Non voglio fare il militare
chi l'ha detto che un dovere?
io non voglio crepare
per lo stato.
voi rubate sulla vita dei ragazzi della strada perchè siete tutti dei bastardi
non ho rubato
non ho ammazzato
12 mesi
mi hanno dato
naja de merda
naja de merda.
chi l'ha detto che un dovere?
io non voglio crepare
per lo stato.
voi rubate sulla vita dei ragazzi della strada perchè siete tutti dei bastardi
non ho rubato
non ho ammazzato
12 mesi
mi hanno dato
naja de merda
naja de merda.
inviata da anonimo anonimi
naja de merda è stata scritta da roberto perciballi
grazie roberto perciballi
x comunicare r.percy@tiscali.it
grazie roberto perciballi
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roberto - 9/1/2006 - 13:28
grazie per l'aggiornamento
magari correggete la mail...
r.percy@tiscali.it
ciao a presto roberto
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r.percy@tiscali.it
ciao a presto roberto
roberto - 25/2/2006 - 21:13
BLOODY RIOT....la naia? ogni persona è libera di pensare con la propria testa...nn come dei piccoli robot...la verità stà negli occhi con cui guardi il sole...
Gabriele Vianale - 25/10/2006 - 23:25
Uno dei tanti musicisti che sono passati di qui e hanno contribuito al nostro sito... oggi ci ha lasciati
Addio Perciballi il "teppista" rock. "Con lui Roma scoprì il punk"
Intorno al cantante dei Bloody Riot le voci estreme della musica ribelle
di MARCO MATHIEU
Un colpo al cuore. Un pugno allo stomaco. Il punk, insomma. E la morte di Roberto Perciballi, anni 52, cantante dei Bloody Riot e molte altre cose ancora.
Domenica scorsa, nell’anno in cui da Londra al resto del mondo si celebra il quarantennale di Anarchy in the Uk dei Sex Pistols. Per un infarto, come fosse un segno: a 50 anni si fermò così pure il cuore di Joe Strummer (era il 2002) che con i Clash cantava White Riot nel 1977, mentre quattro anni dopo Roberto diventava “il punk a Roma” con i suoi Bloody Riot. Provocatori fin dalla sigla del nome che in quegli anni faceva paura. Nei testi e sul palco: contro tutto e tutti, eroina compresa che in quegli anni faceva strage.
«Un ribelle romantico e anarchico, personaggio complesso poi diventato padre amorevole», lo definisce Luigi Bonanni, 54 anni, già cantante dei Garcon Fatal e protagonista del primissimo periodo del punk-rock romana. «Roberto era il nostro Jello Biafra: l’anello di congiunzione artistico tra il punk primordiale e l’hardcore delle generazioni successive. Quando ci conoscemmo era un ragazzino».
Lo ricordava Roberto stesso, poco tempo fa e a suo modo, ovvio: «In età giovanile spesso si è insofferenti, quelli che lo sono di più cercano di essere diversi dagli altri»
Io a 14 anni andai per la prima volta al Uonna Club e rimasi basito: ragazzi incazzati solo a guardarli, con quei vestiti assurdi, i capelli alla moicana. Del punk ancora non sapevo nulla e sul palco c'erano gli Ultras di Centocelle: ipnotizzato dal rumore che usciva dagli amplificatori, capii che era musica piena di energia. Il cantante, Jerry, si tagliò la fronte con una bottiglia e fece tutto il concerto col sangue sugli occhi. Credo che la miglior cosa che ho fatto in vita mia, oltre alle mie figlie, sia stato tenere in piedi i Bloody Riot per tutto questo tempo e aver cantato sempre certe canzoni, con la stessa grinta, l'energia di quella volta al Uonna».
Concerti, risse, pogo e slam dance : i Bloody Riot, con il primo disco punk autoprodotto nella capitale ( Bloody Riot , 1983) e l'album omonimo due anni dopo (per la Meccano Records) mettono Roma sulla mappa del punk italiano, con gli "inni" della nuova tribù ribelle: Naja de merda , Teppa life , tanto per capire il tono. «Erano fuori dal branco», ricorda Giulio Tedeschi, 63 anni, produttore di quel disco. «Controcorrente rispetto alla tendenza politicizzata delle scene di altre città». Ovvero, amava ripetere Roberto con il suo ghigno: «Più ribelli,selvaggi e veri degli altri. Con quel modo di fare da nichilisti che non vogliono mai ascoltare niente e fanno sempre e solo quel che pensano».
In giro per i primi posti occupati italiani come nella Suburra dove cresce Roberto: è lì, nella cantina di via degli Zingari trasformata in sala prove che si incrociano i suoni e le facce del punk romano. Oltre ai Bloody Riot: Shotgun Solution, Raff e Fingernails in «quell'incontro tra metal e punk da cui stava esplodendo l'hardcore», spiega Bonanni. Roberto è il protagonista della scena romana, ancora isolata dal piccolo cataclisma underground che attraversa l'Europa. «Eravamo lontani da tutto, una periferia confusa», aggiunge Carmelo Seminara, 51 anni, al tempo bassista dei Manimal che, insieme ai Klaxon prima e agli High Circle puntano dritto all'hardcore: più velocità e meno borchie, senza attenzione mediatica ma con un circuito internazionale e indipendente.
«L'occupazione del Forte Prenestino, nel 1986, cambiò poi tutto: i tour dei gruppi arrivavano anche qui». E i Bloody Riot ci sono, pure lì. «Roberto era punk prima ancora che iniziasse la musica. Ricordo come introduceva il concerto: "Non siamo comunisti né fascisti, semplicemente teppisti". Era il punk, era Roma». Roberto poi ha continuato, attraverso i decenni, tra divagazioni artistiche e libri ( Come se nulla fosse, storie di "pank" a Roma , Castelvecchi, 2000) portando avanti quel modo anomalo e "teppista" di intendere il punk, riformando la band nel 2001 mentre era già in corso il ricambio generazionale: dai Growing Concern, negli anni Novanta, a Strenght Approach e Anti You, che rappresentano oggi l'hardcore romano nel mondo, tour europei e americani compresi. «I Bloody Riot sono stati i veri pionieri e ricordo ancora quando Prince Faster a Radio Rock passava i loro pezzi: un pugno nello stomaco», riassume Paolo Martinelli, 43 anni,
batterista degli Anti You.
Passato e presente: quando chiedevi a Roberto quale fossero le differenze, lui rideva e ti rispondeva così: «Allora non avevamo il centro sociale, eravamo sempre quattro stronzi. Ora ci sono i centri sociali, un sacco di altri posti e una quantità incredibile di gente. Comunque, mica li puoi far diventare tutti punk… Che ti credi?».
Poi, quel colpo al cuore. E lo spirito del punk, che però continua.
www.repubblica.it
Intorno al cantante dei Bloody Riot le voci estreme della musica ribelle
di MARCO MATHIEU
Un colpo al cuore. Un pugno allo stomaco. Il punk, insomma. E la morte di Roberto Perciballi, anni 52, cantante dei Bloody Riot e molte altre cose ancora.
Domenica scorsa, nell’anno in cui da Londra al resto del mondo si celebra il quarantennale di Anarchy in the Uk dei Sex Pistols. Per un infarto, come fosse un segno: a 50 anni si fermò così pure il cuore di Joe Strummer (era il 2002) che con i Clash cantava White Riot nel 1977, mentre quattro anni dopo Roberto diventava “il punk a Roma” con i suoi Bloody Riot. Provocatori fin dalla sigla del nome che in quegli anni faceva paura. Nei testi e sul palco: contro tutto e tutti, eroina compresa che in quegli anni faceva strage.
«Un ribelle romantico e anarchico, personaggio complesso poi diventato padre amorevole», lo definisce Luigi Bonanni, 54 anni, già cantante dei Garcon Fatal e protagonista del primissimo periodo del punk-rock romana. «Roberto era il nostro Jello Biafra: l’anello di congiunzione artistico tra il punk primordiale e l’hardcore delle generazioni successive. Quando ci conoscemmo era un ragazzino».
Lo ricordava Roberto stesso, poco tempo fa e a suo modo, ovvio: «In età giovanile spesso si è insofferenti, quelli che lo sono di più cercano di essere diversi dagli altri»
Io a 14 anni andai per la prima volta al Uonna Club e rimasi basito: ragazzi incazzati solo a guardarli, con quei vestiti assurdi, i capelli alla moicana. Del punk ancora non sapevo nulla e sul palco c'erano gli Ultras di Centocelle: ipnotizzato dal rumore che usciva dagli amplificatori, capii che era musica piena di energia. Il cantante, Jerry, si tagliò la fronte con una bottiglia e fece tutto il concerto col sangue sugli occhi. Credo che la miglior cosa che ho fatto in vita mia, oltre alle mie figlie, sia stato tenere in piedi i Bloody Riot per tutto questo tempo e aver cantato sempre certe canzoni, con la stessa grinta, l'energia di quella volta al Uonna».
Concerti, risse, pogo e slam dance : i Bloody Riot, con il primo disco punk autoprodotto nella capitale ( Bloody Riot , 1983) e l'album omonimo due anni dopo (per la Meccano Records) mettono Roma sulla mappa del punk italiano, con gli "inni" della nuova tribù ribelle: Naja de merda , Teppa life , tanto per capire il tono. «Erano fuori dal branco», ricorda Giulio Tedeschi, 63 anni, produttore di quel disco. «Controcorrente rispetto alla tendenza politicizzata delle scene di altre città». Ovvero, amava ripetere Roberto con il suo ghigno: «Più ribelli,selvaggi e veri degli altri. Con quel modo di fare da nichilisti che non vogliono mai ascoltare niente e fanno sempre e solo quel che pensano».
In giro per i primi posti occupati italiani come nella Suburra dove cresce Roberto: è lì, nella cantina di via degli Zingari trasformata in sala prove che si incrociano i suoni e le facce del punk romano. Oltre ai Bloody Riot: Shotgun Solution, Raff e Fingernails in «quell'incontro tra metal e punk da cui stava esplodendo l'hardcore», spiega Bonanni. Roberto è il protagonista della scena romana, ancora isolata dal piccolo cataclisma underground che attraversa l'Europa. «Eravamo lontani da tutto, una periferia confusa», aggiunge Carmelo Seminara, 51 anni, al tempo bassista dei Manimal che, insieme ai Klaxon prima e agli High Circle puntano dritto all'hardcore: più velocità e meno borchie, senza attenzione mediatica ma con un circuito internazionale e indipendente.
«L'occupazione del Forte Prenestino, nel 1986, cambiò poi tutto: i tour dei gruppi arrivavano anche qui». E i Bloody Riot ci sono, pure lì. «Roberto era punk prima ancora che iniziasse la musica. Ricordo come introduceva il concerto: "Non siamo comunisti né fascisti, semplicemente teppisti". Era il punk, era Roma». Roberto poi ha continuato, attraverso i decenni, tra divagazioni artistiche e libri ( Come se nulla fosse, storie di "pank" a Roma , Castelvecchi, 2000) portando avanti quel modo anomalo e "teppista" di intendere il punk, riformando la band nel 2001 mentre era già in corso il ricambio generazionale: dai Growing Concern, negli anni Novanta, a Strenght Approach e Anti You, che rappresentano oggi l'hardcore romano nel mondo, tour europei e americani compresi. «I Bloody Riot sono stati i veri pionieri e ricordo ancora quando Prince Faster a Radio Rock passava i loro pezzi: un pugno nello stomaco», riassume Paolo Martinelli, 43 anni,
batterista degli Anti You.
Passato e presente: quando chiedevi a Roberto quale fossero le differenze, lui rideva e ti rispondeva così: «Allora non avevamo il centro sociale, eravamo sempre quattro stronzi. Ora ci sono i centri sociali, un sacco di altri posti e una quantità incredibile di gente. Comunque, mica li puoi far diventare tutti punk… Che ti credi?».
Poi, quel colpo al cuore. E lo spirito del punk, che però continua.
www.repubblica.it
dq82 - 22/3/2016 - 17:04
Lingua: Italiano
Filippo Andreani feat. Klaxon e Eugy dei Bull Brigade
2017
Il secondo tempo
Caro mio,
avrei immaginato di tutto tranne che scriverti da qui e per questi motivi. Poi “la primavera è arrivata senza un colpo di tosse, la mattina presto, come se nulla fosse”, e ti ha portato con sé.
So che oltre le nuvole c’è un posto in cui ci troveremo ancora tutti; con le solite facce, i soliti modi, le solite canzoni, la solita irrequietezza. Un locale con palco e tutto quanto, che – nel mio immaginario – continua a chiamarsi Uonna Club. So che è li che stai.
(Chiaro che io al Uonna Club, quello vero, non c’ero. Lo sai, sono del 77: sono nato col punk ma l’ho frequentato molto, molto piu’ tardi. Eppure vi ho conosciuti, anche se tardi e non tutti. E da ciascuno di voi, vecchi matti, ho imparato qualcosa).
So che ci sei arrivato in volo, pisciando dall’alto su una vita che ti ha tolto piu’ di quel che ti ha dato. E so che qualcuno già ti aspettava lassu’ (“E Cesare è già pronto e nell’attesa fa girare una bacchetta”) e che hai ritrovato “il sorriso di Incubo che assalta le Mercedes parcheggiate in Paradiso”.
Noi restiamo qui, coi tuoi dischi, con i ricordi dei tuoi monologhi infiniti.
“E qualcuno ha scritto sul muro, con gli occhi rossi e la vernice nera, sei parole grandi come questi guai: I BLOODY RIOT NON MORIRANNO MAI”.
Filippo Andreani
2017
Il secondo tempo
Caro mio,
avrei immaginato di tutto tranne che scriverti da qui e per questi motivi. Poi “la primavera è arrivata senza un colpo di tosse, la mattina presto, come se nulla fosse”, e ti ha portato con sé.
So che oltre le nuvole c’è un posto in cui ci troveremo ancora tutti; con le solite facce, i soliti modi, le solite canzoni, la solita irrequietezza. Un locale con palco e tutto quanto, che – nel mio immaginario – continua a chiamarsi Uonna Club. So che è li che stai.
(Chiaro che io al Uonna Club, quello vero, non c’ero. Lo sai, sono del 77: sono nato col punk ma l’ho frequentato molto, molto piu’ tardi. Eppure vi ho conosciuti, anche se tardi e non tutti. E da ciascuno di voi, vecchi matti, ho imparato qualcosa).
So che ci sei arrivato in volo, pisciando dall’alto su una vita che ti ha tolto piu’ di quel che ti ha dato. E so che qualcuno già ti aspettava lassu’ (“E Cesare è già pronto e nell’attesa fa girare una bacchetta”) e che hai ritrovato “il sorriso di Incubo che assalta le Mercedes parcheggiate in Paradiso”.
Noi restiamo qui, coi tuoi dischi, con i ricordi dei tuoi monologhi infiniti.
“E qualcuno ha scritto sul muro, con gli occhi rossi e la vernice nera, sei parole grandi come questi guai: I BLOODY RIOT NON MORIRANNO MAI”.
Filippo Andreani
COME SE NULLA FOSSE(1)
La primavera è arrivata senza un colpo di tosse,
con un sole chiaro la mattina presto, come se nulla fosse
ha bussato alla porta di casa e così bella non si era mai vista
e quando è tornata per strada teneva per mano un teppista
e vanno via mentre ancora dorme la città,
lei lo guarda e sorride per via del naso che ha
naso da imperatore su una faccia fa Spartaco
e chissà, chissà se è vero che lui non ha voglia di andare
come quella volta sopra al treno che portava militare.(2)
E intanto vola verso l'Uonna club(3) dove questa sera ha un palco che lo aspetta
e Cesare(4) è già pronto e nell’attesa fa girare una bacchetta
E quasi che assomigliasse ad una forma di libertà
Come se nulla fosse pisciò tre volte sopra la città
Se mai ti devo qualcosa questo è quanto vita mia
Che eri casa eri figlia eri sposa e intanto eri una bugia
E intanto vola verso l'Uonna club dove questa sera rivedrai il sorriso
di Incubo che assale le Mercedes parcheggiate in Paradiso
E qualcuno ha scritto sul muro,
con gli occhi rossi e la vernice nera,
sei parole grandi come questi guai:
I BLOODY RIOT NON MORIRANNO MAI(5)
La primavera è arrivata senza un colpo di tosse,
con un sole chiaro la mattina presto, come se nulla fosse
ha bussato alla porta di casa e così bella non si era mai vista
e quando è tornata per strada teneva per mano un teppista
e vanno via mentre ancora dorme la città,
lei lo guarda e sorride per via del naso che ha
naso da imperatore su una faccia fa Spartaco
e chissà, chissà se è vero che lui non ha voglia di andare
come quella volta sopra al treno che portava militare.(2)
E intanto vola verso l'Uonna club(3) dove questa sera ha un palco che lo aspetta
e Cesare(4) è già pronto e nell’attesa fa girare una bacchetta
E quasi che assomigliasse ad una forma di libertà
Come se nulla fosse pisciò tre volte sopra la città
Se mai ti devo qualcosa questo è quanto vita mia
Che eri casa eri figlia eri sposa e intanto eri una bugia
E intanto vola verso l'Uonna club dove questa sera rivedrai il sorriso
di Incubo che assale le Mercedes parcheggiate in Paradiso
E qualcuno ha scritto sul muro,
con gli occhi rossi e la vernice nera,
sei parole grandi come questi guai:
I BLOODY RIOT NON MORIRANNO MAI(5)
(1) come se nulla fosse, compilation del 1998
(2) Il riferimento è a questa canzone "Naja de merda"
(3) Uonna club: storico locale romano in Via Cassia 871
(4) Cesare del Porto, batterista dei Bloody Riot
(5) Musica Italiana (I Bloody Riot Non Moriranno Mai...Tu Si.) 2008
(2) Il riferimento è a questa canzone "Naja de merda"
(3) Uonna club: storico locale romano in Via Cassia 871
(4) Cesare del Porto, batterista dei Bloody Riot
(5) Musica Italiana (I Bloody Riot Non Moriranno Mai...Tu Si.) 2008
inviata da Dq82 - 8/5/2018 - 11:01
Lingua: Italiano
Naja de merdaaa!!!
non voglio fare il militare
chi l'ha detto che è un dovere?
io non voglio crepare
per lo stato.
voi rubate sulla vita
dei ragazzi della strada
perché siete tutti dei
bastardi!!
non ho rubato
non ho ammazzato
dodici mesi
mi hanno dato
naja de merda
naja de merda
non voglio fare il militare
chi l'ha detto che è un dovere?
io non voglio crepare
per lo stato.
voi rubate sulla vita
dei ragazzi della strada
perché siete tutti dei
bastardi!!
non ho rubato
non ho ammazzato
dodici mesi
mi hanno dato
naja de merda
naja de merda
inviata da Dq82 - 2/3/2022 - 12:36
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Semplice e concisa.
Scritta da Roberto Perciballi, così come lui stesso ci ha gentilmente comunicato.