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14 luj. Complènta për la sità 'd Turin

Nino Costa
Lingua: Italiano (Piemontese Torinese)


Lista delle versioni e commenti


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Dove vola l'avvoltoio
(Cantacronache)
Rote Melodie
(Rosa Valetti)


[1943]
Versi del poeta torinese Nino Costa (1886-1945)



Non credo che questa poesia sia mai stata messa in musica, ma si tratta comunque di una “complainte”, un poema che nasce di per sé come cantabile. Non ho perciò nessuna remora a proporla come CCG a tutti gli effetti.

Torino sotto le bombe, nei rapporti inediti dell’aviazione alleata
Tempesta

Testo trovato su “Torino sotto le bombe, nei rapporti inediti dell’aviazione alleata”, di Pier Luigi Bassignana, Edizioni del Capricorno, Torino 2012. Originariamente nella raccolta intitolata “Tempesta”, pubblicata dalla storica casa editrice torinese Viglongo nel 1946, un anno dopo la morte del poeta.



“I temi della guerra e della vita sotto le bombe hanno trovato in Nino Costa un cantore attento e partecipe. Così, ad esempio, nella poesia An cròta (In cantina) sono descritte le ansie ma anche il coraggio dei torinesi che, chiusi nei rifugi, attendono la fine del bombardamento e la sirena del cessato allarme. Nel sonetto S’ij trenô (Sul treno) viene invece cantato il senso di fraterna partecipazione con la quale gli sfollati pendolari riescono a rendere meno greve il loro quotidiano calvario su treni sempre sovraccarichi.
La Complènta (“canto di compianto”, dal francese complainte) è dedicata alle vittime del bombardamento del 13 luglio 1943. Nella lirica il poeta immagina che, all'indomani del bombardamento (il più cruento subìto da Torino), i morti si rechino in processione dal Padreterno per invocare giustizia. [Questo epilogo mi ha ricordato subito la Rote Melodie di Kurt Tucholsky, con l’esercito dei morti che si lancia contro il generale tedesco Ludendorff, uno dei più grossi macellai della prima guerra mondiale, ndr]. È probabilmente per questa ragione che la poesia reca nel titolo la data del 14 luglio. La poesia è stata scritta ad Asti fra il 16 e il 23 luglio. Nel manoscritto, sotto la data, Costa aggiungeva l’annotazione ‘All'indomani cadeva Mussolini’”.
(da “Torino sotto le bombe”, op. cit.)


La notte tra il 12 e il 13 luglio 1943 Torino è colpita da una delle più violente incursioni aeree portate avanti dall’aviazione inglese. Sulla città cadono 763 tonnellate di bombe, che provocano la morte di 792 persone e ingenti danni a edifici, infrastrutture e stabilimenti industriali.

- Il bombardamento



Il bombardamento del 13 luglio 1943 fa parte della seconda fase di incursioni che colpì Torino: queste incursioni furono definite «terroristiche». Le azioni notturne erano compiute da grandi formazioni di quadrimotori della RAF che si susseguivano a più ondate, avendo come obiettivo una zona predefinita della città, che colpivano indiscriminatamente. Le bombe dirompenti usate furono di calibro grosso (1.000 libbre) e grossissimo (2.000 e 4.000 libbre) e furono lanciati anche spezzoni incendiari alla termite, le nuove bombe al fosforo e bottiglie e bidoni di benzina al fosforo.
Ogni ondata sganciava prima le bombe dirompenti e poi gli ordigni incendiari. Questa tecnica rendeva impossibile l’impiego dei mezzi antincendio durante l’incursione e favoriva lo svilupparsi di incendi di vaste proporzioni. Ai danni degli incendi si sommavano quelli delle esplosioni delle bombe dirompenti, che distruggevano gli edifici e bloccavano i servizi e le comunicazioni (interrotte le strade, i cavi elettrici e telefonici, le tubature del gas e dell’acqua). In questa seconda fase si assistette al primo vero sfollamento dei torinesi.
L’impressione generale è che il bombardamento di obiettivi militari o industriali rientrasse certamente nell’eventualità di ciascuna missione ma, al tempo stesso, che questa eventualità non costituisse lo scopo principale dell’azione. A provarlo è l’enorme quantità di mezzi incendiari fatti cadere a pioggia durante ogni azione, che potevano essere giustificati solo se l’intenzione era quella di terrorizzare, ma che risultavano di scarsa efficacia nei confronti di installazioni considerate in qualche modo strategiche.
L’incursione aerea degli inglesi del 13 luglio con 250 aerei Lancaster, Wellington, Stirling e Halifax, si protrasse dall’01.33 alle 02.45.

- I danni e le cronache



“Lo spettacolo di Torino è il solito spettacolo di incubo all’indomani delle incursioni: gente errante per le strade, fumigar di incendi da tutte le parti, zampilli d’acqua in mezzo alle strade” (1). Il 14 luglio 1943 Carlo Chevallard affida alle pagine del suo diario la descrizione del bombardamento abbattutosi sulla città la notte tra il 12 e il 13 luglio. Un’incursione considerata, a tale data, “la più grande su una città italiana” (2), che vede i bombardieri dell’aviazione alleata sganciare ordigni esplosivi e spezzoni incendiari, per un totale di 763 tonnellate.
Il bilancio, sul quale grava il ritardato azionamento della sirena dell’allarme antiaereo che inizia a suonare soltanto con la caduta delle prime bombe, è spaventoso: 792 morti e 914 feriti (3). La città, messa in ginocchio, è colpita in ogni suo punto: dai quartieri della periferia agli edifici del centro (Palazzo Chiablese, la chiesa di Santa Teresa, piazza Castello e via Roma), dalle infrastrutture alle fabbriche. L’apparato produttivo cittadino esce pesantemente provato da quella notte e i principali stabilimenti riportano ingenti danni a macchinari e strutture che ne minano l’attività produttiva. Cadute a macchia di leopardo, le bombe provocano i danni più rilevanti ai complessi di Barriera di Milano (dove sono colpite la CEAT, la Conceria Gilardini, la INCET, la Fiat Acciaierie, la Fiat Fonderie Ghisa e, soprattutto, la Fiat Grandi Motori), Regio Parco (Manifattura Tabacchi), Borgo San Paolo (Viberti), Vanchiglietta (Schiapparelli) e Borgo Vittoria (Superga, Wamar, CIMAT, Società Nazionale Officine Savigliano e Fiat Ferriere).
Fra gli episodi di quella notte si ricorda il bombardamento della chiesa di Madonna di Campagna, nel cui scantinato si era rifugiato un gran numero di abitanti della zona. Un numero elevato di vittime fu estratto dalle cantine dell’edificio situato vicino alla chiesa di San Gioacchino. Nella stessa notte fu colpito il duomo, la chiesa di Santa Teresa, la chiesa di San Domenico e numerosi altri edifici religiosi. Intere strade - la cui valenza strategica era nulla - furono devastate come via Garibaldi e via Po. La notte del 13 luglio fu colpito anche il Cimitero Generale provocando la devastazione di molte tombe. La cronaca di quell’evento fu minima, visto che i giornali non uscirono per alcuni giorni e ci volle parecchio tempo per rendersi conto dell’entità del disastro.

[1. Carlo Chevallard, Diario 1942-1945. Cronache del tempo di guerra, Blu edizioni, Torino 2005, p. 27.
2. Giorgio Bonacina, Comando bombardieri. Operazione Europa. L’offensiva aerea strategica degli alleati nella seconda guerra mondiale, Longanesi, Milano 1975, p. 189.
3. Giovanni De Luna, I bombardamenti, in Luciano Boccalatte, Giovanni De Luna, Bruno Maida (a cura di), Torino in guerra 1940-1945. Catalogo della mostra, Gribaudo Editore, Torino 1995, p. 23.]

(da Museo Torino)
Pioroma, 'nt l'ora neira dël destin
Pioroma, gent, per la sità 'd Turin

Quatòrdes Luj: 'na neuit ëd lun-a pien-a
E ij nemis son rivà 'nt l'aria seren-a.

Son rivà con le bombe sota l'ala
E la povra Turin l'han sassinala.

L'han sassinala mentre ch'a durmia
E la lun-a dal cel la dëscurvia,

Chè la pòvra regin-a piemonteisa
L'era sola, 'nt la neuit, senssa difeisa

L'era sola, dësteisa, a l'abandon:
L'han sassinala senssa compassion.

A durmïo le fomne e le masnà
E ij vej e j giovo 'nt la gran neuit d'istà,

A durmïo j'ovrié strach ëd travaj
E a s'anssopïo ij malavi 'nt j' ospedaj

E 'nt l'ora pasia che ij seugn s'ancanto
A durmïo ij nostri mort al Camposanto.

E j'ale triste a l'han molà j'arssort:
Le bombe a son cascà sij viv e ij mort.

Son cascà 'n sël ripòs dle povre cà
E 'nssima ai lett dle fomne e dle masnà.

Son cascà s'j ovrié strach ëd travaj,
Son cascà sij malavi ant'j ospedaj…

E 'nt l'ora pasia che ij seugn a s'ancanto
A son cascà sle tombe al Camposanto…

E j'ale triste 'nvers a la matin
Volavo basse sla sità 'd Turin,

E sla gent ch'a scapava al Valentin
Lor a-i tiravo adòss da pì davsin,

E 'n mes a j'aotri riparà 'n colin-a
Spataravo la mort e la rovin-a.

Pòver e sgnor: l'era na sort uguala
E ij mort j'ambaronavo con la pala.

E coi ch'a l'han gavaje dai croton
L'indoman, jero neir come 'l carbon

E le mame a strensio ij cit tanto s-ciass
Che për gavei-je a l'han rompuje ij brass.

Pioroma 'nt l'ora neira dël destin
Pioroma, gent, per la sità 'd Turin.

E peui le ca l'han prinssipià a brusé:
Mesa Turin a l'era mach pì 'n brasé,

Da l'Aurora an Vanchija – tra Stura e Po –
Mesa Turin l'era mach pi 'n falò

Le fabriche, le cese, ij monument
Brusavo tute come 'd torce a vent

E la matin j'era na gran fumèira
Ch'a lera dì e a smiava seira.

Anlora d'an Valdòch al Valentin
Dal pont ëd Mosca a piassa Solferin

E da piassa San Carlo a l'Arsenal
Da porta Susa e dal Giardin Real

Da la bariera 'd Lanss a la Crosëtta
Da Borgh San Paol giù a la Molinëtta

Da tuti ij post ëd tute j'incursion
Ij mòrt l'han comenssà na procession:

Ciuto, la procession l'è radunasse,
Ciuto, la procession l'è 'ncaminasse…

Come na carovan-a del dolor
Ij mort a son rivà dnanss a Nossgnor:

"O Nossgnor, soma sì de dnanss a Ti
përché Ti sol it' ses padron dl'avnì.

Òh! Nen për vendichesse o për gramissia:
Për gnente d'aotr che për ciamé giustissia.

Ti ch'i të s-chaire fin-a an fond ai cheur
Ti t'la sas la rason dij nòstr malheur:

Ti t'i-j conosse j'omini dla tera
Ch'a l'han prontà, ch'a l'han vorssù sta goera,

Ò Nossgnor, so castigh… mandijlo Ti…"

E Nòstr Signor a l'ha fait segn che 'd sì…

Asti. 16-23 Luglio 1943
All’indomani cadeva Mussolini

inviata da Bernart Bartleby - 28/10/2014 - 10:52




Lingua: Italiano

Traduzione italiana da “Torino sotto le bombe, nei rapporti inediti dell’aviazione alleata”, di Pier Luigi Bassignana, Edizioni del Capricorno, Torino 2012.
14 LUGLIO. CANTO DI COMPIANTO PER LA CITTÀ DI TORINO

Piangiamo nell'ora nera del destino
Piangiamo, gente, per la città di Torino.

Quattordici luglio: una notte di luna piena
E i nemici sono arrivati nell'aria serena.

Sono arrivati con le bombe sotto le ali
E la povera Torino l’hanno assassinata.

L'hanno assassinata mentre dormiva
E la luna dal cielo la scopriva,

Perché la povera regina piemontese
Era sola, nella notte, senza difesa,

Era sola. distesa. Abbandonata
L'hanno assassinata senza pietà.

Dormivano le donne e i bambini
E i vecchi e i giovani nella fonda notte d’estate,

Dormivano gli operai stanchi del lavoro
E s’assopivano i malati negli ospedali

E nell'ora quieta che i sogni s'incantano
Dormivano i nostri morti al Camposanto.

E le malvagie ali hanno mollato gli ordigni:
Le bombe son cadute sui vivi e sui morti.

Son cadute nel sonno delle povere case
Sui letti delle donne e dei bambini.

Son cadute sugli operai stanchi del lavoro
Son cadute sui malati negli ospedali...

e nell’ora quieta che i sogni s’incantano
Son cadute sulle tombe al Camposanto...

E le crudeli ali verso il mattino
Volavano basse sulla città di Torino

E sulla gente che scappava al Valentino
Gli tiravano addosso più da vicino.

E in mezzo agli altri rifugiati in collina
Spargevano morte e rovina.

Poveri e ricchi: la sorte era uguale
E i morti li ammucchiavano con le pale.

E quelli estratti dai ricoveri
L’indomani erano neri come il carbone

E le mamme stringevano così forte i loro bimbi
Che per toglierglieli hanno spezzato loro le braccia.

Piangiamo nell'ora nera del destino
Piangiamo, gente, per la città di Torino.

E poi le case han cominciato a bruciare:
Mezza Torino era solo più un braciere.

Dall’Aurora a Vanchiglia - tra Stura e Po –
Mezza Torino era solo più un falò

Le fabbriche, le chiese, i momunenti
Bruciavan tutti come torce a vento

E al mattino tutto era offuscato
Era giorno e pareva di nuovo notte.

Allora da Valdocco al Valentino
Dal ponte Mosca a piazza Solferino

E da piazza San Carlo all’Arsenale
Da Porta Susa e dal Giardino Reale

Dalla barriera di Lanzo alla Crocetta
Da Borgo San Paolo giù alle Molinette,

Da tutti i luoghi delle incursioni
I morti fanno una processione:

In silenzio la processione si è radunata
In silenzio la processione si è incamminata...

Come una carovana di dolore
I morti sono arrivati dinnanzi al Signore:

“O Signore, siamo qui dinanzi a Te
Perché tu solo sei padrone dell'avvenire.

Oh! Non per vendicarci o per malvagità
Per nient’altro che chiedere giustizia.

Tu che vedi fino in fondo ai cuori
Tu sai la ragione delle nostre disgrazie.

Tu che conosci gli uomini della terra
Che hanno preparato, che hanno voluto questa guerra.

O Signore, il castigo... mandaglielo Tu...”

E il Signore ha fatto cenno di sì...

Asti. 16-23 Luglio 1943
All’indomani cadeva Mussolini

inviata da Bernart Bartleby - 28/10/2014 - 10:54




Lingua: Inglese

14 OF JULY. LAMENT FOR THE CITY OF TURIN

Let's cry in the dark hour of fate
Let's cry, folks, for the city of Turin

Fourteenth of July: a full-moon night
And the enemies came through the bright air.

They came with the bombs under the wing
And poor Turin they murdered

They murdered her while she lay asleep
And the moon from the sky uncovered her

For the poor queen of Piedmont
Was alone, in the night, without defense

She was alone, asleep, forsaken
They murdered her with no compassion

There slept the women and the children
And the old and the young deep in the summer night

There slept the workers tired from their work
And slumbered the sick at the hospitals

And in the quiet hour of dreams
Slept our dead at the Cemetery

And the wicked wings dropped their devices:
The bombs fell over the living and the dead

They dropped on the rest of the poor homes
And on top of the beds of women and children

They fell on the workers tired from their work,
They fell on the sick at the hospitals

And in the quiet hour of dreams
They fell on the graves at the Cemetery

And the wicked wings toward morning
They flew low over the city of Turin

And at the people who ran away to the Valentino
They shot from closer up

And among the others seeking shelter up the hills
They spread death and ruin

The poor and the rich: their destiny the same
And they piled up the dead with a shovel

And those they took out of the cellars
The next day they were black like coal

And the mothers held their children so tightly
That to take them out they had to break their arms

Let's weep in the dark hour of fate
Let's weep, people, for the city of Turin

And then the homes started to burn:
Half of Turin turned to charcoal

From Aurora to Vanchiglia – between Stura and Po –
Half of Turin turned into a bonfire

The factories, the churches, the monuments
All burned like torches in the wind

And in the morning there was a great black smoke
It was day and it seemed like night

And then from Valdocco to Valentino
From Mosca Bridge to Piazza Solferino

From Piazza San Carlo to the Arsenal
From Porta Susa and from the Royal Garden

From the barrier of Lanzo to Crocetta
From Faubourg San Paolo to Molinetta

From all the places of all the incursions
The dead began a procession

Silently the procession gathered round
Silently the procession began to move

As a caravan of pain
The dead arrived in front of Our Lord:

“O our Lord, we're here in front of You
because You only are owner of the future

Oh! Not for vengeance or meanness:
for nothing else but to ask for justice.

You who see into the bottom of hearts
You know the reason of our misfortune

You who know the men of earth
Who have prepared, who have wanted this war

O Our Lord, their punishment… send it yourself…"

And Our Lord nodded his assent.

Asti. 16-23 July 1943
Mussolini fell down the day after

inviata da Bernart Bartleby - 28/10/2014 - 10:55


Mi permetto di contribuire a commento alcune poesie di Nino Costa, tutte tratte da “Tempesta”, la raccolta che vide la luce per i tipi della torinese Viglongo pochi mesi dopo la sua morte. Il suo sguardo sulla guerra mi pare degno di poeti ben più noti di lui, come Calvino, o Brecht, o Tucholsky, o Kraus… Inoltre la guerra segnò personalmente e profondamente Nino Costa: il figlio Mario fu partigiano nella valli torinesi e cadde in combattimento il 2 agosto 1944 sul monte Génévris, sullo spartiacque tra Val Susa e Val Chisone.
Il padre non resse al dolore, morendo l’anno seguente a soli 59 anni.

LA MIA PATRIA L’É SLA MUNTAGNA

Novèmber 1943
A me fiöl Mario e a tüti i Partigian dla Val Chisun


La mia patria l’é sla muntagna
l’é sla muntagna sarvaja
cun j’Alpin ch’a dörmo sla paja
cun ij suldà sensa pan e sens’arma
ma cun l’anima fiera
perché a l’han nen tradì la bandiera.
La fioca a-j cuata e la freid a-j flagela
e la tormenta a je sgiaflela
e la miseria a-j cumpagna:
La mia patria l’é sla muntagna

La mia patria l’é sla muntagna
luntan da sto mund ch’a mercanda
na grüpia, un bindel, na curuna;
da sta gent lasaruna
ch’a-j lüstra le scarpe al tedesc ch’a cumanda,
da sta rassa falìa
che per quatr sold a fa la spia
e a cunta cun l’anima ed Giüda
ij tranta scü ch’a guadagna:
La mia patria l’é sla muntagna

La mia patria l’é sla muntagna:
l’é ansema aj pi giuv e aj pi fort
ch’a sfido la fam e la mort
perché l’Italia sia viva,
l’é ansema aj bandì dla miseria,
l’é ansema aj farchet dla speransa,
l’é ansema a j’Alpin dla vitoria
ch’a speto n’ültima gloria
da na pi giüsta campagna:
La mia patria l’é sla muntagna

Curage, fiöj dla muntagna!
dëdsà j’é quaicos ch’a rüvina
de dlà j’é quaidün ch’a s’avzina,
e l’ura l’é gnanca luntana
ch’i vëdo s’ij bric e sla piana
l’Italia ch’a turna italiana
Turnuma a pianté, sle fruntiere
noste, le noste bandiere
e che Nosgnur an cumpagna!
La mia patria l’é sla muntagna


Traduzione italiana

LA MIA PATRIA È SULLA MONTAGNA

Novembre 1943
A mio figlio Mario e a tutti i partigiani della Val Chisone


La mia patria è sulla montagna
è sulla montagna selvaggia
con gli Alpini che dormono sulla paglia
con i soldati senza pane e senza armi
ma con l'anima fiera
perché non hanno tradito la bandiera.
La neve li copre e il freddo li flagella
e la tormenta li schiaffeggia
e la miseria li accompagna:
La mia patria è sulla montagna.

La mia patria è sulla montagna
lontana da questo mondo che mercanteggia
una greppia, un nastro, una corona;
da questa gente lazzarona
che lustra le scarpe al tedesco che comanda,
da questa razza fallita
che per quattro soldi fa la spia
e conta con l'anima di Giuda
i trenta denari che guadagna:
La mia patria è sulla montagna.

La mia patria è sulla montagna:
è insieme ai più giovani e ai più forti
che sfidano la fame e la morte
perché l'Italia sia viva,
è insieme ai banditi della miseria,
è insieme ai falchi della speranza,
è insieme agli Alpini della vittoria
che aspettano un’ultima gloria
di una più giusta campagna:
La mia patria è sulla montagna.

Coraggio, figli della montagna!
Di qua c’è qualcosa che va in rovina
di là c’è qualcuno che s’avvicina,
e l'ora non è neanche lontana
che vediamo sulle cime e sulla pianura
l'Italia che ritorna italiana.
Torneremo a piantare, sulle frontiere
le nostre, le nostre bandiere
e che Nostro Signore ci accompagni!
La mia patria è sulla montagna

Bernart Bartleby - 28/10/2014 - 13:17


Un’altra poesia di Nino Costa sulla guerra, sempre dalla raccolta “Tempesta” pubblicata postuma nel 1946.
Versi che mi hanno subito portato alla mente altri neri stormi, quelli di Dove vola l'avvoltoio di Calvino e Liberovici.



CORNAJASS

Settembre 1940


Ale nèire 'd cornajass
da le nìvole an tempesta
con na gran cagnara 'd festa
calo giù 'n mes ai rivass.

Dai rivass, cogià për tèra,
come 'd ròba dësmentià
sangonanta e sbërgnacà
j'é la carn dij mòrt an guèra

e ij croass a fan baldòria
che për lor l'é na cucagna
quand ch'a treuvo sla campagna
ij profit d'una vitòria.

Dòp ël past ij cornajass
giro 'l vòl për d'àutre tère.
Daspërtut j'é 'd neuve guère
ch'ampinisso ij sò gavass.

L'é parej che 'l mond a gira
e Nossgnor l'é mòrt an Cros
përché j'òmini – scaros!
a rivèisso a costa mira.

Pòvre vite dij soldà
tuti fieuj ‘d n'istessa mama
tuti 'nvisch ‘d n'istessa fiama
che la Mòrt l'ha dëstissà.

Coj ch'a stërmo 'nt le bandiere
la superbia e l'ambission
për la smania dij milion
l'han possaje a le frontiere...

e ij soldà robust e bej
an sugnand amor e glòria
con la scusa 'd fé la stòria
van massé d'àutri fratej.

Chërdo 'd batse – bonomass!
për soa gent e për soa tèra
e a san nen ch'a fan la guèra
për l'aptit dij cornajass.


Traduzione italiana

CORNACCHIE

Ali nere di cornacchie
dalle nuvole in tempesta
con una gran chiassata di festa
scendono giù in mezzo ai dirupi.

Dai dirupi, coricati a terra,
come cose dimenticate
sanguinante e massacrata
c’è la carne dei morti in guerra

e i corvi fan baldoria
che per loro è una cuccagna
quando trovano in campagna
i profitti d'una vittoria.

Dopo il pasto le cornacchie
girano il volo per altre terre.
Dappertutto ci sono nuove guerre
che riempiono i loro gozzi.

È così che il mondo gira
e Nostro Signore è morto in croce
perché gli uomini - infami!
arrivassero a questo punto.

Povere vite dei soldati
tutti figli della stessa mamma
tutti accesi dalla stessa fiamma
che la Morte ha spento.

Quelli che nascondono nelle bandiere
la superbia e l’ambizione
per la smania dei milioni
li hanno spinti alle frontiere...

E i soldati robusti e belli
sognando amore e gloria
con la scusa di fare la storia
vanno ad uccidere altri fratelli.

Credono di battersi – poveri ingenui!
per la loro gente e per la loro terra
e non sanno che stan facendo la guerra
per l’appetito delle cornacchie.

Bernart Bartleby - 28/10/2014 - 13:30




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