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Unkarin vapaus

Seppo Ylöstalo
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OriginaleVersione italiana di Riccardo Venturi
UNKARIN VAPAUSLIBERTA' UNGHERESE
  
Oi, Unkari sun vapautes' on jäänyt aikain taaOh, Ungheria, la tua libertà si era persa nei tempi,
sun loistos häipyi usvaan hämäräänil tuo splendore sembrava essersi oscurato
Sua idän tähden raskas kahle painaa, rasittaati opprimono le dure catene di schiavitù della Stella d'oriente,
sun kansas' syömmis' kyyneleen mä näännegli occhi del tuo popolo vedo lacrime,
Sä tahdoit olla veljeskansa, aina vapaa maapopolo fratello*, sempre hai voluto essere libero,
siks' toivo, oota aikaa parempaaper questo spera, e aspetta tempi migliori.
  
Mä muistan sinut Budapest, säveles' jousienTi ricordo, Budapest, e della melodia delle tue corde di violino,
en sua koskaan unhoita, Unkarin neitonennon ti scorderò mai, ragazza d'Ungheria,
Ei kaiu soitto priimaksen, ei sävel csárdáksennon suona più il capobanda, non risuona più la czarda,
vain vaikerrus soi pustan viulujenrisuona solo la triste melodia del violino della puszta**.
Sä usko, luota tulevaiseen, laulun, soiton maaCredi e affidati al futuro, paese del canto e della musica,
sä kerran vielä vapaa olla saatun giorno tornerà il tempo della tua libertà.
  
Vain Luojaas luota, Unkari, Hän antaa vapaudenAffidati solo al tuo Dio, Magiaro, Lui ti porterà la libertà,
iloa soi taas viulusi, sävelet csárdáksene ancora i tuoi violini suoneranno la gioia e le melodie della czarda,
Näät pustan tytön tanssivan ja riemastut sä, kunvedrai danzare la ragazza della puszta, e ti rallegrerai
näät nousevan tuon kansan sorretunquando si solleverà il popolo oppresso,
Ja kerran oot sä kuuleva tuon hymnin Petőfine se ancora udrai il canto di Petőfi***,
on silloin vapaa kansa Unkarinil popolo ungherese sarà di nuovo libero.
  
Ja kerran oot sä kuuleva tuon hymnin PetőfinE se ancora udrai il canto di Petőfi,
on silloin vapaa kansa Unkarinil popolo ungherese sarà di nuovo libero.
NOTE alla traduzione

* Come è, o dovrebbe essere, noto, i finlandesi e gli ungheresi sono entrambi popoli di origine ugrofinnica (e di più lontana origine uralica). La lingua ungherese e quella finlandese sono imparentate, anche se tale parentela (dimostrata alla fine del XVIII secolo) non appare certamente agli occhi, e le due lingue non sono reciprocamente intelligibili; ciononostante, in alcune parole appare ancora chiara, come ad esempio (u./f.) víz / vesi “acqua”, kéz / käsi “mano”, szém / silmä “occhio”, vér / veri “sangue” ecc. Tale “fratellanza”, seppure oggettivamente lontana, è stata comunque molto sentita nel tempo dai due popoli. Anche durante il regime comunista, ai finlandesi non era ad esempio richiesto alcun visto di entrata in Ungheria (bastava il semplice passaporto).

** La puszta (parola peraltro di origine slava) è la pianura pannonica. Alla lettera significa “luogo desertico, desolato”. E' un autentico “luogo mitologico” sia per gli ungheresi, sia per gli stranieri che s'immaginano l'Ungheria (la solitudine, il vento, la musica...)

*** Sándor Petőfi (ma al modo ungherese si dovrebbe dire: Petőfi Sándor, con il cognome prima del nome) (1823-1849) è il poeta nazionale ungherese, ed anche una delle principali figure della Rivoluzione del 1848. Volle essere ungherese: i suoi genitori erano infatti slavi (suo padre, serbo, si chiamava in realtà Stevan Petrović anche se parlava l'ungherese come lingua madre, mentre sua madre, Mária Hrúzová, era slovacca e parlava solo lo slovacco). “Magiarizzò” il cognome paterno “ Petrović” in Petőfi, che ha lo stesso significato (“Di Pietro”). La sua lirica romantica può riassumersi in due parole-chiave della lingua ungherese: szabadság, “libertà”, e szerelem, “amore”. Si dice che proprio la lettura di una sua poesia scatenò la Rivoluzione del '48 in Ungheria; si unì alle truppe del generale rivoluzionario polacco Józef Bem, che stava riportando una discreta serie di vittorie sull'esercito asburgico quando, con l'intervento della Russia a fianco dell'Austria, la rivoluzione fu schiacciata. Durante la battaglia di Segesvár (attualmente Sighişoara, in Romania), Petőfi scomparve; il suo corpo non fu mai ritrovato. Aveva 26 anni. Non a caso il “circolo” che diede l'avvio alla rivolta del 1956 prendeva il suo nome, e non a caso la scintilla del 23 ottobre avvenne durante una manifestazione studentesca sotto la statua di Józef Bem.


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