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Vad Vuc: Caro Dottore

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
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OriginalDaniele Ronda
VAD VUC: CARO DOTTORE

Caro dottore, solo ora le scrivo
perché ho padronanza dell’essere vivo,
ma, caro dottore, quest’è un illusione,
un riflesso dovuto alla mia condizione
di uomo per forza, di uomo malato,
che pecca sapendo d’avere peccato,
ma a quest’illusione non sono restìo,
avendo subìto le scelte di dio.

Caro dottore, le pongo un quesìto,
un’ingenua speranza di esser capito,
ma, caro dottore, perché questo cuore
batte e ribatte senza alcun pudore
di chi ormai ha perso e mai s’è arreso,
vittima del proprio corpo indifeso,
mentre io ora soffro una diagnosi ambita,
esser malato soltanto di vita?
Soltanto di vita.

Mi ricordo pecora, senza più peli,
mi furono tolti come impuri e infedeli,
La doccia forzata e quel tanfo acre
di chi disinfetta anche le parti sacre.
Il bruciore dei pori gonfiò gli occhi e la bocca
nel non riconoscersi quando ci si tocca,
e il colore dell’alba fu di ocra pastiglia,
ma almeno per piangere mi lasciaron le ciglia.
Mi lasciaron le ciglia.

Caro dottore, m’accorgo felice
per ciò che mi ha inciso nella cicatrice,
sa, caro dottore, in quest’aspra ferita
c’è un monito sacro a viver la vita
e ne sono fiero e ne sono affetto,
un solco perenne tracciato sul petto,
in questa bruttura rifratta allo specchio
c’è la bellezza di diventar vecchio.
Un po’ più vecchio.

Mi ricordo preda di un gelido letto
oppresso dai colpi soffocati nel petto,
ad un cuore fiacco, enorme e deforme,
imposero plastica a ciò che fu di carne.
A stento la voce si tingeva di suoni
intrisa dell’acqua che gonfiava i polmoni
e il color della sera fu di rosso costato,
ma neanche per piangere mi lasciarono il fiato.
Mi lasciarono il fiato.

Caro dottore, solo ora le scrivo,
per ringraziarla perché sono vivo
ma, caro dottore, fra ticchettìo,
meccanica, plastica e scelte di dio
mi resta la grazia ma anche desolazione,
perché nella gioia dell’atto d’unione
non ricordo più il battito del mio cuore
e che suono aveva,
l’amore.
IL DOTTORE

Se fossi uno che ha voglia di studiare
Avrei fatto il dottore
Se non soffrissi alla vista del sangue
Di sicuro avrei fatto il dottore
Se non soffrissi nel guardare un uomo soffrire
Avrei fatto il dottore
Se avessi imparato che a volte è meglio tacere
Avrei fatto il dottore, il dottore

E se la morte, la morte non mi facesse paura
Se per ogni male io avessi sempre la cura
E se un essere umano fosse soltanto un numero di stanza
Se riuscissi a dire che non c’è più speranza
Se non avessi dentro un dannato bisogno di capire
Tutto questo andare e tutto questo venire
Io avrei fatto il dottore

Non fosse che a volte queste mani mi sono tremate
Avrei fatto il dottore
Non fosse che a volte queste mani le ho anche sporcate
Avrei fatto il dottore
Che tra le mani anch’io ho stretto un cuore pulsante
E mi è mancato il fiato
Ma non mi sono sentito affatto un gigante
Quando te l’ho ridato

E se la morte, la morte non mi facesse paura
Se per ogni male io avessi sempre la cura
E se un essere umano fosse soltanto un numero di stanza
Se riuscissi a dire che non c’è più speranza
Se non avessi dentro un dannato bisogno di capire
Tutto questo andare e tutto questo venire
Io avrei fatto il dottore

E se non fosse che a volte parlo con il cielo
E se non sempre ho bisogno di prove per dire che ci credo
E credo che esistano i pazzi ma anche i sognatori
Perché un sogno mi ha trovato in un buco e mi ha tirato fuori
Ma se non avessi dentro un dannato bisogno di capire
Tutto questo andare e tutto questo venire
Te lo giuro avrei fatto il dottore


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