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Venham mais cinco

José "Zeca" Afonso
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OriginaleTraduzione italiana di Riccardo Venturi
VENHAM MAIS CINCOANCORA CINQUE
  
Venham mais cinco, duma assentada que eu pago jáAncora cinque, su, venite tutti insieme ché tanto pago io
Do branco ou tinto, se o velho estica eu fico por cáVino bianco o rosso, se il vecchio schiatta io rimango qua
Se tem má pinta dá-lhe um apito e põe-no a andarSe ha brutta cera, fagli un fischio e spediscilo [1]
De espada à cinta, já crê que é rei d'aquém e além-marCon tanto di spada alla cintola, visto che crede d'essere re di qua e di là dal mare [2]
  
Não me obriguem a vir para a rua gritarNon mi obbligate a scendere in strada per gridare
Que é já tempo d'embalar a trouxa e zarparChe è oramai tempo di fare fagotto e levarsi di torno [3]
  
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiiiiiiiiiiiiii paraburibaie...Firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
  
A gente ajuda, havemos de ser mais eu bem seiLa gente aiuta, dobbiamo esser di più e lo so bene
Mas há quem queira deitar abaixo o que eu levanteiMa c'è chi vorrà ributtar giù quel che io ho alzato
A bucha é dura, mais dura é a razão que a sustemDura questione, ma più dura è la ragione che la affronta
Só nesta rusga não há lugar prós filhos da mãeSolo, in questa lotta [4] non c'è posto per i figli di mamma loro
  
Não me obriguem a vir para a rua gritarNon mi obbligate a scendere in strada per gridare
Que é já tempo d'embalar a trouxa e zarparChe è oramai tempo di fare fagotto e levarsi di torno
  
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiiiiiiiiiiiiii paraburibaie...Firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
  
Bem me diziam, bem me avisavam como era a leiBen mi dicevano, bene mi avvertivano com'era la legge
Na minha terra: quem trepa no coqueiro é o reiNella mia terra: chi si arrampica sulla palma da cocco, è re
A bucha é dura, mais dura é a razão que a sustemDura questione, ma più dura è la ragione che la affronta
Só nesta rusga não há lugar prós filhos da mãeSolo, in questa lotta non c'è posto per i figli di mamma loro
  
Não me obriguem a vir para a rua gritarNon mi obbligate a scendere in strada per gridare
Que é já tempo d'embalar a trouxa e zarparChe è oramai tempo di fare fagotto e levarsi di torno
  
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiiiiiiiiiiiiii paraburibaie...Firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
Tiriririri buririririri, Tiriririri paraburibaieFirififììììì firififìììììì, firififììììì paparazùm
[1] In un paese "fogato" per il calcio come il Portogallo, l'espressione è precisamente quella dell'arbitro che fischia e espelle un giocatore. Come dire: è il popolo che oramai deve essere arbitro e comandare la partita. Il campionato portoghese della stagione 1973/74 si concluse regolarmente dopo il 25 aprile e fu vinto dallo Sporting di Lisbona.

[2] L'espressione usata da José Afonso è quella tradizionale dei re portoghesi, che regnavano anche sulle terre d'Oltremare. Per questo motivo, essendo un'espressione storica fissata dall'uso, mantiene un'ortografia arcaica. Il suo uso ha un valore più immediato e potente per un portoghese: figure considerate squallide, come un Salazar o un Caetano, si considerano come gli antichi re dei tempi delle “scoperte” coloniali e dei possedimenti cinquecenteschi, al pari dei grandi che furono cantati da Camões nei “Lusiadi”. Nella retorica nazionalista e colonialista del regime, il riferimento continuo alla “grandezza passata” era all'ordine del giorno in un paese ridotto alla povertà e all'emigrazione di massa, nonché dissanguato dalle guerre coloniali africane; ma è caratteristica di ogni regime fascista e autoritario (si veda sì la “grandezza di Roma” mussoliniana, senza scordare che un Ivan il Terribile faceva parte anche della retorica sovietica).

[3] La parola utilizzata, zarpar, significa propriamente “salpare”, “mettersi in navigazione”. Popolarmente utilizzato nel significato di “partire” (anche non per mare), “fuggire”, “squagliarsela”. Ma senz'altro José Afonso desiderava che “salpassero”, cosa che avvenne effettivamente all'indomani del 25 aprile 1974 (il presidente Américo Thomaz e il primo ministro Marcelo Caetano furono spediti rapidamente in Brasile, sia pure in aereo). Per la cronaca, Marcelo Caetano morì in esilio, a Rio de Janeiro il 26 ottobre 1980. Américo Thomaz poté invece rientrare in Portogallo, sia pure destituito da tutti i suoi gradi militari e privo della pensione militare. Morì 93 enne a Cascais il 18 settembre 1987, pochi mesi dopo José Afonso (che, però, di anni ne aveva solo 58).

[4] Qui la traduzione è piuttosto “ad sensum”: José Afonso, nel testo, utilizza un linguaggio metaforico e assai più popolaresco. Bucha (propriamente: “tappo”) può significare “boccone” (“duro boccone”), e anche “fastidio, incomodo, rottura”. Rusga significa “litigio” e anche “rissa”.


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