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Fa' o Signore

Liana Millu
Language: Italian


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"Sono il numero A 5384 di Auschwitz-Birkenau" Così iniziava le sue "lezioni" la testimone sopravvissuta agli orrori dell'inferno.

Liana Millu nell'anteguerra
Liana Millu nell'anteguerra


Seduta sul divano della sua abitazione genovese, l'ex maestra di Langasco racconta, con la sua voce calma e pacata, al microfono dell'intervistatrice uno dei tanti simpatici episodi che avevano allietato il suo ritorno dal campo femminile di Auschwitz-Birkenau.
"Andavo alle poste a ritirare la pensione e una volta ho, incautamente, appoggiato il braccio sul piano del banco. L'impiegato, incuriosito dal tatuaggio rimasto in vista mi ha chiesto che cosa era. Gli ho spiegato che era quello che mi avevano fatto al campo di sterminio. E lui mi ha risposto, ma se vi hanno sterminati, come mai siete così tanti?" (Forse si riferiva ai superstiti degli oltre duemila genovesi deportati nei campi di concentramento)
Oltre all'inferno tedesco, anche quello, imprevisto, trovato al ritorno nel "bel paese".
Per le persone come Liana Millu, lo scopo della vita era quello di ricordare e raccontare, con la differenza, rispetto ad esempio a Primo Levi, di riuscire a rivivere il passato senza restarne vittime. Anche perchè questo avrebbe rappresentato un successo (postumo) dei loro persecutori. Il racconto si sviluppa, oltre che nelle lezioni ai ragazzi delle scuole, che ancor oggi ricordano la sua figura mite, e nella partecipazione a numerosi convegni (sul male assoluto?) anche nei sui libri, il primo è "il fumo di Birkenau"

"Il fumo di Birkenau" di Liana Millu è fra le più intense testimonianze europee sul Lager femminile di Auschwitz-Birkenau: certamente la più toccante fra le testimonianze italiane. Consta di sei racconti, che tutti si snodano intorno agli aspetti più specificamente femminili della vita minimale e disperata delle prigioniere. La loro condizione era assai peggiore di quella degli uomini, e ciò per vari motivi: la minore resistenza fisica di fronte a lavori più pesanti e umilianti di quelli inflitti agli uomini; il tormento degli affetti familiari; la presenza ossessiva dei crematori, le cui ciminiere, situate nel bel mezzo del campo femminile, non eludibili, non negabili, corrompono col loro fumo empio i giorni e le notti, i momenti di tregua e di illusione, i sogni e le timide speranze. (Dalla prefazione di Primo Levi)


 Nel corso di un'intervista, Liana Millu mostra la sua casacca di detenuta
Nel corso di un'intervista, Liana Millu mostra la sua casacca di detenuta


Al termine del suo cammino terreno, Liana Millu sceglie, anziché il rito del funerale, la cremazione e la dispersione delle ceneri, un modo, per chi era tornata dai forni crematori, di restare in vita. Contraddizione forse per l'atea ebrea ribelle, come la preghiera "laica" per cui sarà ricordata.

La targa a Boccadasse
La targa a Boccadasse


Fa' o Signore
che io non divenga fumo
che si disperde. Fumo
in questo cielo straniero
ma riposare io possa laggiù
nel mio piccolo cimitero
sotto la terra della mia terra.
il mare mi cullerà
il vento mi porterà
i profumi delle riviere
e sarà la pace.

Liana Millu (Pisa 1914 - Genova 2005)
Scrittrice. Deportata ad Auschwitz.

Contributed by gianfranco - 2014/11/28 - 15:30


il Natale di Lager

[...]Furono gli amici a pilotarmi nei meandri della burocrazia, a darsi da fare per ottenere il mio trasferimento a Genova e l'ottennero. Col nuovo anno sarei tornata a insegnare. Tutti gli amici dicevano: "Sei contenta? Sei tranquilla?".
"Andate, o umani. Più niente
voglio a che fare
con voi".

Sono i primi versi di una poesia pensata sera dopo sera, quando camminavo per strade sempre più buie: non volevo tornare a casa presto, disturbare la cena dei miei ospiti. Camminavo, una strada dopo l'altra.
In una di quelle sere decisi di lasciar perdere la vita. Me la sentivo addosso come un vestito fradicio, maleodorante, perché non dovevo spogliarmene? Mi dicevano:"Non ti basta essere tornata?". Non mi bastava.
Non mi bastava, ma non ero disperata. La disperazione è di chi piange e grida. Ero senza sogni, senza speranze, senza amore; la non speranza è condizione quieta, dei morti.
Inoltre, un ricordo mi aveva sconvolta, mi ossessionava.
Il Natale del '44, il Natale di Lager era stato - ora me ne accorgevo - un Natale dolce, luminoso di speranze, caldo di abbracci fiduciosi. Lo costatavo con spavento. Come ero stata contenta pensando che, forse, al Brennero, ci avrebbero accolto con la banda!
Pensando alla dolcezza delle lacrime da mescolare con quelle della persona amata!
Fui coerente e decisi per il suicidio: stare sulla terra mi disgustava. Lo decisi poco prima di Natale, ma mi ostacolava non avere un'arma. Poi, camminando nelle vicinanze della stazione Brignole sentii il fischio di un treno e la soluzione mi piacque. Un soffio che atterra, un urto che stritola! Il treno! Sono ancora qui: mi salvò la pioggia. La pioggia e l'indomabile forza della giovinezza. La pioggia o - così mi disse una volta un religioso - la vigile mano di Dio. Non lo so.
So soltanto che quando piovve forte, cominciai a correre. Le gambe mi portarono a casa, caddi sul letto e mi addormentai, di colpo, profondamente.
Un sonno che fu un suggello: chiuse il mio dopo Lager.
E ora basta. Sono stanca.

Da "Dopo il fumo" di Liana Millu, Morcelliana, 1999

gianfranco - 2014/12/16 - 18:13


Cerimonia e Funzione Religiosa del 27 gennaio 2006 alla chiesa di San Filippo in Genova in suffragio dei caduti dei campi di sterminio e lettura della poesia di Liana Millu

2019/9/25 - 13:06




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