Teodoro è un poeta migrante di etnia bassa’a, gruppo etnico bantu dell’Africa centrale: per l’esattezza, è nato in Camerun. Vive in Italia da molti anni: non è uno di quelli arrivati con i barconi. Decisamente no. È un intellettuale, scrive libri e ha pubblicato varie raccolte di poesie, tra cui Nhindo-Nero (Anterem, 1994), Maeba. Dialoghi con mia figlia (Kel’Lam, 2005) e recentemente, La nostra Africa (Vis, 2017). La sua è una poesia impegnata, che si occupa di temi sociali e degli strappi del nostro tempo. Ma, contemporaneamente, lascia parlare la voce del cuore, che racconta i sentimenti e lo spirito bantu. E lo fa in italiano. Non traduce, dice Teodoro, perché la poesia non si può tradurre. Solo viene da dentro, si esprime, in modi diversi che si intrecciano.
Le poesie di 'Teodoro' Ndjock Ngana, origini camerunensi, in Italia dal '72, fanno parte della 'letteratura della migrazione' nata negli anni Ottanta quando il fenomeno migratorio in Italia aveva raggiunto livelli considerevoli.
Ngana, scrittore e mediatore culturale, discende dall'etnia Basaa, che significa 'custode delle tradizioni'. Nei giorni scorsi, introducendo il suo libro 'La nostra Africa', ha descritto la situazione del suo popolo come "un'ambigua avventura" in riferimento all'indipendenza. "Si credono liberi, ma non lo sono nemmeno col pensiero" dice Ngana. "La vita scorre su due binari, l'amministrazione eredita' del colonialismo e il proprio gruppo etnico. L'Africa soffre perche' siamo diventati la copia di qualcun altro, abbiamo perso la nostra identita'".