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Hunc ego te, Euryale, aspicio?

Publio Virgilio Marone / Publius Vergilius Maro
Lingua: Latino


Publio Virgilio Marone / Publius Vergilius Maro

Lista delle versioni e commenti


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[29-19 a. C.]
Versi del poeta Virgilio, dalla sua "Æneis", l'Eneide, Libro IX
Musica di Domenico Mazzocchi (1592-1665), compositore romano del Seicento
Nell'album "Reliquie di Roma III: Mortale, che pensi?" del gruppo Atalante diretto da Erin Headley (viola da gamba e lirone)

Reliquie di Roma III: Mortale, che pensi?

Nel racconto dell'Eneide Eurialo e Niso sono due giovani troiani fuggiti con Enea dopo la caduta della loro città per mano degli Achei. I profughi troiani, sbarcati nel Lazio, si scontrano con alcuni del popoli nativi, come i Rutuli. Durante un assedio di questi al campo troiano, Eurialo e l'inseparabile Niso si offrono di superare le linee nemiche per andare ad avvertire Enea che in quel momento si trova lontano.



I due giovanissimi guerrieri penetrano nel campo rutulo notte tempo e fanno strage di nemici. Ma si attardano ad arraffare bottino e vengono intercettati da un nutrito gruppo di guerrieri italici. Niso riesce a fuggire ma Eurialo è circondato dai nemici. Così l'amico torna sui suoi passi e si scaglia contro i Rutuli. Entrambi vengono uccisi. I guerrieri Rutuli vanno verso il campo troiano mostrando le teste mozzate di Eurialo e Niso infisse sulle lance. La vista di quegli orrendi trofei è devastante per i troiani ma ancor più terribile è la disperazione della madre di Eurialo, già vedova di Ofelte, ucciso a Troia, che induce tutti al pianto, e a tal punto il morale dei guerrieri viene abbattuto che i comandanti ordinano di portare via a braccia la donna e di rinchiuderla nella propria casa...
Hunc ego te, Euryale, aspicio? tune ille senectae
sera meae requies, potuisti linquere solam,
crudelis? nec te sub tanta pericula missum
adfari extremum miserae data copia matri?
heu, terra ignota canibus data praeda Latinis
alitibusque iaces! nec te tua funere mater
produxi pressiue oculos aut uulnera laui,
ueste tegens tibi quam noctes festina diesque
urgebam, et tela curas solabar anilis.
quo sequar? aut quae nunc artus auulsaque membra
et funus lacerum tellus habet? hoc mihi de te,
nate, refers? hoc sum terraque marique secuta?
figite me, si qua est pietas, in me omnia tela
conicite, o Rutuli, me primam absumite ferro;
aut tu, magne pater diuum, miserere, tuoque
inuisum hoc detrude caput sub Tartara telo,
quando aliter nequeo crudelem abrumpere uitam.

inviata da Bernart Bartleby - 14/2/2019 - 21:42



Lingua: Italiano

Traduzione italiana da "Storia e testi della letteratura latina", di A. Perutelli, G. Paduano, E. Rossi, Zanichelli 2010
COSÌ TI RIVEDO, EURIALO?

Così ti rivedo, Eurialo, tu consolazione
della mia vecchiaia; crudele, hai potuto
lasciarmi sola e, mandato fra tanti pericoli,
non ti è stato concesso di salutare per l’ultima volta la tua povera mamma?
Adesso giaci in terra ignota, in preda ai cani
latini e agli uccelli, e io, tua madre,
non ho composto il tuo corpo, non ti ho chiuso gli occhi e lavato
le ferite, coprendoti con la veste che giorno e notte
mi affannavo a tessere, confortando le angosce senili.
Dove ti seguirò? Quale terra ha le tue membra, il tuo corpo
lacerato? Questo di te mi riporti?
Questo ho seguito per terra e per mare?
Colpite me, Rutuli, se avete qualche pietà, tutte le armi
scagliatele su di me, me per prima uccidete.
Oppure tu abbi pietà, grande padre
degli dei, getta con il tuo fulmine sotto il Tartaro
questo capo odioso, se non posso spezzare altrimenti la vita crudele.

inviata da B.B. - 14/2/2019 - 21:43




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