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Song For Ye, Jacobites [Ye Jacobites By Name]

Tri Yann
Lingua: Inglese


Tri Yann

Lista delle versioni e commenti


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(Alastair McDonald)
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(Philippus Cancellarius)
Kalonkadour
(Tri Yann)


[1740 ca.]
Canzone tradizionale scozzese
Scottish traditional folksong
Riscritta da Robert Burns nel 1791
Inserita nello Scots Musical Museum(1787-1803); Vol. IV, p. 383
Rewritten by Robert Burns in 1791
Included in the Scots Musical Museum(1787-1803); Vol. IV, p. 383

Musica attuale di Sir Henry Walford Davies (1869-1941)
Current music by Sir Henry Walford Davies (1869-1941)
tyann
Dall'album "Tri Yann an Naoned" (1972)
From the Album "Tri Yann an Naoned" (1972)


Robert Burns.
Robert Burns.


Una canzone dalla storia antica e curiosa, sicuramente. Ha origine dalle lunghe e sanguinose "Guerre Giacobite" che insanguinarono la Gran Bretagna tra il XVII e il XVIII secolo. Tale canzone tradizionale sembra avere avuto origine verso il 1740, e la sua versione originale è fortemente antigiacobita e in lode del "macellaio Cumberland", che stava sterminando gli scozzesi. Fu poi ripresa pochi anni dopo, al tempo della definitiva rivolta giacobita (ricordiamo che i Jacobites, sostenitori della ribellione del Bonnie Prince Charlie, Carlo Edoardo Stuart, e della sua pretesa al trono, prendevano nome dal suo antenato Giacomo I Stuart di Scozia). La Scozia e la sua società tradizionale scozzese vivono un impeto di indipendenza e marciano dritte verso la guerra; la quale avverrà, terminando con la terrificante disfatta di Culloden (si veda Culloden's Harvest) e con la distruzione di tutta la società scozzese tradizionale per mano degli inglesi di Cumberland.

In Scozia, alcuni pochi temevano che l'impeto bellico dei Giacobiti stesse per portare la Scozia alla rovina totale; i fatti diedero purtroppo loro ragione. Fu composta questa canzone contro la guerra a venire, una canzone di aspro rimprovero ai Giacobiti che prima di Culloden poteva causare serissimi guai a chi la cantava. Dopo il disastro del 16 aprile 1746 divenne invece praticamente uno degli inni della restaurazione.

Nel 1791 fu riscritta dal poeta nazionale scozzese, Robert Burns, che "ne fece una generica canzone contro la guerra piuttosto che una canzone di argomento politico del tempo":

"This song, from the Jacobite (civil) wars in Scotland, is very ANTI-Jacobite in its original form. In the original version, the William they laud is the 'Butcher Cumberland.' Robert Burns, who was sympathetic to the Jacobite cause, rewrote the song and toned it down substantially, making it more of a general anti-war song than a political statement at the time. The line 'Adore the rising sun' was taken by many musicians of of my generation to be Anarchist symbolism." [Bill Watkins, author of "Scotland is not for the Squeamish", from Cantaria.]

La musica attuale è stata scritta però negli anni '20 del XX secolo da uno dei maggiori musicisti inglesi contemporanei, Sir Henry Walford Davies (che fu anche una popolare figura della BBC), basandosi sulla melodia tradizionale riportata da Burns.

E' questa versione che i Tri Yann hanno eseguito ed inserito nel loro primo album, e che è col tempo divenuta uno dei loro più noti "cavalli di battaglia" (tanto che gliela abbiamo voluta intitolare, dato che la sua rimessa in auge spetta senz'altro a loro). E' stata più volte riarrangiata in varie compilations. Interessante e (forse volutamente) contaddittorio è il mondo in cui viene introdotta: nell'originale, infatti, è preceduta dalla recitazione, su un'aria tradizionale irlandese, della traduzione di "Before Ireland Can Go Free", una poesia di Sean O'Casey tratta dalla raccolta "Drums under the window" ispirata alla rivolta indipendentistica del 1916 (la prima "Bloody Sunday" della storia irlandese) [RV]
Ye Jacobites by name, lend an ear, lend an ear!
Ye Jacobites by name, lend an ear,
Ye Jacobites by name,
Your fautes I will proclaim,
Your doctrines I maun blame - you shall hear, you shall hear!
Your doctrines I maun blame - you shall hear!


What is right, and what is wrong, by the law, by the law?
What is right, and what is wrong, by the law?
What is right, and what is wrong?
A short sword and a long,
A weak arm and a strong, for to draw, for to draw!
A weak arm and a strong, for to draw!

Ye Jacobites by name, lend an ear, lend an ear!
Ye Jacobites by name, lend an ear,
Ye Jacobites by name,
Your fautes I will proclaim,
Your doctrines I maun blame - you shall hear, you shall hear!
Your doctrines I maun blame - you shall hear!


What makes heroic strife, famed afar, famed afar?
What makes heroic strife famed afar?
What makes heroic strife?
To whet th' assassin's knife,
Or hunt a Parent's life, wi bluidy war, wi bluidy war!
Or hunt a Parent's life, wi bluidy war!

Ye Jacobites by name, lend an ear, lend an ear!
Ye Jacobites by name, lend an ear,
Ye Jacobites by name,
Your fautes I will proclaim,
Your doctrines I maun blame - you shall hear, you shall hear!
Your doctrines I maun blame - you shall hear!


Then let your schemes alone, in the State, in the State!
Then let your schemes alone, in the State!
Then let your schemes alone,
Adore the rising sun,
And leave a man alone, to his fate, to his fate!
And leave a man alone, to his fate!

Ye Jacobites by name, lend an ear, lend an ear!
Ye Jacobites by name, lend an ear,
Ye Jacobites by name,
Your fautes I will proclaim,
Your doctrines I maun blame - you shall hear, you shall hear!
Your doctrines I maun blame - you shall hear!


Ye Jacobites by name, lend an ear, lend an ear!
Ye Jacobites by name, lend an ear...



Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi. La versione inserita nelle CCG primitive (la canzone è la CCG n° 51) è stata in parte riveduta il 19 agosto 2006.
PER VOI, GIACOBITI

O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire, state a sentire
O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire.
O voi cosiddetti Giacobiti,
Proclamerò i vostri errori,
E biasimerò le vostre dottrine,
Lo sentirete, lo sentirete!
Biasimerò le vostre dottrine, lo sentirete!


Ciò che è giusto e sbagliato per la legge, per la legge,
Ciò che è giusto e sbagliato per la legge,
Ciò che è giusto e sbagliato,
Una spada corta o una lunga,
Un braccio debole o uno forte
Da sguainare, da sguainare,
Un braccio debole o forte da sguainare

O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire, state a sentire
O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire.
O voi cosiddetti Giacobiti,
Proclamerò i vostri errori,
E biasimerò le vostre dottrine,
Lo sentirete, lo sentirete!
Biasimerò le vostre dottrine, lo sentirete!


Ciò per cui una lotta eroica e rinomata, rinomata
Ciò per cui una lotta eroica e rinomata,
Ciò per cui una lotta eroica
Diventa aguzzare il coltello dell'assassino
O dare caccia a morte a un genitore
Con una guerra sanguinosa, sanguinosa,
Morte a un genitore con una guerra sanguinosa.

O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire, state a sentire
O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire.
O voi cosiddetti Giacobiti,
Proclamerò i vostri errori,
E biasimerò le vostre dottrine,
Lo sentirete, lo sentirete!
Biasimerò le vostre dottrine, lo sentirete!


Quindi basta coi vostri progetti, lasciateli stare,
Basta coi vostri progetti, lasciateli stare,
Basta coi vostri progetti,
Adorate il sole che nasce
E lasciate l'uomo libero
al suo destino, al suo destino,
Lasciate l'uomo libero al suo destino.

O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire, state a sentire
O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire.
O voi cosiddetti Giacobiti,
Proclamerò i vostri errori,
E biasimerò le vostre dottrine,
Lo sentirete, lo sentirete!
Biasimerò le vostre dottrine, lo sentirete!


O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire, state a sentire
O voi cosiddetti Giacobiti , state a sentire.



Lingua: Scozzese

La versione originale "fortemente antigiacobita" del 1740 da Cantaria
The original, "very anti-Jacobite" version of 1740, from Cantaria.
YE JACOBITES BY NAME

You Jacobites by Name, now give Ear, now give Ear,
You Jacobites by Name, now give Ear;
You Jacobites by Name,
Your Praise I will proclaim,
Some says you are to blame for this Wear.

With the Pope you covenant, as they say, as they say,
With the Pope you covenant, as they say,
With the Pope you covenant,
And Letters there you sent,
Which made your Prince present to array.

Your Prince and Duke o'Perth, where they go, where they go,
Your Prince and Duke o'Perth, where they go,
Your Prince and Duke o'Perth,
They're Cumb'rers o' the Earth,
Causing great Hunger and Dearth where they go.

He is the King of Reef, I'll declare, I'll declare,
He is the King of Reef, I'll declare,
He is the King of Reef,
Of a Robber and o' Thief,
To rest void of Relief when he's near.

They marched thro' our Land cruelly, cruelly,
They marched thro' our Land cruelly,
They marched thro' our Land
With a bloody thievish Band
To Edinburgh then they wan Treachery.

To Preston then they came, in a Rout, in a Rout,
To Preston then they came, in a Rout;
To Preston then they came,
Brave Gard'ner murd'red then.
A Traitor did command, as we doubt.

To England then they went, as bold, as bold,
To England then they went, as bold;
To England then they went,
And Carlisle they ta'en't,
The Crown they fain would ha'en't, but behold.

To London as they went, on the Way, on the Way,
To London as they went, on the way,
To London as they went,
In a Trap did there present,
No battle they will stent, for to die.

They turned from that Place, and they ran, and they ran,
They turned from that Place, and they ran;
They turned from that Place
As the Fox, when Hounds do chace.
They tremble at the Name, CUMBERLAN'.

To Scotland then they came, when they fly, when they fly,
To Scotland then they came, when they fly,
To Scotland then they came,
And they robb'd on every Hand,
By Jacobites Command, where they ly.

When Duke William does command, you must go, you must go;
When Duke William does command, you must go;
When Duke William does command,
Then you must leave the Land,
Your Conscience in your Hand like a Crow.

Tho' Carlisle ye took by the Way, by the Way;
Tho' Carlisle ye took by the Way;
Tho' Carlisle ye took,
Short Space ye did it Brook,
These Rebels got a Rope on a Day.

The Pope and Prelacy, where they came, where they came,
The Pope and Prelacy, where they came;
The Pope and Prelacy,
They rul'd with Cruelty,
They ought to hing on high for the same.

inviata da Riccardo Venturi - 15/9/2007 - 00:42


Un'interessante disamina storico-musicale-politica riguardo alla musica celtica. Per il testo completo si rimanda al link.

Antiche tradizioni moderne nella Scozia delle cornamuse
Nel primo saggio del famoso volume curato da Eric Hobsbawm e dedicato all’Invenzione della tradizione, raccontando il modo in cui è nata quella delle Highlands di Scozia Hugh Trevor-Roper riferisce di “difese” del kilt scozzese basate su motivazioni abbastanza simili. Ma spiega anche come quel costume suppostamente arcaico è in realtà un’invenzione del Settecento. In precedenza gli highlanders più poveri portavano sì la gonna, ma nella forma di un plaid stretto alla cintura: è il belted plaid, residuo di un costume appunto romano e poi medievale, arrivato all’età moderna negli abiti del clero e, appunto, di quella zona d’Europa particolarmente periferica. È tra 1727 e 1734 che un industriale quacchero inglese di nome Thomas Rawlinson inventa un gonnellino staccato dal plaid, per rendere più comodo il lavoro di taglio degli alberi e di cura delle fornaci agli highlanders che ha assunto in una fonderia da lui aperta presso Inverness. È alla Battaglia di Waterloo che il kilt della fanteria scozzese diventa famoso in tutta Europa. Ed è addirittura tra 1842 e 1844 che il sistema di identificazione dei clan attraverso il tartan, l’intreccio di colore dei kilt, è creato di sana pianta dai fratelli Allen: due mitomani che si pretendono discendenti dei re Stuart, che hanno la mania per il folklore, e che fingono di rivelare tradizioni millenarie. Il loro successo è almeno pari a quello di James Macpherson: l’altro spettacolare falsario che dopo aver scritto di sana pianta la saga di Ossian l’ha pubblicata nel 1807 come traduzione di antichi canti gaelici delle Highlands, dando tra l’altro origine al Romanticismo. Di affidabilità non superiore a Macpherson e ai fratelli Allen fu Edward Williams, alias Iolo Morganwg: un muratore gallese oppiomane vissuto tra 1747 e 1826, che pretendeva di essere l’ultimo depositario dell’antico sapere dei druidi, e che scrisse con piglio da grafomane autodidatta su un po’ di tutto, dalla filosofia alla metrica celtica. Di lui parla diffusamente Prys Morgan in “From a Death to a View: la caccia al passato gallese in epoca romantica”, secondo saggio del già citato L’invenzione della tradizione. E, continuando alle origini della celtomania moderna, appena un po’ più di considerazione è data per la Bretagna al barone Hersant de Villemarqué, alias Kervarker. Curiosità per il lettore italiano: da un canto di quelli che il nobile affermò e molti filologi negarono avesse raccolto dai contadini e marinai della sua terra, Angelo Branduardi ha sviluppato il testo di una sua canzone famosa, La serie dei numeri. Di grande prestigio gode invece Robert Burns, che visse tra 1759 e 1796, e che nelle raccolte di versi da lui compilate mise sì canti popolari da lui raccolti assieme a composizioni in anglo-scozzese da lui stesso composte sul loro modello, ma a differenza di Macpherson, Morgawng e Kervarker indicò abbastanza chiaramente quel che era farina del suo sacco e quel che non lo era. Per di più, fu anche uno dei primi raccoglitori di folklore che si curò di annotare anche la musica, guadagnandosi sul campo un ruolo incontestabile di pioniere della moderna etnomusicologia. Gli scozzesi lo considerano inoltre il loro poeta nazionale, e nel dibattito per l’adozione di un nuovo inno che si è acceso nella regione dopo la devolution del 1999 è proprio Scots wha hae, un antico brano raccolto da Burns e risalente forse alle guerre di Braveheart, quello che si contende la top position con il Flower of Scotland dei tifosi di calcio e di rugby: quest’ultimo, in effetti, poco più di una O sole mio locale. Anche del repertorio di Burns è Parcel of rogues, un canto di emigrazione di popolarità assimilabile alla nostra Mamma mia dammi cento lire. Ma tra le 368 canzoni delle sue raccolte c’è anche Auld Lang Syne, che è forse in assoluto la canzone più cantata di tutta l’anglofonia. I suoi versi sono in un anglo-scozzese del Cinquecento fortemente arcaico, al punto che gli stessi testi in lingua originale hanno bisogno di una nota per tradurre il titolo in inglese moderno: Old Long Since, per un senso che in italiano potrebbe forse essere reso dai primi versi della famosa canzone del 1935 di Frati-Raimondo Piemontesina Bella: «addio bei giorni passati...». «For auld laaaang syyyyyne, my dear, /for auld laaaang syyyyyne/ we’ll taaaak a cup o’ kindness yet, / for auld laaaang syyyyyne» si canta in tutto il mondo di lingua inglese a Capodanno con un bicchiere in mano e una frequente lagrimuccia negli occhi, a una frequenza perfino più massiccia di quella con cui da noi ai compleanni si intona «tanti auguri a teeee...». Ma questa canzone la usano anche a Taiwan per lauree e funerali, e la cantano nei negozi giapponesi al momento della chiusura, e alla sua melodia sono stati adattati i versi dell’inno nazionale coreano. Quanto a noi italiani, dopo averlo per un po’ orecchiato nei film hollywoodiani lo abbiamo infine trasformato in un ballabile: avvenne nel 1943, quando le melodie anglo-sassoni erano ufficialmente vietate dalla censura di guerra, ma venivano contrabbandate con l’aiuto di qualche testo o titolo fittizio. Per questo, ancora oggi la conosciamo semplicemente come Valzer delle candele.

 E Giulio Cesare portò le zampogne in Scozia
Tuttavia, la ricerca più recente ha rivelato che anche Burns si era preso qualche colossale licenza. Un esempio veramente clamoroso è rappresentato da Ye Jacobites by Name, un motivo trascinante che gran parte dei gruppi di musica celtica presentano oggi come uno degli inni della rivolta giacobita del 1745-46, anzi il suo inno per eccellenza. E una specie di Marsigliese di quella che viene oggi presentata come l’ultima grande rivolta indipendentista scozzese contro l’Inghilterra, traducendo in termini di nazionalismo moderno una lotta che in realtà per la mentalità dell’epoca dovette avere un significato ben diverso. I clan delle Highlands, infatti, si erano schierati con il “giovane pretendente” Bonnie Prince Charlie non in nome del separatismo, ma per lealtà tribale alla spodestata dinastia degli Stuart. D’altra parte, il nipote di Giacomo II non voleva restaurare l’indipendenza scozzese dall’Inghilterra, bensì rivendicare il trono dell’intero Regno Unito agli usurpatori Hannover. Per questo, invece di asserragliarsi nella sua roccaforte delle Highlands marciò su Londra, trovandosi però costretto alla ritirata dall’indifferenza degli inglesi, e venendo infine rovinosamente sconfitto a Culloden Moor. Il testo tramandato da Burns è di un’ironia amara, e denuncia il modo in cui il “buon diritto” degli Stuart è stato negato dalla forza bruta: «voi che vi chiamate giacobiti, tendete le orecchie/ vi spiegherò il vostro errore/ le vostre dottrine devo incolpare/ Cos’è giusto e cos’è sbagliato, secondo la legge?/ Una spada corta ed una lunga/ Un braccio debole ed uno forte per sguainarla». Ovvero: vi considerano criminali solo perché i vostri nemici sono più forti. Ebbene: si è scoperto che nel trascrivere il testo, attorno al 1791, in un impeto di ideologismo filo-giacobita il poeta lo aveva del tutto trasformato, per rovesciarne l’originario carattere anti-giacobita. «Con il Papa vi siete messi d’accordo», tuonavano infatti i versi del testo vero, ardenti del sacro sdegno anti-cattolico che aveva armato contro gli Stuart la rivolta di Cromwell del 1642-49 e la “Gloriosa Rivoluzione” del 1688-89. «Il Papa e i Preti/ dove sono venuti/ hanno governato con crudeltà». E via di questo passo... Diciamo che sarebbe come scoprire che Bella Ciao era un inno fascista, con il testo oggi noto compilato dopo la guerra da un raccoglitore di canti partigiani! Anche il grande Burns, dunque, diede un suo contributo alla collezione di bufale già costruita da fratelli Allen, Macpherson, Morgawng e Kervarker. Bufale, va detto, che in Scozia furono rese particolarmente possibili proprio per il fatto che dopo la rivolta giacobita il Parlamento di Londra aveva emanato disposizioni draconiane per proibire i costumi ancestrali delle Highlands, punendo così i clan locali del massiccio appoggio da loro dato alla causa del “giovane pretendente”. E il divieto, durato tra 1746 e 1782, aveva creato un vuoto in cui era stato relativamente facile inserirsi. Conclusione: né i kilt che si vedono nell’Highlander con Christopher Lambert, né quelli di Braveheart sono in effetti più storici dei famosi anfibi che si vedono ai piedi di un montanaro scozzese nello stesso film di Mel Gibson o dell’ancor più famoso orologio al polso del legionario di Scipione l’Africano. Neanche il sistema dei Clan è antico come pretendono certi fanatici di celtismo: il registro attuale dei membri risale infatti al 1815, e i riferimenti più antichi non vanno più in là del XII secolo. È vero che questo sistema nasce comunque dall’intrecciarsi tra il feudalesimo medievale e una tradizione tribale più antica. Ed è Cesare a riferirci delle tribù in cui erano divisi i galli. Tribus, però, viene da una circoscrizione territoriale dell’antica Roma, che secondo alcuni richiama la originaria tripartizione etnica dei fondatori dell’Urbe, tra latini, sabini e etruschi. Era la tribù che pagava il tributo, ospitava un tribunale, eleggeva un tribuno, lo ascoltava parlare alla tribuna. Naturalmente, nessuno può eccepire sul fatto che nell’antichità i romani furono migliori combattenti dei celti, malgrado la fama di ferocia di questi ultimi. La vittoria di Cesare ebbe comunque conseguenze più durature che quella di Brenno, e ci fu un Impero Romano, non un Impero Gallico. E quanto alle teste tagliate, è vero che quelle con cui i celti decoravano le proprie case ha dato luogo a un motivo decorativo arrivato in certe aree europee ben dentro al Medio Evo e anche oltre, sia pure nella forma simbolica di sculture di pietra. Ma sentiamo un attimo quanto scriveva nel 1989 l’insigne storico Andrea Giardina nel presentare una raccolta di saggi intitolata all’Uomo Romano: «È stato recentemente dimostrato come i romani avessero una particolare inclinazione per il taglio delle teste. Non si tratta, beninteso, di un particolare addensamento di teste mozze in un determinato periodo, com’è accaduto in epoche a noi assai più vicine, ma di una costante e puntuale dislocazione di questa pratica lungo tutto l’arco della storia romana. Teste tagliate con grande perizia o maldestramente, dal corpo dei vivi o dei morti, avvolte in bende o protette accuratamente da strati di miele, da olio di cedro, da cera, o da altre sostanze; conficcate su picche e sui pali degli accampamenti, esposte nel centro della vita civica o scagliate tra i piedi dei nemici; teste di gente comune o di grandi protagonisti (fu questa sorte che toccò, per esempio, a Pompeo, a Cicerone, a Nerone, a Massenzio); teste di avversari politici o di nemici di guerra, di criminali o di banditi. Quella definizione di “civiltà dalla testa tagliata” che è stata escogitata per i celti, spetterebbe dunque con ugual diritto anche ai romani. Per i romani, il tagliar teste non rientrava affatto in un’attitudine definibile come crudelitas: l’atto del taglio della testa era, oltre che un ovvio mezzo d’intimidazione, un segno di potenza, una manifestazione di efficienza e di bravura. I romani erano un popolo fine, e la crudelitas la vedevano piuttosto in alcuni comportamenti che talvolta si associano a quell’atto: per esempio, gioire scompostamente davanti al capo mozzato di un avversario troppo a lungo temuto, o diffondersi in commenti di cattivo gusto su questo o quel particolare fisionomico. Sono questi i comportamenti che trasformano in crudelitas quell’ammirevole esternazione di potenza che si era manifestata nella decapitazione del nemico».Infine la cornamusa, termine che in epoca rinascimentale e barocca viene affibbiato alla più antica zampogna: dal greco symphÿnia e/o dall’aramaico sumpopiniah, ma comunque dal Mediterraneo. Nel III secolo a.C. alla zampogna dedicò un poema l’alessandrino Teocrito, con una serie di versi di lunghezza decrescente, a riprodurre visivamente il disegno dello strumento. E nel I secolo a.C. fu un virtuoso di zampogna, oltre che di lira, l’imperatore Nerone, secondo quanto ci riferiscono Svetonio e Dione Crisostomo. Non vi è certezza, ma molti ritengono che i legionari romani marciassero al suono delle zampogne, proprio come i reggimenti di highlanders dell’esercito britannico moderno. Viceversa, J.S. Megaw fa un buon punto sugli studi archeologici moderni quando ci informa che «scarsa è l’evidenza materiale dell’abilità di costruttori e suonatori di strumenti musicali degli antichi celti»: giusto un paio di fonti iconografiche del VII secolo a.C. con lire a quattro corde, flauti di Pan a cinque canne, flauti diritti singoli e doppi e corni; e poi qualche reperto di flauti e corni di cattiva qualità, utilizzabili al più come strumenti di segnalazioni. Ma «a partire dalla fine del periodo di Hallstatt nel V secolo a.C. fino all’ultimo secolo a.C. la documentazione di strumenti musicali praticamente scompare». E «soltanto nei primi secoli d.C., con l’introduzione – o reintroduzione – di strumenti musicali mediterranei concomitante l’espansione verso nord dell’Impero romano, l’evidenza materiale migliora direttamente». Insomma, le zampogne ai celti le portò Cesare! «Com’è ovvio, sono le zampogne i rappresentanti della famiglia di flauti di canna più frequentemente associati con i celti del periodo finale», conferma Megaw. Ebbene, «come per tutti i flauti di canna dell’Europa settentrionale e occidentale, l’evoluzione delle zampogne va ricollegata a un’origine e diffusione dai Balcani e dal Mediterraneo orientale, ma non si hanno documenti preistorici e archeologici indicativi di un loro uso in Occidente prima del Medioevo». In Scozia le prime testimonianze risalgono al XV secolo, anche se riferiscono di una loro importanza simbolica che fa pensare a un’ampia diffusione medievale. Ma le bande di cornamuse oggi simbolo della Scozia risalgono anch’esse, come i tartan dei kilt, al XIX secolo, e a quell’opera di “invenzione della tradizione” studiata da Trevor-Ropert.

donquijote82 - 5/3/2014 - 18:15


The 18th Century Antiwar Anthem
Historyradio

yejaculloden


Long before Bob Dylan, the 18’th century Scottish poet and song-writer Robert Burns published an anti-war anthem. Surprisingly modern sounding (video below), the song rejects contemporary war mongering and focuses on the human suffering caused by conflict. However, in order to understand the historical context of the song, we do need an expert. We asked George Mcclellan, a director of the Robert Burns Association of North America, to set the scene.

George Mcclellan is a Director of the Robert Burns Association of North America, A director of the Burns Club of Atlanta, Ga., a member of the World Burns Federation, the Georgia Convener of Clan Maclellan Society of America and a Fellow of the Scottish Society of Antiquities
George Mcclellan is a Director of the Robert Burns Association of North America, A director of the Burns Club of Atlanta, Ga., a member of the World Burns Federation, the Georgia Convener of Clan Maclellan Society of America and a Fellow of the Scottish Society of Antiquities
Historyradio.org: Why was “Ye Jacobites by Name” written”?

Originally to condemn the Jacobite cause. It’s necessary to understand the period following the Reformation when Great Britain became firmly anti-Catholic after years of conflict. There were two periods of Catholic rebellion, The Jacobite risings, or the Jacobite rebellions or the War of the British Succession, 1688 thru 1748, the intent of which was to return Catholic, James Stuart II and VII, to the British throne and, their last attempt with “Bonnie Prince Charlie’s (Charles Edward Stuart) ending with his loss at Culloden in 1746. Jacobite is Latin for “James.”

Historyradio.org: Do we know who wrote it?

I believe the original tune was written by Hector Macneill titled: My Love’s in Germany. He was probably referring to the German House of Hanover who became the sovereigns of Great Britain following the reign of William and Mary.

Robert Burns (25 January 1759 – 21 July 1796), the Bard of Ayrshire, Ploughman Poet and various other names and epithets, was a Scottish poet and lyricist. He is widely regarded as the national poet of Scotland
Robert Burns (25 January 1759 – 21 July 1796), the Bard of Ayrshire, Ploughman Poet and various other names and epithets, was a Scottish poet and lyricist. He is widely regarded as the national poet of Scotland
Historyradio.org: Robert Burns re-wrote the song as an anti-war anthem? What sort of changes did he make?

Actually, Burns borrowed extensively from other authors, as well as fill in fragments long lost of many old songs. He did not plagiarize but rewrote or reframed ideas expressed by others to fit tunes from traditional Scottish folk songs, before they became lost forever.

Burns borrowed only the first verse from the original version of Ye Jacobites By Name that attacked Catholics from the political point of view of the conservative (and Protestant) British government, aka: the Whigs. Burns rewrote his version in 1791 with an anti-war outlook. His is the version that most people know today.

The tune for the lyrics was from a song titled Captain Kid (one ‘d’) and may have been a version of Put in All in ‘Pills’ written after The Battle of Falkirk Garland in 1746. Before Burns was born. Many tunes were written and published comforting the failed Catholic efforts and most were published in Ewan MacColl’s collection titled Personal Choice.

Burns wrote for two publishers, Johnson’s Scots Musical Museum and James Hogg. Johnson’s Scots Musical Museum, with Burn’s version was published in 1793.

Historyradio.org: How was the song received when it was published by Burns, with the tune added?

Little remark has been recorded as to the songs first appearance. Enough Catholics still existed as neighbors to have been offended when publicly sang. The pro-monarchy pub crowd probably liked it, as they did most things Burns did.

Historyradio.org: The song has a pretty strong political message, at what sort of events would it be performed?

Except it be in a pub or ale house, it would not be performed like we understand performers do today. In your face songs would have been punished not glorified. Politics of the time could be deadly if one stood against the Crown. So, public demonstrations of the tune, outside of pubs, etc. ,simply didn’t occur.

Burns wrote it. It was published in Johnson’s Scots Museum and received little notoriety except to confirm Britain’s religious conversion from Catholicism to Protestantism. In Scotland in Burns time, it was the Calvinism of the people vs. Anglicanism (Church of Scotland) of the Govt.

Historyradio.org: Would you say the song has had any influence on Scottish history?

The song, No! Culloden (Protestant government forces vs Catholic pretender) had the greater influence on Scottish History by killing all pretense that a Catholic Stuart would return to the throne of Great Britain. It also killed the Highland Clan system, mostly Catholic, forever.

Clarifying why such a song should be important is to understand the Jacobite cause. Charles Stuart’s Jacobite army, largely composed of Catholics and Episcopalians, but mostly Highland Clans, with a small detachment of Catholic Englishmen from the Manchester Regiment, plus some Irish, represented a return to old feudalism. Charlie’s effort was supported by France, with some Irish and Catholic Scots military units in French service, to support the Stuart claim.

The British Governments Hanoverian forces were Protestants, English with a significant number of Scottish Lowlanders and some non-Catholic Highlanders. The results of that complete and disastrous rout are well known, but it ended the Clan system and took Scotland out of the past and pointed it into the future.

But deeper economic motives however, lie hidden as causal effects. England and the Scottish Lowlanders were moving into an industrial age of unprecedented prosperity and growth. A return of the Stuarts would mean a return to feudalism and they weren’t having any of that. Advances in agricultural production and world trade was enriching even the crofters in the Lowlands and the Industrial Revolution was just around the corner. No, a return to feudalism would have ended all that.

Culloden’s aftermath did arouse strong feelings for a long time and the original song contributed to that so Burns rewrote the lyrics to temper down ill feelings because he recognized all Scots as kinsmen, “Brothers be for a’ that,” not enemies because of religion. Remember too, Burns had his own private religious war (with words) against the Scottish Kirk too. Too, Burns was more than emphatic to the lost Jacobite cause as revealed in several pieces he wrote on his first tour to the Highlands.

Burns understood his own family’s history in the religious conflicts that preceded him, and was proud that his ancestors sided with the persecuted rebels of the Covenanters on his mum’s side and the Jacobites on his fathers side. Burns was particularly aware that the final results of the Scottish religious wars, and the collapse of Catholicism, rendered his fathers family near the poverty level. Burns referred to it as Jacobite “Ruin”and, it did adversely affect his fathers course through life. Burns was also proud that his father recovered, gained an occupation (Gardner) and survived. It was an awful period of time for the people of Scotland.

Riccardo Venturi - 20/10/2022 - 19:53




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