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D'un sirventes far en est son que m 'agenssa

Guilhem Figueira
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L’ensemble di musica medievale LiliumLyra ‎‎(Simone Bruno, Mario...

CONTRO ROMA (NON VOGLIO PIÙ TARDARE NÉ ESITARE ANCORA)‎

Non voglio più tardare né esitare ancora
a comporre un sirventese su questa melodia che mi piace;‎
eppure non ho dubbi che mi procurerà sentimenti ostili
perché questo sirventese tratta
dei falsi e dei perfidi
di Roma, che è alla testa della decadenza
in cui degenera ogni bene.‎

Non mi stupisco, Roma, se la gente cade in errore,‎
perché hai gettato il mondo in tormento e in guerra
e pregio e pietà muoiono a causa tua e sono sotterrati,‎
Roma ingannatrice,‎
di tutti i mali guida,‎
cima e radice: tanto che il nobile re d'Inghilterra
è stato da te tradito.‎

Roma bara, la cupidigia ti acceca:‎
alle tue pecorelle tondi troppo la lana.‎
Lo Spirito Santo che assunse carne umana
ascolti le mie preghiere
e spezzi il tuo becco.‎
Roma, non ti darò tregua: perché sei falsa e perfida
con noi e con i Greci.‎

Roma, ai deboli di mente tu rodi la carne e le ossa
e guidi i ciechi con te dentro alla fossa;‎
trasgredisci i comandamenti di Dio, tanto grande
è la tua cupidigia:‎
in cambio di denaro
perdoni i peccati. Roma, di un pesante fardello
di male ti carichi.‎

Roma, sappi che il tuo vile mercato‎
e la tua follia hanno causato la perdita di Damietta.‎
Male ti comporti, Roma; Dio ti abbatta
e ti mandi in rovina,‎
perché ipocritamente
ti comporti per denaro, Roma di vile razza
e violatrice di patti.‎

Roma, davvero io so con assoluta certezza‎
che sotto parvenza di falso perdono
hai mandato al supplizio la nobiltà di Francia,‎
lontano dal paradiso,‎
e che hai ucciso,‎
Roma, il nobile re Luigi: perché con false prediche
lo hai attirato fuori di Parigi.‎

Roma, ai Saraceni fai ben poco danno,‎
ma Greci e Latini li mandi al massacro.‎
Nel fuoco dell'abisso, Roma, hai eletto dimora,‎
nella perdizione.‎
Dio non mi faccia mai partecipe,‎
Roma, del perdono e del pellegrinaggio
che hai fatto ad Avignone.‎

Roma, senza ragione hai ucciso molta gente
e non mi piace affatto la via tortuosa che segui,‎
perché alla salvezza, Roma, sbarri la porta.‎
Ha una pessima guida
in estate come in inverno
chi segue le tue orme, perché il diavolo lo trascina
nel fuoco dell'inferno.‎

Roma, è facile dirti il male che meriti,‎
dato che per scherno martirizzi i cristiani;‎
ma in quale libro trovi scritto che si debbano uccidere,‎
Roma, i cristiani?‎
Dio, che è il pane vero
e quotidiano, mi conceda di veder capitare
ciò che desidero ai Romani.‎

Roma, sei stata veramente assai sollecita
negli ipocriti perdoni che hai concesso a danno di Tolosa:‎
ti rodi le mani alla maniera di una rabbiosa,‎
Roma seminatrice di discordia.‎
Ma se il valoroso conte
vive ancora due anni, la Francia avrà motivo di dolersi
dei tuoi inganni.‎

Roma, è cosl grande il tuo tradimento
che provochi il disprezzo di Dio e dei suoi santi;‎
ti comporti cosi male, Roma falsa e perfida,‎
che per te sparisce,‎
diminuisce e si dissolve
la gioia di questo mondo. E fai un grave oltraggio
al conte Raimondo.‎

Roma, Dio aiuti e dia potere e forza
al conte che tonde i Francesi e li scortica,‎
calpestandoli sotto i suoi piedi quando li affronta:‎
che gioia per me!‎
Roma, Dio si ricordi
dei tuoi grandi torti; e gli piaccia sottrarre il conte
a te e alla morte.‎

Roma, mi consola il fatto che tra poco‎
andrai a finire male se il giusto Imperatore
segue senza deviare il suo destino e fa quello che deve.‎
Roma, in verità lo dico,‎
vedremo decadere
la tua potenza: Roma, il vero Salvatore
mi conceda di vederlo presto.‎

Roma, per denaro tu compi molte azioni spregevoli,‎
molte insolenze e molte vigliaccherie.‎
Tale è la tua smania di dominare il mondo
che nulla temi,‎
né Dio né i suoi divieti:‎
anzi vedo che fai dieci volte più male
di quanto io non sia in grado di dire.‎

Roma, tu stringi cosi forte i tuoi artigli,‎
che ciò che puoi afferrare difficilmente ti sfugge;‎
se al più presto non perdi la tua potenza, in trappola
sarà caduto il mondo:‎
sarà morto e sconfitto
e il pregio distrutto. Roma, il tuo papa
fa di questi miracoli.‎

Roma, Colui che è Luce del mondo, vera vita
e vera salvezza, ti mandi in malora,‎
perché tanti e cosi risaputi sono i tuoi misfatti, da far
gridare il mondo.‎
Roma sleale,‎
radice di ogni male,‎
nel fuoco infernale brucerai senza scampo,‎
se non cambi rotta.‎

Roma, meriti biasimo a causa dei tuoi cardinali
per i criminali peccati di cui fanno parlare,‎
perché non pensano se non a come poter rivendere
Dio e chi lo ama;‎
e a nulla serve correggerli.‎
Roma, è disgustoso ascoltare e sentire
le tue prediche.‎

Roma, sono indignato perché il tuo potere aumenta
e grande angoscia per causa tua ci opprime tutti:‎
sei rifugio e fonte di inganno, di vergogna
e di disonore.‎
I tuoi pastori
sono impostori e falsi, Roma, e chi li frequenta
fa davvero una cosa insensata.‎

Roma, male agisce il papa quando contende
all'imperatore il diritto alla corona,‎
lo dichiara in errore e concede il perdono ai suoi nemici:‎
un simile perdono
non conforme a ragione,‎
Roma, è ingiusto; e chi lo giustifica
si copre di vergogna.‎

Roma, il Glorioso, che per noi soffrì mortale dolore‎
sulla croce, ti dia cattiva sorte,‎
perché vuoi sempre portare la borsa piena,‎
Roma di malaffare,‎
che hai il cuore tutto‎
volto al guadagno: per questo la cupidigia ti trascina
nel fuoco inestinguibile.‎

Roma, dal rancore che porti nella gola
nasce il succo di cui muore e si strangola lo sventurato
sentendo in cuore dolcezza; perciò il saggio trema
quando riconosce e distingue
il mortale veleno
‎(e da dove viene: Roma, dal cuore ti cola!)‎
di cui sono colmi i petti.‎

Roma, si è sempre sentito raccontare‎
che la tua testa è vuota perché la fai spesso rasare.‎
Per questo penso e credo che bisognerebbe strapparti,‎
Roma, il cervello
perché un cappello d'infamia
portate tu e Cìteaux, che a Béziers avete ordinato
uno spaventoso massacro.‎

Roma, con esca ingannatrice tu tendi la tua rete
e mangi molti bocconi maledetti, chiunque ne sia vittima,‎
perché sotto il tuo innocente aspetto di agnello
si nascondono lupi rapaci,‎
serpenti coronati
nati da vipera: per questo il diavolo li accoglie
come suoi intimi.‎

ROMA TRICHAIRITZ

D’un sirventes far
en est son que m’agenssa
no•m vuol plus tarzar
ni far longa bistenssa,
e sai ses doptar
qu’ieu n’aurai malvolenssa,
si fas sirventes
del fals, mal apres
de Roma, que es
caps de la dechasenssa,
que dechai tots bes.

No•m meravilh ges
Roma, si la gens erra.
que•l segle avetz mes
en trebalh et en guerra;
car Pretz e Merces
mor per vos é sur terra;
Roma enganairitz
qu’etz de totz mal guitz
e cima e razitz,
que•l bons rey d’Englaterra
fon per vos trahitz.



Roma trichairitz,
cobeitatz vos engana,
c’à vostras berbitz
tondetz trop de la lana.
mas Sains Espéritz
que receup carn humana
entenda mos precs
et franha tos becs
Roma, no m’entrecs,
car es falsa et trafana
vas nos e vas Grecs.

Roma, als Sarrazis
faitz vos pauc de dampnatge,
mas Grecs e Latis
liuratz a carnalatge.
Inz el foc d’abis,
Roma, faitz vostre estatge,
en perdicion.
Ja Dieus part no•m don,
Roma, del perdon
ni del pelegrinatge
que fetz d’Avinhon.

Roma, ben ancse
a hom auzit retraire
que•l cap sem vos te,
per que•l faitz soven raire,
per que cug e cre
qu’ops vos auria traire,
Roma, del cervel,
quar de mal capel
etz vos e Cistel,
qu’a Bezers fazetz faire
mout estranh mazel.‎


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