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Sette lucciole perse nel grano

Tullio Bugari
Language: Italian


Tullio Bugari

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2020

"Sette lucciole perse nel grano", canzone dedicata ai martiri del XX giugno. Testo di Tullio Bugari e musica di Silvano Staffolani.

L'eccidio avvenne il 20 giugno 1944 nella contrada di campagna "Montecappone", alla periferia di Jesi (An) un mese prima della liberazione della città; le vittime furono sette giovani tra i 18 e i 25 anni, cinque di loro residenti nel vicino quartiere di "via Roma" (Armando e Luigi Angeloni, Francesco Cecchi, Alfredo Santinelli, Mario Saveri) e altri due militari lontanti dalle loro case, Enzo Carboni di Sant'Eufemia di Aspromente e Calogero Grasceffo di Agrigento.
Scrive lo storico locale Giuseppe Luconi nel libro “L’anno più lungo”:
“Sono all’incirca le sette di sera: in via Roma, all’altezza dell’edicola del Crocefisso, una trentina di giovani sono seduti avanti casa e discutono sui fatti del giorno. Improvvisamente arrivano tedeschi e fascisti, i quali, dopo aver bloccato gli accessi della via, obbligano i giovani a mettersi in fila e ad incamminarsi verso la villa Armarmi, in contrada Montecappone. Giunti alla villa, i giovani vengono rinchiusi nella brigata del colono Massacci, perquisiti, minacciati, bastonati e rimessi in libertà: tutti, meno sette, che una spia di Fabriano (una donna?) qualifica come partigiani. Contro questi sette si accanisce la rabbia nazifascista. Vengono seviziati e torturati a lungo: da lontano si odono le loro grida di dolore e di implorazione. Riconosciuti come partigiani, vengono condannati a morte, senza processo. Agli abitanti della villa e della casa colonica sono impartiti ordini perentori: nessuno esca ed ogni porta e finestra sia serrata! Quando i sette vengono spinti in un vallone a circa duecento metri dalla villa, sono irriconoscibili per le violenze subìte. Poi il tragico epilogo: una scarica di mitraglia ed i corpi cadono dalla ripa, rotolando. Qualcuno si contorce, tra gli spasimi estremi chiama la mamma, invoca Iddio. Allora vengono finiti coi pugnali, coi calci dei fucili: negli orecchi, negli occhi, sui petti”.

Località Montecappone, Jesi, Ancona, Marche

Data 20 giugno 1944

Matrice strage Nazifascista

Numero vittime 7

Numero vittime uomini 7

Numero vittime uomini adulti 7

Descrizione: Nel pomeriggio di martedì 20 giugno 1944 una squadra di soldati tedeschi e fascisti fermarono nel centro del comune di Jesi una ventina di ragazzi, intenti a discutere lungo via Roma, all’altezza dell’edicola del Crocefisso, dei fatti del giorno. Le forze nazifasciste bloccarono gli accessi della via e fecero mettere in fila i giovani, per poi obbligarli a incamminarsi verso villa Armanni, in contrada Montecappone, dove si era acquartierato da qualche giorno il loro comando. Giunti alla villa, i rastrellati furono rinchiusi nella bigattiera del colono Massacci, perquisiti, minacciati, bastonati e infine rimessi in libertà, tutti, meno sette: Armando Angeloni, Luigi Angeloni, Vincenzo Carbone, Francesco Cecchi, Calogero Craceffo, Alfredo Santinelli e Mario Severi. La selezione avvenne dopo che tutti sfilarono davanti a una porta, al di là della quale, al buio, si suppone vi fosse il comando fascista insieme ad una spia, una ragazza di Fabriano, in base alle cui indicazioni, i giovani vennero suddivisi in due gruppi: una parte fu rilasciata e rimandata a casa, l’altra, costituita da presunti partigiani, fu trattenuta e condannata senza alcun processo a morte. A nulla servirono le grida di dolore e le implorazioni, i giovani furono seviziati e torturati, tanto che quando vennero condotti in un vallone a circa 200 metri di distanza dalla villa, sarebbero apparsi irriconoscibili per le violenze subite. Furono uccisi con qualche scarica di mitraglia e finiti, secondo le testimonianze, con i pugnali e i calci dei fucili.
Quando i liberati fecero ritorno a casa, impauriti e senza notizie sulla fine dei loro compagni, alcuni familiari dei trattenuti, sempre più preoccupati per la sorte toccata ai congiunti, si recarono a Montecappone. Ma di fronte alle loro lagnanze, i fascisti risposero solamente che lì non c’era più nessuno, che erano stati tutti liberati già da tempo. Da parte loro, i contadini della zona, che avevano sentito e visto tutto, completamente terrorizzati per l’accaduto, non ebbero sul momento il coraggio di esporsi, uscendo di casa e raccontando la verità ai familiari. Il giorno dopo i reparti fascisti ripartirono con tutti i mezzi, dopo aver mostrato, secondo le testimonianze, grandi ritratti di Mussolini nel corso di una stravagante processione per le strade cittadine. Fu solo dopo la loro partenza che i familiari tornarono nuovamente in contrada Montecappone, dove stavolta scoprirono finalmente i cadaveri dei loro ragazzi, gettati dentro a un fossato. Fu data loro una degna sepoltura e nei mesi successivi i loro resti saranno solennemente trasferiti nel Famedio dei Caduti, mentre sul posto della fucilazione verrà collocata una lapide in loro ricordo.

Modalità di uccisione: uccisione con armi da fuoco

Tipo di massacro: ritirata

Annotazioni: Responsabili:
Ignoti militari tedeschi e fascisti. Stando al database di Carlo Gentile in quel periodo era in territorio jesino il Generalkommando Witthöft/Küstengruppe Ancona, 3°/Landesschützen-Bataillon 676; BdS/Aussenkommando Macerata (Andorfer). (Fonti: BA-MA, RH 24-73/11, 10.6.44; BAB, R 70 Italien/20, p. 136).
Una parte della bibliografia (Giacomini, 2008) attribuisce l’eccidio al battaglione M – IX Settembre, che nella fase di ripiegamento verso nord, in giugno, passò per Jesi, dove installò un presidio. Inoltre, il fatto che i militi quando abbandonarono la città, abbiano sfilato per via Roma con grandi ritratti di Mussolini, secondo lo studioso accrediterebbe la sua tesi, dato che l’ostentazione della faccia del duce era una caratteristica di questi reparti.

Secondo Luconi (1975) invece, la responsabilità è da attribuire alle SS italiane del battaglione Debica, dall’omonima località vicino Cracovia dov’era sorto con ex prigionieri e che operò effettivamente nelle Marche.

La spia, di cui non si riporta il nome, proveniva da Fabriano, era in forze al comando del fascio repubblicano di Jesi e avrebbe intrattenuto una relazione con un tenente dell’esercito della RSI. Si sarebbe inserita nell’ambiente giovanile di Jesi qualche tempo prima dell’accaduto, ospite di una giovane di nome Elena (Verdolini, 1998).

Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): Vengono ricordati come i “Martiri del XX Giugno”.
straginazifasciste.it
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole fuggite nel grano
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole perse nel grano
 
Uno è il sangue che ferisce la terra
Sette le grida che straziano l’aria
Troppo il disgusto di questa infamia
Sette le grida che straziano gli orecchi
Di chi le ascolta terrorizzato in casa
 
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole fuggite nel grano
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole perse nel grano
 
Angeloni Armando e Angeloni Luigi
Carboni Vincenzo e Cecchi Francesco
Graceffo Calogero e Santinelli Alfredo
Saveri Mario
 
Sette i nomi dei ragazzi
Come tante lucciole perse nel grano
Sette i nomi dei ragazzi
Come sette lucciole perse nel grano
 
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole fuggite nel grano
Venti giugno notte di luna nera
Sette lucciole perse nel grano
 
Sette i nomi delle vostre vite
Sette in cielo le stelle dell’orsa
Sette i nomi delle vostre vite
Uno il ricordo che abbiamo di voi

Contributed by Dq82 + Tullio Bugari - 2020/6/3 - 20:29




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