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Zîz

Mem Ararat
Language: Kurdish (Kurmancî)


Mem Ararat

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Zîz
[ 2018 ]

Peyvan û Muzîk / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel:
Mem Ararat

Albûm / Album: Xewna Bajarekî



Sozdar, Mem Ararat e la canzone

Nel testo la parola chiave è Sozdar. È sinonimo di lotta armata. Sozdar Avesta, già portavoce del PKK, è presidente del KCK [Koma Civakên Kurdistan] / Unione delle Comunità Curde che comprende il PKK. È attivamente ricercata dalle autorità turche. Fu arrestata in Olanda nel 2001 e la Turchia ne chiese l’estradizione che, dopo alterne vicende, non fu accordata. Sozdar tornò quindi in Iraq.
E’ stato prodotto su di lei in Olanda nel 2007 il film Sozdar, she who lives her promise . Il titolo del film è giocato sul significato della parola Sozdar (si vedano le note nella traduzione italiana).
Sozdar è una Pasionaria di grande respiro e di tutto rispetto, una figura leggendaria che meriterebbe di essere meglio conosciuta. Superfluo aggiungere che il governo turco si dà molto da fare da sempre per eliminare la "terrorista". Un’occhiata alla foto seguente del secolo scorso dà un’idea della capillarità della rete di informazione degli organi turchi.



Si comprende adesso perché Mem Ararat è stato ostacolato nelle sue esibizioni. Due anni fa il governatore di Diyarbakir gli revocò il permesso per un concerto senza addurre giustificazioni, dopo avergli chiesto il testo delle canzoni che avrebbe presentato e la loro traduzione in turco. Invece l’anno scorso a ottobre l’artista si è esibito a Diyarbakir e ha iniziato la serata cantando proprio questa canzone, Zîz.
Tutto risolto? No. A dicembre 2019 la Germania ha negato i visti di ingresso a Mem Ararat e alla sua band per uno spettacolo a Mulheim programmato da tempo. E’ stato l’unico paese europeo a rifiutare il visto dato che negli anni precedenti Francia , Olanda e Belgio glielo avevano accordato.

Passando oltre la polisemia del nome Sozdar, non possiamo fare a meno di esprimere una viva ammirazione non soltanto per le parole, una poesia, ma anche per la melodia. Si potrebbe non sapere nulla del testo e forse fare a meno delle traduzioni: è uno di quei casi in cui la musica sa parlare da sola.

Aggressioni in corso nel Kurdistan del Sud

Mentre scriviamo sono ancora in corso le incursioni turche e iraniane contro la popolazione civile curda nell’Iraq del Nord, con l’obiettivo dichiarato di colpire il PKK. Le operazioni Claw-Eagle [Pençe-Kartal Operasyonu] / Artiglio d’aquila, campagna di bombardamenti aerei, e Claw-Tiger [Pençe-Kaplan Operasyonu] / Artiglio di tigre, campagna terrestre, sono state sferrate dal 15 giugno 2020. Il teatro delle operazioni sono i monti Qandil, al confine tra Iraq e Iran, il già martoriato distretto di Sinjar e persino il campo profughi di Makhmour. Il campo, sotto la tutela delle Nazioni Unite, accoglie 13.000 disgraziati fuggiti dai bombardamenti e dai massacri perpetrati più a Nord. Dista quasi 200 km dal confine turco.
I nostri media hanno mantenuto il silenzio con l’eccezione del Manifestoe di Un ponte per.

Dirigenti politici curdi hanno osservato che l’attacco non sarebbe stato possibile senza l’avallo del KDP [Partito democratico del Kurdistan] di Masud Barzani, che controlla la regione autonoma del Kurdistan iracheno. Il KDP, forza di destra, è tradizionalmente ostile al PKK e mantiene rapporti commerciali stretti con la Turchia di Erdoğan. Di fatto il governo regionale curdo nel nord dell’Iraq ha lasciato fare volentieri pur di ridurre i consensi del PKK. Insomma sono curdi per i loro interessi di bottega.
La Turchia mantiene basi militari nel Kurdistan iracheno. Il vero obiettivo non dichiarato è la rettifica dei confini che porterebbe la Turchia ad annettersi dei territori del nord della Siria e dell’Iraq. Ciò significherebbe poter disporre sia delle fonti energetiche del petrolio del nord dell’Iraq sia del corridoio per il trasporto sino al Mediterraneo. Gli interessi iraniani e lo scambio di favori con Ankara hanno portato l’Iran a intensificare la campagna anti-curda.
Formalmente il governo iracheno ha consegnato due note di protesta all’ambasciatore turco per violazione della sua sovranità e delle norme del diritto internazionale, pare più per l’invasione terrestre che per i bombardamenti aerei. Le uniche voci serie di protesta sono state quelle della Lega Araba.

In tali condizioni la soluzione del problema curdo si allontana ; i civili continuano a morire, a fuggire e a sopravvivere, quando va bene, conducendo una vita grama, sempre subordinata alle mire di gentaglia che fa profitti con le guerre e con i morti.

[Riccardo Gullotta]
Çi bû çi nebû, wa êşek nû bû
Kevnar bû, ji kevnarên herî berê
Wa xemên min, pêre ar, pêre har bûn
Bênav bû
Bêyî zar û ziman bû
Nas bû, lê dîsa jî ew wenda bû
Ez nexşeyek lal im, dibilînim, dinalim
Li havînekê kerr im, zîz im, lal im
Westiyayî û bêhal im
Malwêranek im, xewnekê dibînim
û li ber bayê dinyayekê dilerizînim
Nepirsin vê sibehê, navê êşa min Sozdar e.
Ez nexşeyek lal im, dibilînim, dinalim
Li havînekê kerr im, zîz im, lal im
Westiyayî û bêhal im
Malwêranek im, xewnekê dibînim
û li ber bayê dinyayekê dilerizînim
Nepirsin vê sibehê, navê êşa min Sozdar e.


Kom bû, bû derya, mezin bû şax veda
Bûye ar, bûye serma, zivistan
Wa xemên min li bexçe tov vedan, alan dan
Ji tavê ew, ew bê par ma
Lal ma, ji tavê ew, ew bêpar ma
Gotin koçerek mirî xewnekê dibîne
Û li ser axa sar xeman dipeyivîne
Dibêje û dibîlîne
Malwêranek im ez, destê min vala ma
Bûme hevalê bayê êvaran, mêvanê mêvanan
Nepirsin vê sibehê, navê hişbûna min Sozdar ma...
Gotin koçerek mirî xewnekê dibîne
Û li ser axa sar xeman dipeyivîne
Dibêje û dibîlîne
Malwêranek im ez, destê min vala ma
Bûme hevalê bayê êvaran, mêvanê mêvanan
Nepirsin vê sibehê, navê hişbûna min Sozdar ma...

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/7/30 - 13:37




Language: English

English translation / Wergera Englishngilîzî / Traduzione inglese / Traduction anglaise/ Englanninkielinen käännös:
youtube

Ecco, nelle foto seguenti, dove la feccia alata si vanta di colpire con le bombe: un campo dell’UNHCR. Che allah /dio/ jhwh etc. stramaledicano loro, i complici e i loro sporchi dei. Quando saranno processati per crimini contro l’umanità secondo il diritto internazionale?







SENTIMENTAL

Was what? Wasn’t what?
A new pain it was
It was old, older than the oldest
All my sorrow recurred, soared by it
It was nameless
It was voiceless
It was homely but still lost
I am a voicelss map, grousing, moaning
In a deaf summer; I am voiceless, sentimental, deaf
I am tired and exhausted
I am a loser having a dream
And quivering by the earth wind
Don’t ask, this morning, the name of my pain is ‘Sozdar’
I am a voicelss map, grousing, moaning
In a deaf summer; I am voiceless, sentimental, deaf
I am tired and exhausted
I am a loser having a dream
And quivering by the earth wind
Don’t ask, this morning, the name of my pain is ‘Sozdar’


Gathered, become a sea , branched out
Became fire, became cold, became winter
My dreams fertilized the garden, rebounded
Left not taking its share from the sun
Left deaf, left not taking its share from the sun
There said that a dead migrant is having a dream
Making the pain speak on the cold soil
Saying and grousing
I am a loser, there is nothing left in my hands
I have become the friend of evening wind, guest of guests
Don’t ask, this morning, the name of my silence is left as ‘Sozdar’
There said that a dead migrant is having a dream
Making the pain speak on the cold soil
Saying and grousing
I am a loser, there is nothing left in my hands
I have become the friend of evening wind, guest of guests
Don’t ask, this morning, the name of my silence is left as ‘Sozdar’

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/7/30 - 15:36




Language: Italian

Traduzione italiana / Wergera Italiantalî / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta

TENEREZZA [1]

Cos’è stato? Cosa non è stato?
È stato un altro dolore
Era vecchio, più vecchio del più vecchio
Tutto il mio dolore si è riaffacciato, mosso da esso
Era senza nome
Era senza voce
Era familiare ma ancora perso
Ma ancora perso
Sono una mappa senza voce, che si lamenta e geme
In un'estate sorda; sono senza voce, tenero, sordo
Sono stanco ed esausto
Sono un perdente che ha un sogno
E tremo per il vento di terra
Non chiedere, stamane, il nome del mio dolore è “Impegno di lotta” [2]
Sono una mappa senza voce, che si lamenta e geme
In un'estate sorda; sono senza voce, tenero, sordo
Sono stanco ed esausto
Sono un perdente che ha un sogno
E tremo per il vento di terra
Non chiedere, stamane, il nome del mio dolore è “Impegno di lotta”

Radunati siamo diventati un mare che cresce
Diventati fuoco, diventati freddo, diventati inverno
I miei sogni hanno fecondato il giardino, sono rimbalzati
Privandolo della sua parte di sole
Lasciandolo nella sordità, privandolo della sua parte di sole
Hanno detto che un migrante morto ha un sogno
Far parlare il dolore sul suolo freddo
Dicendo e lamentando
Sono un perdente, non c'è più niente nelle mie mani
Sono diventato amico del vento della sera,
ospite degli ospiti
Non chiedere, stamattina, il nome del mio silenzio è “Impegno di lotta”
Hanno detto che un migrante morto ha un sogno
Far parlare il dolore sul suolo freddo
Dicendo e lamentando
Sono un perdente, non c'è più niente nelle mie mani
Sono diventato amico del vento della sera,
ospite degli ospiti
Non chiedere, stamattina, il nome del mio silenzio è “Impegno di lotta”

[1] Zîz è un aggettivo che ha il significato principale di tenero/ gentile/ delicato riferito a soni, voci etc. Ha anche il significato di contrariato/scontento/arrabbiato; in Sorani è questa la sola accezione

[2] Sozdar da soz / promessa e dan/dare significa “uno che ha promesso” o “ciò che è promesso” . In curdo ha acquisito il significato di guerriglia.
Tenuto conto della diffusione della canzone in Turchia dove questa accezione non sarebbe potuta passare abbiamo ritenuto opportuno di rendere il termine con “Impegno di lotta”.

[Riccardo Gullotta]

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/7/30 - 15:48



TURCHIA E IRAN SEMPRE CONTRO I CURDI
Gianni Sartori

Se non fosse solo tragico sarebbe comunque tragicomico. Mentre si candidano al ruolo di mediatori e “pacificatori” nel conflitto russo-ucraino, la Turchia e il presidente Erdogan non hanno certo smesso di opprimere i dissidenti, i prigionieri politici e le minoranze (nel caso dei curdi parlerei piuttosto di “popolo minorizzato” dagli artificiosi confini statali che frantumano la Nazione curda). E ovviamente Teheran non è da meno in questo tentativo di estromettere dalla Storia un popolo coraggioso (che poi ci riescano è un altro paio di maniche).

Andiamo con ordine partendo dall'Iran.
E' di questi giorni la conferma della condanna a morte per il guerrigliero curdo Hatem Ozdemir, militante delle Forze di Difesa del popolo (HPG) considerato il braccio armato del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Catturato in un'imboscata dei Pasdaran nel luglio 2019 e attualmente richiuso nel carcere di Urmiye, era già stato condannato a morte in prima istanza.

Contro di lui le accuse di “ribellione contro lo Stato” e di “appartenenza al PKK”.

Recentemente un altro militante curdo Firaz Mousallou, è stato condannato a morte. Ingannato dalle promesse di amnistia, si era consegnato alle autorità iraniane nel 2019.

Al momento non è chiaro se appartenesse al PKK o al PDKI (Partito democratico del Kurdistan d'Iran). E comunque, nel dubbio, è stato condannato a morte per “ribellione contro Dio e lo Stato”.Ma talvolta l'esecuzione avviene anche senza condanna, in maniera “extragiudiziale”.Sarebbe questo il caso di un venticinquenne curdo, Milad Jafari, arrestato a Teheran il 7 aprile (pare per detenzione di sostanze stupefacenti) e poi deceduto in un commissariato.

Secondo i familiari (informati del decesso soltanto dopo molti giorni e molte richieste di notizie) e secondo l'ONG Kurdistan Human Rights Network (KHRN) Milad sarebbe stato vittima delle torture. E non, come sostenevano in un primo tempo le autorità, di suicidio.

Così come non appare credibile che sia morto l'11 aprile (come dichiarato dalla polizia) visto che il suo corpo risultava trasferito al dipartimento di medicina legale di Kahrizak già l'8 aprile.

E passiamo alla Turchia. Anche qui alcuni dei numerosi prigionieri politici curdi (oltre una decina) deceduti negli ultimi mesi si sarebbero suicidati. Ma è assai probabile che in realtà siano stati spinti al suicidio dalle durissime condizioni carcerarie e in particolare dalle torture a cui vengono sottoposti. Più o meno quanto avviene a coloro muoiono per incidenti o malattie (curate poco e male). Senza escludere che talvolta il presunto “incidente” o la tempestiva “crisi cardiaca” siano soltanto una copertura per le vere ragioni della morte del detenuto (pestaggi, torture, maltrattamenti...).

Rinchiusi in carceri ormai fuori dal controllo delle organizzazioni indipendenti e nelle mani di carcerieri razzisti, i prigionieri curdi riescono solo raramente a informare l'opinione pubblica di quanto avviene. Per esempio denunciando che i guardiani, dopo averli torturati, avevano lasciato nelle celle corde e rasoi con l'intento evidente di spingere i prigionieri, disperati e sofferenti, a togliersi la vita. Tecnicamente si tratterebbe  di “suicidio forzato”.

Tra gli ultimi prigionieri che dopo aver subito la tortura nel carcere di Silivri (di tipo L) hanno tentato di suicidarsi, Ferhan Yilmaz e un altro di cui non si conosce ancora il nome sono riusciti purtroppo nel loro intento.

Sarebbe invece ancora in terapia intensiva un altro prigioniero, Halil Kasal, mentre non si hanno notizie precise sulla sorte di Çoşkun Ağca, Tolga Okçu, Abdulmenav Çetin, H. Masal e Ali. Un avvocato, su richiesta della famiglia di Çoşkun Ağca, si è recato nel carcere di Silivri dove è stato informato che il detenuto era stato trasferito con l'ambulanza nel carcere di Izmir (di tipo F).

Sempre da Silivri, un altro detenuto curdo, Ercan Morkoç, ha confermato, in una telefonata alla famiglia, che i secondini lasciavano nelle celle corde e rasoi incitando i prigionieri a suicidarsi.

Aveva anche aggiunto che Orhan Hacıoğlu, Abdulmenav Çetin, H. Masal e Tolga Okçu erano stati portati all'ospedale e qui posti in isolamento. Avrebbero anche iniziato uno sciopero della fame.

Per Hikmet Yılmaz, invece il fratello Ferhan sarebbe stato direttamente “ucciso in prigione a due giorni dalla liberazione”. Sul volto e sul corpo aveva chiari segni di torture: occhio tumefatto, labbro spaccato, tracce di sangue...e secondo quanto avrebbe detto in via ufficiosa ai familiari un medico, anche lesioni interne. Oltre naturalmente ai segni di una corda sul collo. “Ma perché mai – si era chiesto – uno dovrebbe uccidersi due giorni prima di tornare in libertà?”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2022/4/15 - 19:26



A DIECI ANNI DALLE PROTESTE DI GEZI PARK, UN ALTRO PARTECIPANTE RISCHIA LA DETENZIONE IN TURCHIA
Gianni Sartori

La rivolta di Gezi Park brucia ancora. E periodicamente si torna a parlarne. Vuoi per l’uccisione di qualche esponente della storica protesta del 2013, vuoi per la cattura o l’estradizione di qualche militante che vi aveva preso parte.

Probabilmente in molti si sono scordati dei drammatici, lividi, funerali di Berkin Elvan nel quartiere di Okmeydani (Istanbul). Il quindicenne era rimasto ferito alla testa dalla polizia nei giorni delle proteste (giugno 2013) mentre andava a comprare il pane. Rimanendo in coma per ben 269 giorni e senza che nessuno venisse incriminato per la sua morte.

Mentre la folla scandiva: “La polizia dell’AKP (il partito di Erdogan nda) ha assassinato Berkin” e alcuni lanciavano pietre sui veicoli delle forze dell’ordine, la polizia rispondeva con un fitto lancio di lacrimogeni. In genere sparati ad altezza d’uomo (come, presumibilmente, quello che aveva colpito Berkin Elvan).

Altra militante conosciuta per la sua partecipazione alla protesta di Gezi Park era la ventenne turca Ayşe Deniz Karacagil.

Arrestata nel 2013, veniva condannata a circa un secolo di carcere, ma - scarcerata prima della condanna definitiva - era riuscita a lasciare la Turchia raggiungendo le YPJ (la divisione femminile delle milizie curde) che con le YPG stavano combattendo per liberare Raqqa dall’Isis. Suo nome di battaglia, “Cappuccio rosso” (il berretto che la identificava durante l’occupazione di Gezi Park) e così l’avevano ricordata sia Zero Calcare (il disegnatore, da sempre sostenitore della causa curda, l’aveva anche incontrata) che Roberto Vecchioni.

E stavolta gli “onori” della cronaca (ma sicuramente ne farebbe volentieri a meno) son toccati ad un altro militante storico (da oltre 30 anni e con diversi arresti sulle spalle), Ecevit Piroğlu.

Il quale, ovviamente, aveva partecipato anche alle proteste del 2013. Con l’aggravante (per la giustizia turca) di avere poi combattuto contro Daesh.

Fuggito dalla Turchia (dove rischiava almeno 30 anni di prigione) il 25 giugno 2021, Ecevit era arrivato in Serbia dove veniva immediatamente arrestato (ancora all’interno dell’aeroporto Nikola Tesla di Belgrado).

Dal 2 giugno 2022 è in sciopero della fame per protesta contro la prevista estradizione in Turchia. Oltre ad aver perso molto peso, sta perdendo sia le forze fisiche che quelle mentali. Perennemente in isolamento, sulla soglia di uno stato di semi- incoscienza, la sua stessa vita è in pericolo. L’ultima udienza di qualche giorno fa si era conclusa senza un verdetto definitivo e non è stata resa nota la data della prossima scadenza processuale.

Da qualche giorno(in un primo tempo davanti alla sede delle Nazioni Unite a Ginevra, poi nella sede della Comunità Democratica Curda di Losanna) si sta svolgendo uno sciopero della fame di solidarietà con Ecevit Piroğlu.

Alcuni membri dell’iniziativa “Libertà per Ecevit Piroğlu’ “, come Mehmet Yozcu hanno annunciato in una conferenza stampa di voler mettere in pratica “uno sciopero della fame indefinito e irreversibile” per protestare contro questa estradizione che considerano “illegale”.

Per Semra Uzunok (ugualmente esponente di “Libertà per Ecevit Piroğlu’ “) Ecevit sarebbe “detenuto illegalmente dalle autorità serbe a causa delle pressioni dello Stato turco e tutti suoi diritti sono stati calpestati”.

Chiede inoltre che venga “scarcerato quanto prima”.

Nella serata del 6 ottobre altri militanti si sono incatenati all’inferriata dell’edificio delle Nazioni Unite di Ginevra, scandendo slogan per la liberazione del prigioniero politico.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2022/10/8 - 23:05



E TE PAREVA!?!
ANCHE IN POLONIA SI E’ APERTA LA STAGIONE DI CACCIA AL CURDO

Gianni Sartori

Nessun stupore. I precedenti non mancano (rileggersi “MAUS”…). E poi da tempo la classe dirigente locale e una parte della popolazione (la “Polonia profonda” diciamo) sembra volersi rappresentare nei suoi aspetti peggiori: bigotta, conservatrice, reazionaria, ostile ai diritti delle donne, agli immigrati (a meno che non siano ucraini), filo-Nato, educatamente allineata con Washington…

Niente di strano quindi se a farne le spese stavolta sono i curdi.

Una serie di arresti (circa una cinquantina) ha recentemente colpito la diaspora curda in Polonia. Stando a quanto dichiarato da uno degli arrestati (Harûn Jirkî, per ora l’unico in grado di informare l’opinione pubblica) la polizia che lo aveva prelevato avrebbe agito in collaborazione con agenti che tra loro parlavano in turco. Per cui è lecito sospettare, intravedere la manina del MIT, i servizi segreti turchi.

Il 4 ottobre diversi negozi di kebab sono stati perquisiti alla ricerca di prove incriminanti (come qualche foto di Abdullah Ocalan!), molti telefoni sono stati sequestrati e appunto circa 50 persone tratte in arresto.

Uno di loro, Harûn Jirkî arrestato a Poznan, ne ha parlato con Yeni Özgür Politika dichiarando che una celebrazione del Capodanno curdo risalente al 2018 avrebbe fornito il pretesto ufficiale per la retata. In quanto nell’occasione venivano esposte alcune bandiere del PKK e qualche foto del “Mandela curdo”. In aggiunta, l’accusa per alcuni degli arrestati di aver finanziato il PKK.

Sempre stando alla testimonianza di Harûn Jirkî , gli agenti intenti alle perquisizioni, oltre a parlare tra loro in turco, avrebbero esplicitamente dichiarato di appartenere al MIT (o era forse un modo per intimidire ulteriormente ?).

Vedendo poi sulla spalla di uno degli arrestati a Varsavia un tatuaggio raffigurante Mahsum Korkmaz (il comandante Egîd, uno dei fondatori del PKK) i poliziotti avevano commentato dicendo “Lo vedi? E’ Mahsum Korkmaz”.

Difficile pensare che in Polonia il personaggio sia così conosciuto. Per cui è lecito sospettare che tra Varsavia e Ankara vi siano precisi accordi di collaborazione per contrastare il movimento curdo.

La retata ha interessato anche alcuni militanti della sinistra turca che in passato avevano partecipato a iniziative curde. E ovviamente anche i loro telefoni e computer sono stati confiscati.

Da segnalare che l’operazione, evidentemente avvolta nel segreto, pare essere quasi completamente sfuggita alla stampa e ai media polacchi e soltanto fronda.pl (un sito ultra-conservatore: contraddizione nella contraddizione?) ha denunciato l’evento come “scandaloso”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2022/10/9 - 11:40



COME NEL GENNAIO 2013, ALTRI TRE CURDI ASSASSINATI A PARIGI

Gianni Sartori

Tra pochi giorni cadeva il decimo anniversario dell’uccisione di tre femministe curde a Parigi.

Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez erano state assassinate nel gennaio 2013 in un’operazione in cui è lecito intravedere l’operato del MIT (i servizi segreti turchi).

Oggi, 23 dicembre 2022, la cosa si è ripetuta e altri tre militanti curdi (ma il bilancio potrebbe aggravarsi) sono caduti sotto i colpi esplosi da un francese già noto per due aggressioni di matrice razzista.

La sparatoria mortale è avvenuta in rue d’Enghien, in un quartiere a forte presenza curda, nei pressi di un Centro culturale curdo dedicato alla memoria di Ahmet Kaya*.

Il responsabile dell’eccidio sarebbe un autista di autobus in pensione di 69 anni, già conosciuto come responsabile di due tentati omicidi risalenti al 2016 (quando aveva accoltellato una persona in casa sua) e al 2021. In questo caso si trattava di un reato con evidenti implicazioni razziste avendo assalito un bivacco di migranti (nel 12° arrondissement di Parigi).

L’immediato raduno di cittadini curdi aveva generato una serie di proteste dato che in molti sospettano che anche in questo tragico evento vi sia la longa manus - e lo stile -dei servizi turchi.

La contestazione si è conclusa con scontri e tafferugli (oltre all’impiego massiccio di lacrimogeni) tra manifestanti e polizia. Per il 24 dicembre è stata indetta una grande manifestazione contro l’ennesima aggressione alla comunità curda.

Gianni Sartori

nota 1: Morto a Parigi nel novembre 2000 a soli 43 anni, Ahmet Kaya è ricordato sia come artista dissidente che in quanto difensore della causa curda. Apostolo della “musica autentica”, nonostante la grande notorietà, volutamente si mantenne estraneo alla Società dello spettacolo, alla mercificazione della musica. Le sue canzoni, i suoi testi ricordano quelli di Victor Jara e di Joan Baez. Come loro si rivolgeva “non solo ai sentimenti, ma anche all’intelligenza delle persone”, parlando della vita reale “non solo dei loro fantasmi” - e raccontandone “i problemi, le ribellioni contro un sistema che le consuma, emargina”.

Gianni Sartori - 2022/12/23 - 23:41


Riccardo Gullotta - 2023/6/1 - 10:53




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