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Hijab

Mico Argirò
Languages: Italian, Neapolitan


Mico Argirò

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Make Love Not War
(Abadabukileyo)
Questione Meridionale
(Eugenio Bennato)
Make Love Fuck War (Put Your Hands in The Air)
(Moby & Public Enemy)


Pubblicata l'11 settembre 2020
feat. Pietra Montecorvino
Hijab


«“Hijab” racconta di una notte di sesso con una ragazza araba, con indosso il velo; so che è un tema che potrebbe aprire cento dibattiti, ma mi ci sono buttato affidandomi alla passione; magari anche con un pizzico di irriverenza, ma, di certo, con tanta sincerità. La ragazza di “Hijab” è tutt’altro che uno stereotipo: è oltre ogni discussione da social; volevo fosse così, e credo che la parte cantata da Pietra lo sottolinei chiaramente».
“Hijab” vanta la collaborazione di nomi illustri del panorama musicale italiano, dalla voce di Pietra Montecorvino (registrata da Eugenio Bennato) fino ad Alexo Vitruviano, il quale firma il beat del brano.

In questa foto vi faccio sbirciare Anna Montella, la modella protagonista del videoclip che uscirà qualche settimana dopo l'11 settembre
In questa foto vi faccio sbirciare Anna Montella, la modella protagonista del videoclip che uscirà qualche settimana dopo l'11 settembre


«“Hijab” apre a una serie di collaborazioni con artisti di tutto rispetto e che stimo tanto, artisti che hanno creduto nella mia musica e in quello che ho da dire. Pietra Montecorvino ha una delle voci più interessanti, all’interno del nostro panorama musicale; ha un carattere unico, una storia; porta dentro Napoli, la passione, la violenza. Per me è stato bellissimo poter lavorare con lei; la sua voce, per l’occasione, è stata registrata da Eugenio Bennato: quindi, doppio onore. Al beat ha lavorato Alexo Vitruviano, un artista, un cantautore che stimo: è una collaborazione nata all’interno di Smartrise Music Club, un nuovo modo di pensare alla collaborazione tra artisti».


Mico Argirò


La data di uscita del singolo non è assolutamente scelta a caso l'11 settembre del 2001 il mondo occidentale iniziò a vedere nell'islamico un nemico e di conseguenza si avviò una demonizzazione di ogni particolarità di quella gente, a cominciare proprio dall'hijab, Il velo col quale le donne cingono il capo.

Lo stesso velo indossato dalla ragazza del singolo la quale, nonostante stia avendo un rapporto sessuale non lo toglie, quasi come per volere rivendicare sempre e comunque la propria identità culturale.
"Hijab - è un viaggio tra l'onirico, il concreto, il fantastico. È una storia comune ma ricercata, un'avventura e un salto nell'ignoto. È una canzone coraggiosa m un periodo storico in cui il "diverso" fa sempre paura e in cui l'ipocrisia e dilagante vittima del dover apparire e del dover essere. "Hijab" è un inno all'integrazione, all'abbattimento dei pregiudizio, all'uguaglianza.

Arturo Calabrese da Quotidiano del Sud - L'Altravoce dell'Italia
Il tè marocchino alle tre del mattino
Ti si muove l’hijab, ti si muove l’hijab
Mi guardi sorridi e mi cacci la lingua
E poi ti sposto l’hijab
Che ci provi a fare se sai già il finale?
Saltellerà l’hijab

La trama è lavorata l’intreccio lo metto io
Ti si muove l’hijab
Mi prendi con forza non sembri nemmeno della tua età
Vino di Shiraz candele e fiori
Saltellerà l’hijab

Scappo di corsa se sento un rumore
E mi porto l’hijab, E mi porto l’hijab
Se mi trova tuo padre mi ammazza e ha ragione
Seppelliscimi con l’hijab
Non si offende la tua pelle se sono un maiale
Mi porterò l’hijab

L’ammore vero non tene nazione, non tene regione, è dialetto, è canzone
So’ dint o liett e’suspir
So pelle janc e pelle nir
So pelle janc e pelle nir
So’ dint o liett e’suspir

Il tè marocchino (Batte o core ngopp o beat)
Le tre del mattino (Batte o core ngopp o beat)
S’mboca a’stanza e’suspir
So uocchi azzurri e uocchi nir
So uocchi azzurri e uocchi nir
S’mboca a’stanza e’suspir

2020/9/13 - 19:39


La libertà d’espressione degli autori antichi mi sfidava con parole che non avevo il coraggio di usare, né parlando né scrivendo. Una lingua eccitante. Non potevo leggerne una riga senza bagnarmi. Nessuna lingua straniera riesce ad eccitarmi in questo modo.

Per me, l’arabo è la lingua del sesso. Quando il mio desiderio aumenta, non c’è lingua che possa prenderne il posto, nemmeno con uomini che non la parlano. E, ovviamente, non c’è alcun bisogno di tradurre. Quelle parole proibite riportavano in vita un passato di repressione sessuale, e insieme di resistenza alla repressione.

La prova del mieleArrivavo da lui completamente bagnata. Prima di ogni altra cosa faceva scivolare il dito tra le mie cosce per controllare il “miele”, così lo chiamava. Lo assaggiava e poi mi baciava spingendomi la lingua fino in fondo. Io gli dicevo: “E’ evidente che stai obbedendo alla lettera alle disposizioni del Profeta e metti in pratica il suo insegnamento: Che nessuno di voi prenda la sua donna come fanno gli animali. Che tra voi ci siano dei messaggeri: il bacio e la parola. Cosa peraltro confermata da ‘Aishà, la sua sposa preferita: Il Profeta di Dio,quando baciava una di noi, le succhiava la lingua.

la-preuve-par-le-mielCome potevo ignorare questa eredità? Come potevo non ricordarla al Pensatore?
Ma non c’era bisogno di ricordargliela: in queste cose è un musulmano d’eccellenza. Come me.
Andavo da lui al mattino, prima del lavoro. Facevo le scale di corsa. Avevo appena suonato che lui apriva veloce la porta, come se stesse aspettando, ancora mezzo addormentato. Mi spogliavo e scivolavo nel letto, eccitata. Lo abbracciavo e mi mettevo ad annusarlo. Lui scostava le coperte e, lentamente, mi passava la mano sul corpo, dappertutto. Serio e felice si godeva il mio miele.
Io lo percorrevo tutto con le labbra, i miei occhi si aprivano, mi si apriva il corpo.
Trovammo il nostro ritmo, l’equilibrio tra la mia impazienza e il suo gustare lentamente il piacere. Il tempo passava senza che ci staccassimo. Senza che ci fermassimo.
Sotto di lui, sopra di lui, al suo fianco, di pancia, in ginocchio. Tra una posizione e l’altra mi ripeteva la sua solita frase:” Mi è venuto un pensiero”.
Non era mai a corto di idee, lui, e io amo la filosofia, il mondo delle idee e dei pensieri. E così l’ho chiamato il Pensatore.
Il Pensatore è una storia a sé.
Divido la mia vita in due epoche: a.P. e d.P., prima del Pensatore e dopo il Pensatore.
Prima di lui, era la Jahiliya, i secoli bui dell’ignoranza. […]
d.P., dopo il Pensatore, è stata l’era della Nahda, il Rinascimento. La mia Nahda sessuale. […]

Abbiamo trovato il nostro ritmo fin dalla prima volta, non c’è stato bisogno di fare esercizi o prove di accordatura. Ne è rimasto sorpreso, e un giorno me lo dice. Io non ho tempo di condividere il suo stupore, quello che sto vivendo assieme a lui mi colma totalmente. Sto zitta, mi aggrappo a lui, affondo il viso nella sua ascella per riempirmi del suo odore.

Dietro la porta ancora chiusa, mi tratteneva in un abbraccio di congedo, non riuscivamo a separarci.
Mi bacia ancora e ancora. Non riesco a staccarmi. Mi inginocchio davanti a lui, mi piego, gli strofino il viso tra le gambe.
Voglio che mi riempia la bocca. La mia dedizione quasi mi soffoca.

da “La prova del miele” di Salwa Al-Neimi

2020/9/13 - 22:08




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