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Il Pescatore

Fabrizio De André
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OriginaleLa versione annotata in rumeno di Riccardo Venturi.
IL PESCATORE

All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

Venne alla spiaggia un assassino,
due occhi grandi da bambino,
due occhi enormi di paura,
eran lo specchio d'un'avventura.

E chiese al vecchio, Dammi il pane,
ho poco tempo e troppa fame,
e chiese al vecchio, Dammi il vino,
ho sete e sono un assassino.

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno,
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva, Ho sete, ho fame.

E fu il calore di un momento,
poi via di nuovo verso il vento,
davanti agli occhi ancora il sole,
dietro alle spalle un pescatore.

Dietro alle spalle un pescatore,
e la memoria è già dolore,
è già il ricordo di un aprile
giocato all'ombra d'un cortile.

Vennero in spiaggia due gendarmi,
vennero in sella con le armi
e chiesero al vecchio se, li' vicino,
fosse passato un assassino.

Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso

e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
PESCARUL

În umbra soarelui din urmă
un pescar stătea aţipit
şi avea o brazdă pe faţă
ca şi un fel de surâs.

La plajă a ajuns un asasin
cu ochii mări de copil,
cu ochii plini de frică,
erau oglinda unei aventuri.

Îi a spus bătrânului: dă-mi pâine,
am puţin timp şi mi-e foame.
Îi a spus bătrânului: dă-mi vin
mi-e sete şi sânt un asasin.

Ochii-i a deschis la zi bătrânul,
nu s-a uitat nici împrejur,
dar a spart pâine, a vărsat vin
cui i-a zis mi-e sete, mi-e foame.

A fost o clipă de căldură
şi apoi din nou faţă la vânt,
înainte ochii stă soarele,
în spate stă încă un pescar.

În spate stă încă un pescar,
şi amintirea face rău
este amintirea unei aprilii
jucând în umbra unei curţi.

La plajă au ajuns doi jandarmi
bine în şaua şi înarmaţi
îi au cerut bătrânului: tată,
ai văzut pe cineva trecând?

Dar în umbra soarelui din urmă
un pescar stătea aţipit
şi avea o brazdă pe faţă
ca şi un fel de surâs.

Il rumeno è una strana lingua di un paese strano. I pescatori ci sono sul delta del Danubio, ma credo che in questa canzone ci si riconoscerebbero più certi montanari, dei "lăutari" avvezzi a far scappare i banditi. La prima idea era stata infatti quella di sostituire un "lăutar" al pescatore, ma avrebbe provocato troppi problemi e troppe violenze al testo.
L' "ultimo sole" è, secondo le regole del rumeno, il sole "che viene in fondo" (din urmă). Da notare che il rumeno è tra quelle lingue che conoscono l'opposizione "riso/sorriso"; molte non la hanno.
Ci sono parole che meritano una breve etimologia per far vedere che cosa sia la latinità rumena (quella che i romagnoli, celiando, dicono di "capire"; in realtà non intenderebbero nemmeno mezza parola). Il "vecchio" è bătrân: è il latino "veteranus". Così tutte le "l" nel mezzo alle vocali passano a "r" (il sole è "soare", ad esempio), così come le "d" in principio di parola e seguite da "i" passano a "z": zi (giorno), zice (dire). Per "guardare", i rumeni usano un verbo che in origine voleva dire "dimenticare" (uita, dal latino "oblitare"). Poi c'è il "mischmasch" rumeno, parole slave, turche, albanesi ("copil", bambino), ungheresi. In fondo alla canzone mi sono permesso l'unica libertà. Alla balcanica, i gendarmi che arrivano si rivolgono al vecchio chiamandolo "babbo", come si fa da quelle parti: tată, e gli danno rispettosamente del voi. Poi nientè subordinate, niente "se fosse passato": "babbo, avete visto passare qualcuno?"


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