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Autore Claudio Villa

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Munasterio 'e Santa Chiara

Munasterio 'e Santa Chiara
1945
testo: Michele Galdieri
musica: Alberto Barberis

l brano fu la prima canzone napoletana famosa del dopoguerra, che divenne un inno di rinascita per il Paese. L’autore si ispirò al bombardamento che il 4 agosto 1943 colpì e distrusse la trecentesca Basilica di Santa Chiara (poi ricostruita e riaperta al pubblico nel 1953). Il protagonista, emigrante, parla della sua voglia di tornare a Napoli che, contemporaneamente è anche paura. Paura perché non sa che cosa è rimasto di quello che c’era un tempo. Al timore di vedere una drammatica devastazione (Napoli fu la città italiana più colpita dai bombardamenti durante Seconda Guerra Mondiale), si affianca quello di trovare cambiata anche la Napoli dei costumi, delle tradizioni e delle persone. Il brano fu scritto per la rivista teatrale “Imputati, alziamoci!”, dello stesso Galdieri, e affidato alla voce di Giacomo Rondinella. Nello stesso... (continua)
Dimane? Ma vurría partí stasera.
(continua)
inviata da Dq82 6/10/2021 - 13:47
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I Pompieri di Viggiù

I Pompieri di Viggiù
I pompieri di Viggiù
Gigliola Cinquetti – 1975
interpretazioni : Gigliola Cinquetti (1975)
Canzone di Armando Fragna – Nino Rastelli
Altra interpretazione : Enrico Gentile (1948)
Clara Jaione – Claudio Villa – Gigliola Cinquetti – Quartetto Cetra – Natalino Otto – Nuccia Bongiovanni – Claudio Villa & Nuccia Bongiovanni


I Pompieri di Viggiù
(wikipedia)

Si deve risalire al 1881, perché si prospetti l'idea di formare un gruppo volontario per un corpo di pompieri Croce Verde ed assistenza a Viggiù. Sino ad allora, per dare l'allarme allorché una canna fumaria, una cascina o un bosco si fossero incendiati si usavano le campane a martello, e coloro che volevano intervenivano in aiuto. Non appena fu possibile, con la sovvenzione dei privati e degli stessi volontari, si acquistò una pompa manuale. Gli idranti, però, erano in numero esiguo e si doveva utilizzare l'acqua dei pozzi,... (continua)
Per volere del Visconte
(continua)
inviata da Marco Valdo M.I. 8/5/2017 - 17:05

La Garibaldi [o L’Osoppo] è nel bosco

anonimo
La Garibaldi [<em>o</em> L’Osoppo] è nel bosco
[1944-45]
Canzone della resistenza friulana, riscrittura in chiave ironica del testo della nota canzone di Claudio Villa “La strada nel bosco” (1939, parole di Claudio Villa, musica di C. A. Bixio, E. Ermenegildo, Nicola Salerno).
Testo trovato su “Patria Indipendente”, periodico dell’ANPI, sul numero speciale nel 70° dalla Liberazione, come tratto da un foglio dattiloscritto, a firma Z.O., datato 28/2/45, conservato presso l’Archivio Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione.

Nel volume “Cantalo forte. La Resistenza raccontata nelle canzoni”, a cura di Giochino Lanotte, Stampa Alternativa, lo stesso testo è presentato con alcune variazioni (indicate tra parentesi in corsivo), prima fra tutte l’attribuzione alle “Brigate Osoppo-Friuli”, formazioni partigiane autonome di ispirazione laica, liberale, socialista e cattolica, che furono spesso in attrito, quando non in aperto conflitto (si pensi all’eccidio di Porzûs del febbraio 1945) con i partigiani garibaldini comunisti e le formazioni partigiane sloveno-jugoslave.
I partigian sui monti aspettan già
(continua)
inviata da Bernart Bartleby 2/10/2014 - 16:15
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Gira e fai la rota

anonimo
Gira e fai la rota
[1910?]

Nel repertorio di Claudio Villa (un singolo del 1974, poi nell’album “Canti della malavita romana” del 1978), di Alvaro Amici e di chissà quanti altri stornellatori romani.

Una strofa è dedicata a Domenico Marcellini, detto er Macellaretto, un macellaio per davvero che però divenne ben presto un poliziotto temuto e rispettato dalla malavita romana. Non morì in servizio, come lascia ad intendere la canzone, ma nel suo letto, nel 1910.

A piazza Ponte Sant’Angelo, tra i rioni Ponte e Borgo, c’era la forca per impiccare i condannati a morte, che venivano fino lì trasportati lungo via di Panico (!) su di un carretto accompagnato da un lugubre corteo guidato da un personaggio incappucciato e di nero vestito che portava un crocifisso in spalla...

La strofa “Trastevere svagò, fece la spia” potrebbe, forse, fare riferimento a Romeo Ottaviani, detto er Tinèa (1877-1910), un celebre bullo... (continua)
Amore, amore, manname 'na pagnotta
(continua)
inviata da Bernart Bartleby 21/8/2014 - 21:55
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Le rose rosse

Le rose rosse
‎[1919]‎
Parole e musica di E.A. Mario

Una canzone quasi antimilitarista, benchè sia stata scritta da chi solo un anno prima componeva la ‎retorica e patriottica “La leggenda del Piave” e di lì a poco avrebbe composto “Soldato ignoto” ‎‎(1922), tutta farcita di “Vincere o morire” e “Presente!”…‎
Una canzone quasi antimilitarista, benchè resa celebre da quel Carlo Buti che negli anni 30 sarebbe ‎stato il più apprezzato interprete di “Faccetta nera”, l’inno per eccellenza delle guerre coloniali ‎fasciste… ‎
Interpretata in seguito anche da Claudio Villa e da Milva.‎
Tutte le rose di tutti i roseti
(continua)
inviata da Dead End 29/1/2013 - 09:55
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Addio Juna

Addio Juna
‎[1940]‎
Di A. Mari - V. Raimondi‎
La versione di Carlo Buti fu incisa su disco Columbia nel 1941.‎

‎“Una canzone del periodo bellico che, a differenza di molte altre, in molti hanno completamente ‎dimenticato nonostante sia stata ripresa alla fine degli anni '50 da due mostri sacri della canzone, Claudio Villa e Giorgio Consolini.
‎‘Addio Juna’ fu scritta nel 1940 e lanciata alla radio da Silvana Fioresi e Alberto Rabagliati.
Discograficamente la incisero un po' tutti, da Carlo Buti ad Aldo Visconti e Bruno Pallesi, facendo ‎sì che il brano divenisse in quei tristi anni di guerra un malinconico grido di dolore e insieme di ‎speranza per tutte le donne che, forzatamente sole, vivevano in trepidante attesa del ritorno dei ‎propri compagni impegnati al fronte.” (da Il Discobolo)‎

Juna, la protagonista di questo brano, è destinata ad attendere invano il ritorno del suo compagno ‎ma nella... (continua)
Dalla banchina salpa la nave sul mar, ‎
(continua)
inviata da Bartleby 30/3/2012 - 08:57
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Simmo 'e Napule, paisà

Simmo 'e Napule, paisà
[1944]
Testo di Peppino Fiorelli
Musica di Nicola Valente

Era il 1944, la guerra si era allontanata e Napoli si ritrovò sommersa dalle macerie e occupata da inglesi e americani. La polvere di piselli non domava la fame, la spruzzata di DDT non allontanava le malattie. Perdizione e "signorine",le donne in vendita per procurare una medicina ai genitori e un tozzo di pane ai figli. Tanti languivano,qualcuno si arricchì con il mercato nero, e lo dissero "pescecane".

Una canzone di Peppino Fiorelli, "Simme e'Napule,paisà'", si levò a esprimere la speranza. L'aveva musicata Nicola Valente sul ritmo di tarantella. Più di un libro dotto, più di un'invettiva politica, la canzone divise i napoletani, e non solo loro. I cultori (molti avevano goduto del colpo di spugna sul ventennio fascista) dissero che era un giusto appello alla rinascita. Chi aveva combatuto il regime disse che invece si trattava... (continua)
Tarantella, facennoce 'e cunte,
(continua)
inviata da Willy 11/2/2007 - 21:20




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