Mastrogiovanni
Alessio LegaOriginal | La storia del maestro elementare anarchico Franco Mastrogiovanni,... |
MASTROGIOVANNI I - Mastro Giovanni Mastro Giovanni era un maestro gigante buono e un po’ maldestro. Mastro Giovanni mesto e giocondo era il maestro più alto del mondo. Mastro Giovanni era un grand’uomo col fiocco nero e lo sguardo buono. Mastro Giovanni era un compagno col cuore grande e i nervi di stagno. C’è l’assassino nella sua stanza Mastro Giovanni stava in vacanza. C’è l’assassino che mira al peggio Mastro Giovanni stava in campeggio. Ma l’assassino ha le carte in mano Mastro Giovanni scappa lontano. C’è l’assassino alla scrivania Mastro Giovanni c’è la polizia. Ci son le carte belle e firmate Mastro Giovanni ha le mani legate. E se lo vogliono portare mentre saluta per sempre il mare. Mastro Giovanni chi ti protegge chi ti protegge dalla legge. Mastro Giovanni era un signore coi sogni fuori e il dolore in cuore. II - T.S.O. A mezzogiorno Matrogiovanni può ancora mangiare tranquillo e seduto l’ultimo pasto sopra il lettino col cuore stretto e lo sguardo muto all’una e mezza l’hanno sedato, l’hanno sdraiato nell’ospedale l’hanno perduto, addormentato, questo per loro è un uomo normale. Alle due e mezzo Matrogiovanni è già nel letto di contenzione vigliaccamente stringono i lacci peggio che sbarre in una prigione pare galera, scende la sera, servi villani della procedura sono scherani, sono infermieri , sono i kapò della paura. S’è fatta notte, s’è fatta fonda, Matrogiovanni è un nudo groviglio di braccia e corda, smania e sprofonda dentro l’abisso, povero figlio. povero figlio senza madri, senza più amici, messo alla gogna spoglio, innocente, abbandonato peggio del Cristo del Mantegna. Non passa mai questa nottata, buia e profonda non può passare passano fuori il sole, i parenti, ma in quell’inferno non possono entrare ti hanno infilato un pannolone, Matrogiovanni, come a un demente e mancano ancora 32 ore, 32 chiodi fissi nel niente Al terzo giorno s’apre per terra una pozzanghera vermiglia il laccio stretto morde sui polsi e ferma il sangue nella caviglia Matrogiovanni, un metro e novanta, come una quercia folgorata non può distendere le gambe, povera carne macerata. In fondo al sonno smania e s’inarca, cerca il respiro, schianta e soffre e l’infermiere, con uno straccio, pulisce il sangue e poi lo offre alla bocca nera e beante del sacco della spazzatura getta la vita dell’uomo gigante incatenato lì alla tortura. Col pomeriggio ritorna ancora l’ultima notte di passione Matrogiovanni cerca il respiro, l’aria pesante si fa oppressione l’aria che inciampa, le braccia torte, l’aria che non ce la fa a entrare il corpo inerte firma la resa cedendo all’edema polmonare. Sono passati 4 giorni, 4 day hospital da pazienti di salita per il calvario per poi uscirsene coi piedi avanti i dottori e gli infermieri che in parecchi l’hanno spento mentre muore non c’è cane di cristiano che gli stia accanto Non c’è dottore né infermiere, non c’è pietà e non c’è scusa non c’è legge di Basaglia, non c’è umanità delusa non c’è Dio, né protezione per tutta la carne reclusa c’è solo un urlo di dolore, Mastrogiovanni è un atto d’accusa III - Atto d'accusa Il primo agli infermieri ai servi patentati che mai son dissidenti non nutrono pensieri son docili al servizio dei sadici dottori fanno i torturatori per comodo o per vizio. Secondi i sanitari i medici aguzzini i modici assassini con penna e ricettario sono i ricettatori di case farmaceutiche quanto alle cure mediche… meglio gli spacciatori! Il sindaco ha l’inchiostro la fascia tricolore divide in certe ore i figli dai figliastri gengive color sangue su denti d’avorio lui firma il trattamento sanitario obbligatorio. IV - Strumentale: Giovanni Marini V - Storia di mia moglie Ma Mastrogiovanni, amore mio, figlio del sogno peggiore di un Dio crudele insensato che getta la vita dell’uomo sfrattato dal ruolo della ragione sociale nel rogo, nei flutti e ogni tanto qualcuno la paga per tutti. Questa è la tua storia, amore mio, che mi hai raccontato una notte stringendomi al letto stringendoti al lembo sottile al limbo alla lotta che hai fatto a vent’anni per smettere i panni di cui t’han vestita col litio prescritto per tutta la vita Amore mio Ti hanno spedita dal pronto soccorso in camicia di forza a Niguarda riguardo a quel morso di nulla, fanciulla, la normalità è una sorta di culla beccheggia e sparisce in un sorso di sale, si scioglie e scompare è un’onda che muore è un’ombra sul mare C’è un infermiere che dice tu mica sei matta, tu mica completa in nottata ti chiamo, nel turno ti sveglio, facciamoci insieme una spaghettata invece al mattino di colpo t’accorgi che t’ha presa in giro e la delusione ti tolse il respiro Amore mio Venne a trovarti tua zia con occhi frammisti di noia e pietà che certo i parenti ai parenti benevoli faranno almeno un po’ di carità che è utile inoltre a sentirsi normali a far gli scongiuri che capiti agli altri andiamo sicuri Tutta la notte c’è un nero che fa avanti e indietro parlando pian piano gli è esploso un pacco di roba nell’ano e come di Orlando il suo senno è lontano più in là della luna, del canto dei grilli col pisello in mano ripete soltanto “Willy” Willy, Willy, Willy, Willy, Willy… E poi sei riuscita, sei uscita, la vita, il lavoro, i tuoi figli, le doglie di mesi aggrappati alla bella follia di essere ora il mio amore, mia moglie a più di vent’anni da quell’estate d’agosto ottantotto c’è come un dolore incastrato nel petto Per Mastrogiovanni, amore mio, in questi giorni ci dice vegliate il destino ridicolo e fragile è un’opera d’arte in pericolo il vivere umano è in mano al più matto potere, costretto legato in un letto in un canto coatto. | TSO Morì In tre giorni e tre notti Legato a un letto d'ospedale. L'ospedale di San Luca. Il polso destro gli sanguinava Una donna delle pulizie arrivò E tolse le macchie dal pavimento. Era estate Lui fumava una sigaretta In un campeggio Di San Mauro Cilento I carabinieri circondarono il suo bungalow. Lui scappò in mare Raggiunse una secca. Dietro di lui le navi della Guardia Costiera Sulla spiaggia le forze dell'ordine. Ed egli disse: «Se mi portano al San Luca Non ne esco vivo» Le forze dell'ordine lo conoscevano E lui conosceva loro. Dissero, mentendo: «Ha provocato quattro incidenti» Il sindaco ordinò di rinchiuderlo. Il sindaco si chiamava Angelo Vassallo. Quello che costruì il porto Quello che morì l'anno dopo Flagellato dalla camorra. Quello che qui non è l'eroe. Egli già era stato rinchiuso. Un marchio lo inseguiva: "Pericoloso anarchico". Un giorno lo portarono in una stanza Lo picchiarono. Fu perché reagì a una multa Passò quindici anni lontano. Andò a Bergamo a fare il suo lavoro Il maestro di scuola elementare Lì amò una donna. Poi tornò. Non aveva vent'anni Litigava Una lama gli entrò nella coscia Cadde Un suo compagno prese quel coltello E lo usò per uccidere. Andarono entrambi in prigione. Il suo amico rimase lì per 12 anni. Lui uscì prima. Ma era solo una pausa. Lui era Franco Mastrogiovanni Mentre moriva C'era una telecamera Ora è in rete Muore ogni giorno Al diavolo piace guardare |