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Zimno, panie!

Aleksander Kulisiewicz
Language: Polish


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Related Songs

Czarny Böhm
(Aleksander Kulisiewicz)
Die Menschen balancieren
(Anonymous)
Jeden dzień w getcie
(Miriam Goldberg Harel / מרים גאָלדבערג האַרעל)


Sachsenhausen, 1944
Music / Musica: Unidentified / Non identificata
kulisbroad

At Sachsenhausen, certain members of the Polish gentry sought to preserve their high-caste status by co-operating with the camp command. "It's cold, Sir!" challenges this "turncoat" behavior by ridiculing two upper-class Prominents, pseudonymously called Lulusiński and The Count. Both were informers, responsible for denouncing numerous underground activists to the Reich criminal police. Kulisiewicz's impudent gesture itself met with reprisal. In the middle of the night, in February 1945, he was pulled from his barrack and interrogated by the SS. The police, not surprisingly, had been acting on a "tip" provided by collaborationist friends of Lulusiński and "The Count". "Nice, warm dame" is a sly reference to the "Puff" (brothel) Kulisiewicz attests had begun operating in Sachsenhausen in 1944.

zimnopanie


Disegno di Wiktor Simiński (realizzato nel dopoguerra) ispirato alla canzone di Kulisiewicz. Il prigioniero in primo piano dice: "Si pela dal freddo, Signore! Non c'è pane!" La scritta sulle baracche recita: "C'è solo una strada per la libertà".


A Sachsenhausen, alcuni membri della piccola nobiltà polacca cercavano di conservare il loro status di alto lignaggio collaborando con il comando del campo. "Signore...si pela!" prende di mira questo comportamento da rinnegati mettendo in ridicolo due (ig)nobili "Prominenti" qui chiamati "Lulusiński" e "Il Conte". Entrambi informatori, erano responsabili della denuncia di numerosi attivisti clandestini alla polizia criminale del Reich. L'atteggiamento provocatorio di Kulisiewicz portò ad una rappresaglia: nel febbraio del 1945, nel bel mezzo della notte, fu tirato fuori dalla sua baracca e interrogato da ufficiali delle SS. La polizia, e non è certo sorprendente, era intervenuta grazie a una soffiata di amici collaborazionisti di Lulusiński e del Conte. La “donnina calda” è una velata allusione al "Puff" (bordello), la cui apertura nel campo era stata attestata da Kulisiewicz sin dal 1944.



Aleksander Kulisiewicz: Ballads and Broadsides - Songs from Sachsenhausen Concentration Camp 1940-1945


La chitarra di Alex Kulisiewicz a Sachsenhausen. Alex Kulisiewicz's guitar in Sachsenhausen.
La chitarra di Alex Kulisiewicz a Sachsenhausen. Alex Kulisiewicz's guitar in Sachsenhausen.


"This compact disc focuses exclusively on Kulisiewicz’s own song repertoire from Sachsenhausen. These recordings, preserved on reel-to-reel tapes by Kulisiewicz after the war, are of variable quality, reflecting the conditions in which they were produced, from home recordings to studio or concert hall productions. The selections are arranged chronologically and are intended to provide both a representative sample of Kulisiewicz’s artistic output and a sense of his personal reactions to the realities of life in a Nazi concentration camp"


1. Muzulman-Kippensammler
2. Mister C
3. Krakowiaczek 1940
4. Repeta!
5. Piosenka niezapomniana
6. Erika
7. Germania!
8. Olza
9. Czarny Böhm
10. Maminsynek w koncentraku
11. Heil, Sachsenhausen!
12. Pożegnanie Adolfa ze światem
13. Tango truponoszów
14. Sen o pokoju
15. Dicke Luft!
16. Zimno, panie!
17. Moja brama
18. Pieśń o Wandzie z Ravensbrücku
19. Czterdziestu czterech
20. Wielka wygrana!


Aleksander Kulisiewicz (1918–1982) was a law student in German-occupied Poland in October 1939 when the Gestapo arrested him for antifascist writings and sent him to the Sachsenhausen concentration camp near Berlin. A talented singer and songwriter, Kulisiewicz composed 54 songs during five years of imprisonment. After liberation, he remembered his songs as well as ones he had learned from fellow prisoners and dictated hundreds of pages of them to his nurse in a Polish infirmary. As a “camp troubadour,” Kulisiewicz favored broadsides—songs of attack whose aggressive language and macabre imagery mirrored his grotesque circumstances. But his repertoire also included ballads that often evoked his native Poland with nostalgia and patriotic zeal. His songs, performed at secret gatherings, helped inmates cope with their hunger and despair, raised morale, and sustained hope of survival. Beyond this spiritual and psychological importance, Kulisiewicz also considered the camp song to be a form of documentation. “In the camp,” he wrote, “I tried under all circumstances to create verses that would serve as direct poetical reportage. I used my memory as a living archive. Friends came to me and dictated their songs.” Haunted by sounds and images of Sachsenhausen, Kulisiewicz began amassing a private collection of music, poetry, and artwork created by camp prisoners. In the 1960s, he joined with Polish ethnographers Józef Ligęza and Jan Tacina in a project to collect written and recorded interviews with former prisoners on the subject of music in the camps. He also inaugurated a series of public recitals, radio broadcasts, and recordings featuring his repertoire of prisoners’ songs, now greatly expanded to encompass material from at least a dozen Nazi camps. Kulisiewicz’s monumental study of the cultural life of the camps and the vital role music played as a means of survival for many prisoners remained unpublished at the time of his death. The archive he created, the largest collection in existence of music composed in the camps, is now a part of the Archives of the United States Holocaust Memorial Museum in Washington, D.C.

Aleksander Kulisiewicz (1918-1982) era uno studente di giurisprudenza nella Polonia sotto occupazione tedesca quando, nell'ottobre 1939, la Gestapo lo arrestò per i suoi scritti antifascisti e lo inviò al campo di concentramento di Sachsenhausen, vicino a Berlino. Kulisiewicz era un cantautore di talento: durante i suoi cinque anni di prigionia compose 54 canzoni. Dopo la liberazione si ricordò non solo delle sue canzoni, ma anche di quelle che aveva imparato dai suoi compagni di prigionia, e dettò centinaia di pagine alla sua infermiera in un ospedale polacco. In quanto “cantastorie del campo”, Kulisiewicz prediligeva le ballate descrittive, usando un linguaggio aggressivo e brutale per riprodurre le circostanze grottesche in cui si trovava assieme agli altri; ma il suo repertorio comprendeva anche ballate che, spesso, evocavano la Polonia natia con nostalgia e patriottismo. Le sue canzoni, eseguite durante riunioni segrete, aiutarono i prigionieri a far fronte alla fame e alla disperazione, sostenendo il morale e le speranze di sopravvivenza. Oltre a rivestire un'importanza spirituale e psicologica, Kulisiewicz riteneva che le canzoni del campo fossero anche una forma di documentazione. “Nel campo”, scrisse, “ho cercato sempre di creare versi che servissero da reportage poetico diretto. Ho usato la mia memoria come un archivio vivente. Gli amici venivano da me e mi recitavano le loro canzoni.” Quasi ossessionato dai suoni e dalle immagini di Sachsenhausen, Kulisiewicz cominciò a raccogliere una collezione privata di musica, poesia e opere d'arte create dai prigionieri. Negli anni '60 si unì agli etnografi polacchi Józef Ligęza a Jan Tacina in un progetto di raccolta di interviste scritte e registrate con ex prigionieri a proposito della musica nei campi di concentramento. Cominciò anche a tenere una serie di spettacoli, trasmissioni radiofoniche e incisioni del suo repertorio di canzoni di prigionia, che si ampliarono fino a comprendere materiale proveniente da almeno una dozzina di campi. L'enorme studio di Kulisiewicz sulla vita culturale nei campi e sul ruolo decisivo che la musica vi svolgeva come strumento di sopravvivenza per molti prigionieri rimase inedito fino alla sua morte. L'archivio da lui creato, la più vasta raccolta esistente di musica composta nei campi di concentramento, fa ora parte degli archivi dell'United States Holocaust Memorial Museum a Washington.

Był sobie prominencik
Na dziadowskim bloku,
A zwał się Lulusiński -
Lokaj bez uroku,
A przy nim pan
Wiadomy hrabia
Obrabiał otoczenie swe.
Heißgeliebter Graf...

Zi-zi-zi-zi-zimno; panie,
Zi-mno!...zi-mno!
Nie-nie-nie-nie-nie ma chleba,
Głod-no!...głod-no!

Bitte um bischen Zigarette,
Bitte, ach, bitte, bitte, bi...
Bitte o ciepłą mą kobitę,
Bitte – wybite oczko lśni.

Zi-zi-zi-zi-zimno; panie,
Zi-mno!...zi-mno!
Zi-zi-zi-zi...zi...zi...zi-mno!
Zi-mno...

Contributed by Riccardo Venturi - 2020/8/17 - 07:46




Language: Italian

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 17-8-2020 07:52
Signore...si pela!

C'era una volta un “Prominente” [1]
Nel Blocco degli Accattoni,
Si chiamava Lulusiński -
Un lacché poco attraente.
Faceva da servitore
A un rinomato Conte,
Che si curava bene l'orticello. [2]
“Pregiatissimo Conte...” [3]

“Signore...si pe-pe-pe-pe-pela!
Dal freddo...si congela!
Signore, nonce-nonce-nonceppàne!
E si crepa dalla fame!”

“La prego...solo un pèo di sigaretta! [4]
La prego, peppiacere, peppiacere...
Peppiacere...una donnina calda...!
Peppiacere!” - implora il suo occhio languido.

“Signore...si pe-pe-pe-pe-pela!
Dal freddo...si congela!
Si pe-pe-pe-pe-pe-pe-pela!
Si congela...”
[1] Per i “Prominenti” si veda Dicke Luft!.

[2] Resa un po' “ad sensum”. Propriamente otoczenie sarebbe il “vicinato” o i “rapporti di vicinato”.

[3] In tedesco nel testo originale.

[4] Anche qui in tedesco nel testo originale, ma non propriamente corretto.

2020/8/17 - 07:52




Language: English

Traduzione inglese dal Libretto dell'album
English translation from the Album booklet
It's cold, Sir!

Once there was a Prominent
In the Beggar's Block,
His name, Lulusiński -
A lackey lacking charm.
He served as valet
To a well-known Count,
Who well knew how
To cultivate his surroundings.
“Most beloved Count...”

“It's co-co-co-co-cold, sir!
F-freezing! Freezing!
No-no-no-no-no bread, sir!
Hunger! Hunger!”

“Please, just a puff of cigarette?
Please, oh, please, please, please...
Please, then, how 'bout a nice warm dame?
Please!” - his oozing eye would plead.

“It's co-co-co-co-cold, sir!
F-freezing! Freezing!
It's co-co-co-co-co-co-cold!
F-freezing...”

Contributed by Riccardo Venturi - 2020/8/17 - 07:55




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