Vincent (Starry, Starry Night)
Don McLeanVersione italiana di Roberto Vecchioni | |
VINCENT Stellata notte di stelle, il pennello intingi nel grigio e nel blu, affacciati a un giorno d’estate con occhi che conoscono l’oscurità della mia anima. Ombre sulle colline abbozzano alberi e narcisi, rapiscono la brezza e il freddo dell’inverno nei colori sul biancore della neve d’attorno. Solo ora capisco cosa cercavi di dirmi e quanto soffrivi sapendo d’aver ragione e come cercavi di liberarli. Ma loro non ascoltavano, non sapevano proprio come. Forse ascolteranno ora. Stellata notte di stelle, fiammeggianti fiori, luccichio che sfavilla e nubi impazzite d’una foschia violetta si riflettono negl’occhi di cielo-china di Vincent. Colori cangianti, aurore nei campi di grano a maturare, facce consunte e dal dolore segnate si riscattano sotto l’amorosa mano del pittore. No, non sapevano amarti loro, nonostante il tuo amore così vero, e quando non ci fu più ombra di speranza in quella notte di stelle… in quella notte di stelle ti sei tolto la vita come spesso fanno gli amanti. Ma avrei voluto dirti, Vincent, che questo mondo non era adatto a un uomo così tanto bello, come te. Stellata notte di stelle, ritratti appesi in stanze deserte, volti senza cornice su anonime pareti, coi loro occhi scrutano il mondo e non dimenticano. Uguale agli sconosciuti che hai incontrato, poveri vagabondi vestiti di stracci, una spina d’argento d’una rosa insanguinata in frantumi giace sulla vergine neve. Solo ora credo di capire cosa cercavi di dirmi e quanto soffrivi sapendo d’aver ragione e come cercavi di liberarli. Ma loro non ascoltavano, non ascoltano ancora, e forse mai lo faranno… | VINCENT Guarderò le stelle com'erano la notte ad Arles, appese sopra il tuo boulevard; io sono dentro agli occhi tuoi, Vincent. Sognerò i tuoi fiori, narcisi sparpagliati al vento, il giallo immenso e lo scontento negli occhi che non ridono, negli occhi tuoi, Vincent. Dolce amico mio, fragile compagno mio, al lume spento della tua pazzia te ne sei andato via, piegando il collo come il gambo di un fiore: scommetto un girasole. Sparpagliato grano, pulviscolo spezzato a luce e bocche aperte senza voce nei vecchi dallo sguardo che non c'è, poi le nostre sedie le nostre sedie così vuote così "persone", così abbandonate e il tuo tabacco sparso qua e là. Dolce amico mio, fragile compagno mio, che hai tentato sotto le tue dita di fermarla, la vita. Come una donna amata alla follia la vita andava via e più la rincorrevi e più la dipingevi a colpi rossi per tenerla stretta, gialli come dire "Aspetta!", fino a che i colori non bastaron più... e avrei voluto dirti, Vincent, questo mondo non meritava un uomo bello come te! Guarderò le stelle, la tua, la mia metà del mondo che sono le due scelte, in fondo: o andare via o rimanere via. Dolce amico mio, fragile compagno mio, io, in questo mare, non mi perdo mai; ma in ogni mare sai "Tous le bateaux vont à l'hazard pour rien". Addio, da Paul Gauguin. |