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Bora

Ianva
Language: Italian


Ianva


Sento echi d’un festeggiamento
Li sta portando il vento,
Tra poco giungerà.
“Loro” stanno ballando il Kolo, (1)
Né stile, né decoro, ma gran vitalità.

La dottrina supporta il livore,
La maniera per ben iniziare
Pensan sia quella di cancellare
Le tracce di Storia passata di qua.

Certo che hanno un conto aperto, (2)
L’ideologia è uno scarto
Per chiuderlo però…
Io credo almeno in ciò che vedo
Porta una firma il modo
Di chi ridisegnò
Con lavoro tenace e paziente
L’aspra terra che è Soglia D’Oriente:
Resta sempre Latina la gente
Che il vento e la pietra del golfo domò.

Vennero dalle selve con passo da pastori,
Con piani quinquennali e nuovi tricolori,
Con una sola stella dove fu l’Orsa Fiumana:
Li avemmo dentro casa in una settimana.

Bora su Zara, Fiume e Pola
Aleggia una parola
Che ognuno tacerà:
Foiba, quella parola è Foiba
C’è chi la trova eroica
E che sa di libertà.
Cadi giù senza fare rumore,
Neanche male come sepolture:
Resti in grembo a Madre Natura
E pensa che in Patria c’è chi applaudirà…

Vennero dentro i borghi
Mettendo un nuovo vestito
Di dogmi altisonanti
Su un odio assai più antico.
E in ogni cuore esule risferzerà la bora,
Invecchiammo di cent’anni
E fu in un’ora sola.

Via Roma – Nikad Doma (3)
Via Roma – Nikad Doma
Via Roma – Nikad Doma…
NOTE (ufficiali degli Ianva, salvo le integrazioni tra parentesi da attribuirsi al sottoscritto):

(1) Danza popolare slava
(in serbo-croato: Kolo, Коло, "cerchio". Si veda la canzone El kolo go balà)

(2) A onor del vero, va detto senza reticenze che la popolazione slavofona non ebbe vita facile durante il ventennio.

(“Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.”
Benito Mussolini, durante una visita a Pola nel settembre del 1920. [In “Foibe: una storia d'Italia”, di Jože Pirjevec e Gorazd Bajc, Einaudi, 2009]

“[…] MISURE PRECAUZIONALI NEI CONFRONTI DELLA POPOLAZIONE
15 - Quando necessario agli effetti del mantenimento dell'O.P. e delle operazioni, i Comandi di G.U. possono provvedere:
a) - ad internare, a titolo protettivo, precauzionale o repressivo, famiglie, categorie di individui della città o campagna, e, se occorre, intere popolazioni di villaggi e zone rurali;
b) - a “fermare” ostaggi tratti ordinariamente dalla parte sospetta della popolazione, e, - se giudicato opportuno - anche dal suo complesso, compresi i ceti più elevati;
c) - a considerare corresponsabili dei sabotaggi, in genere, gli abitanti di case prossime al luogo in cui essi vengono compiuti.
16 - Gli ostaggi di cui in b) possono essere chiamati a rispondere, colla loro víta, di aggressioni proditorie a militari e funzionari italiani, nella località da cui sono tratti, nel caso che non vengono identificati - entro ragionevole lasso di tempo, volta a volta fissato - i colpevoli.
- Gli abitanti di cui in c), qualora non siano identificati - come detto sopra - i sabotatori, possono essere internati a titolo repressivo; in questo caso il loro bestiame viene confiscato e le loro case vengono distrutte.
[…]
41 - Si sappia bene che eccessi di reazione, compiuti in buona fede, non verranno mai perseguiti.
- Perseguiti invece, inesorabilmente, saranno coloro che dimostreranno timidezza e ignavia, e sopratutto coloro che non accorressero a sostegno del compagno minacciato.”
[dalla Circolare n. 3C, emessa dal Comando Superiore FF.AA. ‘Slovenia E Dalmazia’, 2^ Armata, 1 dicembre 1942, a firma del generale Mario Roatta. Citata anche da Gian Antonio Stella nel suo articolo “Quelle ferite (tutte riaperte) di Trieste” pubblicato su Il Corriere della Sera, 24 aprile 2003.]

“Galli, chiarire bene il trattamento dei sospetti, perché mi pare che su 73 sospetti non trovar modo di dare neppure un esempio è un po' troppo. Cosa dicono le norme della 3 C e quelle successive ? Conclusione: SI AMMAZZA TROPPO POCO !”
[nota a firma del Gen. Mario Robotti in calce ad un fonogramma del 4 agosto 1942 indirizzato al Capo di Stato Maggiore Galli.]

(3) Serbo-Croato, letteralmente: “Via Roma, mai più a casa!”. In Via Roma, a Fiume, era situata la sede della polizia politica titina. Da qui lo slogan che gli occupanti slavi urlavano in faccia ai nostri connazionali dalmati.
(“Via Roma, nikad doma!” è frase in croato che sui siti italiani viene riportata soprattutto come citata in opere di Gianpaolo Pansa. In realtà in quella che all’epoca si chiamava via Roma a Rijeka - così si chiama Fiume - c’è il palazzo di Giustizia con a fianco il carcere, risalenti al 1904, e fra l’altro utilizzati dagli italiani tra il 1941 ed il 1942 per processare e imprigionare partigiani jugoslavi, o presunti tali, prima di ucciderli o inviarli nei campi di concentramento, per cui potrebbe trattarsi di una classica frase di “maledizione carceraria” risalente a periodo precedente la guerra e non trattarsi affatto di minaccia coniata apposta per la popolazione di lingua italiana nel 1945)



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