Jean Ferrat, che si chiama in realtà Jean Tenenbaum, è nato a Vaucresson, nel dipartimento degli Hauts de Seine, il 26 dicembre 1930 e morto ad Aubenas, 13 marzo 2010. Ultimo figlio di una coppia di origine ebraica (suo padre è un gioielliere e sua madre una fioraia), ha altri tre fratelli maggiori.
Dopo gli studi al liceo Jules Ferry di di Versailles, dove la sua famiglia si era nel frattempo stabilita, Jean si avvia verso degli studi chimici. Ma arriva la guerra e suo padre viene deportato a Auschwitz, dove muore. Il resto della famiglia riesce a sfuggire miracolosamente alla persecuzione nazista.
Segnata da questa tragedia personale e collettiva, la vita di Jean Tenenbaum cambia radicalmente. Jean è obbligato a trovarsi un lavoro per aiutare la propria famiglia a sopravvivere, e già si manifesta la sua passione artistica. Dapprima, però, si orienta verso il teatro riuscendo ad entrare in una troupe negli anni '50.
Frequentando i cabaret assieme ai suoi amici, si lancia ben presto nel campo della musica, scrivendo delle canzoni con lo pseudonimo di Jean Laroche (ancora teme che il suo cognome israelita gli precluda tutte le strade) e suonando la chitarra in un gruppo jazz.
Anche se le sue prime prove sono sono certo granché, Jean è oramai convinto che la sua strada sarà cantare. Siamo nel 1952, anno importantissimo per la canzone d'autore francese: Jacques Brel e Georges Brassens sono agli esordi.
I suoi primi successi, Jean (divenuto nel frattempo Jean Ferrat a causa di un soggiorno nella località balneare di Cap Ferrat) li deve senz'altro al decisivo incontro con il poeta comunista Louis Aragon. Seguendo una tradizione assai tipica nella canzone francese, Jean comincia a mettere in musica le poesie di Aragon ed è proprio con una delle più famose, "Les yeux d'Elsa", che raggiunge il successo. Nel 1957 debutta in scena alla Colombe, come introduttore dello spettacolo di un altro grandissimo nome della canzone d'autore francese, Guy Béart.
Cominciano i primi spettacoli autonomi: al Milord L'Arsouille, e soprattutto all' Echelle de Jacob, un trampolino che gli permette di incidere, nel 1958, il suo primo 45 giri. Artisti importanti cominciano inoltre a cantare delle sue canzoni, come André Claveau o Christine Sèvres, una giovane cantante che, nel 1961, diverrà sua moglie.
Nel 1959 Jean Ferrat incontra Gérard Meys, che diverrà il suo migliore amico e che gli permette di incidere, nel 1960, il suo primo album (contenente quattro canzoni),'Ma môme'. E' il suo primo grande successo personale.
Anche se l'artista non nasconde mai le sue idee politiche e la conseguente militanza nel Partito Comunista Francese (cosa che gli varrà comunque alcune censure nella sua carriera artistica), Jean Ferrat resta soprattutto un poeta dell'amore e della fratellanza. Il suo primo album completo esce nel 1961 ottenendo al suo apparire il Premio Sacem. La carriera artistica di Jean Ferrat è ormai luminosa e, di concerto in concerto, di album in album, ottiene un successo sempre crescente fino al terzo album, "Nuit et brouillard", il cui tema portante, compresa l'omonima, celeberrima e stupenda canzone, è la deportazione. Si tratta di uno degli album fondamentali della canzone d'autore francese, uno di quelli che hanno segnato lo spirito collettivo e che rende Jean Ferrat un artista del tutto a sé, al pari degli altri nomi più grandi.
Jean Ferrat non ha però raggiunto ancora gli apici della sua produzione: lo fa nel 1964 con "La montagne" e nel 1965 con "Potemkine". Ciononostante, Jean Ferrat resta una persona dalla natura umile e riservata e, pur continuando la sua carriera che lo ha spinto ai vertici della canzone francese, dal Bobino all'Alhambra, lascia Parigi e si stabilisce à Antraigues, nel dipartimento montano e rurale delle Ardèches, dove si isola per vivere quella che chiama la "vera vita".
Le sue uscite si diradano: oramai consacrato artista di fama internazionale, tiene dei concerti in Messico e a Cuba, da dove riporta i suoi famosi baffoni e delle canzoni come "Guérilleros". Nel 1968, però, al contrario di Brassens, non si tiene affatto fuori dagli eventi e fa sentire la sua voce non tanto di artista, quanto di militante (pur non comprendendo a fondo alcune delle motivazioni degli studenti in lotta).
Nel 1970 è di nuovo Louis Aragon che proietta Jean Ferrat ai vertici: tornando agli inizi, pubblica l'album "Ferrat chante Aragon", che ottiene un successo assolutamente clamoroso. Questo album è tuttora uno dei più amati (e dei più acquistati) dai francesi, un vero gioiello della canzone che fa sussultare lo stesso Aragon e lo spinge a dire che, dopo quell'album, le sue poesie non saranno mai più prescindibili da quella musica.
Ma nel 1972 Jean Ferrat, stanco della vita di scena e della notorietà, dà l'addio ai concerti e si ritira nelle Ardèches. Continua peraltro a scrivere nuovi album e "reprises", ma lo si sente sempre di meno.
Approfittando del ritorno della casa discografica Barclay alla Polygram, nel 1980 Ferrat registra di nuovo oltre un centinaio di sue canzoni e le pubblica in un cofanetto di dodici dischi, un lavoro enorme che gli varrà numerosi premi e un ritorno di fiamma di una notorietà comunque mai sopita.
Ma la morte di sua moglie, nel novembre del 1981, lo fa sprofondare in una cupa depressione e nella solitudine volontaria. Gli occorreranno anni prima di tornare in scena, con un album del 1985, "Je ne suis qu'un cri" e con un passaggio in tv, lo stesso anno, nella popolare trasmissione di Pivot.
Lungo tutti questi anni, Ferrat non ha mai cessato di essere uno degli artisti francesi più amati ed apprezzati, soprattutto dopo la morte di Brassens, Brel e Ferré. Nel 1991 esce ancora una collezione integrale di tutte le canzoni a partire dal 1961. Cantato dai più grandi interpreti (Juliette Gréco, Jeanmaire, Guichard -per il quale Ferrat ha scritto "Mon vieux"), ascoltato ed amato da un pubblico di tutte le generazioni, Jean Ferrat resta un cantante assolutamente unico, dalla scrittura assai notevole, dalle idee coerenti ed umaniste; ma, allo stesso tempo, anche discreto ed umile. Lo abbiamo personalmente rivisto in televisione nel 2003, dalla mente ancora lucidissima e con le sue canzoni che non moriranno mai.
E' morto in Ardeche nel 2010.
Un vero poeta e un vero uomo.
(Riccardo Venturi)