetto molto "sudista". Il generale sconsigliò Custer di partecipare alla carica così conciato, perché i loro stessi tiragliatori lo potevano scambiare per un "reb", ma questi rispose che se ne assumeva il rischio e che aveva deciso di far di quel cappello il suo portafortuna. Partita la brigata "yankee" da lontano al trotto, i "rebs" ebbero il tempo di schierare alcune linee di fanteria che aprirono un fitto fuoco di fucileria appena i cavalieri in blu furono a tiro. Il col. Calvin S. Doughty fu colpito a morte, il generale ebbe ucciso il cavallo sotto di lui, e così gli altri ufficiali sul fronte della carica, furono tutti uccisi, feriti o smontati.. Il nostro eroe ventitreenne assunse allora il comando della brigata che superò la fanteria e tallonò la stessa cavalleria nemica fino a confondersi con essa. Ritrovatosi poi solo e circondato dai cavalleggeri confederati, venuti al contrattacco, che guardavano perplessi il suo cappello di paglia, con quattro sciabolate distribuite a destra e manca, riuscì a liberarsi dall'accerchiamento e rientrare incolume fra i suoi. Una settimana dopo, esattamente due giorni prima la battaglia di Gettysburg, arrivò il “brevet”. Non colonnello ma direttamente brigadier generale a soli 23 anni, e posto al comando della Michigan.
In realtà il generale George G. Meade, nuovo comandante dell'armata del Potomac, aveva chiesto al comandante in capo dell'esercito Henry W. Halleck la disponibilità di tre nuovi generali di brigata per riorganizzare le forze di cavalleria, e Pleasonton aveva proposto Custer, impressionato dal suo modo di condurre quella carica.
L'altro “brevet”, la promozione a maggior generale, lo ottenne al penultimo giorno di guerra, l'8 aprile 1865. (Maggior generale era allora il massimo grado dell'esercito dell'Unione. Più in alto c'era solo Ulysses S. Grant a cui l'anno prima Abramo Lincoln aveva conferito quella carica che, prima di lui, aveva ricoperto solo Giorgio Washington, quella di tenente generale (generale con tre stelle) cioè di capo supremo dell'esercito. Nell'anno 1866 nel corso della ristrutturazione voluta dal presidente Andrew Johnson (che trasformò l'esercito, di fatto, in un organismo di polizia militare con compiti di controllo dell'ordine negli ex-Stati confederati e nei territori dell'Ovest) fu istituito il grado di generale dell'esercito, generale con quattro stelle, grado che ricoprirono solo Ulysses Simpson Grant e William Tecumseh Sherman e, successivamente (1872), Philip Sheridan. Ma dopo la morte di quest'ultimo nel 1888 “maggior generale” tornò a essere il grado massimo della gerarchia militare statunitense)
Era stato infatti Custer con Crook e Gibbon a chiudere ogni via di fuga a Robert Lee e ha costringerlo alla resa di Appomattox. (È estremamente indicativo che questi tre generali che passarono, se non per eroi, per gran protagonisti della vittoria contro il Sud, si ritrovarono, 11 anni dopo, scornati (almeno due di loro su tre) nella valle dello Yellowstone contro i selvaggi e incivili pellirosse.)
Così il 9 aprile presenziò alla celebre incontro di Grant e Lee ad Appomattox, facendo sfoggio delle due stelle di maggior generale, e nel giubilo del cerimoniale Philip Sheridan acquistò il tavolino dov'era stata firmata la resa per farne dono alla signora Custer.

Nell'immediato dopoguerra mantenne per pochissimo il grado, quando si parlava di possibile guerra con la Francia, dopo che Napoleone III sfidando la dottrina di Monroe, aveva inventato il regno del Messico per farne dono a Massimiliano d'Austria. Comandò una divisione di reduci a Hempstead nel Texas che fu sul punto di ammutinarglisi contro. Con la partenza dei francesi dal Messico il pericolo di guerra sfumò, e la divisione fu sciolta. Così (com'è sempre per gli ufficiali brevettati) in ventiquattr'ore passò da generale a capitano, vedendosi scendere lo stipendio da 8000 a 2000 dollari l'anno. Stava allora per accarezzare l'idea di arruolarsi nell'esercito messicano (che cercava buoni ufficiali per combattere i patrioti ribelli di Benito Juarez) purché gli dessero almeno il grado di maggiore... (perché "soldato", nonostante le opportune nobilitazioni che gli fanno vantare più credito rispetto alla parola "mercenario", è sempre la sostantivizzazione del participio passato del verbo "assoldare"..) quando nel luglio 1866 l'Alto Comando (Sheridan) si ricordò di lui. Gli fu dato il grado di tenente colonnello e fu assegnato al 7° cavalleria del colonnello Andrew J. Smith a Fort Riley nel Kansas. Smith sarà ben presto distaccato al comando generale dell'esercito lasciando di fatto a Custer il comando del reggimento..

giorgio - 16/9/2012 - 09:58


Nota

(1) A tal proposito mi limito a riportare le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Custer, che considero le più azzeccate e lucide che l'intrepido-dissennato fantoccio del potere poté mai pronunciare, quando nel 1867 (è un caso?) fu sospeso dal comando e dalla paga.
A chi gli chiedeva perché mai il "problema indiano" era di così difficile soluzione, egli rispondeva: « Perché lo zio Sam con una mano – l'Indian Bureau – dà armi agli indiani e con l'altra – l'esercito – li combatte. Se si potesse togliere di mezzo l'Indian Bureau non ci sarebbero più problemi ». Se basta questo perché non tolgono di mezzo l'Indian Bureau? – gli fu chiesto. « Perché fornitori e agenti, che si arricchiscono derubando gli indiani, non lo permettono. Poi, quando gli indiani, stufi di essere derubati insorgono, fanno intervenire noi militari. Allora i ladri ci chiamano macellai ».
« Condotta assurda? Certo, soprattutto considerando che gli indiani non vogliono la nostra civiltà, e hanno mille ragioni! Se io fossi indiano mi trovereste fra gli ostili »
.

giorgio - 23/9/2012 - 14:15




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