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LIBeRI

Susanna Parigi
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Mezzo pane e un libro
Discurso de Federico García Lorca al inaugurar la biblioteca de su pueblo. 

“Cuando alguien va al teatro, a un concierto o a una fiesta de cualquier índole que sea, si la fiesta es de su agrado, recuerda inmediatamente y lamenta que las personas que él quiere no se encuentren allí. ‘Lo que le gustaría esto a mi hermana, a mi padre’, piensa, y no goza ya del espectáculo sino a través de una leve melancolía. Ésta es la melancolía que yo siento, no por la gente de mi casa, que sería pequeño y ruin, sino por todas las criaturas que por falta de medios y por desgracia suya no gozan del supremo bien de la belleza que es vida y es bondad y es serenidad y es pasión.

Por eso no tengo nunca un libro, porque regalo cuantos compro, que son infinitos, y por eso estoy aquí honrado y contento de inaugurar esta biblioteca del pueblo, la primera seguramente en toda la provincia de Granada.

No sólo de pan vive el hombre. Yo, si tuviera hambre y estuviera desvalido en la calle no pediría un pan; sino que pediría medio pan y un libro. Y yo ataco desde aquí violentamente a los que solamente hablan de reivindicaciones económicas sin nombrar jamás las reivindicaciones culturales que es lo que los pueblos piden a gritos. Bien está que todos los hombres coman, pero que todos los hombres sepan. Que gocen todos los frutos del espíritu humano porque lo contrario es convertirlos en máquinas al servicio de Estado, es convertirlos en esclavos de una terrible organización social.

Yo tengo mucha más lástima de un hombre que quiere saber y no puede, que de un hambriento. Porque un hambriento puede calmar su hambre fácilmente con un pedazo de pan o con unas frutas, pero un hombre que tiene ansia de saber y no tiene medios, sufre una terrible agonía porque son libros, libros, muchos libros los que necesita y ¿dónde están esos libros?

¡Libros! ¡Libros! Hace aquí una palabra mágica que equivale a decir: ‘amor, amor’, y que debían los pueblos pedir como piden pan o como anhelan la lluvia para sus sementeras. Cuando el insigne escritor ruso Fedor Dostoyevsky, padre de la revolución rusa mucho más que Lenin, estaba prisionero en la Siberia, alejado del mundo, entre cuatro paredes y cercado por desoladas llanuras de nieve infinita; y pedía socorro en carta a su lejana familia, sólo decía: ‘¡Enviadme libros, libros, muchos libros para que mi alma no muera!’. Tenía frío y no pedía fuego, tenía terrible sed y no pedía agua: pedía libros, es decir, horizontes, es decir, escaleras para subir la cumbre del espíritu y del corazón. Porque la agonía física, biológica, natural, de un cuerpo por hambre, sed o frío, dura poco, muy poco, pero la agonía del alma insatisfecha dura toda la vida.

Ya ha dicho el gran Menéndez Pidal, uno de los sabios más verdaderos de Europa, que el lema de la República debe ser: ‘Cultura’. Cultura porque sólo a través de ella se pueden resolver los problemas en que hoy se debate el pueblo lleno de fe, pero falto de luz.


Quando qualcuno va a teatro, a un concerto o a una festa di qualsiasi tipo, se la festa è di suo gradimento, ricorda immediatamente e si rammarica che le persone cui vuol bene, non si trovino lì in sua compagnia. “Quanto piacerebbe questo a mia sorella, quanto a mio padre”, pensa, e non si gode lo spettacolo se non velato di una lieve malinconia. Questa è la malinconia che io sento, non per i miei cari, che sarebbe piccineria spregevole, ma per tutte le creature che per mancanza di mezzi e per loro disgrazia non godono del sommo bene della bellezza che è vita ed è bontà ed è serenità ed è passione.

Per questo non ho mai un libro, perché regalo tutti quelli che compro, che sono innumerevoli, e per questo sono qui onorato e contento di inaugurare questa biblioteca cittadina, la prima sicuramente di tutta la provincia di Granada.

Non solo di pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e fossi senza forze per la strada, non chiederei un pane; ma chiederei mezzo pane e un libro. Ed io attacco da qui violentemente quanti parlano soltanto di rivendicazioni economiche senza nominare mai le rivendicazioni culturali che è poi quel che richiedono gridando i cittadini. È un bene che tutti gli uomini mangino, ma pure che tutti gli uomini sappiano. Che godano di tutti i frutti dello spirito umano, perché il contrario è trasformarli in macchine al servizio dello Stato, è trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione sociale.

Provo molta più pena per un uomo che vuol sapere e non può, che non per un affamato. Perché un affamato può calmare la sua fame facilmente con un pezzo di pane o della frutta, ma un uomo che è ansioso di sapere e non ne ha i mezzi, subisce una terribile agonia, perché è di libri, libri, tanti libri che ha bisogno e dove sono questi libri?

Libri! Libri! Ecco una parola magica che equivale a dire: “amore, amore”, e che la gente dovrebbe chiedere come chiede pane o come brama la pioggia per i propri seminati. Quando l’insigne scrittore russo Fëdor Dostoevskij, padre della rivoluzione russa molto più di Lenin, era prigioniero in Siberia, fuori del mondo, tra quattro mura e circondato da desolate pianure di neve senza fine; e chiedeva aiuto per lettera alla sua famiglia lontana, diceva soltanto: “Mandatemi libri, libri, tanti libri affinché la mia anima non muoia!”. Sentiva freddo e non chiedeva fuoco, aveva una sete terribile e non chiedeva acqua: chiedeva libri, cioè orizzonti, cioè scale per risalire le vette dello spirito e del cuore. Perché l’agonia fisica, biologica, naturale, di un corpo per fame, sete o freddo, dura poco, pochissimo, ma l’agonia dell’animo insoddisfatto dura tutta la vita.

Ha già detto il grande Menéndez Pidal, uno dei saggi più veri d’Europa, che la parola d’ordine della Repubblica deve essere: “Cultura”. Cultura perché soltanto per suo tramite si possono risolvere i problemi fra i quali si dibatte il popolo pieno di fede, ma privo di luce.




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