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Su patriottu Sardu a sos feudatarios [Procurad' e moderare]

Francesco Ignazio Mannu
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La versione "condensata" nell'adattamento ad opera della grande...
INNO DEL PATRIOTA SARDO AI FEUDATARI

1 Cercate di moderare,
Baroni, la tirannide,
altrimenti, per la mia vita!,
Tornate a piedi a terra!
Dichiarata è la guerra
contro la prepotenza,
e comincia la pazienza
nel popolo a venir meno

2 Badate che si sta levando
contro di voi l’incendio;
badate che non è un gioco,
che la cosa diventa realtà;
badate che non è un gioco,
la minaccia di un temporale;
gente mal consigliata,
ascoltate la mia voce.

3 Smettete di usare lo sprone
col povero ronzino,
altrimenti a metà strada
s’inalbera imbizzarrito;
badate che è stanco e magro
e non ne può più,
alla fine gambe all’aria
getterà basto e cavaliere.

4 Il popolo che in un profondo
letargo era sepolto,
finalmente si è destato
e si accorge di essere incatenato,
di pagare le conseguenze
della sua antica indolenza:
feudo, legge nemica
di ogni buona filosofia.

5 Come se si trattasse di una vigna
o di una tanca, un campo,
hanno ceduto i villaggi,
gratis o a buon mercato,
come un gregge
di pecore
uomini e donne
coi loro figli hanno venduto.

6 Per poche migliaia di lire
e talvolta per niente,
eternamente schiave
tante popolazioni,
e migliaia di persone
sono schiave del tiranno.
povero genere umano,
povero popolo sardo!

7 Dieci o dodici famiglie
hanno spartito fra loro la Sardegna,
in modo indegno
se ne sono impossessate;
hanno diviso i villaggi
nella buia e cieca antichità:
però attualmente
si pensa di porvi rimedio.

8 Il sardo nasce assoggettato
a mille obblighi;
tributi e tasse
che versa al signore,
in bestiame e grano,
in danaro e in natura,
e paga per il pascolo,
e paga per lavorare la terra.

9 Molto prima dei feudi
esistevano i villaggi,
ed erano loro a possedere
boschi e campi.
Com’è che a voi, Baroni,
È passata l’altrui proprietà?
Colui che ve l’ha data
non ve la poteva dare.

10 Non è pensabile
che deliberatamente
la povera gente abbia
rinunciato alle sue proprietà;
il titolo ergo è sinonimo
di irregolare appropriazione,
e i villaggi hanno ben ragione
di impugnarlo.

11 Inizialmente le tasse
almeno esigevate limitate,
poi esse sono andate
aumentando giorno per giorno,
in modo che con la loro crescita
siete diventati ricchissimi,
in modo che nello sperpero
abbandonavate ogni economia.

12 E’ inutile che parliate
di proprietà di antica data;
minacciando la galera,
punizione e pene,
ceppi e catene,
i poveri ignoranti,
diritti esorbitanti
avete costretto a pagare.

13 Almeno impiegaste le sostanze
per mantenere la giustizia,
castigando la malvagità
dei delinquenti locali;
almeno così un po’ di sollievo
gli onesti avrebbero avuto,
avrebbero potuto andare e venire
sicuri, per la strada.

14 Questo è l’unico fine
delle tasse e dei diritti,
che sicuri e tranquilli
si viva sotto la legge,
ma di ciò ci priva
il barone per avarizia
nelle spese per la giustizia,
solo là fa economia.

15 Il primo che si presenta
si nomina ufficiale,
faccia bene o male,
purché non chieda salario:
procuratore o notaio,
cameriere o lacché,
bianco o nero,
è adatto per governare.

16 Basta che si adoperi
per incrementare la rendita,
basta che soddisfi
la borsa del Signore;
che aiuti il fattore
a riscuotere velocemente,
e se vi è qualche renitente,
che lo sappia pignorare.

17 Come se fosse il Feudatario
talvolta governa il cappellano
i villaggi con una mano
e con l’altra la dispensa.
feudatario, pensa
che non hai i vassalli
solo per aumentare i tuoi beni,
solo per scorticarli.

18 Il patrimonio e la vita
per difenderli, il paesano,
con la armi in mano
occorre che stia notte e giorno;
data che deve essere così,
perché tanti tributi?
Se essi non danno alcun frutto
E ‘una pazzia pagarli.

19 Se il Barone non fa
il suo dovere,
vassallo, da parte tua
non hai obblighi alcuni;
i diritti che ti ha sottratto
in tanti anni passati,
sono denari rubati
e te li deve restituire.

20 Le rendite servono soltanto
per mantenere amanti,
per carrozze e livree,
per servizi inutili,
per alimentare i vizi,
per giocare a bassetta,
e poter gli istinti sessuali
sfogare fuori di casa.

21 Per poter avere piatti
quindici e venti a tavola,
affinché possa la marchesa
andare sempre in portantina,
la scarpa stretta, poverina,
la fa zoppicare,
le pietre pungono troppo
e non può camminare.

22 Solo per una lettera
il vassallo, poveretto,
fa giorni di strada
a piedi, senza compenso,
mezzo scalzo e nudo,
esposto alle intemperie,
eppure ha pazienza,
eppure deve tacere.

23 Ecco come si impiega
il sudore dei poveri!
Come, Eterno Signore,
sopportate tanta ingiustizia?
Voi, divina Giustizia,
ponete rimedio alle cose,
voi rose dalle spine,
solo Voi potete far nascere.

24 O poveri dei villaggi,
lavorate, lavorate,
per mantenere in città
tanti stalloni,
a voi lasciano la paglia,
loro prendono il grano,
e pensano mattina e sera
soltanto ad ingrassare.

25 Il Signor Feudatario
si alza alle undici:
dal letto alla tavola,
dalla tavola al gioco;
e dopo, per svago,
va a cicisbeare
fino al tramonto
teatro, balli, allegria

26 Quanto diversamente
passa il tempo il vassallo!
Prima dell’aurora
è già in campagna,
vento o neve nella montagna,
sole ardente in pianura,
o poveretto, come
può resistere tanto?

27 Con la zappa e con l’aratro
lotta tutto il giorno,
verso mezzogiorno
si ciba solo di pane,
viene trattato meglio il cane
del Barone, in città,
se è di quella razza
che solitamente portano in tasca.

28 Temendo che si ricreino
disordini tanto grandi,
con intrighi e inganni
le Corti hanno impedito;
e hanno disperso
i patrizi più zelanti,
dicendo che erano petulanti
e contrari alla Monarchia.

29 A coloro che in favore
della patria hanno lottato,
che hanno impugnato la spada
per la causa comune,
o una fune al collo,
meschini, volevano mettere,
o come Giacobini
li volevano massacrare.

30 Però il cielo ha difeso
i buoni in modo evidente
ha atterrato il potente,
ed esaltato gli umili.
Iddio, che si è dichiarato
in favore della nostra patria,
da ogni vostra minaccia
egli ci salverà.

31 Perfido feudatario!
Per interesse personale
Un protettore dichiarato
Sei dei piemontesi:
con loro ti accordasti
con molta facilità,
lui mangia in città,
e tu in paese, a gara.

32 Era per i piemontesi
una cuccagna, la Sardegna:
come la Spagna nelle Indie
essi si trovavano qui;
ci alzava la voce
perfino un cameriere;
o plebeo o cavaliere,
il sardo si doveva umiliare.

33 Loro dalla nostra terra
hanno portato via milioni,
venivano senza pantaloni
e ripartivano gallonati.
Mai fossero venuti
che ci hanno bruciato tutto!
Maledetto il paese
Che crea una simile razza.

34 Loro qui incontravano
matrimoni vantaggiosi,
per loro erano gli impieghi,
per loro erano gli onori,
le maggiori dignità
di chiesa, toga e spada:
e al sardo restava
una fune per impiccarsi.

35 Ci mandavano i peggiori
per castigo e pena,
con salario e pensione,
con impiego e con patente.
A Mosca gente simile
La mandano in Siberia,
ma per farla morire di miseria,
non per governare

36 Intanto nella nostra isola
numerosi giovani
il talento,muniti di virtù,
li lasciavano nell’ozio;
e se ne impiegavano alcuno
cercavano il più tonto,
perché a loro conveniva
trattare con gente stupida.

37 Se in lavori subalterni
qualche sardo faceva progressi,
per fare regali non gli bastava
metà salario,
inviare si dovevano
cavalli di razza a Torino,
e casse di buon vino,
Cannonau e Malvasia.

38 Garantire al Piemonte
la nostra argenteria e l’oro
è del loro governo
la massima fondamentale.
Del regno sardo, vada bene o male,
a loro non importa nulla,
anzi credono che non sia conveniente
lasciarlo prosperare.

39 Hanno rovinato l’isola
questa razza di bastardi,
i privilegi sardi
che li hanno portati via;
hanno rubato dagli archivi
i documenti più importanti,
e come scritti inutili
li hanno fatti bruciare.

40 In parte, di questo flagello,
Dio ci ha liberati,
i sardi hanno cacciato
questo odioso nemico
e tu sei suo amico,
indegno barone sardo;
e tu ti adoperi
per farlo ritornare!

41 Per questo, sfacciatamente,
preghi per il Piemonte.
Falso! Che hai in fronte
Il marchio del traditore,
tue figlie tanto onore
fanno al forestiero,
anche se fosse un lavagabinetti,
purché non sia sardo.

42 Se per caso vai a Torino
là devi baciare
i piedi al Ministro,
e ad altri il…, già mi capisci,
per ottenere ciò che chiedi
vendi la tua patria,
e forse cerchi nascostamente
di screditare i Sardi.

43 Là lasci la borsa,
e ritorni con in premio
una croce sul petto,
una chiave sul sedere:
per costruire la caserma
hai distrutto la casa,
e hai guadagnato il titolo
di spia e traditore.

44 Il cielo non lascia sempre
trionfare il male;
il mondo deve porre rimedio
alle cose che vanno male;
il sistema feudale
non può durare molto,
il vendere per denaro
i popoli, deve terminare.

45 L’uomo che l’impostura
aveva già degradato,
pare che all’antica dignità
voglia tornare nuovamente:
pare che il suo rango
L’umanità rivendichi
sardi miei, svegliatevi
e seguite questa guida.

46 Questa, popoli è l’ora
di estirpare gli abusi!
A terra i cattivi usi,
a terra il dispotismo!
Guerra, guerra all’egoismo!
E guerra agli oppressori,
questi tiranni di poco valore
bisogna umiliarli.

47 Se no qualche giorno a morsi
vi taglierete il dito,
ora che l’ordito è gettato
a voi tocca a tessere;
badate che poi può essere;
tardivo il pentimento;
quando il vento è favorevole
bisogna trebbiare.
SU PATRIOTU SARDU A SOS FEUDATARIOS

Procurade ‘e moderare
barones sa tirannia
ca si no pro vida mia
torrades a pè in terra
declarada es già sa gherra
contra ‘e sa prepotenzia
e cominza sa passenzia
in su populu a mancare.

Pro pagas mizzas de lira
se tale olta pro niente
tantas populaziones
ischiavas eternamente
e migliaias de persones
servini unu tirannu
poveru genere umanu
povera sarda zenia.

Custa populu es s’ora
d’estirpare sos abusos
a fora sos malos usos
a fora su despotismu
gherra gherra a s’egoismu
e gherra a sos oppressores
ca sos tirannos minores
es prezisu de umiliare.


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