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Carta de Salvador Puig Antich

Joan Isaac
Lingua: Catalano


Joan Isaac

Lista delle versioni e commenti


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[1974]
Da una lettera di Salvador Puig Antich
Musica di Mauro Pagani
Interpretata anche da Maria del Mar Bonet

Salvador Puig (i) Antic(h).
Salvador Puig (i) Antic(h).


Si veda anche A Margalida.

Su musica di Mauro Pagani, l'ultima lettera di Salvador Puig Antich alla fidanzata, Margalida. L'anarchico Salvador Puig Antich, garrotato il 2 marzo 1974 alle 9.40 del mattino a Barcellona, fu una delle ultime vittime del fascismo clericale franchista spagnolo.

Salvador Puig Antich (ma la grafia del nome è varia: Salvador Puig i Antich, Salvador Puig i Antic ecc. [in grafia fonetica: səlvə'ðor putʃən'ti:k]) (1948-1974) è stato un giovane anarchico spagnolo la cui attività si situa tra la metà degli anni '60 e i primi anni '70. Fu condannato a morte dal regime franchista dopo essere stato giudicato da un tribunale militare, come responsabile della morte del viceispettore della "Brigata Politico-Sociale" Francisco Anguas Barragán, a Barcellona.

Proveniente da una famiglia operaia, Salvador era il terzo di sei fratelli. Il padre, Joaquim Puig, era stato militante di Acció Catalana durante gli anni della Repubblica. Esiliato in Francia nel campo profughi di Argelès, era stato condannato a morte al suo ritorno in Spagna ma graziato all'ultimo momento. Il giovane Salvador cominciò i suoi studi presso il collegio religioso La Salle Bonanova, ma fu espulso per indisciplina. A 16 anni cominciò a lavorare in fabbrica, pur continuando gli studi serali all'Istituto Maragall, dove fece amicizia con Xavier Garriga e coi fratelli Oriol e Ignasi Solé Sugranyes, tutti futuri compagni del Movimiento Ibérico de Liberación (MIL).

Gli avvenimenti del Maggio francese del 1968 furono decisivi per Salvador Puig Antich, che decise di impegnarsi nella lotta contro il regime franchista. La sua prima attività militante si svolse nelle Comisiones Obreras, come rappresentante della Commissione Studentesca dell'istituto Maragall. Dal punto di vista ideologico, assunse posizioni anarchiche contrarie a qualsiasi tipo di dirigismo e gerarchia all'interno delle organizzazioni politiche e sindacali impegnate nella lotta di classe per l'emancipazione della classe operaia. Dopo avere iniziato gli studi universitari in Economia e Commercio, svolge il servizio militare a Ibiza, dove è addetto all'infermeria della caserma. Una volta congedato, entra nel MIL aderendo al suo braccio armato. Prende parte come autista alle azioni del gruppo, consistenti in genere in rapine in banca; il bottino veniva destinato al potenziamento delle pubblicazioni clandestine del gruppo ed all'aiuto agli scioperanti e agli operai incarcerati.

Puig Antich e i suoi compagni si muovevano con facilità nel mondo della lotta clandestina, spostandosi spesso nel sud della Francia (dove erano entrati in contatto con vecchi militanti della CNT).

Nell'agosto del 1973 i mileros si riunirono in Francia per tenere un congresso che sancì l'autoscioglimento del movimento. Il mese seguente, dopo una rapina ad un'agenzia della Caixa (la Caixa d'Estalvis catalana, ovvero la Cassa di Risparmio), iniziò una grossa offensiva poliziesca contro il MIL, per altro già dissolto.

Per primi furono catturati Oriol Solé Sugranyes e Josep Lluís Pons Llobet; in seguito Santi Soler, che, incarcerato, interrogato e sottoposto a tortura, confessa e indica i luoghi di riunione clandestini dei compagni. Lo stesso Santi Soler viene utilizzato come esca dalla gendarmeria per catturare Xavier Garriga, ma nello stesso luogo viene catturato inaspettatamente anche Puig Antich. L'operazione, preparata minuziosamente, ha luogo il 25 settembre 1973 a Barcellona. I due anarchici sono intercettati nel loro nascondiglio al n° 70 della Calle Girona, ed ha luogo immediatamente una sparatoria durante la quale Puig Antich rimane gravemente ferito, ed il viceispettore della "Brigata Politico-Sociale" Francisco Anguas Barragán, di 23 anni, perde la vita.

Puig Antich viene incarcerato ed accusato di essere l'autore degli spari che hanno ucciso Anguas Barragán. Viene illegalmente giudicato da una corte marziale e condannato a morte da un regime sanguinario e assetato di vendetta dopo l'attentato a Carrero Blanco del 20 dicembre 1973. In tutta Europa si organizzano manifestazioni che chiedono la commutazione della pena capitale, ma Franco non cede e non firma la grazia. All'età di 25 anni, Salvador Puig Antich viene garrotato in una cella del "Carcere Modello" di Barcellona, il 2 marzo 1974 alle 9.40 del mattino.
Estimada Marga:

Una vegada més ens tenim que separar, tal vegada definitivament. El que diguin uns senyors que parlen un llenguatge que no entenc, té tot l'aire de venjança.

El fet important és que a nivell de sentiments, ningú pot trencar-los. Comprendràs que se'm faci molt difícil dir-te tot el que voldria: les paraules no surten.

Ànim xiqueta! Serà un cop fort per tu, però no dubto que poc a poc t'aniràs afirmant com a persona.

T'estima,

Salvador Puig

Salut i anarquia!

inviata da Adriana e Riccardo - 15/1/2007 - 21:08




Lingua: Spagnolo

La versione spagnola (castigliana) da Cancioneros de Trobadores:
CARTA DE SALVADOR PUIG ANTICH

Querida Marga:

Una vez más tenemos que separarnos, quizás definitivamente. Lo que digan unos señores que hablan un lenguaje que no entiendo, tiene aires de venganza.

El hecho importante es que a nivel de sentimientos, nadie podrá romperlos. Comprenderás que se me haga muy difícil decirte todo lo que quisiera: las palabras no salen.

¡Ánimos chiquilla! Será un golpe muy fuerte para ti, pero no dudo que poco a poco te irás afirmando como persona.

Te quiere,

Salvador Puig

inviata da Riccardo Venturi - 15/1/2007 - 21:49




Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi
15 gennaio 2007
Cara Marga,

Ancora una volta dobbiamo separarci, forse per sempre. Nonostante quel che dicono dei signori che parlano una linguaggio che non capisco, ha tutta l'aria di una vendetta.

Quel che conta è che, per quanto riguarda i sentimenti, nulla potrà spezzarli. Capirai che mi resta molto difficile dirti tutto quello che vorrei: le parole non mi vengono.

Coraggio, bambina mia. Sarà un colpo tremendo per te, però sono certo che, poco a poco, ti affermerai come persona.

Ti amo,

Salvador Puig.

¡Salud y anarquía!

15/1/2007 - 22:24




Lingua: Francese

Version française de Riccardo Venturi
15 gennaio 2007
Chère Marga,

Encore une fois il faudra nous séparer, peut-être définitivement. Malgré ce que disent des messieurs qui parlent un langage que je n'arrive pas à comprendre, tout ça a bien l'air d'une vengeance.

Ce qui est important, c'est que rien ne pourra briser nos sentiments. Tu comprends bien qu'il est dur d'exprimer tout ce que j'aimerais te dire, les mots ne sortent pas de ma plume.

Courage, ma chérie. Ça va être terrible pour toi, mais je suis sûr que tu t'affirmeras comme personne, avec le temps.

Je t'aime

Salvador Puig.

Salut et Anarchie!

15/1/2007 - 22:31


Cançons d'Amor i Anarquia» de Joan Isaac


Neixen flors per tu Salvador
Dins del cor, pels cims i els valls
La teva llum il·luminarà
Per sempre més la llibertat

(Nacen flores para ti Salvador
Dentro del corazón, por las cumbres y los valles
Tu luz iluminará
Para siempre la libertad)





adriana - 9/3/2014 - 10:52


CON TUTTO IL RISPETTO: PUIGDEMONT NON E’ PUIG ANTICH

(Gianni Sartori)

De Puig Antich a Puigdemont


Sinceramente mi trovo in difficoltà. Combattuto, preso - come dire - “tra due fuochi”. Tra i miei trascorsi giovanili inequivocabilmente libertari e consiliari e l’ormai pluridecennale frequentazione di ambiti autonomisti e indipendentisti (rigorosamente di sinistra, almeno socialdemocratici) che in qualche modo si richiamano al diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Comprendo - e in buona parte condivido - il disappunto (diciamo così) espresso sia da qualche compagno superstite di Salvador, sia da gran parte dei militanti libertari catalani. Disappunto per il manifesto che segnalava l’esposizione nella Sala Zanzibar del quartiere della Floresta a San Cugat del Vallès (dove ricordo di essere transitato in bici negli anni ottanta alla ricerca del luogo dove era stato fucilato il Txiki).

Titolava così: “De Puig Antich a Puigdemont” (con un evidente richiamo all’assonanza tra i due nomi). Ora, per quanto nel mio libro sulla Catalunya- Nazione senza stato abbia cercato di coniugare lotta di liberazione nazionale con quella sociale (“di classe”), concordo sul fatto che il paragone più consono sarebbe stato, caso mai, con Lluis Companys (esponente dell’indipendentismo catalano ugualmente, come Salvador, assassinato da Franco). Hanno protestato, indignati, il sindacato CGT, la Comision Puig Antich e l’Ateneo Enciclopedico Popular.

Oltre a Ricard de Vargues i Golarons (studioso di Storia, ex membro del MIL e della OLLA) e Joan Calsapeu Layret.

Insomma, non gli andava giù l’accostamento tra il giovane anarchico garrotato nel marzo del 1974 e l’ex presidente catalano Carles Puigdemont al momento in esilio. E quindi - con un comunicato - hanno richiesto l’immediato ritiro non solamente del manifesto, ma anche del materiale dell’esposizione che intendeva stabilire un parallelismo tra i due militanti catalani perseguitati - sia pure in tempi e modi differenti - dallo stato spagnolo.

Ribadendo che “non c’è mai stato nessun punto di contatto, né ideologico, né di progetto politico tra Puig Antich e gli odierni partiti catalani, tanto meno con Carles Puigdemont”.

L’iniziativa viene tacciata di “manipolazione e appropriazione indebita della figura rivoluzionaria e libertaria del nostro compagno”. Iniziativa la cui responsabilità va attribuita ad “altre ideologie e progetti politici alieni rispetto alla sua personalità antistatale e di trasformazione radicale della società”.

Da parte sua Dionisio Giménez (responsabile del progetto dell’esposizione) ha dichiarato di essere “consapevole delle differenze tra i due ambiti temporali e delle circostanze che volevamo ricreare graficamente: il crimine contro Puig Antich e l’atteggiamento del governo del PP e delle istituzioni statali nei confronti dei prigionieri politici, dei rifugiati e dei cittadini e cittadine catalani il 1 ottobre del 2017”.

Inoltre, nonostante una certa ambiguità nel titolo adottato (e l’incongrua sovrapposizione dei due volti), ha detto di non voler stabilire confronti tra i due, ma solamente - nella sostanziale continuità temporale - tra la “brutalità di un crimine di Stato e il disprezzo e la repressione delle legittime aspirazioni di Catalunya”.

E’ sicuramente perlomeno curioso che un rivoluzionario come Salvador rappresenti ancora - e di questi tempi - un paragone positivo, di cui appropriarsi, per un politico sostanzialmente moderato come Puigdemont. Ma qui siamo pur sempre nei Paisos Catalans, tutta un’altra storia!

Comunque vada, a mio avviso l’incidente potrebbe costituire l’occasione per riaprire il dibattito sul rapporto tra le diverse anime che agitano e alimentano le lotte di liberazione.

E in quale altro luogo dovrebbe svolgersi se non qui, in Catalunya? A parte il Rojava, naturalmente. Dove - turchi e Daesh permettendo - una risposta i curdi hanno già saputo darla (e anche due probabilmente).

Gianni Sartori

* nota 1: http://csaarcadia.org/marzo-1974-marzo...

** nota 2: http://csaarcadia.org/paisos-catalans-...

Gianni Sartori - 14/2/2021 - 00:20


2 marzo 1974, niente è poi stato come prima...

Gianni Sartori - 2/3/2022 - 21:57


Ho appena saputo che - dopo un anno e passa di tribolazioni, sempre affrontate con coraggio e dignità, ci ha lasciati l'amico e compagno Claudio Venza, militante anarchico triestino e storico specialista della Guerra di Spagna.

Lasciando un grande vuoto ovviamente.

Lo ricordo qui, pensando alle manifestazioni condivise per Salvador nel 1974, con questa vecchia intervista risalente ormai a oltre 15 anni fa...

notte

Gianni

La breve estate catalana

Gianni Sartori - 27/10/2022 - 21:15


L'autore di "Anarchia e potere nella guerra civile spagnola", lo comprai qualche anno fa a una Vetrina dell'Editoria Anarchica (e poi l'ho perso). Un ricordo anche da parte mia, anche se non lo ho mai conosciuto.

Riccardo Venturi - 27/10/2022 - 22:00


segnalo per il libro - importante, fondamentale - che giustamente hai ricordato
GS

Gianni Sartori - 28/10/2022 - 00:08


Ricevo e ti giro
GS

Ciao a tutte e tutti,

i funerali di Claudio si svolgeranno sabato 5 novembre al cimitero di Trieste dalle 11.30.
Alle 13 ci sarà il momento dei ricordi e dei canti.

E' prevista una grandissima partecipazione, per cui vi consigliamo di arrivare per tempo (il parcheggio vicino all'entrata è in via Costalunga).

Di seguito il nostro ricordo.

E' un testo pubblico quindi chi vuole può farlo circolare liberamente.

Grazie per tutti i messaggi di affetto di questi giorni.

CIAO CLAUDIO

Il nostro compagno Claudio Venza, dopo 14 mesi di lotta in vari ospedali, ha deciso di voler tornare a casa, di salutare moglie e figlia e di lasciarsi andare.

Lo sapevamo già da tempo che sarebbe successo, già altre volte lo avevano dato per spacciato e ammettendolo, ci sembrava quasi di fiaccare questa sua indomabile resistenza.

Anche adesso, a qualche giorno dalla sua scomparsa, ci è difficile scrivere queste poche righe perché significa accettare di chiudere con lui, con un lungo periodo della nostra esistenza, con un lungo periodo di lotte assieme.

Ma bisogna farlo. Altri hanno già espresso il loro cordoglio con parole piene di sensibilità, accoramento, partecipazione.
Claudio era storico, era sessantottino, era bravo, era buono, generoso ma era soprattutto un anarchico. Cosa significa questo? Che il carattere era quello di una persona disponibile al dialogo, al confronto, alla solidarietà, ma anche che di fronte ai soprusi, alle prepotenze, alle imposizioni degli apparati e anche dei singoli non si faceva piegare. E non lo ha fatto nemmeno il primo maggio 2020 (già malato e molto a rischio) quando, con tutte le precauzioni del caso (mascherine, guanti, distanziamento) ha voluto distribuire il “Germinal” in una città quasi deserta e per questo motivo si è preso l’ultima multa per manifestazione non autorizzata in tempo di covid.

Claudio era nato nel 1946. Aveva, come molti, trascorso l’infanzia negli ambienti cattolici, ma i limiti e le imposizioni dogmatiche anche di tipo sessuale (durante una confessione il prete gli disse: “Siccome hai avuto desideri impuri, quest’estate non potrai andare al mare!!) lo avevano allontanato; arrivato all’Università aveva fiutato l’aria liberatrice del ‘68 ed erano iniziate le occupazioni, soprattutto quella di economia che ha raccontato in un suo libro.

Allora però le lotte erano monopolio del Partito Comunista, che imponeva le sue idee. Ma per fortuna all’università giravano altre persone, meno irregimentate e le assemblee e le occupazioni permettevano un’ampia possibilità di comunicare le proprie idee.
Nello stesso periodo è avvenuto, frequentando gli ambienti del Circolo dell’Astrolabio e antimilitaristi, il cruciale incontro con Umberto Tommasini e da lì gli si è aperto un altro mondo di pensare, lottare, organizzarsi, autorganizzarsi. Il passo poi è stato breve e nel giro di un anno il II° piano di un appartamento in via Mazzini 11 è diventato il covo del vecchio gruppo Germinal (una decina di vecchi anarchici) e dei giovani libertari. Dal suo lungo terrazzo sono sventolate bandiere rosso/nere e nere e gli striscioni facevano sapere alla città cosa pensavano e volevano gli anarchici e le anarchiche.

Fu la prima sede al di fuori dei partiti con il primo ciclostile autofinanziato, la biblioteca anarchica, l’archivio storico, la vendita di libri e giornali, la possibilità di fare riunioni come e quando si voleva, ospitando collettivi studenteschi e operai. Migliaia di persone ci sono passate, migliaia di giovani lo hanno conosciuto e con lui e con noi hanno costruito percorsi di lotta.
Poi è arrivato il terrorismo di Stato: la strage di Milano, l’assassinio di Pinelli, le perquisizioni in cerca delle bombe, le denunce. Allora, senza pensarci tanto a Trieste tiravano fuori dal cassetto sempre una terna: Venza, Tommasini, Germani.
E se non c’erano loro c’erano i fascisti a picchiare e a voler distruggere la nostra sede, e se non erano i fasci c’erano i comunisti del PCI che aggredivano e ci impedivano di portare le nostre bandiere e i nostri giornali ai cortei.

Ma siamo sempre riusciti a andare avanti, a fare la nostra attività militante. Le marce antimilitariste, prima con i radicali, poi da soli, l’obiezione di coscienza, la solidarietà ai compagni soldati.

Nei primi anni ‘70 l’adesione al Gruppo Germinal e alla Federazione Anarchica Italiana. E l’apertura a un mondo di magnifici compagni e compagne.

Poi per Claudio c’è stata un’altra svolta: la possibilità di insegnare all’Università, non solo storia contemporanea, ma proprio storia della Spagna e della sua rivoluzione anarchica, l’occuparsi di storia orale.

Di nuovo tanti studenti, tanti contatti e l’aprirsi questa volta all’Europa e scrivere libri. I contatti con compagni e compagne dell’Est che hanno portato nel 1990 al convegno “Est, laboratorio di libertà” con l’arrivo di centinaia di delegati dopo la caduta inattesa del muro di Berlino.

Fare questo elenco parzialissimo sembra facile, ma ogni iniziativa, ogni attività ha dovuto affrontare mille ostacoli, difficoltà, freni, anche da parte di qualcun* che adesso lo ricorda con affetto.

Un’altra esperienza determinante è stata quella di intervistare Umberto Tommasini e raccogliere e trasmettere le sue memorie. Un libro in dialetto triestino, una traduzione in italiano, una in castigliano, una in catalano, una in sloveno e proprio in questi ultimi mesi, dal letto di ospedale, una in greco.

A chi gli chiedeva perché in greco e non in inglese o francese, lingue più diffuse, rispondeva: “Perché lì gli anarchici lottano e le parole di Tommasini possono costituire un faro, un punto di riferimento”.

Intanto il suo cuore, verso la fine degli anni ‘90, aveva cominciato a dare i primi segni di cedimento. Claudio, quando ci hanno sbattuto fuori da via Mazzini, per speculazioni edilizie non andate ancora a buon fine (la maledizione di Bakunin cacciato dalla stanza rosa aleggia su di voi), ha sostenuto lo sforzo collettivo di trovare e acquistare una nuova sede che ci ha portati in via del Bosco 52/a. Lì è rimasto sempre presente e propositivo, animando incontri e dibattiti. A volte le sue proposte non erano ben viste da alcuni del gruppo e viceversa, ma lui comunque le portava avanti anche da solo, con la consueta determinazione e testardaggine che lo hanno sempre contraddistinto (mite sì, ma mica sempre).

Aveva ripreso contatti con i vecchi sessantottini, smussando con alcuni spigoli molto acuti e animando l’esperienza di “Quelli del ‘68”. Anche in ospedale faceva proselitismo fra dottori e infermieri, distribuiva “Germinal” o il caffè del Chiapas o le saponette di una fabbrica greca occupata e riconvertita dagli operai.

I compagni che andavano a trovarlo venivano tempestati di domande di tipo politico, visto che non riusciva a leggere e ad essere informato. In aprile di quest’anno ha voluto comunque collaborare al “Germinal” n. 131, giornale di cui non era da poco più direttore. Ha scritto la sua autobiografia fino al ‘92 su foglietti di carta con grafia tremolante.

Sappiamo che vorrà un funerale con tante bandiere e tante canzoni anarchiche. Sappiamo che vorrà una festa. Sappiamo che mancherà a tanti e tante, che chi resta dovrà impegnarsi ancora di più a portare avanti le sue/nostre idee.

Ciao Claudio, continueremo a lottare portando il tuo sorriso nel cuore. Viva l’anarchia.

Le compagne ed i compagni del Gruppo Anarchico Germinal

Gianni Sartori - 31/10/2022 - 21:59


La tragica vicenda (possiamo dire il martirio ?) di Cipriano Martos è giunta all’epilogo. Dopo cinquant’anni sono stati ritrovati i resti del militante antifranchista torturato e assassinato nel 1973.
CIPRIANO MARTOS NON E’ PIU’ “ DESAPARECIDO”
Gianni Sartori

Di Cipriano Martos mi avevano parlato alcuni catalani (indipendentisti di sinistra: Crida, Men, MdT…) di Sabadell nei primi anni ottanta. Lo avevo quindi citato in alcuni articoli dedicati alla repressione franchista e nella ricostruzione della vicenda di Puig Antich. Invece il piccolo volume a lui dedicato (“El desaparecido" di Miguel Bunuel) mi era stato regalato da un basco che esponeva una bancarella di libri a Donosti. Ricordo che rifiutò di farselo pagare in quanto “mai avrebbe pensato che qualcuno si fosse occupato di Cipriano anche in Italia”. Bontà sua.

La vita e la morte di Cipriano Martos Jimenez possiamo definirle esemplari. Spiegano da sole quale sia stata la brutale essenza (antidemocratica, antipopolare e antiproletaria) del fascismo nella sua versione iberica. Ispiratore tra le altre infamie di tanti regimi latino-americani.

Come tanti giovani diseredati (braccianti, contadini poveri, disoccupati…) del sud della Spagna anche Cipriano (originario dell’Andalusia) era stato costretto ad emigrare. Nel 1969 lavorava come operaio proprio a Sabadell (non lontano da Barcellona). Qui avvenne la sua definitiva presa di coscienza politica e la sua adesione alla resistenza antifascista. Si integrava nel FRAP (Fronte Rivoluzionario Antifascista e Patriota) legato al Partito comunista di Spagna (m-l), ma per la sua militanza venne arrestato nell’agosto del 1973.

Quello fu un anno particolarmente duro per la resistenza nei Paisos Catalans. Sia la G.C. che la BPS (Brigata Politico-Sociale) praticarono la tortura in maniera generalizzata e indiscriminata. Timpani e costole rotti non si contavano e i muri delle celle rimasero letteralmente ricoperti di sangue (come ricordavano, almeno fino a qualche anno fa, i sopravvissuti). Soltanto nel mese di maggio gli arrestati a Barcellona furono parecchie decine e tutti, chi più chi meno, vennero torturati.
E anche Cipriano, nella caserma di Tarragona della Guardia Civil, subì maltrattamenti e percosse. Finché, dato che non aveva fornito nessuna informazione, subì l’estrema violenza che gli risulterà fatale. Lo costrinsero infatti a ingerire acido solforico (secondo una versione quello contenuto in una bottiglia molotov) per poi trasportarlo, già in agonia, all’ospedale di Sant Joan de Reus dove venne sottoposto a lavanda gastrica. Salvato in extremis e ricondotto in caserma, venne nuovamente torturato e costretto a ingerire altro acido solforico. Una seconda lavanda gastrica risulterà inutile e il giovane andaluso morirà il 17 settembre 1973 (dopo 21 giorni di agonia, senza che nessuno avvisasse i familiari di quanto stava accadendo).

Venne frettolosamente sepolto in un luogo sconosciuto senza che alla famiglia venisse concesso di assistere alla tumulazione.

Per anni il fratello si è adoperato per poterne recuperarne i resti, ma solo ora, gennaio 2023, il luogo è stato localizzato (o meglio: le autorità che sicuramente ne erano a conoscenza lo hanno rivelato).Finalmente restituiti alla famiglia, verranno trasferiti nel cimitero di Huétor-Tájar dove sono stati sepolti i suoi genitori.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 15/1/2023 - 12:44


PAISOS CATALANS ANCORA IN AGITAZIONE

Gianni Sartori

Sicuramente in quest’ultimo periodo (in particolare con gli scioperi di fine di gennaio) i giovani indipendentisti catalani non si erano risparmiati quando si trattava di scendere in strada.

Partecipando a scioperi e manifestazioni che avevano agitato febbrilmente la società civile catalana. Sia per quanto riguardava la questione sanitaria che per quella educativa. E presenti anche alle proteste indette dai tassisti contro UBER e Cabify.

Non da ieri negli ambiti dell’educazione e della sanità si lamenta, oltre alla cronica scarsità di personale, il progressivo peggioramento delle condizioni lavorative sempre più afflitte da incertezza e precarietà. A cui si va sommando la questione della saturazione di pazienti negli ospedali, il deterioramento delle strutture e infrastrutture e - a livello generale - l’incremento della disoccupazione. Situazioni aggravatisi con il Covid-19 ovviamente. Il tutto incorniciato nel livido contesto della crisi economica.

Inoltre la gioventù indipendentista lamenta il fatto che anche il governo autonomo opererebbe sostanzialmente a favore delle grandi imprese e a scapito del settore pubblico.

Tra le organizzazioni più attive: Arran (indipendentista, socialista e femminista), Endavant (Organizzazione socialista di liberazione nazionale), SEPC (Sindicat d’Estudiants dels Paisos catalans), COS (Coordinadora obrera sindical), Alerta solidaria…Oltre naturalmente alla CUP (Candidatura d'Unitat Popular).

E già sul piede di guerra in vista del prossimo sciopero generale (previsto per l’8 marzo, data scelta non proprio a caso).

Ma intanto chi di dovere non è rimasto con le mani in mano.

L’8 febbraio, di primo mattino, sei giovani indipendentisti (tutte e tutti militanti di Arran e - alcuni - anche di SEPC) venivano arrestati. Con accuse inizialmente alquanto pesanti (anche se poi ridimensionate).

Oggetto d’indagine da oltre una anno, il loro arresto era stato ordinato dal tribunale del 4° distretto di Lleida. In un primo momento venivano accusati di incendio, danneggiamenti continui, oltraggio alla bandiera spagnola, delitti contro l’integrità fisica e morale, furto e reati ambientali.

Alla notizia degli arresti decine di manifestanti indipendentisti si sono radunati davanti al commissariato provinciale della Polizia Nazionale di Lleida.

Finché, dopo qualche ora, i sei giovani sono stati rimessi in libertà (per quanto provvisoria) in quanto le accuse venivano ridimensionate a danneggiamento, disordine pubblico e minacce. Rimangono invece sotto sequestro i loro telefoni e computer.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 9/2/2023 - 21:08




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