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Inno patriottico (del cittadino Luigi Rossi per lo bruciamento delle immagini de' tiranni)‎

Domenico Cimarosa
Lingua: Italiano


Domenico Cimarosa

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(Eugenio Bennato)


‎[1799]‎
Posto in musica dal cittadino Cimmarosa, da cantarsi nella festa de' 30 fiorile sotto l'albero ‎della libertà avanti al Palazzo Nazionale.

Scritto da Luigi Rossi, avvocato, nato nel 1769 a Montepaone in provincia di Catanzaro (dove, ‎almeno fino a poco tempo fa, c’era l’ultimo Albero della Libertà originale d’Italia), poeta, ‎giacobino e massone, impiccato il 28 novembre 1799 in Piazza del Mercato a Napoli.‎
Musica del celebre compositore napoletano Domenico ‎Cimarosa (1749-1801).‎
Pubblicato sul Monitore Napoletano, il foglio repubblicano diretto da Eleonora Fonseca Pimentel, ‎l’Inno patriottico fu riprodotto in migliaia di fogli volanti e cantato per la prima volta dai ‎rivoluzionari il 19 maggio in piazza del Plebiscito (allora Largo di Palazzo) alla festa del ‎‎“bruciamento delle bandiere borboniche”, allorché fu piantato l’Albero della Libertà.‎




Domenico Cimarosa, di idee liberali, aderì alla Repubblica napoletana e mise in musica questo ed ‎un altro testo di Luigi Rossi, “La felicità compita” (che però non ci è giunto). Nel 1799, quando la ‎Repubblica già vacillava, il grande compositore si vide a malpartito e si affrettò e musicare un inno ‎antifrancese e pro Borbone scritto da tal Vincenzo de Mattei di Torre Susanna (quello che recita, fra ‎l’altro, “Dalla terra dei delitti / Mosse i passi il Franco audace / E nel sen di nostra pace / Venne ‎l'empio ad infierir”)… Non gli servì a molto: fu imprigionato e condannato a morte, pena poi ‎commutata in esilio solo grazie all’intercessione degli ammiratori che Cimarosa aveva anche tra i ‎borbonici e, soprattutto, tra i russi loro alleati, visto che il compositore era stato per anni maestro di ‎cappella alla corte di Caterina La Grande. Comunque, provato dalla disavventura, morì di lì a poco, ‎a Venezia nel 1801, proprio mentre si accingeva a far ritorno in Russia.‎
Su d'un Sovrano popolo
Sovrano più non v'è:
Al foco, indegne immagini,
Itene ormai, de' re. ‎

Già dalle vostre ceneri
Sorge la Libertà,
Che annunzia al mondo libero
La sua Sovranità. ‎

O foco, almo principio
Del tutto creator,
I regi in te ritrovino
Un Nume distruttor. ‎

Perisca una progenie
Nemica di virtù,
Che l'uom costringe a gemere
In dura servitù. ‎

Accendi deh! Prometeo,
Tua tace a' rai del Sol:
Reca la vita, e l'anima
In questo amico suol. ‎

Possa per te risorgere
A' rai d'un più bel dì
L'uom che tra ceppi barbari
A Libertà morì. ‎

O Predator dell'Anglia
La speme tua qual è?
Al libero Vesuvio
Vuoi ricondurre i re? ‎

Trema: tue navi in cenere
Fra poco ridurrà
Il divorante incendio
Che i re consuma già. ‎

E non temer che al Caucaso
Giove ti leghi il piè,
Se Giove è re de' Despoti,
Noi non abbiam più re. ‎

Questo che alle aure sventola
Vessillo tricolor,
Rispetto a' Numi imprimere
Sa nelle sfere ancor. ‎

inviata da Bartleby - 24/1/2012 - 10:48


INNO DA ADOTTARE AL SUD AAL POSTO DI -FRATELLI D'ITALIA-

RODRIGO BRUZIO 78 @GMAIL.COM - 2/7/2020 - 15:03




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