Originale | Traduzione italiana di Riccardo Venturi
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קעשענעווער שטיקעלע | IL MOTIVETTO DI KIŠINËV 1 |
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שפּילט זשע מיר כּליזמרלעך | Sonatemi dunque, musicanti 2 |
ס קעשענעווער שטיקעלע | il motivetto di Kišinëv, |
אָבער מיטן קנאַק | Ma con brio. 3 |
הונגעריק און שלעפֿעריק | Sono affamato e assonnato, |
און נאַקעט און באָרוועס | scalzo e gnudo, |
אין קעשענע נישטאָ קײן פּיאַטאַק | in tasca non ho manco un soldo. 4 |
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צו מיר געהערט די גאַנצע וועלט | Il mondo intero è mio, |
און איך די גאַנצע וועלט געהער | e io sono di tutto il mondo: |
דאָס איז דאָך שױן פֿעסטגעשטעלט אַ פֿאַקט | è un fatto già appurato. |
און טאָמער וועט מען מיר ניט גלײבן | E se non mi si crederà, |
טאָמער וועט מען פֿרעגן ווער | se me lo si domanderà, |
קען איך אים באַווײַזן אַ קאָנטראַקט | potrei mostrargli un contratto. |
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צרות און גריזאָטע עגמות נפֿש און יעסורים | Pene e dolori, sofferenze e ambasce, 5 |
אָט דאָס זעט איר האָב איך אױפֿן פּאַק | di questo, vedete, ne ho pieno un sacco. |
האָב איך גאָרניט דאַרף איך גאָרניט | non ho niente, non mi serve niente, |
וועל איך גאָרניט ניט פֿאַרלירן | non ho niente da perdere, |
וועט מען מיך נישט רופֿן קײן טשודאַק | nessuno mi chiamerà un tipo strano. |
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שפּילט זשע מיר כּליזמרלעך | Sonate dunque per me, musicanti, |
דאָס האַרץ זאָל אַזש צעגײן אין מיר | il cuore mi si scioglierà dentro! |
בײַ די קרובֿים בין איך פּשוט ברק | Per i miei non sono altro che un relitto. |
נישט געשמײכלט נישט געחנפֿעט | Nessun sorriso per me, nessun complimento, |
אַלץ געזען נאָר ניט געגנבֿעט | ho visto di tutto ma non ho rubato niente, |
בײַ מײַן מחותן בין איך אַ באָסיאַק | per i miei parenti acquisiti 6 sono un accattone. 7 |
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די רײַכע האָבן צו פֿיל עסן | I ricchi hanno troppo da mangiare, |
איז בײַ זײ דער מאָגן שווער | hanno lo stomaco pesante, |
ליגן זײ אױף דאַטשעס אָנגעפּאַקט | stanno rintanati nelle loro dacie. 8 |
און ניט איך עס און ניט איך טרינק | E io invece non mangio e non bevo nulla, |
איז בײַ מיר דער מאָגן לער | il mio stomaco è vuoto |
קען איך לײַכטער צוטאַנצן צום טאַנץ | e allora più leggero mi do al ballo. |
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שפּילט זשע מיר כּליזמרלעך | Sonate dunque per me, musicanti, |
דאָס האַרץ זאָל אַזש צעגײן אין מיר | il cuore mi si scioglierà dentro! |
צרות האָב איך אָט אַזאַ מין זאַק | Di pene ne ho un sacco pieno, |
הונגעריק און שלעפֿעריק און נאַקעט און באָרוועס | Sono affamato e assonnato, scalzo e gnudo, |
אין קעשענע נישטאָ קײן פּיאַטאַק | in tasca non ho manco un soldo. |
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[1] Lo shtikele del titolo è, propriamente, il diminutivo di shtuk “pezzo; brano (musicale)”. In italiano si ha una scelta tra “arietta”, “motivetto”, “canzoncina” eccetera; ho scelto “motivetto”.
[2] Abbiamo qui il diminutivo (affettivo) -al plurale- di una delle parole yiddish più famose: klezmer. Si tratta dell'intera tradizione musicale degli ebrei ashkenaziti dell'est europeo. Klezmer è il nome della musica, derivato dall'ebraico כלי זמר (kley zemer, alla lettera “strumenti musicali”); i sonatori, o “musicanti” come qui ho tradotto, sono detti klezmorim. Su tutta la musica klezmer (da non scrivere “kletzmer”, come molti fanno) consiglierei la lettura dell'intero articolo di en.wikipedia, completissimo.
[3] Il termine yiddish knak significa “brio, splendore”. Ho visto che nelle versioni in francese e inglese è stato tradotto con “maestria”; ci può stare, ma non del tutto.
[4] Per “soldo” si usa qui un termine russo, piatak (пятак). Si tratta della comune monetina da cinque copechi (in russo: пять = “5”), che non valeva nulla allora come non vale nulla oggi. In russo si ha quindi il “cinquino” laddove noi abbiamo il “quattrino”.
[5] I termini sono qui tutti sinonimi e si sono usati, di conseguenza, quattro sinonimi italiani. Da notare che, nell'originale, a parte grizote tutti i termini per “pena, dolore”, appartenendo alla sfera intima e affettiva, sono di origine ebraica (tsore, agmes nefesh, yefurim). Per esprimere gioia, dolore, amore e odio lo yiddish ricorre quasi sempre a antiche parole bibliche.
[6] Il termine yiddish mekhutn (di origine ebraica) indica i "parenti acquisiti col matrimonio" (proprio o di un altro parente).
[7] Il termine bosiak, che nelle versioni in inglese e francese non viene tradotto, significa “accattone, mendicante”. Non è parola di origine russa, ma serba: božjak, ove è presente la radice panslava di “Dio” (Bog). Il “mendicante” è chi “invoca Dio” o “si affida a Dio”. A sua volta, si tratta di un'antichissima parola di origine iranica (baγ): è presente, tra le altre cose, nel nome (non arabo, ma iranico) della città di Bagdad, letteralmente "data da Dio" (baγ-dad).
[8] Parola russa oltremodo famosa (дача). Nonostante la grafia italiana (dacia), non ha nulla a che vedere con la storica regione ove si trova l'attuale Romania; indica, come è noto, la bella casa di campagna che, in Russia, è sempre stata sinonimo di agiatezza. Famose le dacie che nell'ex URSS venivano concesse ai papaveri del Partito o, comunque, alle persone in vista. Le prime dacie vennero costruite ai tempi di Pietro il Grande, e il loro carattere di privilegio è insito nel nome: дача (dača) è un sostantivo formato sulla radice del verbo “dare” (in russo дать dat', l'antichissimo verbo pan-indoeuropeo) e significa quindi “cosa data, concessione”.