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Piccola città

Francesco Guccini
Language: Italian


Francesco Guccini

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it.fan.musica.guccini
[1972]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: Francesco Guccini
Album / Albumi: Radici

viaemiliawest


I fatti sono abbastanza noti: un giovane (all'epoca della composizione della canzone, circa nel 1972 ma è probabile che essa risalga a qualche anno prima; il 1972 è la data di uscita dello storico album, Radici, che la contiene) racconta la sua infanzia e la sua adolescenza nella piccola città di provincia che lo ha visto nascere e crescere (parecchio, visto che il giovanotto arriva a sfiorare i due metri di statura). Caso volle che il giovanotto in questione, tale Francesco G., vi nascesse, in quella piccola città, esattamente il 14 giugno del 1940, vale a dire soli quattro giorni dopo l'entrata dell' Italia nella II guerra mondiale (“Popolo italiano, corri alle armi!”), ed esattamente lo stesso giorno in cui le truppe hitleriane entravano in Parigi. Sfollato dalla sua piccola città quasi subito, il giovanotto, allora bambino piccolo, se ne andò nelle sue remote montagne paterne, tra boschi, castagni e mulini; tornò nella piccola città a guerra finita, vale a dire in uno dei tanti “dopoguerra” che, da allora, è diventato però il Dopoguerra per eccellenza, almeno fino a questo momento.

popoloitalianoPerché il giovanotto qualificasse la sua piccola città natale di “bastardo posto”, lo si evince dal testo della sua canzone di cinquant'anni fa, tutto un dopoguerra tra la via Emilia e il West, le armi e la bilia, le suore nere, il primo amore, e l'adolescenza che risponde in pieno ai criteri espressi da Paul Nizan. In realtà, quella piccola città non è un posto né più e né meno bastardo di altri, è solo un luogo dove il caso ti ha ficcato in determinate circostanze (sociali, temporali ecc.). Il dopoguerra è il protagonista della canzone, sebbene non si sa mai bene dove i dopoguerra sfumino nel periodo successivo, che è sempre quello dove la memoria comincia a erodersi fino ad un punto in cui, oramai persa e persino sbeffeggiata e derisa, si pensa e si agisce fortemente per preparare un'altra guerra (che, naturalmente, sarà l'ultima) e, beninteso, un nuovo “dopoguerra” in cui altri verranno a passare infanzie, adolescenze e gioventù. Poiché noialtri, comunque, non ci saremo, possiamo solo dire, per concludere, che quel giovanotto, il Francesco G., ora ha ottantadue anni, è vissuto per un po' di tempo nel grande capoluogo regionale, “Parigi in minore” (per la proprietà transitiva, si potrebbe anche dire che Parigi è una Bologna in maggiore), e poi se n'è tornato a stare tra le sue montagne e i suoi castagni, dove attende. Ha smesso di comporre canzoni, ha scritto qualche libro da solo o in compagnia, ogni tanto lo intervistano in cucina coi suoi gatti aspettando che dispensi saggezza (e la cosa, lo si vede, gli dà -giustamente- parecchio fastidio) e i medici gli devono aver detto di smettere di fumare. Ma una sigaretta, ne sono certo, se la farebbe parecchio volentieri. Pochi giorni fa, è capitato che questa canzone venisse citata; da qui l'impulso a metterla. Va da sé che è famosissima, e che non avrebbe nessun bisogno di essere infilata tra le quasi 35000 canzoni di un sito pressoché ventennale e coscientemente privo del supporto dei “social media” per essere conosciuta; il verso della via Emilia e del West non è diventato solo il nome di un enorme concerto di quasi quarant'anni fa e di un album "live", ma è anche, praticamente, passato in modo di dire e addirittura in proverbio. Sia dunque considerata come una sorta di omaggio, di rinfrescata dell'undicesima ora e, forse, anche di scongiuro. [RV]

Piccola città, bastardo posto
Appena nato ti compresi, o fu il fato che in tre mesi mi spinse via...
Piccola città, io ti conosco,
Nebbia e fumo, non so darvi il profumo del ricordo che cambia in meglio.
Ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano
Visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano.

Piccola città, io poi rividi
Le tue pietre sconosciute, le tue case diroccate da guerra antica.
Mia nemica strana, sei lontana
Coi peccati fra macerie e fra giochi consumati dentro al Florida...
Cento finestre, un cortile, le voci, le liti e la miseria,
Io, la montagna nel cuore, scoprivo l'odore del dopoguerra.

Piccola città, vetrate viola,
Primi giorni della scuola, la parola e il mesto odore di religione.
Vecchie suore nere, che con fede
In quelle sere avete dato a noi il senso di peccato e di espiazione...
Gli occhi guardavano voi, ma sognavan gli eroi, le armi e la bilia,
Correva la fantasia verso la prateria, fra la via Emilia e il West.

Sciocca adolescenza, falsa e stupida innocenza,
Continenza, vuoto mito americano di terza mano...
Pubertà infelice, spesso urlata a mezza voce,
A toni acuti, casti affetti denigrati, cercati invano.
Se penso a un giorno o a un momento ritrovo soltanto malinconia,
E tutto un incubo scuro, un periodo di buio gettato via.

Piccola città, vecchia bambina
Che mi fu tanto fedele, a cui fui tanto fedele tre lunghi mesi...
Angoli di strada testimoni degli erotici miei sogni,
Frustrazioni e amori a vuoto mai compresi.
Dove sei ora, che fai, neghi ancora o ti dai sabato sera?
Quelle di adesso disprezzi, o invidi e singhiozzi se passano davanti a te?

Piccola città, vecchi cortili,
Sogni e dèi primaverili, rime e fedi giovanili, bimbe ora vecchie.
Piango e non rimpiango la tua polvere, il tuo fango, le tue vite,
Le tue pietre, l'oro e il marmo, le catapecchie...
Così diversa sei adesso, io son sempre lo stesso, sempre diverso,
Cerco le notti ed il fiasco, se muoio rinasco, finché non finirà.

Contributed by Riccardo Venturi - 2022/3/16 - 10:04




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