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الصمت من أجل غزة [Requiem]

Mahmud Darwish / محمود درويش
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Traduzione italiana / الترجمة الإيطالية / Italian translation / ת...
الصمت من أجل غزة [REQUIEM]


خاصرتها بالألغام.. وتنفجر.. لا هو موت.. ولا هو انتحار

إنه أسلوب غـزة في إعلان جدارتها بالحياة

منذ أربع سنوات ولحم غـزة يتطاير شظايا قذائف

لا هو سحر ولا هو أعجوبة، إنه سلاح غـزة في الدفاع عن بقائها وفي استنزاف العدو

ومنذ أربع سنوات والعدو مبتهج بأحلامه.. مفتون بمغازلة الزمن.. إلا في غـزة

‏لأن غـزة بعيدة عن أقاربها ولصيقة بالأعداء.. لأن غـزة جزيرة كلما انفجرت وهي لا تكف‏‏ عن الانفجار خدشت وجه العدو وكسرت أحلامه وصدته عن الرضا بالزمن.

لأن الزمن في غـزة شيء آخر.. لأن الزمن في غـزة ليس عنصراً محايداً‏ إنه لا يدفع الناس إلى برودة التأمل. ولكنه يدفعهم إلى الانفجار والارتطام بالحقيقة. الزمن هناك‏‏ لا يأخذ الأطفال من الطفولة إلى الشيخوخة ولكنه يجعلهم رجالاً في أول لقاء مع العدو.. ليس الزمن‏‏ في غـزة استرخاء‏‏ ولكنه اقتحام الظهيرة المشتعلة.. لأن القيم في غـزة تختلف.. تختلف.. تختلف.. القيمة الوحيدة للإنسان‏‏ المحتل هي مدى مقاومته للاحتلال هذه هي المنافسة الوحيدة هناك.

وغـزة أدمنت معرفة هذه القيمة النبيلة القاسية.. لم تتعلمها من الكتب ولا من الدورات الدراسية العاجلة‏‏ ولا من أبواق الدعاية العالية الصوت ولا من الأناشيد. لقد تعلمتها بالتجربة وحدها وبالعمل الذي لا يكون‏‏ إلا من أجل الإعلان والصورة‏‏.

إن غـزة لا تباهي بأسلحتها وثوريتها وميزانيتها إنها تقدم لحمها المُرّ وتتصرف بإرادتها وتسكب دمها‏‏. وغزة لا تتقن الخطابة.. ليس لغزة حنجرة.. مسام جلدها هي التي تتكلم عرقاً ودماً وحرائق.‏‏

من هنا يكرهها العدو حتى القتل. ويخافها حتى الجريمة. ويسعى إلى إغراقها في البحر أو في الصحراء‏‏ أو في الدم‏‏. من هنا يحبها أقاربها وأصدقاؤها على استحياء يصل إلى الغيرة والخوف أحياناً. لأن غزة هي الدرس الوحشي والنموذج المشرق للأعداء والأصدقاء على السواء.

ليست غزة أجمل المدن..

ليس شاطئها أشد زُرقة من شواطئ المدن العربية‏‏

وليس برتقالها أجمل برتقال على حوض البحر الأبيض.

وليست غزة أغنى المدن..

وليست أرقى المدن وليست أكبر المدن. ولكنها تعادل تاريخ أمة. لأنها أشد قبحاً في عيون الأعداء، وفقراً وبؤساً وشراسة. لأنها أشدنا قدرة على تعكير مزاج العدو وراحته، لأنها كابوسه، لأنها برتقال ملغوم، وأطفال بلا طفولة وشيوخ بلا شيخوخة، ونساء بلا رغبات، لأنها كذلك فهي أجملنا وأصفانا وأغنانا وأكثرنا جدارة بالحب.‏‏

نظلمها حين نبحث عن أشعارها فلا نشوهن جمال غزة، أجمل ما فيها أنها خالية من الشعر، في وقت حاولنا أن ننتصر فيه على العدو بالقصائد فصدقنا أنفسنا وابتهجنا حين رأينا العدو يتركنا نغني.. وتركناه ينتصر ثم جفننا القصائد عن شفاهنا، فرأينا العدو وقد أتم بناء المدن والحصون والشوارع.‏‏

ونظلم غزة حين نحوّلها إلى أسطورة لأننا سنكرهها حين نكتشف أنها ليست أكثر من مدينة فقيرة صغيرة تقاوم
وحين نتساءل: ما الذي جعلها أسطورة؟

سنحطم كل مرايانا ونبكي لو كانت فينا كرامة أو نلعنها لو رفضنا أن نثور على أنفسنا‏

ونظلم غزة لو مجّدناها، لأن الافتتان بها سيأخذنا إلى حد الانتظار، وغزة لا تجيء إلينا، غزة لا تحررنا، ليست لغزة خيول ولا طائرات ولا عصي سحرية ولا مكاتب في العواصم، إن غزة تحرر نفسها من صفاتنا ولغتنا ومن غزاتها في وقت واحد وحين نلتقي بها ذات حلم ربما لن تعرفنا، لأن غزة من مواليد النار ونحن من مواليد الانتظار والبكاء على الديار‏‏.

صحيح أن لغزة ظروفاً خاصة وتقاليد ثورية خاصة‏‏، ولكن سرَّها ليس لغزاً: مقاومتها شعبية متلاحمة تعرف ماذا تريد (تريد طرد العدو من ثيابها)‏‏

وعلاقة المقاومة فيها بالجماهير هي علاقة الجلد بالعظم. وليست علاقة المدرس بالطلبة.

لم تتحول المقاومة في غزة إلى وظيفة ولم تتحول المقاومة في غزة إلى مؤسسة‏‏. لم تقبل وصاية أحد ولم تعلق مصيرها على توقيع أحد أو بصمة أحد‏‏. ولا يهمها كثيراً أن نعرف اسمها وصورتها وفصاحتها لم تصدق أنها مادة إعلامية، لم تتأهب لعدسات التصوير ولم تضع معجون الابتسام على وجهها.‏‏

لا هي تريد.. ولا نحن نريد‏‏.

من هنا تكون غزة تجارة خاسرة للسماسرة، ومن هنا تكون كنزا معنوياً وأخلاقيا لا يقدر لكل العرب‏‏.

ومن جمال غزة أن أصواتنا لا تصل إليها، لا شيء يشغلها، لا شيء يدير قبضتها عن وجه العدو، لأشكال الحكم في الدولة الفلسطينية التي سننشئها على الجانب الشرقي من القمر، أو على الجانب الغربي من المريخ حين يتم اكتشافه، إنها منكبّة على الرفض.. الجوع والرفض والعطش والرفض والتشرد والرفض والتعذيب والرفض والحصار والرفض والموت والرفض.‏
قد ينتصر الأعداء على غزة (وقد ينتصر البحر الهائج على جزيرة قد يقطعون كل أشجارها)

قد يكسرون عظامها‏‏

قد يزرعون الدبابات في أحشاء أطفالها ونسائها وقد يرمونها في البحر أو الرمل أو الدم ولكنها

لن تكرر الأكاذيب ولن تقول للغزاة: نعم‏‏

وستستمر في الانفجار‏‏

لا هو موت ولا هو انتحار، ولكنه أسلوب غزة في إعلان جدارتها بالحياة

وستستمر في الانفجار‏‏

لا هو موت ولا هو انتحار، ولكنه أسلوب غزة في إعلان جدارتها بالحياة
SILENZIO PER GAZA

Si è legata l’esplosivo alla vita e si è fatta esplodere. Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.

E’ il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.

Da quattro anni, la carne di Gaza schizza schegge di granate da ogni direzione.

Non si tratta di magia, non si tratta di prodigio.
E’ l’arma con cui Gaza difende il diritto a restare e snerva il nemico.

Da quattro anni, il nemico esulta per aver coronato i propri sogni, sedotto dal flirtare col tempo, eccetto a Gaza.

Perché Gaza è lontana dai suoi cari e attaccata ai suoi nemici, perché Gaza è un’isola.
Ogni volta che esplode, e non smette mai di farlo, sfregia il volto del nemico, spezza i suoi sogni
e ne interrompe l’idillio con il tempo.

Perché il tempo a Gaza è un’altra cosa, perché il tempo a Gaza non è un elemento neutrale.
Non spinge la gente alla fredda contemplazione, ma piuttosto a esplodere e a cozzare contro la realtà.
Il tempo laggiù non porta i bambini dall’infanzia immediatamente alla vecchiaia, ma li rende uomini al primo incontro con il nemico.
Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente.
Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi.
L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante.
Questa è l’unica competizione in corso laggiù.

E Gaza è dedita all’esercizio di questo insigne e crudele valore che non ha imparato dai libri
o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare spiegate della propaganda
o dalle canzoni patriottiche.
L’ha imparato soltanto dall’esperienza e dal duro lavoro che non è svolto in funzione della pubblicità
o del ritorno d’immagine.

Gaza non si vanta delle sue armi, né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio.
Lei offre la sua pellaccia dura, agisce di spontanea volontà e offre il suo sangue.
Gaza non è un fine oratore, non ha gola.
E’ la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.

Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue.
Per questo, gli amici e i suoi cari la amano con un pudore che sfiora quasi la gelosia e talvolta la paura, perché Gaza è barbara lezione e luminoso esempio sia per i nemici che per gli amici.

Gaza non è la città più bella.

Il suo litorale non è più blu di quello di altre città arabe.

Le sue arance non sono le migliori del bacino del Mediterraneo.

Gaza non è la città più ricca.
(Pesce, arance, sabbia, tende abbandonate al vento, merce di contrabbando,
braccia a noleggio.)

Non è la città più raffinata, né la più grande, ma equivale alla storia di una nazione.
Perché, agli occhi dei nemici, è la più ripugnante, la più povera, la più disgraziata,
la più feroce di tutti noi.
Perché è la più abile a guastare l’umore e il riposo del nemico ed è il suo incubo.
Perché è arance esplosive, bambini senza infanzia, vecchi senza vecchiaia, donne senza desideri.
Proprio perché è tutte queste cose, lei è la più bella, la più pura, la più ricca, la più degna d’amore tra tutti noi.

Facciamo torto a Gaza quando cerchiamo le sue poesie.
Non sfiguriamone la bellezza che risiede nel suo essere priva di poesia.
Al contrario, noi abbiamo cercato di sconfiggere il nemico con le poesie, abbiamo creduto in noi
e ci siamo rallegrati vedendo che il nemico ci lasciava cantare e noi lo lasciavamo vincere.
Nel mentre che le poesie si seccavano sulle nostre labbra, il nemico aveva già finito di costruire strade, città, fortificazioni.

Facciamo torto a Gaza quando la trasformiamo in un mito perché potremmo odiarla scoprendo che non è niente più di una piccola e povera città che resiste.

Quando ci chiediamo cos’è che l’ha resa un mito, dovremmo mandare in pezzi tutti i nostri specchi e piangere se avessimo un po’ di dignità, o dovremmo maledirla se rifiutassimo di ribellarci contro noi stessi.

Faremmo torto a Gaza se la glorificassimo.
Perché la nostra fascinazione per lei ci porterà ad aspettarla.
Ma Gaza non verrà da noi, non ci libererà.
Non ha cavalleria, né aeronautica, né bacchetta magica, né uffici di rappresentanza nelle capitali straniere.
In un colpo solo, Gaza si scrolla di dosso i nostri attributi, la nostra lingua e i suoi invasori.
Se la incontrassimo in sogno forse non ci riconoscerebbe, perché lei ha natali di fuoco e noi natali d’attesa e di pianti per le case perdute.

Vero, Gaza ha circostanze particolari e tradizioni rivoluzionarie particolari.
(Diciamo così non per giustificarci, ma per liberarcene.)
Ma il suo segreto non è un mistero: la sua coesa resistenza popolare sa benissimo cosa vuole (vuole scrollarsi il nemico di dosso).

A Gaza il rapporto della resistenza con le masse è lo stesso della pelle con l’osso e non quello dell’insegnante con gli allievi.

La resistenza a Gaza non si è trasformata in una professione.
La resistenza a Gaza non si è trasformata in un’istituzione.
Non ha accettato ordini da nessuno, non ha affidato il proprio destino alla firma né al marchio di nessuno.
Non le importa affatto se ne conosciamo o meno il nome, l’immagine, l’eloquenza.
Non ha mai creduto di essere fotogenica, né tantomeno di essere un evento mediatico.
Non si è mai messa in posa davanti alle telecamere sfoderando un sorriso stampato.

Lei non vuole questo, noi nemmeno.

La ferita di Gaza non è stata trasformata in pulpito per le prediche.

La cosa bella di Gaza è che noi non ne parliamo molto, né incensiamo i suoi sogni con la fragranza femminile delle nostre canzoni.
Per questo Gaza sarà un pessimo affare per gli allibratori.
Per questo, sarà un tesoro etico e morale inestimabile per tutti gli arabi.

La cosa bella di Gaza è che le nostre voci non la raggiungono, niente la distoglie.
Niente allontana il suo pugno dalla faccia del nemico.
Né il modo di spartire le poltrone del Consiglio Nazionale, né la forma di governo palestinese che fonderemo dalla parte est della Luna o nella parte ovest di Marte, quando sarà completamente esplorato.
Niente la distoglie.
E’ dedita al dissenso: fame e dissenso, sete e dissenso, diaspora e dissenso, tortura e dissenso, assedio e dissenso, morte e dissenso.

I nemici possono avere la meglio su Gaza.
(Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola.)
Possono tagliarle tutti gli alberi.

Possono spezzarle le ossa.

Possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini.
Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.

Ma lei: non ripeterà le bugie. Non dirà sì agli invasori.

Continuerà a farsi esplodere.

Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.

Continuerà a farsi esplodere.

Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.



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