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Mastrogiovanni

Alessio Lega
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Version française – MASTRO GIOVANNI – Marco Valdo M.I. – 2010 ...
MASTROGIOVANNI

I - Mastro Giovanni


Mastro Giovanni era un maestro
gigante buono e un po’ maldestro.
Mastro Giovanni mesto e giocondo
era il maestro più alto del mondo.
Mastro Giovanni era un grand’uomo
col fiocco nero e lo sguardo buono.
Mastro Giovanni era un compagno
col cuore grande e i nervi di stagno.
C’è l’assassino nella sua stanza
Mastro Giovanni stava in vacanza.
C’è l’assassino che mira al peggio
Mastro Giovanni stava in campeggio.
Ma l’assassino ha le carte in mano
Mastro Giovanni scappa lontano.
C’è l’assassino alla scrivania
Mastro Giovanni c’è la polizia.
Ci son le carte belle e firmate
Mastro Giovanni ha le mani legate.
E se lo vogliono portare
mentre saluta per sempre il mare.
Mastro Giovanni chi ti protegge
chi ti protegge dalla legge.
Mastro Giovanni era un signore
coi sogni fuori e il dolore in cuore.

II - T.S.O.


A mezzogiorno Matrogiovanni può ancora mangiare tranquillo e seduto
l’ultimo pasto sopra il lettino col cuore stretto e lo sguardo muto
all’una e mezza l’hanno sedato, l’hanno sdraiato nell’ospedale
l’hanno perduto, addormentato, questo per loro è un uomo normale.
Alle due e mezzo Matrogiovanni è già nel letto di contenzione
vigliaccamente stringono i lacci peggio che sbarre in una prigione
pare galera, scende la sera, servi villani della procedura
sono scherani, sono infermieri , sono i kapò della paura.
S’è fatta notte, s’è fatta fonda, Matrogiovanni è un nudo groviglio
di braccia e corda, smania e sprofonda dentro l’abisso, povero figlio.
povero figlio senza madri, senza più amici, messo alla gogna
spoglio, innocente, abbandonato peggio del Cristo del Mantegna.
Non passa mai questa nottata, buia e profonda non può passare
passano fuori il sole, i parenti, ma in quell’inferno non possono entrare
ti hanno infilato un pannolone, Matrogiovanni, come a un demente
e mancano ancora 32 ore, 32 chiodi fissi nel niente
Al terzo giorno s’apre per terra una pozzanghera vermiglia
il laccio stretto morde sui polsi e ferma il sangue nella caviglia
Matrogiovanni, un metro e novanta, come una quercia folgorata
non può distendere le gambe, povera carne macerata.
In fondo al sonno smania e s’inarca, cerca il respiro, schianta e soffre
e l’infermiere, con uno straccio, pulisce il sangue e poi lo offre
alla bocca nera e beante del sacco della spazzatura
getta la vita dell’uomo gigante incatenato lì alla tortura.
Col pomeriggio ritorna ancora l’ultima notte di passione
Matrogiovanni cerca il respiro, l’aria pesante si fa oppressione
l’aria che inciampa, le braccia torte, l’aria che non ce la fa a entrare
il corpo inerte firma la resa cedendo all’edema polmonare.
Sono passati 4 giorni, 4 day hospital da pazienti
di salita per il calvario per poi uscirsene coi piedi avanti
i dottori e gli infermieri che in parecchi l’hanno spento
mentre muore non c’è cane di cristiano che gli stia accanto
Non c’è dottore né infermiere, non c’è pietà e non c’è scusa
non c’è legge di Basaglia, non c’è umanità delusa
non c’è Dio, né protezione per tutta la carne reclusa
c’è solo un urlo di dolore, Mastrogiovanni è un atto d’accusa

III - Atto d'accusa


Il primo agli infermieri
ai servi patentati
che mai son dissidenti
non nutrono pensieri
son docili al servizio
dei sadici dottori
fanno i torturatori
per comodo o per vizio.
Secondi i sanitari
i medici aguzzini
i modici assassini
con penna e ricettario
sono i ricettatori
di case farmaceutiche
quanto alle cure mediche…
meglio gli spacciatori!
Il sindaco ha l’inchiostro
la fascia tricolore
divide in certe ore
i figli dai figliastri
gengive color sangue
su denti d’avorio
lui firma il trattamento
sanitario obbligatorio.

IV - Strumentale: Giovanni Marini


V - Storia di mia moglie


Ma Mastrogiovanni, amore mio, figlio del sogno peggiore
di un Dio crudele insensato che getta la vita dell’uomo sfrattato dal ruolo
della ragione sociale
nel rogo, nei flutti
e ogni tanto qualcuno
la paga per tutti.
Questa è la tua storia, amore mio, che mi hai raccontato
una notte stringendomi al letto stringendoti al lembo sottile
al limbo alla lotta che hai fatto a vent’anni
per smettere i panni di cui t’han vestita
col litio prescritto
per tutta la vita
Amore mio
Ti hanno spedita dal pronto soccorso in camicia di forza a Niguarda
riguardo a quel morso di nulla, fanciulla, la normalità è una sorta di culla
beccheggia e sparisce in un sorso di sale,
si scioglie e scompare
è un’onda che muore
è un’ombra sul mare
C’è un infermiere che dice tu mica sei matta, tu mica completa
in nottata ti chiamo, nel turno ti sveglio, facciamoci insieme una spaghettata
invece al mattino di colpo t’accorgi
che t’ha presa in giro
e la delusione
ti tolse il respiro
Amore mio
Venne a trovarti tua zia con occhi frammisti di noia e pietà
che certo i parenti ai parenti benevoli faranno almeno un po’ di carità
che è utile inoltre a sentirsi normali
a far gli scongiuri
che capiti agli altri
andiamo sicuri
Tutta la notte c’è un nero che fa avanti e indietro parlando pian piano
gli è esploso un pacco di roba nell’ano
e come di Orlando il suo senno è lontano
più in là della luna, del canto dei grilli
col pisello in mano
ripete soltanto “Willy”
Willy, Willy, Willy, Willy, Willy…
E poi sei riuscita, sei uscita, la vita, il lavoro, i tuoi figli, le doglie
di mesi aggrappati alla bella follia di essere ora il mio amore, mia moglie
a più di vent’anni da quell’estate
d’agosto ottantotto
c’è come un dolore
incastrato nel petto
Per Mastrogiovanni, amore mio, in questi giorni ci dice
vegliate il destino ridicolo e fragile è un’opera d’arte in pericolo
il vivere umano è in mano al più matto
potere, costretto
legato in un letto
in un canto coatto.
I. Mastro Giovanni


Mastro Giovanni était un maître
Un bon géant un peu maladroit
Mastro Giovanni intelligent et joyeux
Était le maître le plus haut du monde.

Mastro Giovanni était un grand homme
À la mèche noire et au regard bon
Mastro Giovanni était un compagnon
Au grand cœur et aux nerfs d'étain

L'assassin est dans sa chambre
Mastro Giovanni était en vacances
L'assassin est là qui pense au pire
Mastro Giovanni était en camping.

Mais ton assassin tient les papiers en mains
Mastro Giovanni s'échappa bien loin
Ton assassin est au bureau
Mastro Giovanni, c'est la police.

Il y a des papiers bel et bien
Mastro Giovanni voit qu'on lui lie les mains
Et quand ils veulent l'emmener
Il salue pour la dernière fois la mer.

Mastro Giovanni qui te protège
Qui te protège de la loi
Mastro Giovanni était un seigneur
Avec des rêves en dehors et la douleur au cœur.

II. T.S.O. (Traitement Sanitaire Obligatoire)


À la mi-journée Mastro Giovanni put encore manger tranquillement assis
Son dernier repas sur son petit lit avec le cœur serré et le regard muet
À une heure et demie, ils l'ont endormi, ils l'ont couché à l'hôpital
Ils l'ont perdu, endormi, c'était pour eux un homme normal.

À deux heures et demie, Mastro Giovanni est déjà sur son lit de contention
Lâchement ils l'enserrent de liens pire qu'avec des barres de prison
C'est la galère, le soir descend, les vilains serviteurs de la procédure
Sont alignés, ce sont les infirmiers, les kapos de la peur.

La nuit est tombée, profonde, Mastro Giovanni est un imbroglio nu
De bras et de corde, agitation et plongée dans l'abysse, pauvre fils.
Pauvre fils sans mères, sans plus d'amis, mis au carcan
dépouillé, innocent, abandonné pire que le Christ de Mantegna.

Elle ne passera jamais cette nuit, sombre et profonde, elle ne peut passer
Dehors passent le soleil, les parents, mais dans cet enfer ils ne peuvent entrer.
Ils t'ont enfilé un lange, Mastro Giovanni, comme à un dément
Et il manque 32 heures, 32 clous fixés dans le néant.
Au troisième jour s'étale à terre une flaque vermeil
Le lien étroit mord les poignets et arrête le sang dans la cheville
Mastro Giovanni, un mètre nonante, comme un chêne foudroyé
Ne peut étendre les jambes, pauvre chair mortifiée.

Au fond du sommeil, il s'agite et s'arque, cherche son souffle, pleure et souffre
Et l'infirmier, avec un linge, nettoie le sang et puis l'offre
À la bouche noire et béante du sac de la poubelle
Il jette la vie de ce géant enchaîné sous la torture.

Avec l'après-midi revient encore l'ultime nuit de sa passion
Mastro Giovanni cherche sa respiration, l'air pesant se fait oppression
L'air trébuche, les bras se tordent, l'air qu'il n'arrive plus à faire entrer
Le corps inerte, cédant à l'œdème aux poumons, signe la reddition.
Il s'est passé quatre jours, quatre jours d'hôpital, quatre jours de patient
De montée au calvaire pour sortir de là les pieds devant.
Les docteurs et les infirmiers ensemble l'ont éteint
Il mourait et pas un chien de chrétien qui lui tienne compagnie.
Ni docteurs, ni infirmiers, ni pitié, ni excuses
Ni loi de Basaglia, ni humanité déçue
Ni Dieu, ni protection pour toute cette chair recluse
Ni un seul hurlement de douleur, Mastro Giovanni est un acte d'accusation

III. Acte d'accusation



Premièrement : les infirmiers
les servants patentés
Qui ne sont jamais contraires
Ne nourrissent aucune pensée
Sont dociles au service
Des médecins sadiques
Jouent les tortionnaires
Par commodité ou par vice
Ensuite, les médecins
Les médecins tueurs
Les assassins modiques
Avec la plume et la prescription
Ce sont des prescripteurs
Pour les sociétés pharmaceutiques
Quant aux soins médicaux...
Vaut mieux les dealers !
Le maire a de l'encre
L'écharpe tricolore
Il sépare à certaines heures
les fils légitimes et les bâtards.
Gencives couleur sang
Sur dents d'ivoire.
C'est lui qui signe le traitement
Sanitaire obligatoire.

IV. Instrumental: Giovanni Marini


V. Histoire de ma femme


Mastro Giovanni, mon amour, fils du pire songe
D'un Dieu cruel et insensé qui jette la vie de l'homme expulsé
Du rôle de la raison sociale
Dans le bûcher, dans les flots
Et régulièrement quelqu'un
Paye pour tous.
Telle est ton histoire, mon amour, que tu m'as racontée
Au lit, une nuit en me serrant fort, en te serrant au bord fragile
Au bord, à la lutte que tu as menée pendant vingt ans
Pour te débarrasser des habits dont on a t'a vêtu
Avec le lithium prescrit
Pour toute la vie.

Mon amour,
Ils t'ont expédiée des urgences en camisole de force à Niguarda
En raison de cette morsure du néant, jeune fille,
La normalité est une sorte de berceau
Elle tangue et disparaît une gorgée de sel,
Elle se dissout et disparaît
C'est une onde qui meurt
C'est une ombre sur la mer

Il y a un infirmier qui dit que tu es complètement folle,
Je t'appelle en pleine nuit, je t'éveille parfois,
nous nous faisons un spaghetti ensemble
Par contre au matin, du coup, tu t'aperçois
Que tu as été trompée
Et la déception
T'ôte la respiration.

Toute la nuit, il y a un noir qui va, qui vient parlant par bribes
Un paquet de drogue lui a explosé dans le cul
Et comme pour Orlando, son sens s'en est allé
Au-delà de la lune, du chant des grillons
Avec son zizi à la main,
Il répète continûment Willy,
Willy, Willy, Willy, Willy, Willy...

Et puis, tu es sortie, tu es sortie,
Le vie, le travail, tes enfants, les douleurs
Des mois agrippée à la belle folie
D'être à présent mon amour, ma femme,
À plus de vingt années de cet été
D'août soixante-huit
Il y a comme une douleur
Encastrée en ma poitrine.
Pour Mastro Giovanni, mon amour,
Dans ces jours on nous dit
Veillez un destin ridicule et fragile
Est une œuvre d'art en péril
La vie humaine est aux mains du pouvoir
Le plus fou, contraint
Lié à un lit
Dans une résidence forcée.


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