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Francesco Guccini: Le ragazze della notte

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Language: Italian


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Testo: Francesco Guccini
Musica: Francesco Guccini / Juan Carlos "Flaco" Biondini
Paroles: Francesco Guccini
Musique: Francesco Guccini / Juan Carlos "Flaco" Biondini

Lyrics: Francesco Guccini
Music: Francesco Guccini / Juan Carlos "Flaco" Biondini
Album: Quello che non...

quellochenon

Commento spampanàto piano. Le ragazze della notte.

di Riccardo Venturi

Può darsi che "Le ragazze della notte" non sarà mai ricordata come una delle più grandi canzoni di Guccini. Se ne è sempre sentito parlare poco, e scritto ancora meno. Un peccato. Perché, pur ammettendo che è sempre stata uno dei miei "demoni gucciniani", sarebbe opportuno ed oggettivo considerarla un capolavoro.

Una canzone è, innanzitutto, una storia. E' un'ambientazione dove si muovono delle persone. E' una costruzione che può essere o meno segnata dalla temporalità, cioè da un presente, da un passato o da un futuro. Guccini si è mosso su tutti i piani; nel passato, ad esempio, con "La Locomotiva"; nel presente (e nella sua realtà politica contingente) con "Piccola storia ignobile"; nel futuro con "Noi non ci saremo". Si è e volte spostato sui vari piani (penso a "Piccola città"). Ma esiste anche un Guccini atemporale, un formidabile descrittore di scene colte con occhio fotografico, o addirittura cinematografico; scene che possono essere situate in qualsiasi piano temporale senza che ne abbiano minimamente a risentire. "Scirocco" quando si svolge? Ieri? Possibile. Oggi? Altrettanto possibile. Domani? Lo stesso. Ogni giorno accadono migliaia di scirocchi.

"Le ragazze della notte" è, a mio parere, un caso ancora diverso. Qui siamo su un piano indefinibile. Credo che l'impressione di tutti, ascoltandola e riascoltandola, sia stata un misto di démodé, di eleganza, di personaggi percepiti come inattuali ma che, in fondo, potrebbero essere sopravvissuti in qualche fumoso e notturno luogo di una città. Bologna? Sì e no. Per certe cose viene più a mente Rimini o qualche posto della riviera emiliano-romagnola.

L'impressione di un'inesistenza, sicuramente. Ma anche quella di ricordi ben precisi, di esperienze, di ore vissute da qualche parte, in qualche notte. Quasi Guccini avesse voluto giocare a proporre in un dato presente delle scene e delle persone che non erano, seppur forse di poco, più attuali. Quasi si fosse trasportato in un altro presente, in un passato che però gira davanti agli occhi come i fotogrammi di un film; perché anche questa è una canzone dalla struttura cinematografica, anche se, stavolta, ha tutte le caratteristiche di un flashback. Un flashback ripetuto sulla copertina dell'album cui la canzone appartiene, che riproduce esattamente l'ambientazione della canzone con Guccini che vi si vede sfumato, non bene delineato, quasi spettrale.

E il linguaggio stesso della canzone è un flashback lessicale. Quale ragazza della notte tra gli ultimi anni '80 e i primi anni '90 si sarebbe chiusa nella sua stanza o in bagno, prima di uscire, per farsi una "toilette" che si sarebbe poi spampanata piano? (Per inciso: prego notare quel verbo "spampanare", disfarsi piano, spesso inavvertitamente, con un ciuffo dell'acconciatura che va da qualche parte, con un mascara che si aggruma su un sopracciglio conformandosi ad una qualche stanchezza che progredisce, coadiuvata dal fumo e dall'alcool.

Il tumbler. Sarebbe il bicchiere da whisky. Adesso, però, generalmente è l'asciugatrice per il bucato. Su Google immagini c'è, fin dalla prima pagina, una zuppa di bicchieri e di strani macchinari. Qui, però, c'è il ghiaccio che si scioglie, anzi si spampana pure lui. E c'è il barista "pretesco" che si china per confessare chissà quali segreti. Mi è capitato, anni fa, di vederne un esemplare; a Marina di Campo, al bar dell'Hotel Select (nome che è tutto un programma). Bar che, dopo una certa ora, diventava night club. Era pieno di signore dai quarant'anni in su; io ne avevo ventotto o trenta, ci avevo una ventina di chili in meno. I segreti che confessava, con accento avellinese? Non ve li dico. Sennò che segreti sarebbero.

Dove siamo, in questa canzone che è un edificio letterario di prim'ordine, giocato forse proprio sull'instillare nell'ascoltatore l'impressione che si tratti di ricordi? E quando siamo? Ad un certo punto, Guccini gioca perfidamente la carta di un riferimento temporale preciso, a base di altre canzoni (le canzoni nella canzone, una cosa assolutamente mirabile). "Suona un'armonica", cioè "Il cielo in una stanza". "Ne me quitte pas" di Jacques Brel. Anni '60? Certo. Ma anche degli evergreens che ancora oggi si sentono in qualsiasi pianobar. "Bella senz'anima" di Cocciante. Anni '70? "Quando tramonta il sole"; con questa cosa Guccini confonde ancora più le acque. La canzone dei Marcellos Ferial si chiama "Cuando calienta el sol"; "Quando tramonta il sole" è il titolo di un film del 1955 di Guido Brignone, con Abbe Lane e Carlo Giuffrè. Infine è anche il titolo, sì, di una canzone; ma è dei Vernice ed è del 1994. Tiafolo d'un Guccini, ach so.

Ma con queste canzoni ci si è oramai convinti di essere tra gli anni '60 e '70, specie quando entrano i califfi cui non si darebbe una lira, brandendo pacchi di soldi forse male guadagnati. Te li vedi con le camicie sbottonate, l'aria truce, l'anellone al dito, la catenina sul petto villoso. Te li vedi scendere da qualche moto Guzzi. Ti vedi, che so io, Franco Califano. I soldi male guadagnati? Certo l'ascoltatore non si immaginerà qualche cosa che abbia a che fare con la finanza creativa e neanche con gli yuppies degli anni '80; piuttosto si pensa al gioco d'azzardo, a qualche magnaccia (e menomale che non esiste nessuna rima per "prossèneto", sennò Guccini ce l'avrebbe infilata!); ma dove siamo, e quando siamo?

L'unica risposta possibile è, forse, che siamo dentro Guccini. Siamo un po' nei suoi ricordi, e un po' nella trappola che ha teso a tutti quanti. E' una trappola a base di una scena, di un bozzetto, di un affresco, di come lo si voglia chiamare. In realtà siamo in un set cinematografico di serie B; magari, poco più in là, c'è Keaton. Si sta girando un film intitolato "Le ragazze della notte". Ci sono tutti i personaggi: il barista, le ragazze, i califfi, il pianista. Ambientazione: in un locale notturno. Tutto questo è un pretesto. Quel che Guccini vuol fare in questa canzone, è il Guccini. E' parlare di tutti noi parlando di se stesso. Insomma, quel che Guccini sapeva fare a meraviglia quando ancora scriveva canzoni.

Sono quegli otto versi:

Oh, come amo le ragazze della notte
così simili a me, cosi diverse,
noi passeggeri di treni paralleli,
piccoli eroi delle occasioni perse.
Anche se so che non ci incontreremo
ma solamente ci guardiamo passare,
anche se so che mai noi ci ameremo
con il rimpianto di non poterci amare.


Ma guardate un po'. Tutto un set cinematografico montato alla bell'e meglio, per andare poi a colpire, a colpirci. Non nascondo che ho questi versi stampati dentro. Parlano di me. Parlano di te. Parlano di tutti noi. Danno ancora un senso al vecchio "Guccini siamo noi". Last but not least, dovrebbero anche far meditare su un argomento mai troppo sviscerato, ovvero il rapporto tra Guccini e De André; perché, in questi pochi versi, il Guccini ha concentrato "Le passanti".

E ha concentrato tutto quel che ci accade ogni giorno, quando usciamo di casa, quando incontriamo degli sguardi per un millisecondo, quando vediamo storie di una vita partire allegramente per il nostro oblio.

Si può quindi disfare tranquillamente il set. Si può tornare al presente. La città al mattino. I chioschi dei giornali. I cappucci e le brioches. La spossatezza leggera, gli sguardi stanchi di ragazze che non hanno avuto altra notte se non quella di andare a letto e di svegliarsi troppo presto perché schiave di un lavoro. Come me. Come te. Come tutti. La risposta alla domanda finale della canzone.

Sei arrivata, sei arrivato in fondo?
Questo post si è spampanato piano.
E' per te, ragazza o ragazzo della notte.
Che cosa cercano le ragazze della notte,
trucco e toilettes che si spampànano piano
come il ghiaccio va in acqua dentro al tumbler
squagliandosi col caldo della mano,
e frugano con gli occhi per vedere
un viso o un'ombra nell'oscurità
o per trovare qualcuno a cui ripetere
le frasi solite di quell'umanità.

Ma chi aspettano le ragazze della notte
in quei bar zuppi di alcolici e fiati,
di uomini vocianti che strascinano
pacchi di soldi forse male guadagnati...
Le vedi appendersi adoranti e innaturali
a quei califfi cui non darei una lira;
chissà se sognano vite più normali
mentre la notte gira, gira, gira.

E si mettono a cantare un po' stonate
quando qualcuno va a picchiare un piano
canzoni vecchie, storie disperate,
gli amori in rima di un tempo già lontano...
E si immedesimano in quelle parole
scritte per altre tanto tempo fa,
Bella senz'anima, Quando tramonta il sole,
Suona un'armonica, Ne me quitte pas.

Ne me quitte pas

Cosa dicono le ragazze della notte
a quei baristi ruffiani e discreti
che si chinano preteschi sul bancone
per confessare chissà quali segreti
e poi guardano in controluce un bicchiere
e agili danzano versando un liquore;
quanto da dire e quanto c'è da bere
mentre la notte macina le ore.

Oh, come amo le ragazze della notte
così simili a me, così diverse,
noi passeggeri di treni paralleli,
piccoli eroi delle occasioni perse,
anche se so che non ci incontreremo
ma solamente ci guardiamo passare,
anche se so che mai noi ci ameremo
con il rimpianto di non poterci amare.

Finché anche dai vetri affumicati
spinge la luce ed entra all'improvviso
e autobus gonfi di sonni arretrati
passano ottusi nel mattino intriso
di edicole che espongono i giornali
pieni di fatti che sappiamo già,
di cappucci e brioche, e dei normali
rumori che ha al mattino una città.

Ma dove vanno le ragazze della notte
che all'alba fuggono, complice un tassì,
stanche di tanto, piene del rimorso
d'avere forse detto troppi sì,
ma lo scacciano presto ed entra in loro
solo un filo di spossatezza leggera,
che le accompagnerà lungo il lavoro,
che le condurrà diritto fino a sera...

Ma chi sono le ragazze della notte?

Contributed by Riccardo Venturi redivivo - 2009/11/2 - 18:16



Language: French

Version française de Riccardo Venturi
2 novembre 2009

fillnuit
LES FILLES DE LA NUIT

Que cherchent-elles, les filles de la nuit
aux maquillages se défaisant doucement
comme on met de la glace dans un tumbler
en la fondant avec la chaleur de la main,
et leurs yeux fouillent le noir pour voir
s'il y a un visage ou une ombre dedans,
ou pour trouver quelqu'un à qui répéter
les phrases qu'on se dit entre ces gens-là.

Qui attendent-elles, les filles de la nuit
dans ces cafés à la haleine alcoolique,
pleins de voix d'hommes qui étalent
des tas d'argent peut-être mal gagné...
On les voit se pendre pleines d'adoration
à ces salauds qui ne valent pas un sou;
qui sait si elles rêvent d'une vie plus normale,
tandis que la nuit tourne, tourne, tourne.

Puis elles se mettent à chanter un peu faux,
si quelqu'un tape sur un piano,
des vieilles chansons aux histoires tragiques,
les amours en rime d'un passé déjà mort...
Et elles se reconnaissent dans les paroles
écrites pour une autre ça fait longtemps,
Et maintenant que vais-je faire,
Allez Milord, Ne me quitte pas
Ne me quitte pas


Que disent-elles, les filles de la nuit
à ces barmans-là, courtisans, discrets
se penchant discrètement comme des curés
sur le banc, pour confesser des secrets
puis elles regardent un verre à contre-jour
et dansent sveltes en versant une liqueur;
que de choses y a-t-il à dire et à boire
tandis que la nuit avale les heures.

Que je les aime, les filles de la nuit,
si pareilles à moi, si différentes,
nous voyageons sur des trains parallèles,
comme petits héros des occasions perdues,
mais je sais bien qu'on ne se verra jamais
mais seulement on se regardera passer,
et je sais bien qu'on ne s'aimera jamais
en regrettant de ne pas pouvoir s'aimer.

Jusqu'à au moment où la lumière pénètre
soudainement par les vitres fumées
et des bus pleins de sommeils accumulés
passent, crétins, dans le matin impregné
de kiosques qui étalent les journaux
pleins de faits qu'on connaît déjà,
de cafés, croissants et des normaux
bruits qu'a une ville au matin.

Mais où vont-elles, les filles de la nuit
qui à l'aube se cassent à l'aide d'un taxi,
si fatiguées et pleines de remords
d'avoir peut-être dit trop de fois oui,
mais elles les chassent tôt, et les saisit
comme un filet de fatigue légère,
qui les va suivre au long de leur boulot
en les ménant directement au soir...

Mais qui sont-elles, les filles de la nuit?

2009/11/2 - 20:21


Dove vanno le ragazze della notte? Quelle di Guccini, lo sappiamo da una sua canzone; quella dove ci sono i baristi preteschi, i califfi che strascinano pacchi di soldi forse male guadagnati. Quella, soprattutto, dove ci siamo noi viaggiatori di treni paralleli, piccoli eroi delle occasioni perse. Che canzone démodée, a suo modo; nobilmente démodée, senza tempo. Vengono a mente aggettivi dimenticati, e quando si diceva che una ragazza era "debosciata". Anzi, débauchée. E le canzoni, le canzoni... "Il cielo in una stanza", "Bella senz'anima" (e adesso spogliati, come sai fare tu), addirittura "Ne me quitte pas" (il faut oublier, tout peut s'oublier qui s'enfuit déja...

...oublier le temps des malentendus
Et le temps perdu à savoir comment
Oublier ces heures qui tuaient parfois
A coups de pourquoi le coeur du bonheur...
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas).

Puo' pero' succedere che cambi il tempo, cambi lo spazio. I treni sono certamente paralleli, e quanto ad occasioni perse non ci sarebbe neppure da parlarne. Faremmo anzi meglio a dire quali siano quelle che abbiamo davvero afferrato, e se ci siano effettivamente state. Dieci minuti fa sono passate per via Garibaldi tre ragazze della notte, che ridevano come pazze. Ne hanno ben donde; credo siano venute dalla Nigeria o da qualche altro paese africano, e hanno fatto le prostitute per un po' in via Tonci. Vi ci dovro' portare, una volta o l'altra, in quella via; e tanto, poi, e' a dieci metri dall'Osteria dei Terrazzini.
Orbene, le tre ragazze hanno chiuso quel portone che, di notte, restava sempre socchiuso, e hanno aperto un negozio coi soldi risparmiati. Un negozio di calzoleria. Avete notato che a giro ci sono sempre meno calzolai? Dove si portano a riparare le scarpe? Un tacco che parte, e dove cavolo e' il ciabattino? L'ultimo, nel mio quartiere, aveva chiuso circa un anno fa per vecchiaia.

Ora c'e' di nuovo dove portare a rifare una suola. A aggiustare una tomaia. Ci sono tre ciabattine nigeriane, e la piu' vecchia ha, credo, non piu' di venticinque anni. Uno di questi giorni, cazzo, mi fo saltare un tacco apposta; son passato accanto al negozio e si sente sempre ridere in una lingua che dev'essere lo hausa o lo yoruba, so un accidente pure io. Tanto quando mi ripareranno il tacco, glielo chiedo.

Ma dove vanno le ragazze della notte? Quelle di Guccini, dicevo, lo sappiamo. Quelle del Venturi vanno a aggiustare scarpe rotte. C'e' una morale in tutto questo? No di certo, m'importasega delle morali, a me.

Riccardo Venturi, Livorno, 28 gennaio 2002

(Non ci sono mai andato, a farmi aggiustare le scarpe. Due mesi dopo ho lasciato Livorno per sempre.)

2009/11/2 - 20:26


Il fatto che le canzoni siano "scritte per altre tanto tempo fa" mi fa pensare che la canzone si svolga un po' dopo gli anni '60. Per quanto riguarda "quando tramonta il sole" a me viene in mente

e quando tramonta il sol
una canzone d'amor
da Bahia a Salvador
per te canterò

Sì certo è Rino Gaetano ed è meno "struggente" delle altre ma potrebbe anche starci :)

Lorenzo Masetti - 2009/11/3 - 09:54


Pienamente d'accordo con il commento di Riccardo Venturi, è una canzone splendida ma trascurata dal grande pubblico. Il testo è il racconto di una delle tematiche ricorrenti di Guccini, quella "bohéme confortevole" "quando tramonta il sole". Un affresco straordinario, in qualche accento forse oggi un po' demodé ma per certi versi invece attualissimo, espresso con frasi di un'eleganza unica.

Edoardo Scialis - 2013/3/5 - 23:01


Quante volte mi ci sono trovato, in questa situazione. Quante volte mi sono chiesto chi cerchino, le ragazze della notte, per chi si imbellettano. Dove vanno a finire quando la notte è finita, se in qualche modo si trasformino oppure cessino di esistere fino a che la notte non ricomincerà ancora. Mi sono sentito un sacco di volte un "eroe delle occasioni perse", e tante altre volte mi sono sentito come un pesce fuor d'acqua, guardando quanti energumeni si atteggiano a qualcosa che non piace neanche a loro, e quante volte ho provato a farlo io. Come diceva De Niro in "Taxi Driver", tutte le peggiori figure dell'umanità vengono fuori la notte. Ma le ragazze della notte non sono brutte figure, anzi, tutt'altro; diventano brutte solo perché, solitamente, non dicono mai di sì, e ci lasciano con il rimpianto di non poterle amare.

Luca 'The River' - 2013/3/8 - 03:26


Analisi spettacolare di una canzone che anch'io, nel mio piccolo, ho sempre considerato ingiustamente sottovalutata. P.S.: pagherei per vedere coi miei occhi quel barista pretesco con accento avellinese nell'atto della confessione...

Erlebnis72 - 2014/12/18 - 18:44


Caro, o cara, Erlebnis, ti sei preso/a davvero un bel nom de plume; "esperienza", "cosa vissuta". Mi hai riportato alla mente anni davvero lontani oramai, era l'estate del '95. Chi mi vedesse ora stenterebbe a crederlo, ma per qualche astruso motivo sono stati gli unici mesi della mia vita in cui mi sono tagliato la barba (che porto da quando ho 17 anni, ne ho 51) e non solo. All'età di anni 32 passai quell'estate a fare il gagà al "Select", la sera mi mettevo in giacca e cravatta e bevevo i cocktails più astrusi preparati dal barista avellinese (di Ariano Irpino per la precisione). Qua e là facevo ballare delle signore: all'epoca ero quasi filiforme, alto oltre 1,90 come sono. Che storia, a ripensarci. Poi successe persino che, una sera, mi decisi a andare al microfono a cantare una canzone. Cantai questa qua, che è una specie di fissazione per me. Ha anch'essa a che fare con la notte, ma quel che avevo in testa per davvero lo sa...solo il barista. Ti dedico questa canzone di anni remoti oramai.

Riccardo Venturi - 2014/12/18 - 22:25


Minkia, Riccardo! Questa poi!?! Incrèdibol bat trù!

Ma facevi solo il gagà per diletto o proprio il "gigolò"?
Te lo chiedo perchè la seconda ipotesi non farebbe altro che confermare la tua passione per le "lingue" (hi, hi, hi!)
E poi so bene quanto possono costare dizionari e grammatiche... (hu, hu, hu!)
Ischerzi a parte, sei davvero un uomo dalle mille storie e dalle mille risorse...

Saluti

PS. Ho fatto da poco una compilescion di Adamo per una mia cugina e indovina un po' con quale canzone si apre e si chiude?!?

Uno stupefatto (e ammirato) B.B. - 2014/12/18 - 22:50


Assolutamente per diletto, e forse un po' anche per dimenticare, mettiamola così. Dimenticare un khävølo, ovviamente, ma qui si va nel campo dei segreti confessati al famoso barista avellinese. Però, per continuare la storia un po', un'altra cosa che pochi immaginerebbero è che ho fatto, in un passato ancor più remoto, anni di scuola di ballo, pensa tu. Esibendomi poi persino in tangacci a matrimoni altrui, e ballando un'indimenticabile notte sotto Castel Del Monte. Ti dico tutto questo per ricordo, sembra un altra epoca davvero...però devo dirti che, ogni tanto, mi ci butto ancora anche se in situazioni improbabili. Nell'estate del 2013, ad esempio, ho fatto ballare un bel valzer ad un anarchico volterrano con la bandana, in mezzo di strada, durante un concerto di Alessio Lega e Guido Baldoni sistemati a suonare su un furgone Volkswagen cassonato. Si era quasi leggiadri, oltre che briachi come tegoli...

Riccardo Venturi - 2014/12/18 - 23:45


Sì, "quasi" leggiadri è la parola giusta :-DD

daniela -k.d.- testimone oculare - 2014/12/20 - 13:38




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