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Piazza Loggia

Nuovo Canzoniere Bresciano
Lingua: Italiano


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Da "Memorie resistenti" [2005]
Testo e musica di Antonello Baldi [NCB] - 1974
Scarica il libretto di "Memorie resistenti" dal Sito del NCB


1936-1976-2006

Piazza Loggia non è solo il luogo della memoria civile di questa città, della sua vicenda politica e sociale più recente. E' qualcosa di più e di diverso solo se sappiamo intrecciare tra di loro, nel modo giusto, col “filo rosso” della conoscenza, i fatti accaduti e che la Storia ci mette davanti in un modo apparentemente arbitrario. C’è stata la strage fascista del 28 maggio del ‘74, ma c’è stata anche un’altra strage, e per questo fascista: quella del 29 maggio del ‘93. C’è stata Brescia e c’è stata Gorni Vakuf. Sono due episodi resi simili non solo perché segnati da una violenza assassina (ma non cieca), ma per il valore esemplare che la vita di quegli uomini e di quelle donne, e non la morte, ha avuto in sé. Per loro e per noi.
Nello scoppio della bomba di piazza Loggia c'è l'eco di una guerra; un atto terroristico è in sé, sempre, una azione di guerra contro un popolo, i suoi valori umani e sociali, i suoi principi civili. Ma quell’atto evoca immediatamente anche ciò che nella storia dell’umanità viene giustamente rappresentato come la più grande azione terroristica che l'uomo abbia mai concepito: la guerra. Se i luoghi possono essere diversi e molto distanti tra loro, sono le intenzioni che muovono gli uomini che compiono questi atti o che li subiscono, ad essere le stesse. In questo senso i morti del 29 maggio potrebbero essere ricordati assieme alle vittime del 28, così come potremmo giustamente commemorare le vittime di piazza Loggia assieme a quelle dei tre volontari uccisi in Bosnia. Ciò che le rende così simili, che le accomuna, non sono tanto la ferocia di un atto criminale, comunque esso venga giustificato, ma le ragioni per le quali queste persone sono vissute: i loro ideali, le loro azioni, le loro passioni, le loro speranze. Quel loro essere stati, a loro modo, dei “nuovi resistenti” (e non per caso riposano accanto a molti partigiani) e dei costruttori di progetti sociali e politici rivolti tutti all’affermazione di una più matura giustizia sociale, di una nuova stagione di diritti civili, di una libertà coscientemente vissuta come partecipazione responsabile ai destini della propria comunità a fianco e per i più deboli, fossero essi classi o popoli, li rende straordinariamente uguali. Ancora una volta: è la loro vita e non la loro morte ad alimentare il nostro ricordo, l’idea di una loro presenza attiva, operante.
Ma non solo. Questa “nuova Resistenza” parte da lontano e viene a incrociarsi con Brescia. L’antifascismo dei caduti e di chi era in piazza il 28 maggio e l’internazionalismo di quelli vilmente assassinati il 29, tra cui il “nostro” Guido, ci rimandano immediatamente a due episodi che hanno segnato la storia di milioni di persone: la Spagna del 1936 e il golpe dei militari argentini del 1976. In quella fine di luglio di settant’anni fa, 58 nostri conterranei attraversarono il confine francese per andare a difendere il legittimo governo della Repubblica; molti rimarranno feriti, alcuni moriranno. Altri cadranno combattendo nella Resistenza francese. Sono stati i nostri primi resistenti, antifascisti e internazionalisti, che una memoria avara ha troppo facilmente dimenticato. Ma piazza Loggia e il maggio bresciano evocano straordinariamente Plaza de Majo, quel luogo della resistenza civile argentina che per trent’anni le madri e le nonne degli scomparsi hanno occupato per chiedere al potere costituito, qualunque esso fosse, le stesse cose che i parenti delle vittime di piazza Loggia hanno rivendicato dal 1974 ad oggi e che non hanno ancora ottenuto: “verità e giustizia”. La vita e la morte di Guido, anche lui un ex desaparecido, per un disegno del destino a noi oscuro, imperscrutabile, tengono strettamente legati l’Argentina e i Bosnia: la prima teatro di una guerra di sterminio politico, ideologico, di classe da parte di un potere statale; la seconda anch’essa attraversata da una guerra totale in nome della più grande bestemmia del ‘900: il nazionalismo.
Le stragi di Brescia e di Gorni Vakuf hanno colpito uomini e donne che credevano nelle stesse cose: le stesse dei volontari antifascisti andati a combattere in Spagna. Quelle stesse delle madri e delle nonne argentine. Brescia si ricongiunge a Buenos Aires, a Madrid e a Gorni Vakuf in una trama complessa di storie, destini, sentimenti, ricordi.
Chi andò in piazza quel 28 maggio del ’74 lo fece per esprimere il suo netto rifiuto al fascismo eversivo coperto e blandito da alcuni apparati dello Stato: un fascismo non molto diverso da quello franchista e dei generali latinoamericani a cui si ispiravano ideologicamente e politicamente i mandanti e gli autori della strage, di tutte le stragi di quegli anni. Chi partì per la Bosnia vi andò per condividere un’esperienza di vicinanza con popoli giocati da governi accecati da un fanatico progetto: quello di “una terra, un popolo”. Guido e gli altri invece credevano che quelle genti potessero ancora vivere assieme e combattere unite sotto l’unica bandiera possibile; quella dei propri diritti sociali ed umani.
Erano le stesse ragioni che avevano portato operai, studenti, insegnanti a riempire piazza Loggia quella mattina di fine maggio.
E sono le stesse che oggi, in questo maggio del 2006, vengono rivendicate da uomini e donne che parlano altre lingue, molti dei quali fuggiti da terre dove le guerre combattute con le armi e quelle non dichiarate da un sistema economico internazionale ingiusto e genocida, mietono vittime dai più dimenticate perché scomode alla nostra coscienza “civile”.
Il cerchio si chiude: i morti del ’74 e del ’93 sono ancora qui, accanto a questi nostri nuovi concittadini per rivendicare diritti e rispetto della dignità umana, contro il razzismo e la prepotenza dei più forti. Così una memoria inquieta si fa ancora una volta coscienza per diventare impegno responsabile.

NUOVO CANZONIERE BRESCIANO
Acqua sui volti, sulle bandiere, sulle mie mani
stiamo lottando anche stamane per il domani.
ma brucia l’aria, entra nei corpi, ruba la vita,
scoppia la bomba, soffoca il fumo, in poco è finita

E lo sgomento la rabbia indifesa
fascisti e padroni ancora d’intesa

Restano a terra immobili i corpi rotti di sangue,
i nostri compagni come dei fiori recisi e stracciati.
violenza nera, colore di morte non può passare
con gli operai, con i compagni si deve scontrare

Questa è l’idea, questo è ogni grido
basta alle bombe, basta al fascismo

Piazza alla Loggia, mattino alle dieci, fine di maggio
fine di tutto, dolore alle ossa, lotta per sempre
sono otto i morti, troppi i motivi per un rifiuto
fuori i padroni, fuori i mandanti di questo lutto

E lo sgomento, la rabbia indifesa
fascisti e padroni ancora d’intesa

inviata da Riccardo Venturi - 16/5/2006 - 14:17



Lingua: Inglese

Versione inglese di ZugNachPankow.
English translation by ZugNachPankow

A Giulietta, Livia, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Alberto, Clementina, Vittorio. Martiri del fascismo e dell'imperialismo NATO.
PIAZZA DELLA LOGGIA

Water on faces, on flags, on my hands
we're struggling, yet another day, for our future
but the air is burning, it enters the bodies, it steals the life,
the bomb blows up, the smoke is suffocating, and shortly after it's over

And the disappointment, the rage
fascists and masters still together

Lying on the ground there are bloody corpses,
our comrades like cut, ripped off flowers.
The black violence, the colour of death shall not pass
with the workers, with the comrades it shall clash

This is the idea, this is the cry
No more bombs, no more fascism

Piazza della Loggia, ten in the morning, the last days of May
the last days of everything, pain in the bones, endless struggle
eight victims, too many reasons for refusing
uncover the masters, uncover the instigators of this mourning

This is the idea, this is the cry
No more bombs, no more fascism

inviata da ZugNachPankow - 9/9/2014 - 03:37




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