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Voglio la mia libertà

Giovanna Marini
Langue: italien


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Testo di Giovanna Marini

Questo che segue, è il testo di una canzone di Giovanna Marini, scritta intorno al 1973, se non ricordo male. Faceva da lato-B ad una ballata per Giovanni Marini, allora in carcere accusato di essersi difeso da un'aggressione fascista.

Francesco Senia

Ciò che segue è ripreso, come "intelaiatura", da un articolo di Wikipedia. Dico come intelaiatura, perché nell'originale (con alcune inesattezze) obbedisce ovviamente ai famosi "criteri di neutralità" dell'enciclopedia in rete; criteri dei quali qui possiamo, vogliamo e dobbiamo tranquillamente fare a meno. Sia dunque considerato come un testo del tutto "sneutralizzato". Seguono alcune interessanti considerazioni di Francesco Senia (v. anche sopra).

Giovanni Marini durante il processo a Vallo di Lucania.
Giovanni Marini durante il processo a Vallo di Lucania.
Giovanni Marini, nato a Sacco, in provincia di Salerno, nel 1942 e morto a Salerno il 23 dicembre 2001, è stato un militante anarchico, divenuto celebre soprattutto per il suo coinvolgimento in una serie di vicende che ne fecero una vittima emblematica dell'ingiustizia politica e sociale della Campania di quel periodo. Sulla sua figura furono scritte altre canzoni (per esempio Liberiamo Marini Canzoniere di Salerno, 1974: Difendersi dai fascisti / no, non è reato: / compagno Marini, sarai liberato!) e si pronunciarono personaggi di spicco della scena culturale italiana come Dario Fo e Franca Rame. Marini pubblicò anche qualche libro di poesia, e venne talvolta identificato con l'espressione "il poeta dei folli e dei giusti".

Il 7 luglio 1972, Marini e alcuni suoi compagni furono coinvolti in una rissa con alcuni militanti fascisti a Salerno. Nella rissa Marini colpì a morte Carlo Falvella. Poco dopo, lo stesso Marini si costituì e fu messo agli arresti. I compagni di Marini furono prosciolti o subirono solo condanne per rissa. Marini invece restò in carcere, per essere messo sotto processo il 28 febbraio 1974. In questo periodo, Marini divenne un leader di un movimento per i diritti dei carcerati.

Il processo Marini e la sua lunga detenzione in carcere, uniti al fatto che lo scontro in cui era morto Falvella era stata una provocazione dei fascisti, provocarono una mobilitazione consistente (mentre il PCI, e come dubitarne, prese le le distanze dal caso, definendo Marini uno "sciagurato anarchico"). Lotta continua, per esempio, sostenne che l'incarcerazione di Marini era "un'odiosa vendetta del potere" (12 luglio 1974); il motto "libertà per Giovanni Marini" si diffuse in tutte le associazioni di sinistra radicale.

La situazione di tensione condusse anche a un trasferimento del processo da Salerno a Vallo della Lucania "per motivi di ordine pubblico". Marini fu condannato a dodici anni di carcere (successivamente ridotti a nove e poi a sette).

Scarcerato, Marini ottenne un lavoro da parte del presidente della Comunità Montana del Vallo di Diano di Padula, il socialista Gerardo Ritorto. Ma Marini andò progressivamente emarginandosi sia dalla politica che dalla vita sociale in genere. Fu in questo periodo che pubblicò il libro di poesie E noi folli e giusti (Marsilio Editore 1975), che vinse il Premio Viareggio, sezione "Opera prima". Numerosi personaggi di spicco della cultura italiana si espressero a favore dell'opera poetica di Marini; tra gli altri, Alberto Moravia, Camilla Cederna e Dario Fo. Oltre a E noi folli e giusti, Marini scrisse diverse altre opere, tra cui Di sordomuti post, Antonio per inerzia, Il bambino chiamato Zio Ciccio.

Marini morì di infarto il 23 dicembre 2001, all'età di 59 anni. Franca Rame in una intervista pubblicata su La città il successivo 28 dicembre sostenne di aver saputo in via confidenziale che Marini "preferì addossarsi le colpe per non far finire nei guai un compagno più giovane".

Scrive al riguardo Francesco Senia in una mail privata che ha, a suo tempo, autorizzato a riprodurre:

"[...]Quanto a quegli anni e a Vallo della Lucania, mi hai fatto tornare in mente una messe di pensieri che si accavallano. Persone, facce, episodi. Ma non mi va di fare lo "storico". Per dirla con Majakovskij preferire indire una mattinata di supposizioni! Ricordo che arrivai a Casalvelino Scalo e fui ospite in casa di un compagno di lì, Giuseppe Galzerano. Pensa tu la sorpresa quando quest'anno ad una cena da Eleonora, ospiti Marco che e la sua ragazza, ho scoperto che la ragazza in questione è la figlia proprio di quel Galzerano!!! Poi. Allora, c'è da dire per onestà che quando arrivammo a Vallo, prima che cominciasse il processo, ci incontrammo coi dirigenti del PCI locale. Ricordo ancora il viso del segretario, anche se non ne ricordo il nome. Ci disse che era successo un casino, perché loro avrebbero voluto sostenerci ed aiutarci, fino a metterci a disposizione la sede per fare dormire i compagni. Ma la direzione provinciale aveva posto il veto! Erano belle persone. Non ho remore ad ammetterlo. Ho conosciuto, nelle osterie di Vallo, dei personaggi incredibili. Ho ascoltato delle storie fuori dall'ordinario. E poi tutti i compagni, da Libero Fantazzini ai fratelli Gaviglio di Vercelli a Franco Leggio alle decine e decine che si sono succeduti su quelle montagne. La notte passata all'addiaccio nella piazza del paese in attesa della sentenza. Le lacrime e la rabbia. Poi, prima, gli spettacoli in piazza di Dario Fo e già qualcosa che avrebbe dovuto preoccuparci. Il "compagno attore" che arriva e fa lo spettacolo, e anche al processo si tiene separato dalla "massa", quelli che organizzavano la presenza dei compagni, e quelli che montavano e smontavano i palchi. A mia discolpa, ho fatto parte di tutt'e due le ultime categorie! Un'ultima cosa sul tuo riportare che: "Franca Rame in una intervista pubblicata su La città il successivo 28 dicembre sostenne di aver saputo in via confidenziale che Marini 'preferì addossarsi le colpe per non far finire nei guai un compagno più giovane'. Allora, Ric, codesto era un 'segreto di pulcinella'! Ti faccio anche il nome. Il compagno 'più giovane' era Mastrogiovanni. Solo che, dal momento che lui non aveva intenzione di dire 'ebbene sono stato io a tirare la coltellata' e che sarebbe stato quanto meno di dubbio gusto che Marini dicesse che era stato un altro, dal momento che l'aggressione e la difesa erano state collettive. Era ininfluente chi fosse stato, materialmente, l'autore. Sai benissimo che, in una rissa, siamo tutti ... responsabili. Si preferì, d'accordo, che fosse un processo politico. E, in fin dei conti, è stato meglio così."
Due guardie mi vennero a prendere a casa
c'era mia madre vestita di nero.
Di corsa le scale coi polsi legati
su un cellulare: una gabbia di ferro.
Gli occhi fissavano nella mia mente
quel pezzo di strada della mia borgata.
Ti senti un oggetto, ti danno del tu
tu non puoi parlare, non puoi pensare.
un numero al posto del nome di sempre,
le impronte invece di firmare.
Non puoi far niente
ascolti e taci
fino a negare te stesso.

Spiare la luce del sole da terra
con gli occhi fissi senza speranza.
nella cella gelata non puoi fare un passo,
ti guardi intorno: niente e nessuno.
E non hai più sole non hai più luna,
solo un pezzo di cielo, solo dei sogni.
Percosse e grida rimbombano sui muri
in un silenzio più vuoto del buio.
Nell'arsa mia gola un grido si ferma,
coscienza che sale di cose mai pensate:
un'ingiustizia,
non puoi accettarla;
voglio la mia libertà.

envoyé par Riccardo Venturi - 22/8/2006 - 15:57


Un altro ricordo legato a Giovanni Marini e al processo di Vallo della Lucania. E' sempre di Francesco Senia, che era là [v. introduzione]; il ricordo è legato a Marcello Torre. Dal newsgroup it.fan.musica.de-andre, 9 novembre 1999. [RV]

Vallo della Lucania.
Vallo della Lucania.
E' una vecchia storia, risale al 1974 e ai mei vent'anni e poco più. A vent'anni la pensavo, più o meno, come la penso ora.
Sì lo so di essere un tipo monotono.
Ma ho le mie abitudini e mi danno troppo piacere per potervi rinunciare!
Era il 1974, dicevo, e non ero certo un tipino accomodante, per usare un eufemismo. Molto meno di oggi.:-)

Ero andato a Vallo della Lucania, un paese del Cilento, dove
si doveva svolgere un processo. Il processo a Giovanni Marini.
Molti di voi sono troppo giovani per ricordarsi queste cose.
Comunque si trattava di una storia di "antifascismo".
Io ero lì diciamo per una faccenda di "Soccorso Rosso".
Coordinare gli avvocati, preparara iniziative.
Informare la cittadinanza locale su quello che avveniva, e così via. Fra gli avvocati del collegio di difesa di Giovanni Marini, c'era anche un giovane avvocato di Nocera Inferiore, amico della famiglia dell'imputato e, udite udite, democristiano.
Si chiamava Marcello Torre.

Ecco, io simpatizzai subito, con quel giovane avvocato e, lui con me.
Tant'è che una volta che mi portarono in manette al commisariato del paese, per una piccola storia d'effrazione di un edificio disabitato (allo scopo di stendere uno striscione), mentre mi trovavo nelle mani del famoso commissario Juliano, che temporeggiava sul rilascio mio e di Franco Leggio (noto anarchico ed ex-partigiano), prima che arrivassero i "nostri" avvocati, Marcello era già lì, dieci minuti dopo, per tirarci fuori. E ci tirò fuori.
Quando un mese dopo, finito il processo, dovetti apprestarmi a lasciare quel paesino, con Marcello, ci furono strette di mano ed abbracci.
Come in quel mese c'erano state bevute e discussioni.

Marcello Torre era destinato a diventare, qualche tempo dopo, sindaco di Nocera Inferiore, sempre da democristiano.
Così come era destinato ad essere ucciso dalla mafia.

Io mi onoro di essere stato suo amico, e se avesse chiesto il mio voto, io, che sono un convinto astensionista, glielo avrei dato, senza esitare un attimo.
Ma sono convinto che, se mai ne avessi avuto bisogno, anche lui non si sarebbe tirato indietro. Magari mi avrebbe rifornito di un qualcosa di poco lecito, che andava contro la sua morale tanto quanto il voto va contro la mia.

Ecco ho finito. "Si parva licet......."
Non credo che io mi sia accostato a Marcello Torre, senza quelli che tu, Livio, chiami dogmi. Semmai lo ha fatto lui, di accostarsi a me, a noi, senza "dogmi".
Ma non esistono solo i dogmi, esistono anche i "filtri".
E quelli li usiamo sempre. Su quelli basiamo il rispetto.
Spero di non avere annoiato nessuno.

marcellotorre


"Di Marcello Torre ho cercato delle foto in rete. Non ve ne sono." Così scrivevo il lontano 23 agosto 2006. Oggi, in rete, di foto di Marcello Torre ce ne sono a decine; ritengo giusto fare questo assai tardivo aggiornamento su questa pagina, inserendone una. Una semplice precisazione a corredo del ricordo: Marcello Torre era divenuto sindaco di Pagani (SA), sua città di nascita e di morte. Fu ucciso l'11 dicembre 1980 a colpi di lupara da due assassini che lo avevano atteso davanti casa. Per il suo omicidio vennero a suo tempo condannati all'ergastolo, come mandante, il boss camorrista Raffaele Cutolo e, come esecutore materiale, Francesco Petrosino. Il 30 maggio 2021 l'artista Jorit ha inaugurato a Pagani un mural a lui dedicato. [RV 5-12-2021]

23/8/2006 - 09:10


Ciao sono la figlia di Marcello Torre...l

8/4/2013 - 15:58


Molto piacere di conoscerti. Se vuoi lasciare un intervento, e parlare di tuo padre, sei naturalmente la benvenuta!

Riccardo Venturi - 8/4/2013 - 18:15


Il "giovane compagno", del quale si parla, non era Francesco Mastrogiovanni ma Scariati che aveva parenti fascisti e lo "recuperarono" facendo ricadere la colpa sul solo Giovanni Marini. Un giorno nel quale mi trovavo a casa di Giovanni, arrivò lo scariati e gli sentii dire ai genitori di Giovanni che era stato lui ad inferire la coltellata mortale...ma ormai si atteneva a quanto dichiarato da Giovanni circa la sua colpevolezza nell'omicidio. Successivamente mi recai a Vallo della Lucania su invito dell'avvocato Placido La Torre e testimoniare quanto avevo sentito dichiarare dallo Scariati ai genitori di Giovanni, ma i difensori di Scariati, De Marsico in testa, si opposero perchè ero anarchico ed amico del Marini. Anni dopo fui denunciato dallo Scariati per calunnia e fu proprio l'avvocato Placido La Torre che mi difese e fui assolto, dopo che anche il PM chiese la mia assoluzione. Meglio "abbuiare il tutto"....oramai era acqua passata e conveniva a tutti mettere la parola Fine a quel Processo scomodo per i fascisti aggressori, più che per gli anarchici.

21/10/2017 - 19:56




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