Language   

Ο ξεριζωμός

Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης
Back to the song page with all the versions


OriginalTraduzione italiana di Riccardo Venturi
Ο ΞΕΡΙΖΩΜΌΣLO SRADICAMENTO
  
Μαρμαρωμένε βασιλιά, τι όνειρο, τι παγανιάRe pietrificato, ma quale sogno, quale tranello,
ο τάφος σου άδειος και σε μια γωνιάil tuo sepolcro è vuoto, e in un angolo
μια χούφτα λόγια, αδιάβαστα χαρτιά.una manciata di parole, libri non letti.
Μαρμαρωμένε βασιλιά τι όνειρο, τι παγανιάRe pietrificato, ma quale sogno, quale tranello
αντί για σε αναστήθηκε η Τουρκιά η Πόλη πάειal posto tuo è risorta la Turchia, la Città 1 e Smirne
και η Σμύρνη στη φωτιά, διπλοχαμένη Αγιά Σοφιάsono in fiamme, Santa Sofia due volte persa,
στερνή φωνή στην ερημιά την Προύσσα καίνεbruciano Prusa 2, ultima voce nel deserto,
και στο Αϊβαλί σταυρός αγκάθι ξύδι και χολή.e a Aivalì 3 croce, spina, aceto e bile.
Χαμένη γη και προσφυγιά τα πόδια εδώ, αλλού η καρδιάTerra perduta, profughi i piedi qui, il cuore è altrove,
κομμάτια μου ψάχνω να βρω να κάνω ρίζα να ξανασταθώcerco i miei pezzi, di metter radice, di rialzarmi
και να φωνάξω με φωνή που να ματώσουν οι ουρανοίe di gridar con una voce che i cieli faccian sanguinare.
όλοι μας σφάζαν και μας πνίγανε μαζί,Tutti noi massacravamo; e insieme ci strangolavano,
Εγγλέζοι, Γάλλοι κι Αμερικανοί.inglesi, francesi e americani.
  
Μαρμαρωμένε βασιλιά, τι όνειρο τι παγανιάRe pietrificato, ma quale sogno, quale tranello!
μες του πετρέλαιου τη δροσοσπηλιάDentro la grotta, bagnata di petrolio,
να σ' αναστήσω ήρθα μ' όνειρα παλιάson venuto a risuscitarti con antichi sogni,
πέτρινε πεθαμένε βασιλιά.o morto re di pietra.
  
Κατακαημένο Αϊβαλί και παινεμένο ΑϊδίνιAivalì tutta bruciata, Aidinio 4 ricca di lodi,
χαροκαμένο Εσκή Σεχήρ αρχοντοπούλα Σμύρνη.Eskişehir 5 perseguitata dalla morte, Smirne principesca.
Κλάψτε για το Καραχισάρ και για τα Μοσχονήσια,Piangete per Karahisar 6 e per le Moschonisia, 7
δουλεύει ο Χάρος στα Βουρλά κι ο θάνατος στην Προύσσα.lavorano Caronte a Urla 8 e la morte a Prusa,
Από πού παν στο Κασαμπά στην Πάρσα και στ' Αξάριda dove vanno a Cassabà 9, a Parsa 10 e a Thyatira 11,
δεν πάνε πια στην Αμισσό στο Ακχισάρ ή στο Αξάρι.non vanno più a Amissòs 12, a Akhisar 13 o a Thyatira.
Note alla traduzione

[1] La “Città” (η Πόλις, o η Πόλη) per eccellenza è, nel mondo greco, Costaninopoli (Bisanzio, İstanbul). Lo stesso nome turco attuale della Città è comunque derivato dal greco, sia che lo si voglia per estrema corruzione da Κωνσταντινούπολις, sia (come appare più probabile), dall'espressione εἰς τὴν Πόλιν “verso la citta, nella città” (moto a luogo).

[2] Prusa (gr. Προύσα, o Προύσσα) è la citta turca di Bursa, una delle maggiori del paese (attualmente la quarta in assoluto, con quasi due milioni di abitanti). Situata presso il Mar di Marmara, alle pendici del monte Uludağ, o Olimpo della Misia (2543 m), sorge sul luogo dell'antichissima Cio (Κίος), che Filippo V di Macedonia concesse nel 202 a.C. al re di Bitinia Prusia I per il suo aiuto contro Pergamo; da qui il nome che ancora adesso reca. La popolazione ellenica, che vi viveva da sempre, fu espulsa come da tutti i centri dell'Asia Minore nel 1922. Fu patria del celebre oratore e filosofo Dione Crisostomo, detto anche Dione di Prusa. Nonostante le origini e l'importante cultura greca, Prusa fece parte sin da tempi antichi dell'Impero Ottomano, di cui fu la prima capitale. Per la sua particolare situazione geografica, Prusa sperimenta tra i climi più estremi della Turchia: in febbraio si può arrivare facilmente a -15°/-20°, mentre in luglio e agosto si arriva altrettanto facilmente a +45°.

Bursa (Prusa)
Bursa (Prusa)


[3] Per Aivalì (gr. Αϊβαλί), vale a dire l'odierna città turca di Ayvalık, si veda anche Χίλια μύρια κύματα. La città, situata sulla costa micrasiatica esattamente di fronte all'isola greca di Lesbo, era stata originariamente popolata proprio da lesbioti; recava il nome tradizionale di Κυδωνίες (o Κυδωνίαι in katharevousa), in riferimento ai meli cotogni che crescono in abbondanza nella zona. Il nome turco, poi usato generalmente anche in greco, ne è la traduzione: ayva significa infatti pure “mela cotogna” in lingua turca. Non lontano dalla città, che conta oggi circa 36.000 abitanti, sorgeva l'antica Pergamo, di cui oggi sono presenti importanti resti archeologici. Fino al 1922, Aivalì (i cui abitanti avevano contribuito economicamente alla guerra d'Indipendenza) era stata popolata quasi esclusivamente da greci, che godevano di una pressoché totale indipendenza all'interno dell'Impero Ottomano; tale situazione si faceva risalire ad un episodio accaduto nel luglio 1770, quando l'ammiraglio turco Cezayirli Gazi Hasan Paşa vi si era rifugiato con due navi dopo la disastrosa sconfitta patita contro la flotta russa nella battaglia di Çeşme (5-7 luglio 1770). L'ammiraglio era stato ospitato e salvato da un prete greco ortodosso, che ignorava chi fosse il suo ospite; quest'ultimo, una volta divenuto Gran Visir, mostrò riconoscenza verso gli aivalioti concedendo loro una virtuale indipendenza. La città fu occupata dall'esercito greco il 29 maggio 1919; il 15 settembre 1922 fu ripresa dalle forze turche comandate da Mustafa Kemal Atatürk in persona. Ne seguirono violenze sulla popolazione greca e armena; nello “scambio di popolazioni” che ne seguì, i greci, dopo secoli, abbandonarono Aivalì per mare. Si dice comunque che, ancora fino a non molti anni fa, per i vicoli di Aivalì si sentisse ancora parlare il greco; e la parte storica della città conserva ancora l'impronta architettonica ellenica.

Ayvalık (Aivalì) oggi.
Ayvalık (Aivalì) oggi.


[4] E' l'odierna città turca di Aydın, che conta circa 180.000 abitanti ed è il più importante centro della valle del fiume Meandro (Μαίανδρος in greco, Büyük Menderes in turco). Nell'antichità era nota come Antea o Evanzia (Ανθέα, Ευανθία), “la (ben) fiorita”, oppure anche come Seleucia sul Meandro (Σελεύκεια επί του Μαιάνδρου) o Erynina (Ερυνίνα); in epoca bizantina recò infine il nome di Trallis (Τράλλεις). La forma greca attuale, diversa da quella espressa nella canzone, è Αϊδίνιo. Aidinio fu presa dall'esercito greco il 14 maggio 1919; all'epoca la città aveva circa 35.000 abitanti, di cui ottomila erano greci. Tra i più famosi aidinioti greci ricordiamo la celebre fotografa Elli Souyoultzoglou-Seraidari, più nota come Nelly, collaboratrice del regime di Metaxas e amica di Leni Riefenstahl; di Nelly si ricordano parecchie foto che ritraggono i profughi greci micrasiatici dopo la Catastrofe del 1922.

Profughi greci, 1922. Fotografia di Nelly.
Profughi greci, 1922. Fotografia di Nelly.


Curiosamente, di Aydın era nativo anche il primo ministro turco Adnan Menderes, che nel suo cognome recava il nome del fiume Meandro (si pronuncia menderès), che fu deposto da un colpo di stato militare e impiccato il 17 settembre 1961. Tra i capi d'accusa che lo portarono a morte, ci fu anche quello di essere stato tra gli organizzatori del Pogrom di Istanbul del 6-7 settembre 1955, rivolto contro la comunità greca della città; vi furono saccheggi, distruzioni e sedici morti fra greci (e armeni). Sono i famosi Σεμπτεμβριανά "fatti di settembre" che accelerarono l'emigrazione dei greci di Costantinopoli: nel 1955 erano ancora circa 100.000, nel 2006 non ne rimanevano che 2500. Del pogrom, orchestrato da Menderes, dal suo "Partito Democratico" e dalle forze di polizia, fu in un primo momento accusato il Partito Comunista Turco (con decine di arresti); pretesto per l'attacco era stata la falsa notizia, pubblicata da alcuni giornali, che un attentato dinamitardo aveva distrutto la casa natale di Atatürk a Salonicco.

[5] Non è chiaro perché la città di Eskişehir (nome che corrisponde, grosso modo, a Civitavecchia) sia nominata nella canzone come “perseguitata dalla morte”; forse perché alla sua provincia anatolica appartenevano molte località storicamente greche e abitate da greci. Attualmente, Eskişehir è, coi suoi quasi 800.000 abitanti, l'ottava città della Turchia e non ha mai ospitato una significativa comunità ellenica sebbene la sua antica storia rientri in parte nella grecità (era già nota nel IV secolo a.C. come Δορύλαιον, lat. Dorylaeum, dedicata al mitico Dorilao -“popolo con la lancia”-, discendente di Ercole). La città sorge sulle rive del fiume Tembrio, o Porsuk, che forma la valle della Frigia; e frigia dev'essere senz'altro la sua antichissima origine, attorno al 1000 a.C.

[6] Si tratta dell'attuale città turca di Afyonkarahisar, situata nell'entroterra micrasiatico sulle rive del fiume Akarçay. Sorge ad un'altitudine di 1021 m ed ha circa 173.000 abitanti. Afyonkarahisar ha un'origine antichissima: era già nota agli Ittiti come fortezza, con il nome di Hapanuwa. Fu poi sotto dominazione frigia, lidia e persiana, fino alla conquista da parte di Alessandro Magno, che la ribattezzò Ακροϊνόν (Akroinòn), indubbiamente per la sua elevata altitudine. Nel 740 d.C., l'imperatore Bizantino Leone III la ribattezzò Nicopoli (Νικόπολις) “città della vittoria” per celebrare la vittoria sugli Arabi che la avevano assediata. Restò bizantina fino al 1071, quando fu conquistata dai Turchi Selgiuchidi. A causa dell'antichissima fortezza, che sorge oltre 200 m più in alto dell'abitato, la città fu chiamata Kara Hisar, vale a dire “castello nero” in turco (la fortezza sorge su uno sperone di roccia nera, probabilmente di origine basaltica). La città e la fortezza furono assai contese durante le Crociate; fu conquistata alla fine dal sultano Bayâzid I nel 1392, ma immediatamente ripersa ad opera delle orde mongole di Timur Lenk (Tamerlano). Fu definitivamente riconquistata dagli Ottomani solo nel 1428. Nel frattempo, per certe coltivazioni che prosperavano nella zona, alla sua denominazione si aggiunse quella di Afyon, che significa “oppio” (la parola turca deriva del resto direttamente dal greco ὄπιον, mentre il greco moderno usa comunemente il “cavallo di ritorno” turco: αφιώνι). Col tempo, la denominazione di Afyon prevalse, anche se la denominazione completa rimaneva Afyon Kara Hisar, ovvero: “castello nero dell'oppio”. Soltanto nel 2004 la ha ripresa nella forma completa ufficiale, senza suddivisione delle parole: adesso è Afyonkarahisar. Poiché si sarà capito che la città non era celebre e prospera per la produzione di cavoli verzotti, va detto che in epoca Ottomana divenne il consueto miscuglio di mercanti turchi, greci e armeni, che vi vivevano in perfetta armonia (l'impero Ottomano era in realtà assai tollerante con le varie etnie, sempre che non mettessero in discussione l'autorità imperiale). Durante la 1a guerra mondiale vi furono “ospitati” i prigionieri britannici (australiani e neozelandesi) catturati nella battaglia di Gallipoli; cosicché Afyonkarahisar è anche nella storia di quei due lontanissimi paesi. Durante la guerra greco-turca del 1919-1922, la città fu occupata prima dalle truppe francesi e italiane, e infine da quelle greche. Fu riconquistata dai turchi il 27 agosto 1922, ed è facile immaginare che fine abbia fatto la popolazione greca che vi viveva, letteralmente, da un paio di millenni; solo per dare un'ennesima idea di quale bella idea sia stata la Μεγάλη Ιδέα nazionalista che ha portato, appunto, allo ξεριζωμός argomento di questa canzone.

La città di Afyonkarahisar. In primo piano, a sinistra, la "roccia nera" con l'antichissima fortezza già nota agli Ittiti.
La città di Afyonkarahisar. In primo piano, a sinistra, la "roccia nera" con l'antichissima fortezza già nota agli Ittiti.


[7] Le isole Moschonìsia (Μοσχονήσια “isole fragranti”), note adesso come Isole Cunda o Arcipelago di Ayvalık), sono un arcipelago di parecchie isolette situate nel canale di Lesbo, tra quest'ultima isola e la città di Aivalì (v. Nota 3). Attualmente sono un parco naturale protetto; la denominazione ufficiale turca è Ayvalık adaları. Soltanto due delle circa trenta isole, vale a dire Moschonisi (Μοσχονήσι, in turco Cunda) e Cromido (Κρόμιδο, in turco Lale) sono abitate; particolarmente la prima, la più estesa (23 km2), era abitata fino al 1922 da una popolazione quasi interamente greca (lesbiota) di circa 14.000 persone. Contrariamente alla popolazione greca aivaliota, che fu espulsa, quella di Moschonisi fu massacrata, non essendo riuscita a fuggire a Lesbo per mare. Attualmente restano a Moschonisi/Cunda circa 5000 persone, tutte turche. L'isola è attualmente unita alla terraferma da una passerella.

Le isole Moschonisia viste da Aivalì.
Le isole Moschonisia viste da Aivalì.


[8] Con il nome greco di Βουρλά (Vourlà), che significa qualcosa come “ricco in giuncaglie palustri” (βούρλο “giunco delle paludi”), è nota la città turca di Urla, presso Smirne. Sorge sul luogo dell'antica Clazomene (Κλαζομεναί), patria del filosofo Anassagora; le rovine di Clazomene costituiscono tuttora un'importante attrattiva della città, e il suo nome si è perpetuato nella denominazione turca del distretto costiero che la comprende, Kilizman (o Güzelbahçe “bel giardino”). La città si distingue per avere tra le più alte percentuali di alfabetizzazione della Turchia (97%), ed è nota fin dall'antichità per la produzione di olio di oliva di finissima qualità. Attualmente conta circa 56.000 abitanti. Città, anch'essa, che fino al 1922 aveva una consistente parte della popolazione di etnia e lingua greca; e tra i greci di Vourlà ne ricordiamo uno in particolare, Yorgos Seferis. Vourlà fu risparmiata dai massacri nella guerra greco-turca, ma nel 1922 si ebbe il “consueto” scambio di popolazioni; anche la famiglia di Seferis (nato Seferiadis, il 13 marzo 1900) dovette trasferirsi in Grecia. Contemporaneamente, arrivò a Urla la famiglia di uno dei più grandi scrittori turchi contemporanei, Necati Cumalı, che era allora un bambino piccolo, essendo nato a Florina, in Grecia, nel 1921. Vourlà/Urla è quindi patria, al tempo stesso, del più grande poeta greco contemporaneo che ne fu esule, e di uno dei maggiori scrittori turchi che ne “prese il posto”. Questo può servire, credo, come metafora per tutta quanta la Καταστροφή di novant'anni fa, una catastrofe che non ha ancora cessato di far sentire i suoi effetti.

La città di Vourlà (Urla) con la prospiciente isola di Karantına. Il nome dell'isola deriva da un centro portuale di quarantena fondato dai francesi nel 1865.
La città di Vourlà (Urla) con la prospiciente isola di Karantına. Il nome dell'isola deriva da un centro portuale di quarantena fondato dai francesi nel 1865.


[9] Cassabà (Κασαμπάς) è il nome greco della città turca di Turgutlu, nella regione di Manisa, nell'entroterra smirnaico. Il tradizionale nome greco della città è comunque derivato dal turco: kasaba significa semplicemente “cittadina, grosso paese”. Attualmente la “cittadina” conta circa 150.000 abitanti; si trova al centro di un importantissimo distretto agricolo, famoso peraltro per quelli che in tutto il mondo vengono chiamati “meloni di Casaba”, vale a dire i meloni con buccia gialla o verdognola. La città ebbe a soffrire molto durante la guerra greco-turca: occupata dalle truppe greche nel 1919, nel 1922 le stesse, al momento della sconfitta ellenica e del ritiro, fecero letteralmente terra bruciata incendiando la città. Il 5 settembre 1922, quando l'esercito greco se ne andò, di Cassabà/Turgutlu non restava praticamente nulla (comprese le case della comunità greca, e questo è un particolare che deve essere messo particolarmente in risalto). Andarono distrutti, secondo le statistiche, 6127 edifici su 6328; tra di essi, la storica moschea e la biblioteca cittadina, con oltre 20000 volumi. Oltre all'incendio, le truppe greche (coadiuvate dai greci e dagli armeni della città) massacrarono circa un migliaio di turchi. Il viceconsole americano a Costantinopoli dell'epoca, James Loder Park, che visitò la zona subito dopo il ritiro delle truppe greche, descrisse così la situazione: " Cassaba (present day Turgutlu) was a town of 40,000 souls, 3,000 of whom were non-Muslims. Of these 37,000 Turks only 6,000 could be accounted for among the living, while 1,000 Turks were known to have been shot or burned to death. Of the 2,000 buildings that constituted the city, only 200 remained standing. Ample testimony was available to the effect that the city was systematically destroyed by Greek soldiers, assisted by a number of Greek and Armenian civilians. Kerosene and gasoline were freely used to make the destruction more certain, rapid and complete."

1919: le truppe greche entrano a Cassabà/Turgutlu.
1919: le truppe greche entrano a Cassabà/Turgutlu.


[10] Parsa è un piccolo centro situato tra Smirne e Turgutlu (Cassabà. v. nota 9). Non è chiaro cosa vi sia avvenuto, ma è del tutto probabile che abbia condiviso tutte le tragiche vicende della guerra greco-turca.

[11] Thyatira (Θυάτειρα) è la moderna città turca di Akhisar. Il nome turco significa “castello bianco”, di cui la denominazione greca moderna, Το Αξάρι, è un'evidente derivazione. Thyatira/Akhisar è città antichissima e storica; è situata anch'essa nella Manisa, nell'entroterra micrasiatico di Smirne. L'antica Thyatira fu, si dice, una delle prime città al mondo dove fu usato il denaro; fu anche una delle Sette Chiese della Rivelazione, ed il suo nome è citato due volte nei Vangeli. Di origine probabilmente ittita, nel 500 a.C. fu conquistata da Alessandro Magno; divenne romana nell' 80 d.C. E, infine, turca nel 1307. Al suo interno sono stati individuati reperti archeologici che testimonierebbero della presenza umana già novemila anni prima di Cristo. Akhisar è ora una moderna città industriale, con un nucleo antico e le rovine dell'antica Thyatira.

Veduta di Akhisar.
Veduta di Akhisar.


[12] Amissòs (propriamente: Αμισός, Amisós) è la moderna e grande ci$ttà turca di Samsun, a sua volta ridenominata in greco Σαμψούντα (Sampsunda). Il nome turco parrebbe comunque derivare, con estrema corruzione, dall'espressione greca εις Αμισόν “verso Amisòs” (> *is amisòn > *s-am(i)sòn > Samsun). Lo storico Ecateo scrisse che la città si chiamava in origine Ἑνέτη (Henete); con questo nome è menzionata nell'Iliade. Situata nell'antica Paflagonia, sulle rive del Mar Nero, la città conta attualmente quasi 400.000 abitanti ed è il principale porto turco su quel mare. Le sue origini si perdono letteralmente nella notte dei tempi: gli scavi effettuati nella località di Dündartepe hanno portato alla luce un insediamento risalente all'Età del Rame, mentre altri scavi effettuati a Tekkeköy hanno fatto rinvenire insediamenti della prima Età del Bronzo e ittiti. Amisòs propriamente detta fu fondata circa 750 anni prima di Cristo (sarebbe, comunque, contemporanea di Roma) da coloni di Mileto, che vi stabilirono floridi commerci con l'Anatolia. Nel III secolo a.C. la ritroviamo conquistata da Alessandro Magno, mentre nel 47 a.C. cadde sotto dominazione romana (Amisus). Fu poi parte dell'Impero Bizantino. Nel 1200 fu presa dagli Ottomani Selgiuchidi, che la divisero tra musulmani e “giaurri” (cristiani); fu allora che entrò nell'orbita della Repubblica di Genova, che vi stabiliì un importante colonia commerciale. Fu completamente ripresa dagli Ottomani nel XV secolo, ma prima di andarsene i genovesi la rasero al suolo. All'epoca la città era chiamata, in turco, Canık. Samsun è una città molto importante nella storia della Turchia moderna: fu proprio là che Mustafa Kemal Atatürk vi fondò il Movimento di Liberazione Turco il 19 maggio 1919, giorno considerato come l'inizio della guerra greco-turca.

La città di Samsun (Amisòs) oggi.
La città di Samsun (Amisòs) oggi.


[13] Per Akhisar si veda la nota 11.








Back to the song page with all the versions

Main Page

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org