Il più famoso compositore italiano, ancora oggi ammirato in tutto il mondo, nacque a Le Roncole, vicino Busseto (Parma) il 10 ottobre 1813, durante gli ultimi anni di dominio napoleonico. Il suo certificato di nascita originale è stato infatti stilato in francese. Il padre Carlo era un modesto locandiere di paese e la madre Luigia Uttini era filatrice. Già in tenera età il giovane Verdi manifestò la sua forte predisposizione per la musica e ricevette la sua prima educazione musicale da Pietro Baistrocchi, l'organista di chiesa di Roncole. Per alcuni anni Verdi stesso fu organista nella chiesa locale, ma appena decenne lasciò il paesino natale per Busseto: l'ambiente culturale di questa cittadina avrebbe certo avuto un effetto più benefico sulla sua educazione. A Busseto Verdi alloggiò nella casa di Antonio Barezzi, commerciante e amante appassionato di musica, che lo ingaggiò come insegnante di musica per la figlia Margherita, di cui Verdi s'innamorò. In questo periodo Ferdinando Provesi, maestro della Società Filarmonica locale, gli diede lezioni di spinetta e di composizione. Anche se non fu ammesso al Conservatorio di Musica di Milano avendo già superato il limite d'età, Verdi maturò comunque una formazione musicale più profonda soltanto nel capoluogo lombardo, dove dal 1832 al 1835 decise di studiare contrappunto con Vincenzo Lavigna che era stato clavicembalista al Teatro La Scala. Per il primo anno di studi Verdi usufruì di un finanziamento da parte di Barezzi, mentre negli anni successivi ottenne un considerevole aiuto economico da una borsa di studio del Monte di Pietà di Busseto. A Milano Verdi fu un assiduo frequentatore di teatri: in questo modo ebbe la possibilità di conoscere il repertorio operistico del suo tempo.
Una volta tornato a Busseto, nel 1836 Verdi ebbe in sposa la figlia di Barezzi e accettò il posto di Maestro nella scuola di musica locale, un incarico a cui dovette rinunciare nel 1838 quando si trasferì nuovamente a Milano con la famiglia. L'anno seguente Verdi propose la sua prima opera al Teatro alla Scala, Oberto, Conte di San Bonifacio, (chiamata originariamente Rocester). Questa rappresentazione ebbe grande successo e rappresentò quindi un forte incoraggiamento sia per l'autore sia per la casa editrice milanese Ricordi che subito si assicurò i diritti sulla sua prossima opera: questa fu la nascita di un legame duraturo che conobbe pochi momenti di contrasto. Anche l'impresario del Teatro alla Scala, Bartolomeo Merelli, offrì a Verdi un contratto per due altre opere.
Il primo di questi due melodrammi fu Un Giorno di Regno (Il finto Stanislao), un'opera comica, eseguita un'unica volta nel 1840. Che questa rappresentazione risultò essere un vero fiasco non deve sorprenderci in quanto tra il 1838 e il 1839 gli vennero a mancare i due suoi figli e nel 1840 la moglie morì improvvisamente di encefalite. Verdi perse tutta la sua gioia di vivere. Si convinse di non poter più trovare alcuna consolazione nell'arte e decise così che non si sarebbe mai più dedicato alla composizione musicale finché Merelli non lo incoraggiò a scrivere la musica per il libretto di Nabucco, i cui versi subito commossero profondamente Verdi per il loro tono biblico. L'opera, che venne rappresentata per la prima volta due anni più tardi, finalmente rivelò il vero talento di Verdi in tutta la sua magnificenza. Il coro patriottico 'Va Pensiero' presente in quest'opera diventò presto molto conosciuto e amato dal popolo italiano.
Nel 1851 Verdi e Giuseppina Strepponi, soprano e protagonista femminile di Nabucco nel 1842, con la quale lui aveva vissuto per alcuni anni, si trasferirono dal centro di Busseto, dove gli abitanti non vedevano di buon occhio la loro unione illecita, alla villa Sant'Agata, poco lontano dalla cittadina. Qui il Maestro, all'apice del successo e del benessere economico, iniziò ad alternare il suo lavoro di compositore con l'impegnativo compito di gestione di tutti i poderi che a poco a poco aveva acquisito.
Per quanto riguarda le sue composizioni, gli anni che vanno fino al 1853 rappresentarono un periodo di attività frenetica per Verdi in cui egli scrisse e mise in scena una quindicina di opere, tra la quali ricordiamo Macbeth (Firenze, 1847), il suo primo soggetto shakespeariano, e soprattutto quelle che oggi sono conosciute come "le grandi tre", 'RigTrovTrav': Rigoletto (Venezia, 1851), Il Trovatore (Roma, 1853) e La Traviata (Venezia, 1853). Questi furono gli anni del fermento patriottico del Risorgimento, animati dalle guerre per l'indipendenza nazionale e da battaglie che Verdi appoggiò e che trovarono fervida espressione in alcune delle sue opere, come per esempio in La battaglia di Legnano (Roma, 1849).
Nel 1853 Verdi si recò con Giuseppina a Parigi per dedicarsi all'allestimento de Les Vêpres Siciliennes per l'Opéra di Parigi, dove venne rappresentata due anni più tardi con modesto successo. Verdi si trattenne nella capitale francese per un certo periodo non solo per difendere i suoi diritti di fronte ai plagi del Théâtre des Italiens, ma anche per dedicarsi alla traduzione di alcune delle sue opere.
Nel 1859 Un Ballo in Maschera fu messo in scena a Roma e divenne il più grande successo di Verdi dopo Il Trovatore, proposto sei anni prima. Un Ballo in Maschera è un'opera che narra dell'assassinio di un re svedese: proprio per questo motivo fu completamente censurata e ritirata da Napoli e fu quindi possibile rappresentarla soltanto a Roma. Il 29 agosto dello stesso anno Verdi e Giuseppina si sposarono a Collonges-sous-Salève, vicino Ginevra. Tre anni dopo lui e la moglie si recarono insieme a San Pietroburgo per curare la supervisione de La Forza del Destino: la prima di quest'opera venne rappresentata al Teatro Imperiale nel novembre del 1862.
Nel 1865 Verdi lasciò il suo posto di deputato del Parlamento Italiano che aveva occupato per ben quattro anni. Nello stesso anno una versione rivista di Macbeth fu data a Parigi, anche se l'opera più famosa del compositore nella capitale francese rimase poi il Don Carlos che fu rappresentato l'11 marzo del 1867 e che venne più volte rivisto per ulteriori edizioni italiane. Sempre nel 1865 morirono sia Antonio Barezzi che Carlo Verdi, padre di Giuseppe: quest'ultimo e Giuseppina divennero tutori di Filomena Maria Cristina, la figlia di sette anni di uno dei cugini di Verdi che sarebbe diventata sua erede.
Tre anni dopo Verdi accettò di comporre un'opera per l'inaugurazione del nuovo teatro al Cairo voluto dal viceré d'Egitto: nel dicembre del 1871 finalmente si poté qui assistere alla prima di Aida. L'8 febbraio dell'anno seguente la prima europea di Aida venne invece eseguita con grande plauso al Teatro alla Scala. Al giorno d'oggi quest'opera rappresenta indubbiamente il più grande successo di Verdi e viene allestita ogni autunno alle Piramidi di Giza a Il Cairo, così come ogni estate all'Arena di Verona.
Tra le opere scritte da Verdi negli anni seguenti è doveroso ricordare La Messa da Requiem composta nel 1873 in onore ad Alessandro Manzoni, il grande poeta e patriota italiano, morto il 22 maggio dello stesso anno. Questo grande brano musicale venne eseguito e diretto dallo stesso Verdi nella chiesa di San Marco a Milano in occasione del primo anniversario della morte di Manzoni. Nel 1879 il poeta-compositore Boito e l'editore Ricordi persuasero Verdi a scrivere un'altra opera, Otello, che venne però completata soltanto nel 1886. Questa fu la sua opera tragica più imponente. Un altro capolavoro, Falstaff, fu completato nel tardo 1892 e la prima, rappresentata al Teatro alla Scala alcuni mesi più tardi il 9 febbraio, fu un gran trionfo. Alla fine di questa sua intensa e gloriosa attività musicale Verdi compose i 'Quattro pezzi sacri' (Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine, Te Deum).
Giuseppina, per cinquant'anni l'amorevole compagna e instancabile sostenitrice di Verdi in tutte le sue alterne vicende, morì a Sant'Agata nel 1897 e da quel momento Verdi iniziò a prolungare sempre di più i suoi soggiorni a Milano. Fu proprio qui a Milano che Giuseppe Verdi morì di emiplegia alle 2.50 del pomeriggio del 27 gennaio 1901 nel Grand Hotel dove era solito alloggiare quando andava in visita alla città. Con lui quando morì si trovavano i parenti e gli amici più stretti.
Non appena la morte di Verdi fu annunciata, una folla si raccolse sulla strada di fronte al Grand Hotel che venne ricoperta di paglia in modo da smorzare lo scalpiccio degli zoccoli di cavallo e il frastuono delle ruote dei carri e delle automobili. Nel giro di ventiquattro ore tutti gli stendardi di Milano vennero listati a lutto, così come le edizioni speciali pubblicate dalle maggiori testate giornalistiche. In segno di cordoglio i negozi e i teatri della città rimasero chiusi per tre giorni consecutivi, mentre il Senato Italiano e la Camera dei Deputati (della quale Verdi stesso una volta era stato membro) si preoccuparono di organizzare i preparativi per dar omaggio a questo grande uomo. Non ci furono soltanto manifestazioni di sconcerto per l'enorme perdita, ma anche momenti dedicati alla celebrazione della statura di Verdi come uomo, musicista e cittadino italiano, un personaggio che non aveva semplicemente vissuto in un'epoca storica fondamentale per la nazione italiana, ma che in un certo senso l'aveva anche caratterizzata. Verdi aveva lasciato disposizioni per una sepoltura piuttosto semplice, ma l'umore nazionale impose di offrire un omaggio più conveniente a una delle figure più illustri d'Italia. Alle 6 del mattino di mercoledì 30 gennaio, il traffico milanese si fermò per far strada alla lunga processione che si snodava attraverso la città con migliaia di persone al suo seguito. Puccini e Leoncavallo erano alcuni dei rappresentanti più celebri della giovane generazione di compositori italiani che formarono il cuore del corteo in lutto. La salma di Verdi fu provvisoriamente sepolta vicino a quella di Giuseppina nel Cimitero Monumentale, ma ben presto fu deciso di trasferire entrambi nella cappella della Casa di Riposo, l'istituto di beneficenza per 100 musicisti in pensione meno fortunati di lui, fondato e finanziato da Verdi stesso.