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Suola ja noaiddi

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OriginaleTraduzione italiana di Riccardo Venturi
SUOLA JA NOAIDDI

"Seuraava laulu, josta vaan otan otteita, koska sen 160 säkeessä ei ole mitään erittäin merkillista, tarkoittaa Fellmanin tuuman mukaan taistelua uudin-asukasten, jotka tahtoivat anastaa maalohkoa, ja vanhan omistajan, noidan, välillä. Pakanalliset käsitteet ovat kuten edellisessä laulussa vielä kokonaan vallalla. Jokaisella todellisella noidalla täytyy ainakin olla se voima, että voi muuttautua eläinhaamuun." [1]

Suola.
Ibmilam lǟ tāl vāʓašǟmin.
Mon läm valldam ǟdnam šaṫṫuit,
Rǟsiṫ, mūrjit, čoaggám läm,
Muorait, keđkiṫ adnam läm;
Im läk valldam orruōmīṫ,
Ǟdnam šaṫṫuit ain lam valldam.
Olmus vāʓi mu lusa,
Cēlki mu suolan lǟmin.

Noaiddi.
Ik ton touta ǟdnam lǟgi,
Ikkos tieđi mu lǟmin.
Kǟča šaṫṫuit ja vạltti vāra,
Vuätti muorain mǟrkait,
Rǟsiṫ maita kǟča nubpi lākkai.

Suola.
Kīppes läk ton olmai,
Lǟkko don olmai olmuš?
Tego läk ton Ibmil,
Toṅko läk rǟsi takkam,
Toṅko läk maita muorait takkam?
Ikkos läk ton ǟdnam kudna.
Tiurrin jođak nutko moṅge
Rǟsik ại läk tu,
Muorak, käđkik maita ại läk mīn,
Isiṫ läge ominaṫ.
Puärri lä maita mī puärri lä,
Moṅge tieđam maita lǟmin tuge,
Čạppis noaiti, ǟdnam alt.
Oru toṅge sajistaṫ
Ani rǟsīṫaṫ, mait ton šaddaṫäčak.

Noaiddi.
Suola, noaiddi rosatǟba,
Maṅgimusta mātkuštǟba,
Jogaiṫ, jäurriṫ jottalǟba,
Muoraiṫ, keđkīṫ koučaṫǟba.
Poárrasīn lǟ juigujuvvum
Noaiti fidnu (noiduđak) abmasīta.
Ạiggi poatta, ạiggi manna,
Noaiṫik läk kivssïđạdjik,
Kāstatis rīkait kāṫtastallik,
Fastis mǟnuiđǟsikuin vaibaṫạddik,
Aikilạssi orruk javutaga,
Jiednađalla maita jenadam ạiki,
Läge, läge toṅke lagapustaṫ.
Tokku manna, toppi poatta,
Ī noaiddi puvti maidin (maidigen) ṫakkat,
Poágustuvvu faṅgavuođa tilist
Suormak orruk ńualgga roakkutkätta.
Läge, läge isiṫ ton,
Suola, läk ton herran pǟssam,
Tai mūrjī, kēđkī, rǟsī ala;
Ani, ani jiečaṫ ēriti;
Kost ton poadak, toppi (tokku) manak.
Läm, läm mon tū pạdjeli
Manam, manam, vālṫam, pijam,
Suppim ja täučastam tu ēriti.
[2]

Suola.
Te ton nogak tuššin, noaiddi pạrggi.
IL LADRO E LO SCIAMANO

Il Ladro.
Il mio dio sta vagando.
Ho preso le piante della terra,
erbe e bacche ho raccolto,
di alberi e pietre mi son servito;
non ho preso la proprietà di chi ci abitava,
di piante della terra sempre mi son servito.
Venne da me un uomo
dicendomi che ero un ladro.

Lo Sciamano.
Tu non conosci gli usi (la legge) di questa terra,
tu non sai che io sono qui,
guarda le piante e fai attenzione,
vedi i segni sugli alberi,
guarda anche le piante in un altro modo.

Il Ladro.
Chi sei tu, uomo,
sei un cristiano [1]
o forse sei un dio?
Sei magari tu che hai creato l'erba,
sei magari tu che hai creato gli alberi?
Non sei polvere della terra?
Anche tu strisci come un verme, come me.
Le erbe non sono tue,
Sii padrone di quel che è tuo.
Buono è ciò che è buono,
io so che ci sei anche tu
nero stregone, sulla terra.
Stai anche tu al tuo posto,
tieniti la tua erba, quella che puoi coltivare.

Lo Sciamano.
Io starò in pace,
con quel che è mio, con la mia proprietà,
Il pascolo è mio, è per me in questi luoghi.
Tu sai che io ci sono,
questa terra è mia.
Tu, ladro, sei venuto qui,
hai rovinato l'erba dei campi,
hai strappato via pietre e alberi.
Non sai che sono uno sciamano?
Tu sei venuto per cercare lo sciamano,
e lo sciamano troverai.

Il Ladro.
Miserabile sciamano, con la tua gran bocca,
col tuo abito dove dentro non c'è niente,
stai fermo, stai fermo con le dita.
Ciò che è malvagio, tu lo rendi più malvagio;
ora comincio a fare anch'io lo stregone,
mi appendo pure ai rami degli alberi,
salto come uno scoiattolo.
Tu, sciamano, che cerchi
di ammazzare gli scoiattoli dei campi
e che stanno suoi tuoi alberi:
è ladro chi salta sul tuo albero,
tu credi che ci sia lo scoiattolo.
E alla fine lo sciamano tira giù
lo scoiattolo dal suo albero,
si fa cascare addosso l'albero,
salta sull'albero,
e lo scoiattolo casca addosso allo sciamano.
Il ladro è l'albero crollato.
Sciamano, non ce la faresti
a ammazzare lo scoiattolo.
Lo sciamano alla fine viene messo in prigione,
il ladro diviene padrone,
lo sciamano deve essere imprigionato
senza aver commesso alcun reato,
anche un niente diventa reato.
Pover'uomo, non farti
dio in terra.
Sono tuoi anche gli alberi?
Ascolta, ascolta, povero sciamano!
Ladro!
Tu fai cattive, cattive azioni,
vaghi attraverso gli alberi,
sali sui rami degli alberi,
malvagio sciamano, con la tua magia,
senza che nessuno ti veneri.
Per la guardia che fai giorno e notte, [2]
per la tua appropriazione di alberi e pietre,
per la tua raccolta di erbe e alberi,
non sei il benvenuto, tu che vieni
dal tuo lungo vagare. [3]
Sciamano, sciamano, i tuoi canti,
dovrai cantare i tuoi pensieri,
canta, canta dei tuoi parenti,
canta, canta della tua stirpe,
sono chiamati falsi dèi nei canti.
Sulla terra invocano
animali selvaggi, bestie
per dominare la foresta.
Al tempo loro li hanno cacciati via,
sono annoverati tra i deboli
da far bruciare nel fumo.
Se ti stancassi di esistere,
povero sciamano, e della tua magia,
il tuo tempo si accorcerebbe.
Vade, vade retro!
La terra si è fatta deserta,
i luoghi dove allignano gli stregoni
sono nominati nei canti.
Saresti impotente, sciamano,
e diventa ancor più impotente;
tu, sciamano, saresti
cantato come ancor più impotente. [3]
Il ladro è persino ancor più impotente,
Sciamano, sciamano, tu credi io sia un ladro,
ma non cercare il re del ladro,
il ladro metterà in fumo lo sciamano, [4]
anche se credi di essere più grande,
egli capisce la parola, la parola egli trova,
fa che ci siano vermi (?) [5]
attorno al malvagio sciamano.
Sciamano, sciamano, perché sei così impotente?
Non sei sulle tracce del ladro.
Quante volte ti sei preparato
senza nessun abito
per commemorare gli antichi
Sciamano, sciamano, sei impotente!
Il ladro e lo sciamano si battono,
alla fine si mettono in viaggio,
vagano per isole e fiumi,
salgono su alberi e pietre:
dagli antichi è stato cantato
cià che gli sciamani hanno fatto per i posteri.
Il tempo viene, il tempo va,
gli sciamani sono tentatori,
concupiscono la terra dei pagani,
si stancano delle proprie malefatte,
per un po' di tempo tacciono,
ma a volte si sentono.
Tornatene alla svelta da dove sei venuto,
uno sciamano non può fare alcunché
è ridicolo, sta imprigionato,
le dita sono rigide e non si piegano,
prendi erba tra le tue dita.
Sciamano, sciamano, ti sei appropriato dell'erba,
ti sei preso cura di alberi e pietre.
Lasciate stare gli alberi!
Sciamano, perché sei impotente
quando un tempo sei stato potente!
Prenditi cura della tua erba,
sei padrone della tua erba
ma pietre e alberi lasciali stare.

Lo sciamano.
Sii tu, sii tu il padrone,
il ladro ora è diventato padrone
di queste bacche, pietre ed erbe,
ma tienitene alla larga.
Tornatene da dove vieni,
il folle, coi suoi imbrogli
ha […] colui che... [6]
io vado, vado, prendo e metto,
getto e ti caccio via.

Il Ladro.
E allora svanisci, povero sciamano.
[1] Otto Donner, Lappalaisia Lauluja, Helsingfors 1876, s. 155 ff. Några tryckfel äro rättade.

[2] Ane, ane iezat eret 
Gos don boadát, dohko manat 
Lean, lean mun du badjelii 
Manan, manan, válddán, bijan 
Suhppen ja deavccastan du eret
[1] Läkkös ton olma olmush: “Sei l' 'uomo degli uomini', o 'sei un uomo al di sopra degli uomini'. 'Olmush' si usa attualmente, come già detto, anche per denominare i cristiani non lapponi.” (Nota originale)

[2] “I vv. 75-79, 102 e 137 sono forse parole dello sciamano; i vv. 80-101, 103-136 e 138-142 del ladro.” (Nota originale)

[3] V. nota 2

[4] “Con questo, come al v. 88, si intende forse che lo sciamano dovrebbe essere condannato al rogo, oppure che il 'ladro' dovrebbe incendiare il bosco per rendere impossibile allo sciamano di restare là.” (Nota originale)

[5] La traduzione svedese di Fellman non è chiara in questo punto, e la cosa è segnalata anche nell'edizione.

[6] “Qui si ha presumibilmente una lacuna.” (Nota originale)


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