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Meravilhar no·s devo pas las gens [Sirventesc de luy meseys lo qual fes al temps de la mortaudatz e de la mala carestia]

Peire Lunel de Montech


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[1348]
Rialto
289.1a
Ricketts 2000. – Rialto 6.x.2004.
Ms.: R 141v.

tournai


Pochi giorni fa, è stata -non mi ricordo da chi- escogitata una burla assai simpatica: in pratica, sono stati composti e fatti circolare in rete dei versi attribuiti a un fantomatico poeta dell'antica Grecia, “Eracleonte da Gela”, che sembravano adattarsi talmente bene all'attuale situazione pandèmica e all' “Io resto a casa”, da aver avuto in breve tempo un successo folgorante ed essere stati persino citati dal governatore del Veneto, Luca Zaia, durante una conferenza stampa. In realtà i versi erano stati scritti, mi sembra, da un professionista siciliano o qualcosa del genere. Specifico tutto questo perché i versi che andrete a leggere, non abbiate alcun timore di fake news o burle, sono invece assolutamente autentici e certificati storicamente, tanto da essere inseriti nel RIALTO, il più importante e completo repertorio in rete dell'antica letteratura trobadorica e occitana. E sono tutt'altro che una burla, bensì una testimonianza diretta dalla Peste Nera del 1348. Si tratta di un cupo sirventese composto dal sacerdote cattolico, giurista, politico e autore di Tolosa Peire Lunel del Montech (o Monteg), di cui ci restano pochissimi componimenti (una canzone di crociata risalente a circa il 1326, questo sirventese scritto esattamente nel 1348 al culmine della Peste Nera, e un altro paio di cose). Come si evince dalla pagina del RIALTO, è un “Sirventese di sei coblas unissonans di otto versi (bipartiti in due quartine) e due tornadas di quattro versi”. Le edizioni critiche sono quelle di Edouard Forestié, Peire de Lunel, dit Cavalier Lunel de Montech, troubadour du XIVe siècle, mainteneur des jeux floraux de Toulouse, Montauban 1891 (estratto da: Recueil de l’Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Tarn-et-Garonne, 2e série, t. VII), p. 66; e quella di Peter T. Ricketts, Contributions à l’étude de l’ancien occitan: textes lyriques et non-lyriques en vers, Birmingham 2000 (AIEO, 9), p. 40.

Riportando ancora dalla pagina del RIALTO, il testo possiede una “intestazione, di difficile decifrazione (Ricketts omette alcune parole), sembra leggere «Sirventesc de luy meseys lo qual fes al temps de la mortaudatz e de la mala carestia», e sarebbe quindi desunta dal v. 2 dello stesso componimento (il testo che precede nel manoscritto, BdT 289.1, è invece databile al 1336).” Usualmente, però, il sirventese è citato con il suo primo verso, Meravilhar no·s devo pas las gens; così, per non sbagliarmi nella costruzione di questa pagina, li ho riportati tutti e due. La composizione datata al 1348 appare del tutto verosimile: “In tempo di gravi dissestamenti sociali ed economici provocati dall’epidemia, Peire de Lunel, qui più che mai in veste di prete cattolico (officiava nella diocesi di Montauban), rimprovera agli escudiers, borzes e sirvens di far indossare gioielli ed abiti sgargianti alle proprie mogli, mentre sarebbe senz’altro più adeguato regalarli ai capelans per onorare Dio e placarne l’ira, a meno che alle signore non fosse concesso di «dir las messas e·ls sermos» (vv. 33-40)” (ancora dal RIALTO).

Tutto questo sembra avere qualcosa di assai familiare, fatte ovviamente tutte le debite considerazioni storiche; tanto che mi son detto che diverse parti del sirventese trecentesco di Peire Lunel de Montech potrebbero far la loro figura in mezzo all'attuale pandemia. Ce ne sono tutti gli estremi, leggendolo attentamente, per certi simpatici accostamenti agli accadimenti di oggi e ai personaggi che popolano questi rii tempi. Chissà, mi sono ugualmente detto, che pure il sacerdote e giurista tolosano del XIV secolo non trovi prima o poi la bocca mascherinata di un qualche governatore, specificando ancora che stavolta non c'è nulla d'inventato e che non è Eracleonte da Gela, ma un brav'uomo che si trovò a vivere in uno dei più grossi flagelli che la storia europea ricordi. Però c'era un piccolo problema: il testo originale è sì (scarsamente) presente in Rete (completo solo nel RIALTO), ma di traduzioni in una qualsiasi lingua non ce n'era nemmeno l'ombra. Viste le attuali contingenze e il tempo dilatato di queste giornate, mi ci sono quindi accinto con tutto il rispetto dovuto all'antico idioma provenzale, che è peraltro assai difficile e, non di rado, oscuro. Occorreva farlo: se destino vorrà che viaggi un po' per la Rete così come ha viaggiato nei secoli, immaginarsi un Luca Zaia o un Attilio Fontana che lo citano con la mascherina in provenzale antico mi atterriva. E poiché soffro di attacchi di panico che mi fanno avere, in un'ora, tre Coronavirus e due infarti alle tre di notte, non ho bisogno di ulteriori spaventi. [RV]
Meravilhar no·s devo pas las gens
si mortaudatz es e grans carestia,
car falcetatz es avols pessamens
qu'es entre nos los aires enficia,
si que per fort l'ayres enficiatz
corromp las gens, per qu'es grans mortaudatz,
e poys los frugz, si que defalhizos
es de totz bes per totas regios.

De totz bos faytz es oy defalhimens,
e de tot mal es grans plentatz tot dia,
ques oy no val ni fes, ni sagramens,
ni santz del cel, amistatz, ni paria.
Cant us homs es en grans necessitatz,
guatges val may que no fay amistatz,
e trop val may fortz obliguacios
que parentatz cant hom es sofrachos.

Los faytz e·ls digz e los cociramens
ha cascus, oy, per aver manentia
si c'om ne met en oblit sos parens
e Dieu, qu'es pietz, e la Verges Maria.
Mays amon trop que Dieu terras e blatz,
tro que sson oy, e par be la vertatz,
que de gran fam laishan, per los cantos,
cridar, braulhar los paubres nesseyros.

A penas vieu degus hom lialmens,
sol qu’aia re que renoyers no sia,
ho de baratz fara tant autramens
que doblara be dos tans la folia,
e lhuns senhals que Dieus aia mostratz
que·ns degra totz aver espaventatz
no·ns membra ponch, per qu’es iratz vas nos,
si que totz jorn nos da percucios.

Escudiers veg e borzes e sirvens
fatz e guoguols e ples de musardia,
qu’a lors molhers fan portar paramens
e draps pinchatz am fort diversa guia.
Be valgra mays c’om des los draps pinchatz
als capelans que Dieus ne fos hondratz,
ho de molhers qu’ordenat aishi fos
c'om lor fes dir las messas e·ls sermos.

Mas si volem que·ns aia causimens
le reys del cel, menbre·ns la vilania
que per nos pres e·ls affans e·ls tormens
que ses lhun tort sostenc que non avia.
E cofessar valham nostres peccatz
be dignamen, es aiam karitatz,
car Dieus e dreytz en temps carestios
vol que dals bes se fassa partisos,

Mos Bels Cristalhs, vos etz lhums e clartatz,
e fons de gaug, que·l mon enlumynatz;
dona, preguatz lo senhor glorios
que vieure·ns lays alegres e joyos.

Lo temps es mals e fort deshordenatz
en tot lo mon a granda pauretatz;
mas preguam tug lo senyor poderos
que·ns gar a temps de nostras falhisos.

inviata da Riccardo Venturi - 6/4/2020 - 23:27



Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 06-04-2020 23:30
MERAVIGLIAR NON SI DEBBON LE GENTI

Meravigliar non si debbon le genti
se c'è mortalità e grande carestia,
perché la falsità e i pensieri malvagi
che ci son tra di noi, infettan l'aria,
così che l'aria, fortemente infettata
corrompe le persone; perciò si muore tanto,
e poi anche i prodotti [1], per cui penuria
c'è di ogni bene in tutte le regioni.

D'ogni buon fatto c'è oggi mancanza,
e d'ogni male ogni giorno abbondanza,
sí che oggi non vale né fede, né sacramento,
e né santo del cielo, amicizia e compagnia.
Quando l'uomo si trova in gran bisogno,
vale più l'interesse che non l'amicizia,
e troppo di più vale un grosso debito
che la parentela, quando l'uomo è sofferente.

Di fatti, detti e considerazioni
oggi ne ha ognuno, per guadagnar ricchezze;
e così si scordano i propri familiari
e Dio, ch'è pietoso, e la Vergine Maria.
Ma aman più di Dio terre e raccolti,
e a dir bene la verità ce ne son talmente troppi oggi,
che ai canti delle strade lascian di fame
gridare e urlare i poveri bisognosi.

C'è a stento qualcuno che vive lealmente,
sempre che poi non sia un usuraio,
oppur sennò farà tanti di quegli affari
che raddoppierà due volte tanto la follia.
E di quei segnali che Dio ci ha mostrati
e che ci dovrebbero aver tutti spaventati
non ce ne ricordiamo affatto; perciò è con noi irato
ed ogni giorno di colpi ci percuote.

Vedo scudieri, servitori e borghesi,
fatui, presuntuosi [2] e pieni di idiozia,
che alle lor mogli fan portare gioielli
e abiti ricamati di svariati modelli.
Sarebbe meglio che i drappi ricamati
fossero dati ai cappellani, per onorarne Dio,
a meno che alle signore non fosse concesso
di far lor dir le messe ed i sermoni.

Ma se vogliamo che verso di noi abbia riguardi
il re del cielo, ricordiamoci della cattiveria
che ci ha presi, e degli affanni e dei tormenti
che ognuno, a torto, sosteneva di non avere.
E guardiamo di confessare i nostri peccati
ben degnamente, e abbiamo carità
perché Dio è giusto, e in tempi di carestia
vuole che i beni siano condivisi.

Mio bel Cristallo, voi siete luce e splendore
e fonte di gioia che il mondo illuminate;
donna, pregate il Signore glorioso
che ci lasci vivere allegri e gioiosi.

Son brutti tempi, e assai disordinati,
in tutto il mondo c'è grande povertà ;
ma preghiam tutti il Signore poderoso
che ci guarisca presto dai nostri errori.
[1] Da intendersi retto da “corrompe...”. Frug significa “frutto” e, per estensione, “prodotto (generico). Qui ho scelto questa variante.

[2] Il termine guoguol sembra qui essere un hapax legomenon (si veda qui).

6/4/2020 - 23:30




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