| Version française – CHOEUR DES ORPHELINS DE GUERRE – Marco Vald... |
CORO DEGLI ORFANI DI GUERRA | CHOEUR DES ORPHELINS DE GUERRE |
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Noi siamo i figli del "Tempo di Ferro", | Nous sommes les enfants du « Temps de Fer », |
nutriti a minestre di cavolorapa. | Nourris de soupes de rutabagas. |
Ne abbiamo abbastanza di guerra e stenti | Nous avons assez des conflits et de la guerre |
e delle marionette in grigioverde sull'attenti. [1] | Et des poupées vert de gris marchant au pas. |
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Mai abbiamo conosciuto l'essere bambini. | Enfants, nous ne l’avons jamais été ; |
La ninnananna ce la cantava la fame, | Dans notre sommeil, la faim seule nous a bercés |
perché il babbo stava giù in trincea | Car Papa était parti dans la tranchée, |
a morire per il Kaiser e la patria, | Pour l’empereur et la patrie, tomber. |
- si beccò un colpo solo e via. | Un seul coup et il s’en est allé. |
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Il nostro terrore di bambini era la "morte da eroe", | Enfants, « Mort en héros » était notre désespoir |
il nostro libro di fiabe, le edizioni straordinarie, | Notre recueil de contes : « Éditions spéciales », |
la nostra chicca era il pane a tessera | Notre délice : le pain noir, |
e Guglielmo era il nostro "salvatore". | Et notre « sauveur » : Guillaume. |
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I libri di scuola sfoggiavano fieri il tricolore, [2] | Les livres d’école clamaient noir-blanc-rouge avec fierté |
e da essi imparavamo: "Morte ai francesi!" | Alors, on apprenait :« Mort aux Français ! » |
Esercizio: "Non si dice Adieu, ma Grüß Gott" [3] | On s’exerçait : « On ne dit pas Adieu, on dit Grüß Gott » – |
e impazzivamo per i calzoncini da bagno d'acciaio... [4] | Et on s’emballait pour des maillots d’acier… |
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E un giorno arrivò un telegramma, | Et un jour, une lettre est arrivée |
quando il babbo già più non scriveva da tempo. | - Depuis longtemps n’avait pas écrit notre père. |
E allora la mamma si vestì in nero, | Alors, de « noir », notre mère s’est habillée |
e diventammo lei vedova, e noi orfani di guerra. | Et nous étions des orphelins de guerre. |
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Imparammo la Storia e la Rivoluzione | On fit l’expérience de l’Histoire et de la Révolution |
sulla nostra propria pelle. | Dans notre propre individu. |
Ci sudavamo i quattrini superinflazionati [5] | Nous avons sué pour l’argent de l’inflation, |
che poi non ci furono più. | Qui plus tard n’en fut même plus. |
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Cerchiamo ancora, in ogni momento, | Nous sentons encore aujourd’hui à chaque pas |
le tracce lasciateci da quei tempi fulgidi, | Le legs de ces temps admirables, |
e se giocate ai soldati, noi, no, con voi non ci giochiamo | Et jouez aux soldats – nous, nous ne jouons pas, |
perché abbiamo buona memoria. | Car nous avons une bonne mémoire… |
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[1] Anche i soldati tedeschi durante la prima guerra mondiale vestivano in grigioverde. Il grigioverde italiano, storicamente, fu ripreso proprio dall'esercito tedesco per le sue caratteristiche mimetiche.
[2] Nel testo originale, il tricolore è il nero, bianco e rosso tedesco (schwarz-weiß-rot).
[3] Nel purismo linguistico tedesco dell'epoca, i termini francesi dovevano essere nazionalisticamente banditi per quanto possibile. Quindi, si insegnava ad esempio che il saluto Adieu, comunissimo allora, doveva essere sostituito dal tedesco Grüß Gott, che poi ne è il calco preciso ("Saluto a Dio"). Curioso pensare che il nazismo, sorprendentemente, fu talmente contrario al purismo linguistico da perseguire ferocemente i suoi fautori.
[4] Gioco di parole, quasi intraducibile, su "Badehosen" = calzoncini da bagno, e "Stahlbad", che indica propriamente un bagno termale da sorgenti ricche di ferro. Con l'espressione "Stahlbad" (alla lettera: "bagno d'acciaio"), già dalle elezioni legislative del 1912 i circoli militaristi conservatori tedeschi iniziarono a definire la guerra, che secondo loro sarebbe stata una sorta di "bagno termale rigenerativo" della nazione e dello stato prussiano. Così quindi la guerra era presentata: un "bagno termale rigenerativo", ove il ferro o l'acciaio era naturalmente quello sgorgato dalle armi e dai cannoni.
[5] Si ricordi la spaventosa inflazione che colpì la Germania dopo la prima guerra mondiale, quando un giornale o un litro di latte costavano carrettate di inutili marchi.