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Delitti, arresto e morte di Federigo Bobini, detto Gnicche

Giovanni Fantoni
Lingua: Italiano (Toscano)




Se Apollo assisterà la mente mia,
Onde possa cantar d'ottava rima,
E con l'aiuto di Gesù e Maria
Arriverò dell'argomento in cima;
Spero non sarà tempo butto via,
Benché storie non fei, questa è la prima;
Vita e morte racconto e vi raffino
D'un giovane scorretto il rio destino.

Federico Bobin, da piccolino
Appunto principiava a camminare;
Di campagnuolo si fe' cittadino
E col padre dentro Arezzo, andiede a stare.
Questo ragazzo fa come lo spino,
Che nasce aguzzo per voler bucare,
Porta in tasca un coltello fatto a cricche,
Per soprannome fu chiamato Gnicche.

Se lo tocchi però ti dà le chicche,
E a' quindici anni ancora non è giunto
Vuol bene a fiori, quadri cuori e picche,
E per il giuoco dorme poco o punto,
Vestir vorrebbe da persone ricche;
E' ghiotto quanto il gatto intorno a l'unto
Tu vuoi star tanto ben, ma che arte fai?
Manuale e scaccin da paretai.

Non ha da fare e non lavora mai...
Gnicche si mette ozioso per Arezzo;
Un dì entrò in casa a certi bottegai,
Prese a una donna quattro anelli e un vezzo,
Oure che il corpo non patisca mai...
Per i vizi lo vende a poco prezzo,
Lo giuoca, fa di mezzo, e poi di tutto,
E in breve resta il portafogli asciutto.

Gnicche senza quattrini come è brutto!
Né per farli si adatta alle faccende,
E piglia al padre dei sudori il frutto.
E altre robe di casa gliele vende;
Vede al cattivo sempre più si è butto
Il padre, e fortemente lo riprende,
E Gnicche vuol ragione, e ci quistiona,
E invece di tacere... lo bastona.

L'accusa al Tribunale, e non canzona,
E lo fa condannar per quattro mesi;
Lui fugge la giustizia e va a Cortona,
E si butta bandito in quei paesi.
E là ferisce più d'una persona,
Ha revolver, schioppo ed altri arnesi,
Sempre lo cerca più la Polizia;
Con altri malfattor va in compagnia.

Sempre rigira lì a Santa Maria,
Santa Firmina, San Zeno e Sargiano,
L'arrestano i soldati per la via:
Pare un leone, non par più un cristiano:
Dove chiappa, la pelle porta via,
E li ferisce e scappa lor di mano,
Sicché li rispettò come somari,
Poi se ne andò a Castello e verso Anghiari.

Lui va sempre dai ricchi e vuol denari,
In Chiana nel Valdarno e in Casentino,
Chi a lui resiste non la cava pari,
Perché gli fa baciar qualche santino.
Benché cattivo ha degli amici cari;
Spesso ritorna all'Aretino,
E più volte ne andò ben monturato
Alla commedia e a passeggiare al prato.

Una donna spogliò lo sciagurato,
La strapazzò, ma non le fe' ferita;
Tutti i panni di lei si fu indossato.
Per andare a ballare fece partita.
Dicevan tutti: -Una donna è impazzita!
Fuggiva a casa ignuda e impaurita,
Non può parlare, ché gli manca il fiato,
E dopo disse: -Gnicche m'ha spogliato...

Un giorno in un caffè va lo sfrontato
E Gnicche, vi trova il Sindaco a sedere,
Lo saluta e gli va al destro lato,
Mi conosce? Chi son lo vuol sapere?
Fo il sindaco ancor'io molti ho tassato
E più di lei io faccio il mio dovere,
Perché ha tassato ancor la bassa gente,
Ed io tasso i signori solamente!...

Gnicche lo saluta e parte prestamente,
E il Sindaco gli disse: -A rivederlo!
E poi domanda a tutta quella gente
Se sia sindaco proprio quel bordello.
Quell'è Gnicche, essi disser, certamente,
Sor Sindaco, non guardi che sia bello,
Resta stupito, e gli cadde la tazza,
E dopo Gnicche fuggì a Parigi, in Piazza.

Che cosa fa cotesta testa pazza
Va alle Camere, su da quei signori,
Lo salutan tutti, e li ringrazia,
Non so se fe' interessi e tornò fuori.
Poi va in casa di un prete e non l'ammazza,
Gli disse: -Lei è il più potente fra i Priori,
Io son Gnicche, e di si mi deve dire,
Da lei stasera... voglio mille lire!

Non ho neppure un soldo, prese a dire,
Mio caro Gnicche, non l'avere a sdegno,
Fra tre giorni li avrò, potrai venire.
Disse Gnicche: -Mi dia la serva in pegno!
E il Prete: Piuttosto vo' morire,
Ma la mia serva non te la consegno!
In tutti i modi il caso è disperato,
Gli contò i franchi, e via l'ebbe mandato.

A veglia vuol andar, ch'è innamorato
Di una ragazza di Santa Firmena,
Che a sue passioni sempre sfogo ha dato.
Fu avvisata la forza e lo incatena.
Un contadin che il vino avea alloppiato,
Dormia là in campagna dopo cena,
E Gnicche non poté mettersi al trotto,
E lo legano in sedici o diciotto.

Gli par mill'anni menarlo di botto
In carcere fra tanti altri birbanti,
Chi di sopra lo tiene, e chi di sotto,
Chi lo regge di dietro e chi davanti.
-Eccolo qua il nostro patriotto!
Allor dissero ad Arezzo tutti quanti:
In carcere fu messo da un'armata,
E la seduta tosto è preparata.

Per la prima sentenza che fu data
Messo in casa di forza per sett'anni,
Poi c'è un'altra condanna separata
Per motivo d'un furto ed altri danni;
Poi c'è quella che mai non ha scontata,
Che ai soldati strappò la pelle e i panni,
Infine piccolezze a centinaia...
Guadagnato s'è il pan per la vecchiaia!

Non c'è persona che un altro non paia,
V'era una guardia detto il Secondino,
Gnicche che parla piano e non abbaia,
Disse: -Non hai la palla d'un quattrino,
Se mi apri tu l'avresti quasi a staia;
Alfin lo compra e gli apre l'usciolino
E gli s'affila dietro anche i compagni;
Non si sa il Secondin quanto guadagni.

Non vi so dir se battono i calcagni!
Prestamente scavalcano le mura
Acciò del Secondin nessun si lagni.
Di non abbandonar promette e giura
Sta tre dì tra le macchie ed i castagni,
Forse avrà fatto sacco... e poi assicura
Di scappar ratto per la via più stretta,
E lì pianta i panioni e la civetta.

Al Tribunal ritorna con gran fretta,
Con la speranza d'esser perdonato.
Alle sue scuse non vien dato retta,
Comandan che sia presto carcerato.
E lui di nuovo in ginocchion si getta,
E dice: -Fui tradito ed assaltato!
Contro forza non giova la ragione,
Non è creduto e va in prigione.

E subito s'armaron mille persone,
Perché Gnicche evase dalla gabbia
Chi quà, chi là, soldati a processione,
Per rimetter l'uccello nella gabbia.
Ma di Gnicche dirò la sua intenzione
Che veglia il contadino con gran rabbia.
Dietro ad un poggio con un fucile in mano
Là presso casa sua, sotto Sargiano.

Coi fratelli alla messa va pian piano,
E parenti ed amici un dì in festa
Senton dir: -Ferma là, tristo villano,
E chi non ha che far badi alla testa!
Vedono Gnicche col fucile in mano:
Ognun si dà a fuggir a gamba lesta:
Lo piglia in mira, stringe e bene accende
Lo chiappa con due palle e lo distende.

Rimbuca nella macchina, poi s'intende
Che Gnicche è presso Castel Fiorentino
Va là sotto Cortona a far faccende.
State attenti; dà lavoro al becchino.
Tratta una donna e ci fa le merende.
Un dì gli disse un tal di quel vicino
Non ti fidar di quella donna incinta,
Che per farti cader ti dà la pinta.

Presto la va a trovar con dura grinta,
Le disse: -Chi ti insegna a far la spia,
Donna bugiarda, traditrice e finta?
Le dà un colpo, l'ammazza e poi va via.
Visitò il Tribunal la donna estinta:
Dà ordine ai soldati in ogni via
Sa che Gnicche, le fa sempre più belle:
E gli fan preparar le peggiori celle.

Subito raddoppiò le sentinelle,
Per Gnicche il mare è sempre in gran burrasca.
Lui tira avanti e non teme di quelle,
Non crede esser l'uccello sulla frasca.
E va dicendo: -A chi preme la pelle.
Quest'è lo schioppo e revolver in tasca!
Tacerò se con forza non arrivo,
Quando sarò morto a sangue privo!

Quante son le person più non le scrivo
Morte, ferite e messe in gran paura,
Bensì per chi gli dà non è cattivo:
Le spie le mette tutte in sepoltura.
Povero, disperato e quasi arrivo
(La pera presto cade che è matura)
Pensò fare una cena cheto cheto
In casa di un contadino al Tegoleto.

Tieni sta roba? gli dice in gran segreto,
Ch'io tornerò vicino a mezzanotte,
Stai zitto e quando torni da Oliveto
Fa' che queste vivande trovi cotte!
Bada che il vino non abbia l'aceto,
Perché lo voglio della meglio botte.
Arrosto metterai questi piccioni,
Che si mangi alla barba dei minchioni.

Tre soldati, cercando altri birboni,
La sera, passeggiando in quella parte,
Trovaron certo fumo a strasciconi,
Disse un soldato che era già dell'arte:
-Vediam di questo fumo chi è padroni!
O c'è una cena o giuoco delle carte!
Entra in casa e quel che cercan trova:
Disse dentro di sé: -Gatta ci cova!

A interrogar il contadin si prova:
-Per chi la fate voi questa cucina?
-Vede, li fo star bene e non mi giova:
Per l'opre che verranno domattina!
Il soldato parole non rinnova,
E della scala riprese la cima,
Il contadin vede andar via il soldato,
S'ingegna d'avvisar quel disgraziato.

Il Gendarme nascosto e preparato
Sta nell'ingresso, e due nella capanna,
Esce la madre con la figlia a lato,
Per avvisare Gnicche ognun s'affanna,
Ei tutto ardito gli s'è presentato,
Di ritornare indietro le condanna.
-Fate silenzio e non vi date pena,
Ambedue state in casa a far da cena!

Ecco Gnicche fischiando li s'infrena.
E gli s'avventan come can da presa.
Grida: -Aiuto compagni! ad alta lena
Con pugni e calci si mette in difesa
Su ogni soldato, picchia Gnicche, e mena
Trecento metri li trasporta per la presa.
Ripete: -Aiuto, amici, a questa guerra!
Un soldato la bocca a Gnicche serra.

Ma nell'ammanettarlo esso si sferra
E nella mano gli ci attacca un morso;
Il soldato si svenne e cade in terra,
D'un dito gli mozzò la carne e l'osso.
Da bravo fa, ma chi non fa non erra,
Scappa... poi salta un ponte e salta il fosso;
Ma un soldato gli tira nelle rene,
Gnicche disse: -Bravo hai fatto bene!

Disse Gnicche: -Morir qui mi conviene!
Chiama il soldato con parola umìle:
Ora si credo che la morte viene,
E non giova revolver, né fucile.
Ti lascio l'orologio e tasche piene,
E lo schioppo e revolver e lo stile,
Benché tu m'abbia percosso e ucciso
Ti perdono... e t'aspetto in Paradiso!

Disse il soldato: -Sarà assai indeciso,
Degno tu non sarai del Regno eterno;
San Pietro non vorrà vederti in viso,
Chi sa non ti respinga nell'Inferno,
Perché volesti star sempre diviso
Dalla Legge di Dio e dal Governo!...
E Gnicche muore in pace e ne conviene,
Le promesse al soldato gli mantiene.

A me s'agghiaccia il sangue nelle vene
Quando un cristiano fa codesta morte.
Gnicche disse, spirando in quelle pene;
-Il morire per me sarà una sorte!
Non sò se in ventott'anni fe' mai bene,
Avrà seduta alla Celeste Corte.
Là dove ci conduce l'ozio e il vizio,
Lo vedremo tutti, il giorno del giudizio.

Vogliono gli Aretin che sia indirizzo,
E riportato a Arezzo al Camposanto,
Benché picchiasse tanto a precipizio,
E li facesse già disperar tanto.
Quì fò fine e non porto pregiudizio,
Termino quest'istoria e chiudo il canto,
Se feci sbaglio ognun di voi perdoni,
Son di Ponte Burian, Giovanni Fantoni.



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