Belgrado Pedrini (Carrara 1913-1979) durante il fascismo fa parte di un gruppo armato che conduce la lotta clandestina ancor prima dell’8 settembre; Nel febbraio 1942 disarma, assieme a due suoi compagni, cinque militi fascisti in un bar di Carrara. Braccati i tre si trasferiscono a Milano e a La Spezia dove -racconta Pedrini- “in un conflitto a fuoco con la polizia (fascista) (...) fummo feriti e arrestati dai poliziotti uno dei quali però ci lasciò la vita.” Viene liberato dai partigiani anarchici della formazione “Elio” nel giugno 1944, si unisce alla formazione e combatte fino alla liberazione. “All’indomani della “Liberazione” fummo arrestati per rispondere dei reati commessi nel ’42, ritenuti reati comuni. Nel 1949, dopo una lunga peregrinazione di carcere in carcere, si celebrò alla Corte d’Assise di Livorno il nostro processo, durante il quale fu accolta con benevolenza la nostra comprovata partecipazione alla lotta partigiana. Ma, poiché durante il periodo di latitanza, proprio per poter continuare la lotta armata e la propaganda clandestina, eravamo stati costretti a sottrarre parte delle grandi ricchezze di alcuni industriali fascistoni di Carrara, Milano e La Spezia, per questa nostra ‘attività ladresca’ fummo tutti e tre condannati a trent’anni di carcere”.
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