Teresio Olivelli
Tenente dott. Teresio Olivelli
Reduce dalla campagna di Russia, Partigiano combattente
Medaglia d'oro al Valor militare
Medaglia d'oro della Resistenza
Rettore del Collegio Universitario Ghislieri
Il 17 gennaio 1945 Teresio Olivelli veniva ucciso nel campo nazista di Hersbruck
Teresio Olivelli nacque a Bellagio (Co) il 7 gennaio 1916 e fu profondamente influenzato dalla fede cristiana della sua famiglia. Trasferitasi questa in provincia di Pavia, all'età di 18 anni si iscrisse all'Università, alloggiando al Collegio Universitario "Ghislieri" laureandosi nel 1938 con il massimo dei voti. In questo periodo ebbe per compagno di studi ed amico fraterno il genovese Alberto Caracciolo, che, dopo la morte di Teresio, serebbe stato il suo biografo e il continuatore del suo pensiero.
Ai "Littorali della Cultura" si distinse per un articolo con cui contestava le tesi razziali del regime fascista, che Teresio, in quel periodo cercava -invano- di correggere dal suo interno.
Occupandosi di poveri, di emarginati, soggiornando per diverso tempo a Berlino, prese coscenza della tragica realtà degli anni in cui scoppiava la seconda guerra mondiale e dell’odio intrinseco delle ideologie nazista e bolscevica.
Allo scoppio della guerra in Italia, venne chiamato alle armi e col grado di sottotenente degli Alpini si arruolò volontario e fu inviato poi in Russia con gli alpini della Divisione "Tridentina". La campagna di Russia si concluse con la disastrosa ritirata delle truppe italiane in condizioni spaventose per oltre duemila km a piedi, nelle quali egli si prodigò allo stremo per i suoi soldati, meno fisicamente robusti di lui.
Nel marzo del 1943 raggiunse finalmente l'Italia, occupandosi di scrivere o informare personalmente le famiglie sulla sorte dei soldati e interessandosi anche dei prigionieri.
Dopo qualche mese, a soli 27 anni, fu nominato Rettore del collegio "Ghislieri" di Pavia ma nel luglio 1943, fu richiamato di nuovo sotto le armi.
L'8 settembre '43 Teresio Olivelli rifiutò di consegnarsi ai tedeschi e il 9 settembre 1943, fu catturato con la sua intera batteria e deportato in Austria da cui riuscì a fuggire il 21 ottobre 1943.
Tornato in italia dopo una lunga marcia a piedi, passò tra i partigiani di Brescia, insiema al suo amico e compagno di lotta Alberto Caracciolo, prendendo il nome di battaglia di "Agostino Gracchi".
All'inizio del 1944 fondò il giornale "il ribelle", che riportava anche la "Preghiera del Ribelle", universalmente considerata la più alta testimonianza spirituale di tutta la Resistenza e da molti indicata come una delle espressioni più alte della letteratura italiana di quel periodo.
Fu arrestato a Milano il 27 aprile 1944 e rinchiuso nel carcere di S. Vittore, dove subì percosse e torture fino all’8 giugno, e nell’agosto 1944 fu deportato nel lager di Bolzano-Gries e sulla sua casacca venne applicato, per via dei numerosi tentativi di fuga, oltre il triangolo rosso dei prigionieri politici, anche il disco rosso cerchiato di bianco dei prigionieri fuggitivi.
Anche a Gries tentò la fuga, rifugiandosi in un magazzino, dove restò nascosto per circa un mese; scoperto fu selvaggiamente percosso e nel settembre 1944 trasferito a Flossenburg in Baviera, dove le condizioni di vita erano insopportabili, poi fu mandato insieme ad altri nel campo satellite di Hersbruck; dove ai primi di gennaio 1945, mentre cercava di proteggere un giovane ucraino percosso ingiustamente, il capoblocco irritato gli sferrò un violento calcio allo stomaco e all'intestino, cui seguirono 25 bastonate. Ricoverato nell’infermeria del campo di Hersbruck, ivi spirò il 17 gennaio 1945, a soli 29 anni.