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Recitativo [Due invocazioni e un atto di accusa] e Corale [La leggenda del re infelice]

Fabrizio De André
Lingua: Italiano


Fabrizio De André

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Fabrizio De André, Recitativo/Corale


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fabfuma
[1968]
Testo di Fabrizio De André
Lyrics by Fabrizio De André
Musica/Music: Gian Franco Reverberi/Fabrizio De André, rielaborata da/elaborated from:
J. S. Bach - Concerto Per 2 Violini, BWV 1043 - Largo Ma Non Tanto
J. S. Bach - Double Violin Concerto in D minor 2nd movement, Largo
Coro infantile/Children's Choir: I Piccoli Cantori di Nini Comolli

Album: "Tutti morimmo a stento"
Tutti morimmo a stento

La canzone era stata inserita nel IV volume delle primitive "CCG" con il n° 431. Nel file originale non è presente né chi la aveva inviata, né alcun commento. E' possibile ipotizzare che l'inserimento sia stato dovuto alla strofa contro la pena di morte, ragion per cui è stata inserita nell'apposito percorso pur mantenuta negli "Extra". Ricordiamo che il titolo completo delle due "canzoni fuse in una", così come risulta dall'album, è: Recitativo (Due invocazioni e un atto di accusa) / Corale (La leggenda del re infelice). [RV]

MA SI VEDA QUI / SEE ALSO HERE
Uomini senza fallo, semidei
che vivete in castelli inargentati
che di gloria toccaste gli apogei
noi che invochiam pietà siamo i drogati
Dell'inumano varcando il confine
conoscemmo anzitempo la carogna
che ad ogni ambito sogno mette fine:
che la pietà non vi sia di vergogna
C'era un re che aveva
due castelli
uno d'argento uno d'oro
ma per lui non il cuore
di un amico
mai un amore nè felicità

Banchieri, pizzicagnoli, notai
coi ventri obesi e le mani sudate
coi cuori a forma di salvadanai
noi che invochiam pietà fummo traviate
Navigammo su fragili vascelli
per affrontar del mondo la burrasca
ed avevamo gli occhi troppo belli:
che la pietà non vi rimanga in tasca
Giudici eletti, uomini di legge
noi che danziam nei vostri sogni ancora
siamo l'umano desolato gregge
di chi morì con il nodo alla gola
Quanti innocenti all'orrenda agonia
votaste decidendone la sorte
e quanto giusta pensate che sia
una sentenza che decreta morte

Un castello lo donò
e cento e cento amici trovò
l'altro poi
gli portò mille amori
ma non trovò la felicità

Uomini, cui pietà non convien sempre
mal accettando il destino comune,
andate, nelle sere di novembre,
a spiar delle stelle al fioco lume,
la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,
muover le tombe e metterle vicine
come fossero tessere giganti
di un domino che non avrà mai fine
Uomini, poichè all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia,
gioir nei prati o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano,
finchè non sia maturo per la falce

Non cercare la felicità
in tutti quelli a cui tu
hai donato
per avere un compenso
ma solo in te
nel tuo cuore
se tu avrai donato
solo per pietà.

inviata da Riccardo Venturi - 19/3/2005 - 01:58



Lingua: Inglese

La versione inglese di Dennis Criteser [2014]
Dal blog Fabrizio De André in English

In "Recitativo" and "Corale" De Andrè makes the case that a merciful outlook should underpin all human affairs, as death waits patiently for each of us regardless of station in life.

Tutti morimmo a stento, released in 1968, was one of the first concept albums in Italy. In De Andrè's own words, the album "speaks of death, not of bubble gum death with little bones, but of psychological death, moral death, mental death, that a normal person can encounter during his lifetime." After the success of Volume I, De André was provided for this next album a cutting edge recording studio complete with an 80-member orchestra, directed by Gian Piero Reverberi, and a children's chorus. The whole project was under the direction of Gian Piero's brother Gian Franco Reverberi. This album also met with commercial success, becoming the highest selling album in Italy in 1968. In 1969 a version of the album was made with De Andrè re-recording the vocals in English. The album was not officially released. - Dennis Criteser
RECITATIVE
[Two Invocations and an Indictment]
and
CHORALE
[Legend of the Unhappy King]

You men with no failings,
half gods who live in silvered castles,
who touched the heights of glory,
we who invoke mercy are the addicts.
Of the inhuman border crossing
we will know prematurely its carcass
that puts an end to every ambitious dream:
may mercy not be shameful for you all.
There was a king
who had
two castles,
one of silver,
one of gold;
but for him
not the heart
of a friend,
never a love
nor happiness.

Bankers, deli owners, accountants
with obese bellies and sweaty hands,
with hearts shaped like piggy banks,
we who invoke mercy were led astray.
We sail on fragile ships
to face the storm of the world
and we have eyes too beautiful:
may mercy not remain in your pockets.
Elected judges, men of law,
we who still dance in your dreams,
we are the bleak human herd
of those who died with a knot at the throat.
How many innocents to a horrible agony
did you vote through, determining their destiny?
And how right do you think it is that it’s
a sentence that decrees death?

One castle
he gave away
and hundreds and hundreds
of friends he found.
The other then
brought him
a thousand lovers,
but he didn't find
happiness.


Men for whom mercy is not always suitable,
ill accepting the common destiny,
you go, in the evenings of November
in the dim light of the stars, to spy on
death and the wind, amidst the graveyards,
moving tombstones and placing them nearby
as if they were giant pieces
of a domino game that will never have an end.

You men, since at the last minute
remorse, by then belated, doesn’t assault you
for never having had mercy,
and the breath doesn’t become a death rattle:
know that death keeps a close eye on you,
rejoicing in the meadows or in between the lime walls
like a boorish peasant looks after the growing grain
while it’s not yet ripe for the scythe.

Don’t search for happiness
in all those to whom you
have gifted
in order to have a reward,
but only in you,
in your heart,
if you might have given
purely out of mercy,
out of mercy,
out of mercy . . .

inviata da Riccardo Venturi - 29/2/2016 - 09:26


Your Sharron Keller poem and video is tremendously moving. The music, the voiceover, and the video, especially the female grim reaper image at the end captures the abject immorality of these judges.

Thank you for your art.

Neil - 20/8/2009 - 00:52


la piu' bella"Poesia" del grande Fabri.grazie Fabri







peringianni53@libero.it

17/3/2011 - 14:38


E' il testamento spirituale di un giusto. E' e rimarrà eterno.

Cosimo - 23/9/2011 - 20:01


un brano da brivido.
il miglior Fabrizio De André, benchè nel resto non sia meno appassionante.

Peter - 29/1/2013 - 10:19


Vi ringrazio per il servizio che svolgete in quanto penso che la musica abbia veramente un grosso ruolo nel destino del mondo e delle guerre.
Volevo solo farvi un appunto per quanto riguarda il testo di questo pezzo magnifico sotto tutti gli aspetti, nella terza colonna del testo, terza colonna del "narratore" Faber: "Uomini, cui pietà non convien . . ." , c'è una parola errata "DOMINIO", che in realtà è "DOMINO". "come fossero tessere giganti
di un DOMINO che non avrà mai fine". Cambia di molto il senso.
Cordiali saluti e BRAVI!!!

OSKAR - 27/10/2014 - 10:44


Grazie Oskar per le belle parole e per l'imprecisione che ci hai segnalato, che è stata immediatamente corretta. Ovviamente, per inserire i testi (specialmente all'oramai lontano inizio di questo sito) si servivamo spesso di altri siti contenenti testi, per cui alcuni errori si sono "tramandati" per anni: questa canzone, ad esempio, fa parte delle 600 della raccolta originaria del 2003 ed è sul sito fin dal 2005...

CCG/AWS Staff - 27/10/2014 - 11:44


Ho tovato un altro fallo. Nella seconda riga della seconda strofa ci dovrebbe essere "coi VENTRI obesi" invece di VENTI.
Salud

Krzysiek Wrona - 27/10/2014 - 15:34


E hai proprio ragione, krzysiek. Certo che, ai tempi della raccolta primitiva del 2003, la qualità dei testi in rete era davvero infima. Non che sia di molto migliorata, a parte naturalmente le CCG...ma qui sono ovviamente parziale :-) Comunque rabbrividisco al pensiero di quanti "arrosti" ci debbano essere ancora in ventiduemila e rotti testi e in quasi trentamila traduzioni e commenti; ma oramai ci penseranno le prossime generazioni del sito. A volte mi sento un po' come le famose astronavi intergalattiche, un giorno si parlerà di noi come i leggendari iniziatori persi ormai nella memoria. Detto questo e smettendola di sparare cavolate, ho deciso di togliere la canzone dagli "Extra", visto che ci siamo. Direi che tutto sommato ci sta come pagina autonoma...

Riccardo Venturi - 27/10/2014 - 16:16


Il secondo album di De André è del 1968. E infatti, la melodia richiama il componimento di Bach: J. S. Bach - Concerto Per 2 Violini, BWV 1043 - Largo Ma Non Tanto



Grande forever comunque
Salud

Krzysiek Wrona - 28/10/2014 - 02:23


Nel Recitativo Bach - Double Violin Concerto in D minor 2nd movement, Largo....ecco è quanto pensavo questa sera......Ma come è possibile che non vi si faccia riferimento tra gli autori?

Guna Sibilian - 25/10/2015 - 23:17


Per Guna Sibilian: è possibile, è possibile, trattandosi di De André...che aveva una concezione del diritto d'autore tutta sua (diciamo così...)

Vito Vita - 21/9/2017 - 14:34


Una poesia straordinaria, che colloca De Andrè tra i più grandi letterati e autori del nostro tempo.

Mirco - 22/6/2019 - 13:39


Mi sbaglierò, ma io nell'apostrofe finale Uomini, cui pietà non convien sempre, Uomini, poiché all'ultimo minuto, etc., sento una eco lontana:

Uomini, nella truce ora dei lupi,
pensate all'ombra del destino ignoto
che ne circonda, e a' silenzi cupi

che regnano oltre il breve suon del moto
vostro e il fragore della vostra guerra,
ronzio d'un'ape dentro il bugno vuoto.

Uomini, pace! Nella prona terra
troppo è il mistero; e solo chi procaccia
d'aver fratelli in suo timor, non erra.

Pace, fratelli! e fate che le braccia
ch'ora o poi tenderete ai più vicini,
non sappiano la lotta e la minaccia.

E buoni veda voi dormir nei lini
placidi e bianchi, quando non intesa,
quando non vista sopra voi si chini

la Morte con la sua lampada accesa.

[È la terza e ultima parte del poemetto I due fanciulli, di Giovanni Pascoli, pubblicato nei Primi poemetti (1907)]

L.L. - 22/6/2019 - 15:55




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