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Αντίσταση

Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας
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Traduzzioni siciliana / Σικελική μετάφραση / Traduzione sicil...
ResistenzaRESISTENZA
  
Nei nostri occhi infantili annegan terreferme.Nê nostri occhi di picciliḍḍi nnjianu i terrifermi
I porti, tuo primo amore, si spegneranno anch'essi.I porti, u to primu amuri, si stutanu macari iḍḍi.
Si mangia il mare, da ogni parte, la roccia.U mari si manciaria a rocca i tutt’i banni
Occhi storti, eppur li ami: Cina Rossa.Occhi sguerci, entantu ci voi beni: a Cina russa.
  
Bardate van le truppe italiane in terra Rossa, [1]I surdati taliani vanu fissiannusi abber’a na terra tinciuta russa
Uccelli come in un miraggio: Follia Nera.Aceḍḍi comu nta fatamurgana : pazzia nigura
Nella nottata giocano indolenti lance.Nta nuttata jocanu i lanzi muḍḍacchi
Ti brilla al dito la fede nuziale: Abissinia. [2]Ti luci nô jditu â’neḍḍu dâ zita: Bissinia.
  
Di rosso vivo veste l'ardita Sposa Iberica.Si vesti di russu sbampanti a mugghieri spagnola tutta mpirranti
Si accendono i fanali del Barrio Chino. [3]S’aḍḍumanu i fanala dû Barrio Chino
Van per il mare i miei spagnoli, e i Greci. [4]Sunu marinara i me spagnoli e i grichi
El Greco e Lorca – Spagna e Pasionaria.El Greco je Lorca - Spagna je Pasionaria.
  
Onda di morte, si scatenano i Tedeschi.Unna di morti, i Tedesca scattanu
Le armi cingi con antico grido di guerra.Aggrampa l’armi je jett’abbram’antich’i uerra
Coltello e fune, giocano alla caccia,Cuteḍḍu je corda jocanu â’ssicutari
Gli appesi agli alberi son zimbelli del vento.I mpisi a l’arbuli su ballarini ô ventu.
  
E poi Dicembre, il Fuoco anche ad Atene. [5]Je doppu Dicembri, u Luci macari nt’Atini.
Pietra angolare della Terra, dal mare erosa,Petra cantunera dô Munnu, manciata dô mari,
Culla sotto la Quercia, sotto il SaliceAnnaca ‘nsutt’â Cersa je ‘nsutt’ô Salaguni
Aris, Diakos e Kolokotronis.Marti, Diakos je Kolokotronis.
[1] In linea di massima, penso che Kavvadias si riferisca qui all'Eritrea (“terra rossa”, o meglio, “Paese degli uomini rossi, dalla faccia arrossata dal sole”, denominazione tradizionale che si contrappone alla “Terra degli uomini neri, dalla faccia bruciata da sole”, vale a dire l'Etiopia). Un riferimento, quindi, alla guerra coloniale italiana del '35-'36 (ipotesi corroborata anche dal riferimento all'Abissinia). Ma Ερυθρά significa semplicemente, in greco elevato: “la Rossa”: si potrebbe quindi trattare dell'Unione Sovietica e della (disgraziata) spedizione italiana. Stante il dubbio, ho tradotto con “terra Rossa”. Γιομάτα (forma collaterale e popolare di γεμάτα), alla lettera, significa “piene”, ma anche “armate, bardate”; senza contare che altre accezioni del termine sono: “grasse” e “tronfie, piene di sé”. Nella traduzione ho scelto “bardate” perché, a mio parere, tale termine è seppur leggermente spregiativo, insistendo più sull'esteriorità che sulla consistenza.

[2] Avverto per correttezza che αρραβώνα significa propriamente “anello di fidanzamento” (l' arra bona del latino medievale, che è il dono impegnativo fatto al momento della promessa di matrimonio); da qui il termine tradizionale per “fidanzata, promessa sposa”: αρραβωνιαστικιά. Ho tradotto qui arbitrariamente con “fede nuziale”, perché “anello di fidanzamento” avrebbe del tutto sballato quel pur minimo di metrica che ho cercato di tenere, e che un semplice “anello” è troppo generico.

[3] E' il nome tradizionale (sp. Barrio Chino; catalano Barri Xinès) del quartiere del centro storico di Barcellona vicino al vecchio porto, che ora si chiama Raval.

[4] Qui Kavvadias non usa certo a caso il termine tradizionale (e storicamente reale) per “greci”, vale a dire Γραικοί (il termine classico 'Ελληνες è, in origine, un clamoroso falso storico reintrodotto dopo l'indipendenza greca, quando per tutto il medioevo greco si era mantenuto popolarmente solo nel significato di “giganti, esseri mostruosi, orchi”, e trasmigrato nel comune nome proprio bulgaro Елин “Elleno; Gigante"). In questa poesia resistenziale, come ogni buon poeta greco, Kavvadias torna all'atmosfera della guerra del 1821, mettendo Kolokotronis e Diakos accanto a Aris Velouchiotis (Athanasios Diakos, è bene ricordarlo, fu colui che disse a Vryonis Εγώ Γραικός γεννήθηκα, Γραικός θε να πεθάνω, “io sono nato Greco e Greco morirò”; poi parafrasato da Melina Mercouri in riferimento a Stylianos Pattakos, quando era stata privata della cittadinanza greca: Εγώ Γραική γεννήθηκα, Γραική θε να πεθάνω; αυτός φασίστας γεννήθηκε, φασίστας θε να πεθάνει “Io sono nata Greca, e Greca morirò; lui è nato fascista, e fascista morirà”). Nel verso dopo della poesia c'è El Greco, che in greco si chiama Ελ Γκρέκο. Poi c'è pure il termine-chiave dell'indipendenza greca del '21, άρματα, le armi, che trasporta automaticamente nell'identificazione tra la guerra d'Indipendenza e quella di Resistenza, un cardine degli avvenimenti greci tra il 1940 e il 1949; e un po' tutto il lessico di questa poesia lo sottolinea. Bisognerebbe a questo punto accennare a tutta la questione della diglossia greca tra “lingua pura” e lingua popolare, e del risultato che ha dato. Ad esempio, al fatto che “armi” in greco si dice classicamente όπλα se si vuole parlare in senso neutro, tecnico, poliziesco, militare, oppure delle armi degli antichi guerrieri delle Termopili e di Maratona; ma quando sono in ballo indipendenza, resistenza, partigiani, guerriglia e quant'altro, sono soltanto άρματα (derivato dal latino arma, ovviamente). Il grido “alle armi!”, “all'armi!” risuonerà quindi “Στα όπλα!” se chi parla o scrive è un colonnello o un ispettore che ordina una carica di polizia, ma “στ' άρματα!” se chi parla o scrive è un guerrigliero o un capo ultras di una squadra di calcio. Il contrasto tra il greco classicheggiante e quello popolare che forma l'impasto veramente unico del greco attuale. Ecco, solo per dire che questa poesia di Kavvadias è interamente permeata da questo spirito che affonda le sue radici nella storia della Grecia e della sua lingua (la quale, fino a tempi recenti, si è chiamata, nella sua forma parlata e popolare, lingua romeica, ρωμαϊκή γλώσσα, mentre la ελληνική γλώσσα era il greco classico; in casa ho un grosso dizionario francese-greco popolare del 1952 che si chiama ancora Dictionnaire Français-Roméïque, comprato per cinquemila lire su una bancarella a Pisa).

[5] Il riferimento è ai Δεκεμβριανά, i “fatti di dicembre” che in pratica segnarono il passaggio tra la guerra di Resistenza al nazifascismo alla guerra civile greca; sono stati definiti, e a ragione, il primo atto concreto della Guerra Fredda. Per una coincidenza fortuita traduco la poesia di Kavvadias e redigo queste note proprio nell'anniversario dei Dekemvrianà, scoppiati a Atene il 3 dicembre 1944 e durati fino all'11 gennaio 1945.


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